La stanza del figlio |
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Un film di Nanni Moretti.
Con Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Claudio Santamaria.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 100 min.
- Italia 2001.
MYMONETRO
La stanza del figlio
valutazione media:
3,24
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Nepoti
La Repubblica
Il totoCannes è già aperto e difficilmente la Croisette potrà fare i suoi conti senza i film di Moretti e Scola. Diversi per stile, intonazione, scelta di "genere" (una tragedia, una commedia amara), La stanza del figlio e Concorrenza sleale hanno però un tratto in comune: mettono in scena, entrambi, momenti fondamentali, estremi, di quelli che cambiano la vita delle persone. Per quanto scaviamo nella memoria, non riusciamo a trovare un film che racconti l'elaborazione di un lutto con una densità paragonabile a La stanza del figlio. La stessa struttura drammaturgica è articolata in due parti distinte e reciprocamente necessarie: la prima ci mostra la quotidianità di una vita familiare forse non perfetta, ma unita, piena di calore e di progetti; dopo la cesura della morte di Andrea, i superstiti scivolano nella dimensione del nonsenso, prostrati da un evento tanto più atroce nella sua ingiustificabile "normalità". Piuttosto che ad altri film, si pensa alle pagine degli scrittori che, qualche anno fa, chiamavamo "minimalisti". Non è un caso se Giovanni cita Raymond Carver. La stanza evoca il suo tremendo racconto "Il bagno", imperniato su un bambino morto in un banale incidente; così come lo sgretolamento dei rapporti tra i genitori dopo la perdita di un figlio fa venire in mente Bambini nel tempo di Ian McEwan. Anche Moretti applica una chiave minimalista; ma nel senso migliore, quello che rende più riconoscibile e realistico il dramma (l'apice è la scena della bara). La regia sobria e funzionale; la fotografia di Giuseppe Lanci e il commento musicale di Nicola Piovani sono i più lontani da ogni volontà di enfatizzare gli eventi. Coerentemente, la recitazione è trattenuta (fatta eccezione per il personaggio di Accorsi): con la scelta di un understatement della sofferenza, nella propria performance come in quella della bravissima Morante o del dolorosamente misurato Orlando, il regista antepone alla disperazione la desolazione e lo sconforto, che rappresentano assai meglio il senso della perdita. Se Giovanni, invaso dai sensi di colpa, non può deglutire le pillole di buon senso che distribuisce ai pazienti, così non valgono più gli esorcismi cui Moretti ricorreva quando si sdoppiava nel proprio alterego Michele Apicella. In questo, che è il suo film più maturo e coerente, Nanni rinuncia ai vezzi narcisistici del "morettismo"; meglio, li metabolizza e li inscrive a pieno titolo nella narrazione: vedi la scena in cui il padre mangia solitario una sottiletta citando, al contrario, quella citatissima della Nutella in "Bianca". Ci sarà magari qualcosa d'imperfetto in La stanza del figlio: forse l'epilogo, un po' troppo imbevuto di un ottimismo della volontà alla Kiarostami. Però è molto raro vedere un film che abbia il coraggio di scavare così a fondo nelle nostre paure, negli affetti, nelle debolezze e nei fantasmi che ci appartengono. Quasi che Moretti ci faccia stendere sul lettino dell'analista poi, scambiando i ruoli, ci si adagi lui stesso per confidarci le sue ossessioni.
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