Roberto Nepoti
La Repubblica
La faccenda comincia con un cadavere che racconta, come in Viale del tramonto: e, già qui, lo spettatore avvertito capisce di essere a rischio-bidone. Non si sbaglia: perché Confidence è una fesseria in chiave di noir piena di vezzi pateticamente autoironici e che spreca un cast promettente (non ci riferiamo al protagonista Burns) in un pasticcio fitto di ribaltamenti uno più scontato dell'altro. Truffatore di talento, Jake Vig incrocia la strada del "Re" (Hoffman), criminale paranoide. Per riscattare la propria pelle, Jake organizza una truffa ai danni di un tizio ancora più pericoloso, un banchiere legato alla grossa criminalità. Ci sono di mezzo anche una bella borseggiatrice di nome Lily (Weisz), un equivoco agente dell'FBI (Garcia, quasi irriconoscibile), un socio che fa il doppio gioco, uno scagnozzo del Re incaricato di sorvegliare il protagonista e una quantità d'altra gente, di cui si poteva benissimo fare a meno. Dapprima le cose vanno per il verso giusto; poi si complicano al punto da non lasciare, apparentemente, scampo a Jack. A parte l'antipatia di Burns, che fa il macho fascinoso dalla prima all'ultima scena, quel che disturba è il puzzle di situazioni stranote e straviste, presentate come si trattasse di novità. Per quanto riguarda l'uso della macchina da presa, James Foley (regista, a suo tempo, accreditato di una certa fama) adotta con determinazione spietata l'estetica del faccione, stringendo su primi piani di tutti gli attori come se dirigesse un telefilm di seconda serata.
DaLa Repubblica, 13 settembre 2003)
di Roberto Nepoti, 13 settembre 2003)