«Da grandi poteri derivano grandi responsabilità». Nessun newyorchese ha più (super)poteri dell’Uomo Ragno, ma Peter Parker è pur sempre solo un ragazzo e riuscire a conciliare la vita dello studente universitario con quella di eroe mascherato è tutt’altro che facile. Spider-Man è stato la ragione per la quale Peter ha rinunciato al grande amore della sua vita, ma lo stress è troppo. Adesso è venuto il momento di dire basta: il costume rosso-blu finisce nella spazzatura. Per lo meno fino a quando il dottor Octopus non rapisce Mary - Jane… Dopo un breve riassunto del prototipo attraverso gli splendidi dipinti di Alex Ross, ci si trova proiettati in quello che è certamente uno dei più bei film mai tratti da un fumetto di supereroi. Ma nonostante quello qui presentato sia chiaramente l’Uomo Ragno – Sargent ha saccheggiato trent’anni di storie a fumetti, nella sua sceneggiatura – è anche molto più Raimi-style rispetto alla prima uscita. Basta vedere la parte centrale, con l’esperimento fallito di Octavius e il suo risveglio in ospedale, per ritrovarsi davanti il regista de La casa in ottima forma. E’ forse questa la marcia in più di Spider-Man 2 rispetto ad altri prodotti similari: la convinzione con cui il regista ha guidato il carro, come fosse a tutti gli effetti un progetto suo invece che una corazzata hollywoodiana. I risultati sono eccezionali. Anche stavolta, ancora una volta, la pellicola è incentrata in maniera particolare su Peter Parker piuttosto che sulla sua controparte digitale. Lo stress di essere un supereroe ne mina il fisico e lo priva dei poteri, e noi siamo lì con lui mentre cerca di capire quale strada seguire, cosa vuole veramente fare della propria vita. E’ uno sviluppo drammatico estremamente efficace, in certi momenti persino toccante, nel quale si inseriscono situazioni comiche perfette e momenti romantici ottimamente studiati. La sceneggiatura riesceinfatti a costruire dei personaggi estremamente interessanti e metterli in situazioni che non perdono mai di efficacia. Il risultato è che quando buoni e cattivi cominciano (finalmente?) a fare a botte, la sospensione dell’incredulità non viene mai a mancare, nonostante la relativa pochezza delle animazioni computerizzate. Anzi: ci si ritrova più d’una volta a trattenere il fiato per la sorte dell’Eroe, anche per merito della perizia tecnica di Raimi e delle adeguate musiche di Danny Elfman. Forse il cattivone di turno rimane tutto sommato troppo sullo sfondo, e New York sembra in fondo essere solo il quartiere in cui vivono Peter e i suoi amici, ma questo non fa altro che dare maggior peso ai protagonisti e farci appassionare maggiormente alle loro vicende. E quasi ci si dimentica di star vedendo un film con tematiche fantastiche: la portata emotiva di questa pellicola, per quelli che non hanno già deciso di non crederci, è pari se non maggiore di quella di pellicole comunemente definite “drammatiche”. Certo, si potrebbe anche parlare del doppiaggio mediocre, del brutto finale, della pessima recitazione di James Franco, ma… ma no: questo è un gran film.
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