peer gynt
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domenica 17 settembre 2006
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il viaggio dell'amore al di la' della paura
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Siamo in Pennsylvania nel 1897 (lo dice la lapide della prima scena del film), a Covington, un villaggio che si stende pigro e solitario in una verde vallata. Gli abitanti vivono la loro vita tutti insieme, stretti l'uno all'altro, accerchiati da un bosco abitato dalle cosiddette "creature innominabili", sorta di incrocio fra terribili angeli posti a guardia dell'Eden da un Dio terribile e austero e divinita' malefiche di un tempo primordiale.
Cosi' comincia l'ultimo, straordinario film di Night Shyamalan, un apologo sulla lotta fra la Paura (intesa come politico strumento di controllo degli altri) e l'Amore (inteso come fede cieca - proprio come e' cieca Ivy, il personaggio principale - nella propria natura di esseri innocenti e luminosi).
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Siamo in Pennsylvania nel 1897 (lo dice la lapide della prima scena del film), a Covington, un villaggio che si stende pigro e solitario in una verde vallata. Gli abitanti vivono la loro vita tutti insieme, stretti l'uno all'altro, accerchiati da un bosco abitato dalle cosiddette "creature innominabili", sorta di incrocio fra terribili angeli posti a guardia dell'Eden da un Dio terribile e austero e divinita' malefiche di un tempo primordiale.
Cosi' comincia l'ultimo, straordinario film di Night Shyamalan, un apologo sulla lotta fra la Paura (intesa come politico strumento di controllo degli altri) e l'Amore (inteso come fede cieca - proprio come e' cieca Ivy, il personaggio principale - nella propria natura di esseri innocenti e luminosi).
Sempre alla ricerca dei colpi di scena e dello spostamento dei punti di vista della narrazione, il regista idolatra di Hitchcock (al punto da comparire anche qui come attore, in un cameo, alla fine del film, riflesso in una porta a vetri) ci parla del desiderio di tutti noi di ritornare alla semplice vita di un'umanita' giovanile, ancora non compromessa col divenire della Storia; ma nello stesso tempo ci mostra come questa utopia buonista si puo' edificare soltanto sulle fondamenta della Menzogna, dell'Aurea Menzogna, della Religiosa Menzogna che unica puo' dare salda aggregazione all'isola felice che vogliamo creare. E non basta questa negazione della verita', ad essa vanno aggiunte delle vite, da sacrificare sul nobile altare delle Tradizioni intoccate e intoccabili.
Se dobbiamo segnalare un difetto di questo regista e', forse, quello di volerci parlare di temi assai elevati in modo austero, sempre metaforico, talvolta quasi dottrinario. Ma si tratta, invero, di pregi, in un panorama cinematografico spesso vuoto o perlomeno troppo leggero. E altri pregi troviamo pure in un sagace senso della tensione, in un gusto per una bella fotografia dal cromatismo simbolico e nella scelta di una colonna sonora allusiva ed evocativa (veramente "ottocentesca", opera di James Newton Howard).
E se e' vero che ogni muro protettivo ci preserva dal Male ma ci trasforma anche in prigionieri, e' ancor piu' vero che un grande Amore e una grande Fede ti salvano in una prigione dorata che non ha piu' nulla di negativo. Forse e' questo l'aspetto del film che piu' e' stato bersagliato dalla critica ma piu' ha affascianto il pubblico: il messaggio finale gioioso e pieno di speranza in chi, per amore, ha compiuto un viaggio al di la' della paura.
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enoc
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venerdì 28 gennaio 2005
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notte e nebbia
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Alla sua quarta opera, Shyamalan costruisce una pellicola nebbiosa e avvolgente, sapientemente interpretata da un cast gestito con rara intelligenza (notevoli le attribuzioni di parti minori ad attori del calibro di Sigourney Weaver e Brendan Gleeson) e magistralmente illuminata da Roger Deakins (il direttore di fotografia dei fratelli Coen). Ma l'aspetto più significativo di questo film sottostimato è senz'altro il senso di mistero che abita ogni inquadratura, un senso ottenuto giocando con lo spazio fuori campo, minaccia potenziale alle figure riprese. Almeno due le sequenze da incorniciare: l'accoltellamento silenzioso di Lucius (Joaquin Phoenix) e l'angoscioso attraversamento del bosco di Ivi (Bryce Dallas Howard).
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Alla sua quarta opera, Shyamalan costruisce una pellicola nebbiosa e avvolgente, sapientemente interpretata da un cast gestito con rara intelligenza (notevoli le attribuzioni di parti minori ad attori del calibro di Sigourney Weaver e Brendan Gleeson) e magistralmente illuminata da Roger Deakins (il direttore di fotografia dei fratelli Coen). Ma l'aspetto più significativo di questo film sottostimato è senz'altro il senso di mistero che abita ogni inquadratura, un senso ottenuto giocando con lo spazio fuori campo, minaccia potenziale alle figure riprese. Almeno due le sequenze da incorniciare: l'accoltellamento silenzioso di Lucius (Joaquin Phoenix) e l'angoscioso attraversamento del bosco di Ivi (Bryce Dallas Howard). Dopo "Signs", un'altra pellicola orgogliosamente "transhollywoodiana", dentro e contro le regole spettacolari della Mecca del cinema.
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alessio75
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lunedì 3 ottobre 2011
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un bel film ben recitato
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il film inizia creando aspettative horror-thriller e sfocia in una metafora sul prezzo da pagare per la libertà,non intesa in valore assoluto bensì quella libertà egoistica della quale tutti noi (come la piccola comunità del film) abbiamo una visione personale. Ho trovato vi siano delle similitudini con il film "the beach" similitudini non stilistiche ma concettuali, in entrambi i film emerge infatti il desiderio di allontanarsi dalla socetà odierna violenta caotica e pericolosa creandone una parallela,proprio come piace a noi ,un piccolo mondo che si vorrebbe perfetto candido e immacolato, ma il sogno non può rimanere tale perchè l'uomo è sempre uguale a se stesso ed i nostri sogni non possono essere gli stessi dei nostri figli,così bisogna ricorrere alla menzogna per evitare che i ragazzi giovani attraversino il bosco e bisogna fare i conti non solo con la parte migliore della natura umana ma anche con la peggiore.
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il film inizia creando aspettative horror-thriller e sfocia in una metafora sul prezzo da pagare per la libertà,non intesa in valore assoluto bensì quella libertà egoistica della quale tutti noi (come la piccola comunità del film) abbiamo una visione personale. Ho trovato vi siano delle similitudini con il film "the beach" similitudini non stilistiche ma concettuali, in entrambi i film emerge infatti il desiderio di allontanarsi dalla socetà odierna violenta caotica e pericolosa creandone una parallela,proprio come piace a noi ,un piccolo mondo che si vorrebbe perfetto candido e immacolato, ma il sogno non può rimanere tale perchè l'uomo è sempre uguale a se stesso ed i nostri sogni non possono essere gli stessi dei nostri figli,così bisogna ricorrere alla menzogna per evitare che i ragazzi giovani attraversino il bosco e bisogna fare i conti non solo con la parte migliore della natura umana ma anche con la peggiore. Giudico le due stelle troppo severe per un film dalle atmosfere suggestive (soprattutto nella prima parte) e dalle ottime interpretazioni di un bel cast.
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gianpaolo
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mercoledì 15 marzo 2006
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"zardoz" e "the village"
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l'autoconfinamento per fuggire da una società che genera mostri,....per creare una una società alternativa che sia immune dal dolore.
Questa è la struttura utopica, basata sulla menzogna..che i cosidetti anziani del villaggio hanno allestito,......creando in sostanza una sorta di geniale, ed edulcorato sistema dittatoriale, il cui funzionamento fa leva sulla paura generata dalle (fittizzie) creature che abitano il bosco,
metaforico confine tra il bene e il male.
Dopo aver attinto ("Unbreakable") dal Vangelo,...e rielaborato la fantascienza (The-sign) in chiave intimista, il geniale autore di origine indiana per certi versi (inconsapevolmente?) rivisita raffinatamente "Zardoz" di Jhon-Boorman nel quale un gruppo di scienziati creò una società da cui venne bandita la morte,.
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l'autoconfinamento per fuggire da una società che genera mostri,....per creare una una società alternativa che sia immune dal dolore.
Questa è la struttura utopica, basata sulla menzogna..che i cosidetti anziani del villaggio hanno allestito,......creando in sostanza una sorta di geniale, ed edulcorato sistema dittatoriale, il cui funzionamento fa leva sulla paura generata dalle (fittizzie) creature che abitano il bosco,
metaforico confine tra il bene e il male.
Dopo aver attinto ("Unbreakable") dal Vangelo,...e rielaborato la fantascienza (The-sign) in chiave intimista, il geniale autore di origine indiana per certi versi (inconsapevolmente?) rivisita raffinatamente "Zardoz" di Jhon-Boorman nel quale un gruppo di scienziati creò una società da cui venne bandita la morte,....ed anche lì parte del meccanismo funzionava facendo leva sulla menzogna e sul terrore generato da un enorme testa di pietra volante.
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antonio the rock
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domenica 17 agosto 2008
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the village:la tragedia della nostra epoca.
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Una comunità che sembra d'altri tempi con tanto di lampade a petrolio che ricordano molto quelle usate dai nostri bisnonni,abiti femminili ricamati con merletti e orlature,uomini vestiti con gilet e soprabito:lo spettatore intuisce che certo il film è lontano dalla nostra sfera spazio-temporale si arriva ad indurre che ci si trovi agli inizi del 19°secolo o sul finire del 18°.Ad aggiungersi è pure un paesaggio dall'aspetto brullo e nello stesso tempo silvano dove a imperare è esclusivamente l'agricoltura lontano dalle attuali comodità portate dalla ben più moderna industria e economia capitalistica:sempre a patto che queste "comodità" non le si rifiuti e con esse tutta la cornice che le circonda.
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Una comunità che sembra d'altri tempi con tanto di lampade a petrolio che ricordano molto quelle usate dai nostri bisnonni,abiti femminili ricamati con merletti e orlature,uomini vestiti con gilet e soprabito:lo spettatore intuisce che certo il film è lontano dalla nostra sfera spazio-temporale si arriva ad indurre che ci si trovi agli inizi del 19°secolo o sul finire del 18°.Ad aggiungersi è pure un paesaggio dall'aspetto brullo e nello stesso tempo silvano dove a imperare è esclusivamente l'agricoltura lontano dalle attuali comodità portate dalla ben più moderna industria e economia capitalistica:sempre a patto che queste "comodità" non le si rifiuti e con esse tutta la cornice che le circonda.Difatti è possibile che non si accetti come va il reale e si cerchi la possibilità di un esilio da tutto e da tutti avendo già fin troppo assaporato bocconi amari nella vita.Ed è ciò che fanno effettivamente i membri della comunità cercando "un'eremitaggio colletivo volontario" se così lo vogliamo nominare.E per far questo certo ci deve essere un qualcosa che possa trasfigurare il tutto in maniera tale da renderlo credibile agli occhi dei più giovani:serve una scusa per distrarli da un contatto con la vera realtà.Detto-fatto ci sono sempre come nelle vecchie care leggende o peggiori incubi mostri pronti a ottenebrare la verità e tener buoni i più piccoli.Tuttavia i grandi non possono tenere nascosto il segreto e il bambino dopo aver indagato arriva alla propria conclusione svelando o la codardia del genitore o la volontà di proteggerlo da qualcosa o qualcuno.La seconda opzione è quella da considerare nel film.I mostri non esistono,come inventato è il villaggio in una riserva naturale,ma lo spettatore come l'avrebbe potuto capire se non alla fine del film?Shyamalan vuole far sembrare un film d'orrore per assuefare lo spettatore all'inizio a considerare la pellicola come qualcosa che sà già di visto per poi stupirlo ottimamente nel finale.Non è un film d'horror ma una pellicola sulla tragedia della nostra società con il suo sviluppo e le sue contraddizioni.
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_melindo__
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venerdì 29 aprile 2011
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splendida riflessione sulla società americana
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Il film sicuramente più compiuto di Shyamalan, decisamente superiore al Sesto Senso (anch'esso comunque al limite del capolavoro) è un' intelligente e audace riflessione sulla società americana, sulle sue paure e sui propri antichi rimpianti, inseriti in una storia piena di suspense. A livello tecnico poi la recitazione, la location, l'uso delle luci e la fotografia elevano il film ad un livello difficilmente eguagliabile. Sicuramente un film che stimola riflessioni sugli U.S.A. e la loro società ma anche sulle nostre paure più profonde. Un capolavoro.
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jayan
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venerdì 14 dicembre 2012
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un thriller carico di saggezza
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Un bellissimo thriller in pieno stile gotico, certamente non un film horror. Il regista usa i suoni, le espressioni delle persone, i paesaggi quasi al di fuori del tempo, per provocare nello spettatore uno stato di ansia e di paura. Allo stesso tempo, verso il finale, trasmetterà il suo messaggio di saggezza. Un film pieno di suspence e di paura, una paura che si basa sull'irrealtà.
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warningsign
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sabato 3 aprile 2010
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la cosa che fa più paura...è la paura stessa
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Grande suspense a fosche tinte ottocentesche per uno dei capolavori creati dal genio di M. Night Shyamalan. L'ambientazione arcaica rende The Village un film di fortissimo impatto emotivo, nel quale respirare risulta praticamente impossibile allo spettatore. La costante dicotomia tra la pace e la quiete e il male che si nasconde così vicino e così vivido riesce ad avvicinare incredibilmente lo spettatore al mondo immaginato nella pellicola, finendo per immergersi completamente nelle vicende che coinvolgono i protagonisti. Un cast di assoluto valore, composto in primis da quelJoaquin Phoenix, già ammirato in Signs, che con la sua interpretazione rappresenta tutte quelle virtù di nobiltà d'animo e coraggio che ne fanno la miglior risposta al terrore che si cela ai margini della comunità.
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Grande suspense a fosche tinte ottocentesche per uno dei capolavori creati dal genio di M. Night Shyamalan. L'ambientazione arcaica rende The Village un film di fortissimo impatto emotivo, nel quale respirare risulta praticamente impossibile allo spettatore. La costante dicotomia tra la pace e la quiete e il male che si nasconde così vicino e così vivido riesce ad avvicinare incredibilmente lo spettatore al mondo immaginato nella pellicola, finendo per immergersi completamente nelle vicende che coinvolgono i protagonisti. Un cast di assoluto valore, composto in primis da quelJoaquin Phoenix, già ammirato in Signs, che con la sua interpretazione rappresenta tutte quelle virtù di nobiltà d'animo e coraggio che ne fanno la miglior risposta al terrore che si cela ai margini della comunità. Che dire di Bryce Dallas Howard, la musa ispiratrice di Shyamalan ricopre probabilmente il suo ruolo più riuscito, quello di una ragazza ceca che vede il mondo in una maniera del tutto esclusiva, un mondo di colori. Marginale, ma pur sempre fondamentale, il personaggio di Noah interpretato magistralmente dal premio Oscar Adrien Brody (da Oscar anche questa sua interpretazione), che risulterà essenziale nella riuscita di questa pellicola. A chiudere non si può non segnalare l'enorme apporto di solennità delle prove di attori consumati come Sigourney Weaver, William Hurt e Brendan Gleeson.
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elgatoloco
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lunedì 8 luglio 2019
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shyanalan"profeta"?
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M'Night Shyamalan, con questo"The Village"(il titolo primo"The Woods"è stato eliminato), del 2004 è un gradus, un passo, uno step nella produzione di questo incredibile(detto positivamente)autore filmico che, , dagli anni 1990 in poi', ci propone "fiabe"giustamente polisemiche. il"VIllage", in questione, che si distacca dal resto del mondo, comunque dalla città, in quanto mortifera, non è da leggere in chiave para-religiosa(gli abitanti non sono "Amish"vel similia)né gli abitanti del"VIllage"credo abbiano particolari predispozioni verso qualcosa di esoterico(ma in Shyamalan nessuna pista è da scartare a priori, sia detto chiaramente): Piuttosto, vista anche la manifestazione viva della"ritualittà"(mascheramento, abiti non solo"di scena"), il testo filmico qui p assolutamente polsemico, come lo era in"El angel exterminador"di Luis Bunuel(1963), dato che qui la condizione di autoreclusione.
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M'Night Shyamalan, con questo"The Village"(il titolo primo"The Woods"è stato eliminato), del 2004 è un gradus, un passo, uno step nella produzione di questo incredibile(detto positivamente)autore filmico che, , dagli anni 1990 in poi', ci propone "fiabe"giustamente polisemiche. il"VIllage", in questione, che si distacca dal resto del mondo, comunque dalla città, in quanto mortifera, non è da leggere in chiave para-religiosa(gli abitanti non sono "Amish"vel similia)né gli abitanti del"VIllage"credo abbiano particolari predispozioni verso qualcosa di esoterico(ma in Shyamalan nessuna pista è da scartare a priori, sia detto chiaramente): Piuttosto, vista anche la manifestazione viva della"ritualittà"(mascheramento, abiti non solo"di scena"), il testo filmico qui p assolutamente polsemico, come lo era in"El angel exterminador"di Luis Bunuel(1963), dato che qui la condizione di autoreclusione. di autoisolamento entro"the villlage", evitando rigorosamente il bosco della "creature malvage"ma anche la città, ricorda decisamente quella dei maggiorenti spagnoli(o messicani, dato che il film era stato realizzato in Mexico, essendo Buneul profugo anti-fanchista, minacciato dal regime), Da segnalare, questo film, anche come fattore di crisi dei primi anni 2000, senza necessariamente una reductio alla condizione di terrrore(poi rienttata ma molto e troppo ricomparsa con l'IS.ISIS)indotta dall'11 settembre 2001. Gli/le interpreti qui sono più che altro strumenti nelle mani di un creatore decisamente intelligente. El Gato
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tony montana
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venerdì 24 dicembre 2010
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imperfetto, ma suggestivo
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Nel piccolo villaggio di Covington, nella Pennsylvania del tardo XIX°secolo, la gente vive in armonia, immersa in uno scenario idilliaco. Tuttavia, questa comunità molto unita convive con la spaventosa consapevolezza che i boschi che la circondano sono abitati da strani esseri… L'assurda montatura pubblicitaria del film, nel poco onesto tentativo di attirare il maggior numero di spettatori giocando sporco sul confine tra thriller e horror ha contribuito all’insuccesso di questo film. Il piccolo villaggio di Covington, nella Pennsylvania di fine XIX° secolo, è completamente circondato da un bosco abitato da misteriose e pericolose creature.
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Nel piccolo villaggio di Covington, nella Pennsylvania del tardo XIX°secolo, la gente vive in armonia, immersa in uno scenario idilliaco. Tuttavia, questa comunità molto unita convive con la spaventosa consapevolezza che i boschi che la circondano sono abitati da strani esseri… L'assurda montatura pubblicitaria del film, nel poco onesto tentativo di attirare il maggior numero di spettatori giocando sporco sul confine tra thriller e horror ha contribuito all’insuccesso di questo film. Il piccolo villaggio di Covington, nella Pennsylvania di fine XIX° secolo, è completamente circondato da un bosco abitato da misteriose e pericolose creature. Gli abitanti, guidati dal patriarca Edward Walker (William Hurt), vivono una vita semplice e piuttosto “chiusa”, che si svolge interamente nel villaggio: per via delle creature, infatti, nessuno può superare il confine del villaggio ed entrare nel bosco. L’intrepido Lucius Hunt (Joaquin Phoenix) vuole attraversare il bosco, ma verrà ostacolato dallo stesso Walker. Ma quando a voler oltrepassare il bosco sarà la non-vedente Ivy (Bryce Dallas Howard), figlia di Walker e innamorata di Lucius, molte cose tenute segrete verranno a galla…
Sesto film di M. Night Shyamalan, che qualche anno fa sconvolse critica e pubblico con lo straordinario Il sesto senso. Da tale film in poi, le storie scritte e dirette dal regista hanno seguito sempre la stessa struttura: andamento lento e tanti piccoli dettagli all’apparenza insignificanti che grazie al finale sorprendente acquistano significato. Non sempre, però, tale struttura riesce a dare effetti positivi, ed è questo il caso di The Village, in cui la trama, lenta e priva di suspense, smorza il senso reale del film: quello di inquietare. La fotografia e l’ambientazione dell’epoca sono perfette, senza alcun dubbio, ma la trama è a tratti scontata e spenta. I personaggi più interessanti sono l’autoritario Edward-Hurt, e Adrien Brody nei panni del matto del villaggio. Assolutamente fuori luogo Joaquin Phoenix (Signs) e Sigourney Weaver. Menzione a parte merita la giovane Bryce Dallas Howard (figlia del regista Ron Howard), che si cala alla perfezione nei panni della forte e risoluta Ivy. Sono tutti personaggi dotati di caratteri personali, ma la grande pecca del regista sta nel non essere stato in grado di creare dei rapporti credibili e consistenti tra le varie figure. Il finale è originale e anche qui inaspettato, e sicuramente dal forte valore sociale, ma se Shyamalan avesse impostato la storia in una maniera più angosciante e fosse stato abile nel tenerci costantemente sulle spine, sicuramente l’effetto sarebbe stato molto più forte. Comunque, un thriller suggestivo che dimostra la bravura del regista, i stupirci e tenerci in pugno.
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