ewagalli
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giovedì 30 agosto 2012
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turberà i vostri sogni!!!
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Sono rimasta piacevolmente sconvolta dal episodio di Masters of horror " Sulle tracce del terrore". Adoro i film del orrore , ma sono tutti uguali ultimamente. Questo invece è diverso , sembra una fiaba crudele è senza pietà per chi guarda , ma nello stesso tempo è una trista storia d' amore e di morte.
Billy Drago che conosco anche dai alcuni episodi di " Streghe" è bravissimo , le attrici giapponesi sono inegualiabili.
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trick'r treat
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martedì 16 marzo 2010
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disturbante!
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Takashi Miike è un folle, basti pensare al perverso Audition. Devo dire che Imprint è un buon horror, ma non un capolavoro. La tortura inferta alla put.tana Komomo è la più bella che io abbia mai visto, però la trovata della "manina" non l'ho trovata particolarmente terrificante, più che altro fa quasi tenerezza! Nonostante ciò resta un film da vedere assolutamente. Meglio del già citato Audition.
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stefanos
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mercoledì 14 ottobre 2009
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un altro gran film di takashi mike
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Ottima prova di miike che assembla un film dall'estetica sopraffina. Una "Tragedia" horror tecnologizzata sugli echi interiori più incomunicabili e inconfessabili.
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frank
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domenica 8 febbraio 2009
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disturbante
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Ottima atmosfera, scene raccapriccianti ma sceneggiatura pessima, pretestuosa...l'attore principale, Billy Drago, recita malissimo...rimangono le scene disturbanti ma nient'altro...
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domenico 82
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domenica 30 novembre 2008
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il terrore parla giapponese
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Terrore puro che gronda dalla macchina da presa di Miike. Imprint è un film assolutamente non banale, ricco di suggestioni “made in japan”, un particolare che lo rende unico nel novero dei Masters of horror. La storia è convincente, così come lo sono i piani narrativi. L’escalation di paura tiene lo spettatore incollato allo schermo, le scene di tortura, così come i feti, sono un pugno allo stomaco. Un vortice malefico accompagna la storia fino alla sua conclusione. Unico punto debole è la deriva eccessivamente “fantasy” della prostituta in coincidenza con la rivelazione della gemella. Il film, tuttavia, è un vero gioiello del genere horror
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jobi
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mercoledì 30 gennaio 2008
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mi sa che non hai capito molto...
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i feti non sono staccati dal racconto...magari non hai capito che in questo film si trattano argomenti quali l'incesto e la violenza domestica. o magari semplicemente non sei tagliato per l'horror! ;)
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piernelweb
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martedì 4 dicembre 2007
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mostrare è come denudare l'horror
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Takashi Miike è un regista che negli anni si è guadagnato la fama del maggior autore dell'horror estremo, sadico e iperviolento. Anche in questo episodio della serie "Masters of Horror" non mancano sequenze cruente, per la gioia dei suoi fan che sembrano chiedergli di spingersi, ad ogni nuovo lavoro, sempre oltre. Il cinema di genere ha sempre avuto, giustamente, uno zoccolo duro di appassionati che ha salvaguardato registi come Miike, incapaci di ritagliarsi uno spazio di pubblico e di critica consistente. Se è lecito riconoscere al regista nipponico una buona capacità tecnica nella cruda rappresentazione dell'orrore, appare quantomeno discutibile andare a ricercare nei suoi lavori un'analisi stratificata e simbolica dei mali della società moderna (come condivisibilmente afferma Mereghetti nel suo dizionario dei film 2008).
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Takashi Miike è un regista che negli anni si è guadagnato la fama del maggior autore dell'horror estremo, sadico e iperviolento. Anche in questo episodio della serie "Masters of Horror" non mancano sequenze cruente, per la gioia dei suoi fan che sembrano chiedergli di spingersi, ad ogni nuovo lavoro, sempre oltre. Il cinema di genere ha sempre avuto, giustamente, uno zoccolo duro di appassionati che ha salvaguardato registi come Miike, incapaci di ritagliarsi uno spazio di pubblico e di critica consistente. Se è lecito riconoscere al regista nipponico una buona capacità tecnica nella cruda rappresentazione dell'orrore, appare quantomeno discutibile andare a ricercare nei suoi lavori un'analisi stratificata e simbolica dei mali della società moderna (come condivisibilmente afferma Mereghetti nel suo dizionario dei film 2008). Più che costruire un lavoro attorno ad un concetto a più ampio respire, pare viceversa che Miike costruisca i suoi film in modo da giustificare la scelta di certe efferatezze. Anche in questo "Imprint", dopo un discreto avvio, la regia si fa prendere la mano, dall'esigenza di dover mostrare compiaciuta qualcosa che sia sensazionale per forza, negando quindi la scelta più autoriale di far intuire l'orrore senza mostrarlo. E così l'immagine dei feti abbandonati sul fiume è meno impattante di quanto avrebbe potuto essere e soprattutto è disconnessa dal resto dal racconto. La narrazione finisce col degenerare ripetutamente in un finale confuso che cerca inutilmente di valorizzarsi riccorrendo all'onirico. Ancora una volta una conclusione infelice che vanifica il buon livello della prima mezzora.
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[+] il solito skiavo americano
(di gennaroweb)
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dex
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venerdì 30 marzo 2007
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capolavoro
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film censurato in america (pensiamo quanto possa essere violento)
e un grande film che fa pensare e pensare
io appassionato di horro jappo
dico capolavoro
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