Nella valle di Elah

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Un film di Paul Haggis. Con Tommy Lee Jones, Charlize Theron, James Franco, Susan Sarandon, Jonathan Tucker.
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Titolo originale In the Valley of Elah. Drammatico, durata 124 min. - USA 2007. - Mikado Film uscita venerdì 30 novembre 2007. MYMONETRO Nella valle di Elah * * * - - valutazione media: 3,16 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Un certo tipo di cinema (commento) Valutazione 2 stelle su cinque

di Alessandro Lucchesi


Feedback:
mercoledì 12 dicembre 2007

Il film ha un indubbio valore artistico che gli deriva sia dalle ottime interpretazioni degli attori (Tommy Lee Jones, Charlize Theron) sia dall’impeccabile regia di Paul Haggis, già autore di “Crash” e sceneggiatore di “Million Dollar Baby”. L’abilità con cui questa vicenda, appassionante e coinvolgente, viene narrata, permetterà probabilmente a questo film di giocare un ruolo da protagonista nelle prossime candidature all’Oscar. Tuttavia, qualche sera fa, uscendo dal cinema, ho avuto la sensazione di non sentirmi troppo bene. E questo non (o meglio, non solo) a causa del coinvolgimento emotivo provocato dalle immagini proiettate nelle due ore precedenti. La sensazione che ho provato, ma che ho metabolizzato e pienamente compreso solo successivamente, è stata di disgusto. Disgusto che però non era rivolto, come probabilmente desiderato dall’autore, verso le truppe americane o verso la guerra in generale: era ed è rivolto contro un certo tipo di cinema e un certo tipo di “cultura” fondati sulla sistematica mistificazione della realtà per scopi politici (nel senso più ampio del termine). Si possono, a mio giudizio, individuare due diverse metodologie di falsificazione della realtà. La prima, più stupida, consiste nell’affermare il contrario di ciò che è evidente (ad esempio sostenere, come fanno alcuni, che l’attentato alle Torri Gemelle è stato il risultato di un comune progetto della destra americana e di Israele). La seconda, più intelligente e raffinata, consiste nel focalizzare l’attenzione del soggetto da convincere solo su alcuni elementi della realtà, tralasciandone ed oscurandone altri, per arrivare a conclusioni folli, ma apparentemente giustificate da relazioni di causa – effetto tra gli elementi del sottoinsieme di dati oggettivi su cui arbitrariamente si è deciso di operare. Questo metodo viene generalmente condito dall’utilizzo di tecniche comunicative volte a creare commozione e compassione nel soggetto, con lo scopo di renderlo più malleabile e disposto ad accettare la falsa tesi che gli viene proposta. “Nella valle di Elah” è un esempio calzante della seconda metodologia descritta. Alcuni aspetti del film sono condivisibili, concordo, ad esempio, sulla necessità di critica di alcune azioni del contingente americano in Iraq, ma l’opera nel suo complesso risulta falsa. Falsa perché rispecchia e alimenta la teoria in base alla quale gli americani sono i cattivi, i padroni di un mondo che hanno devastato con le loro azioni militari e che, per non perdere l’allenamento e tenersi in esercizio, decidono di invadere l’Iraq. Nessun accenno, in questo film, agli attentati di New York, Madrid e Londra, nessun accenno alla presenza e all’operare delle organizzazioni terroristiche islamiche in Iraq e nelle altre zone del mondo, nessuna riflessione sul fatto che l’Iraq e l’Afghanistan sono solo fronti di una guerra globale che il fondamentalismo islamico ha dichiarato all’Occidente l’11 settembre 2001. D’altra parte toccare certi temi non avrebbe certo procurato al regista il consenso della “cultura” dominante. Fare dei film in cui si dicono le cose come stanno è, infatti, ormai piuttosto pericoloso: nel migliore dei casi si rischia l’ostracismo mediatico e la derisione (come è avvenuto, ad esempio, per la pellicola di Renzo Martinelli, “Il mercante di pietre”) nel peggiore (nessuno si ricorda di Theo Van Gogh?)una coltellata nella pancia.

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miriam mercoledì 12 dicembre 2007
sintesi
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altrimenti passa la voglia.Leggere deve essere un piacere.

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teddy giovedì 13 dicembre 2007
un invito alla riflessione
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Onestamente non credo che il film di Haggis abbia trascurato i riferimenti agli avvenimenti che hanno tragicamente sconcolto l'occidente negli ultimi anni per fare omaggio alla "cultura dominante". E neppure credo che abbia voluto presentare gli americani come gli imperialisti "cattivi" (e pure ne avrebbe avuto buone ragioni per tanti altri motivi, che ne dite di Kyoto?). Credo anzi che il film sia patriottico solto molti punti di vista, soprattutto laddove manifesta il significato che il popolo americano ed i suoi soldati hanno attribuito alle iniziative belliche successive all'11 settembre. A parte gli interessanti spunti di riflessione sull'impatto emotivo esercitato dai combattenti da esperienze di efferata brutalità, ritengo che il film abbia voluto esprime, sotto il profilo politico, [+]

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franco venerdì 14 dicembre 2007
bush sara' cattivo ma..
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Penso che un film sia un film e basta. In questo caso tratta di una vicenda circoscritta nel tempo e nello spazio, ispirata peraltro ad un fatto realmente accaduto. Svolge certo un tema: la guerra puo' rendere brutali i soldati. E' un tema nuovo? No. Ma un' opera d' arte non ha per nulla bisogno della "novita'" del soggetto. E' un tema contro la guerra? Direi di no: il fatto che ogni guerra sia orrenda non e' di per se' un argomento logico a favore dell' antimilitarismo. Dice,questo film,che la politica di Bush e' sbagliata? Forse lo pensa il regista, forse lo pensiamo noi, con sfumature diverse, ma il film di per se' non lo dice.Venendo alle riflessioni di teddy: Kioto non depone a favore degli USA, verissimo, cosi' come la pena di morte e un elenco non breve di errori con qualche orrore. [+]

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odilia martedì 15 gennaio 2008
profonda empatia
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50%

quello che maggiormente mi ha colpito del film, in modo positivo, è l'esatto contrario di quel che affermi tu: NON è un film che separa buoni e cattivi, NON è un film meramente antimilitarista (in questo senso, pregasi vedere il veramente modesto "leoni per agnelli").
senza fare troppi discorsi, la costruzione dei personaggi è il miglior indice della lodevole non-schematicità della pellicola: innanzitutto hank è un ex-militare i cui valori positivi non vengono mai messi in discussione; ma soprattutto quello che risulterà essere l'assassino di mike è colui che con assoluta simpatia condivide una sigaretta con hank, ricorda con sincero affetto il soldato scomparso, con candore ammette che la recita sarebbe potuta avvenire a parti invertite. [+]

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flying dutch martedì 22 gennaio 2008
non sono d'accordo manco sulle virgole
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29%

Carissimo Alessandro, con molto dispiacere noto che con un occhio tipicamente europeo (peggio italiano) ti sei approcciato a questo raffinatissimo film Americano (con la A maiuscola);cominciamo a dire che il film non è per niente anti americano mio caro: anzi è un atto di amore spaventoso verso gli americani. Americani che alla faccia di tutto e di tutti sono gli unici che pagano di prima persona sulla loro pelle delle loro politiche sbagliate del signor Bush (L'irak non c'entra una tubo con la lotta al terrore, rammenti la bufala delle armi di distruzione di massa???). Inoltre se lo riguardi con calma senza farti traviare da un'ideologia che considera tutto negativo tranne il tuo limitato modo di pensare capiresti lo sforzo incredibile di Paul, ad es: la bandiera rovesciata del padre è un [+]

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holly golightly lunedì 17 marzo 2008
finalmente
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Finalmente una voce fuori dal coro!Caro Alessandro mi congratulo con il suo buon senso e il suo coraggio!

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