amarilli
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sabato 24 maggio 2008
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andando indietro mentre le immagini vanno avanti
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È il 2001. Lo dice la tomba di Royal Tenenbaum: il pater familias tanto discusso. Eppure per tutto il volume-film, capitolo dopo capitolo, abbiamo visto la moda tipica della fine anni 60, primi anni 70 e abbiamo ascoltato Bob Dylan, Nico, Nick Drake, i Beatles, anche i Clash (e quindi potremo spostarci magari a ridosso degli anni 80, non certo nel 2001!), andando indietro mentre le immagini andavano avanti.
Margot Tenenbaun ha passato i trenta e fuma di nascosto, dev’essere stato tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70 che si parlava di lei come di una ragazza prodigio capace di scrivere drammi teatrali destinati al successo, dev’essere stato nello stesso periodo che i topi dalmati creati da Chas Tenenbaum entravano in commercio e ,ancora, dev’esser stato nello stesso periodo che Richie Tenenbaum, promessa certa del tennis, non si lasciava scappare una pallina.
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È il 2001. Lo dice la tomba di Royal Tenenbaum: il pater familias tanto discusso. Eppure per tutto il volume-film, capitolo dopo capitolo, abbiamo visto la moda tipica della fine anni 60, primi anni 70 e abbiamo ascoltato Bob Dylan, Nico, Nick Drake, i Beatles, anche i Clash (e quindi potremo spostarci magari a ridosso degli anni 80, non certo nel 2001!), andando indietro mentre le immagini andavano avanti.
Margot Tenenbaun ha passato i trenta e fuma di nascosto, dev’essere stato tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70 che si parlava di lei come di una ragazza prodigio capace di scrivere drammi teatrali destinati al successo, dev’essere stato nello stesso periodo che i topi dalmati creati da Chas Tenenbaum entravano in commercio e ,ancora, dev’esser stato nello stesso periodo che Richie Tenenbaum, promessa certa del tennis, non si lasciava scappare una pallina.
I fratelli Tenenbaun portano addosso e nell’atmosfera che respirano l’impronta del loro passato promettente, ed è proprio quando la loro vita si fa meno promettente che ricompare quella figura paterna che li aveva abbandonati durante l’infanzia. Royal non si era accorto del talento di sua figlia adottiva. Non delle capacità di Chas, sì dei suoi soldi. Forse aveva un occhio solo per Richie, dal talento più comune e meno propenso a superare quello di un avvocato di talento.
Royal non torna per i suoi figli, non torna neanche per la moglie che dopo tanti anni di separazione desidera rifarsi una vita, Royal torna per non essere superato dal nuovo, dal contemporaneo. Ognicosa è immobile a casa Tenenbaum (le sigarette di Margot, i documenti di divorzio, la stanza dei giochi in scatola) o al massimo torna indietro (Mordecai, Chas e Margot alla casa natia). Solo quella testa di cinghiale di Royal è stata spostata, non gettata via, ma anche quella dovrà tornare a suo posto. Secondo l’ordine fossilizzato di casa Tenenbaum.
Alla fine però Wes Anderson ci fa sperare in un movimento in avanti: la morte di Royal, non quella simulata, quella vera. Un piccolo assaggio c’era stato durante il secondo matrimonio di Ethelyn quando Eli Cash, che ha sempre voluto essere un Tenembaum ma non c’è mai riuscito, sfonda la parete di quell’immobile casa sepolta dalle anticaglie: qualcosa inizia a cedere? Lo spettatore spera che la morte di Royal potrà permettere a chi l’ha conosciuto di superarlo, di lasciarselo alle spalle. Ma Royal è un personaggio complesso: Pagoda l’ha pugnalato per ben due volte, eppure si è ritrovato prima suo soccorritore e poi suo servo. Lo spettatore deve riporre le sue speranze: uno come Royal Tenembaum non può essere portato via nemmeno dalla morte: l’unione semi incestuosa di Margot e Richie è ancora un tornare indietro, un richiudersi in una piccola tenda usata come rifugio d’infanzia ad ascoltare un vecchio disco dei Rolling Stones.
Andreson ci porta ancora indietro mentre il volume-film va avanti, mentre i titoli di coda terminano e Van Morrison canta. E siamo sempre nel 2001, Margot ha ancora la sua pelliccia, Chas la sua tuta, Richie si è tagliato i capelli ma lui, il figlio preferito di Royal, è accanto alla sorella adottiva. E i figli di Chas al funerale hanno portato anche il cane dalmata regalatogli da Royal. Dalmata come i topi di Chas. E chi mai potrà superare un uomo morto tragicamente per salvare la sua famiglia durante un naufragio?
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franco d.
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venerdì 13 giugno 2014
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il complesso di telemaco: aspettando il padre
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Lo psicologo Massimo Recalcati ha definito "complesso di Telemaco" un atteggiamento tipico d'inizio XXI secolo, la ricerca da parte di adolescenti e non di una figura paterna (che la società non offre più) a cui poter guardare come modello e ispirazione, così da poter crescere confrontandosi con essa. Già la storia di Max Fischer, il protagonista di "Rushmore", ne era una buona esemplificazione, ma questo film in pratica ne è l'esatta incarnazione. Da bambini, i tre fratelli Tenenbaum sono stati dei prodigi: Chas (Ben Stiller) un finanziere di successo, Margot (Gwyneth Paltrow) una scrittrice di talento e Richie (Luke Wilson) un campione di tennis.
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Lo psicologo Massimo Recalcati ha definito "complesso di Telemaco" un atteggiamento tipico d'inizio XXI secolo, la ricerca da parte di adolescenti e non di una figura paterna (che la società non offre più) a cui poter guardare come modello e ispirazione, così da poter crescere confrontandosi con essa. Già la storia di Max Fischer, il protagonista di "Rushmore", ne era una buona esemplificazione, ma questo film in pratica ne è l'esatta incarnazione. Da bambini, i tre fratelli Tenenbaum sono stati dei prodigi: Chas (Ben Stiller) un finanziere di successo, Margot (Gwyneth Paltrow) una scrittrice di talento e Richie (Luke Wilson) un campione di tennis. Ma adesso, da grandi, vivono tutti delle vite più o meno miserabili, Chas ossessionato dalla sicurezza dei figli dopo la morte della moglie, Margot in un matrimonio senza amore con lo psicologo Raleigh St. Clair (Bill Murray) e Richie a bordo di una nave, dopo essersi ritirato dallo sport. La ragione del loro fallimento sta nel rapporto con il padre, Royal (Gene Hackman), un avvocato egoista e infantile che, cacciato di casa dalla moglie Etheline (Anjelica Huston), non si è mai veramente curato di loro, preferendo vivere da scioperato in un ricco hotel. Quando però Royal apprende che Etheline sta per risposarsi e che lui stesso è in bancarotta, finge di stare morendo per un cancro allo stomaco e si reinstalla in casa, iniziando una sorta di esodo al contrario che coinvolgerà tutti i figli. E’ solo l’inizio di un confronto interfamiliare che avrà molte sorprese e che, forse, porterà a un chiarimento con i figli. Terzo (e ultimo) film scritto in coppia da Anderson e Owen Wilson (che vi recita pure), è il film della definitiva consacrazione del regista, che finalmente arriva alle "radici" del suo cinema, mostrandoci da dove si originano tutte le nevrosi e i drammi dei suoi personaggi: nel rapporto irrisolto con figure genitoriali assenti (la madre) o vittime della sindrome di Peter Pan (il padre), comunque insensibili, che hanno costretto i figli a crescere in pratica da soli. Il risultato è che questi ultimi poi alla fine non sanno cosa farsene del loro talento e restano dei bambini bisognosi di affetto, 'fissati' in una maschera innaturale e castrante (la tuta da ginnastica di Chas, la fascia e i capelli lunghi di Richie, il make-up di Margot). La genialità di Anderson, però, è di farci vedere tutta questa materia come se fossimo noi stessi dei bambini. In teoria, questo film è la lettura di un romanzo (a opera di Alec Baldwin) - quindi una finzione all'interno di una finzione - e i colori caldi della fotografia, l'esasperata fisicità dei personaggi, il montaggio che predilige il campo medio e l'inquadratura fissa, danno l'impressione di una serie di quadri viventi, illustrazioni da libro di Roald Dahl o striscia dei "Peanuts", evocando così un linguaggio visuale tipico della prima infanzia. I contenuti, però, sono di una commedia adulta e seria, a tratti persino tragica (il tentato suicidio di Richie), come in una seduta psicanalitica di gruppo dove tutti possiamo riconoscere, in un'atmosfera cordiale e comunitaria, il nostro bisogno ancora forte di una storia che sappia commuoverci e rappacificarci col mondo, in prima battuta forse proprio con i nostri fantasmi famigliari. Perché in fondo tutti noi siamo Telemaco, tutti noi almeno per una volta abbiamo desiderato essere riconosciuti come speciali e unici dalle persone più vicine, e come i tre fratelli Tenenbaum, abbiamo tutti affrontato l'esperienza della delusione di fronte a una realtà meschina e frustrante. Ed è per questo che abbiamo bisogno del cinema: perché abbiamo bisogno di confrontarci con quel padre di cui sentiamo la mancanza, ed è solo meglio se ha il ghigno e l'istrionismo del grandissimo Gene Hackman (il padre che nessuno di noi vorrebbe, ma che forse abbiamo tutti avuto, almeno una volta nella vita).
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virginia1982
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martedì 22 maggio 2012
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romanzo visivo che si lascia ammirare
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Elegante commedia con evidenti tratti di genialtà. Piccolo capovaloro classico e alternativo al tempo stesso. Rende gli eventi quotidiani di famiglia un epopea magistrale, che si racconta semplice e quasi psicotica. Allegra e tristemente genuina. Con uno studiato cast d'interpreti spontanei e fedeli. Fotografia dal leggero sapore antico. Colonna sonora in tema, che si adatta bene nel cullare le scene. Come l'opening che introduce al film, un "Hey Jude" strumentale d'apertura, che presenta i personaggi; viscerali e fumettistici, ma comunque reali. Romanzo visivo che si lascia ammirare. Ottimo e unico nel suo genere.
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great steven
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giovedì 5 marzo 2015
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quadro famigliare recitato da un cast eccezionale.
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I TENENBAUM (USA, 2001) diretto da WES ANDERSON. Interpretato da GENE HACKMAN, BEN STILLER, ANJELICA HUSTON, GWYNETH PALTROW, LUKE WILSON, OWEN WILSON, DANNY GLOVER, BILL MURRAY, SEYMOUR CASSEL, KUMAR PALLANA
Anderson è un regista per molti versi fuori dagli schemi. Il motivo? Le sue commedie mantengono immancabilmente un tono serioso fino alle estreme conseguenze, eppure riescono a innescare un salubre divertimento pur senza perdere il tocco impegnativo che questo singolare cineasta riesce ad infondere nelle sue originali opere. Anche con questo film (il terzo della sua carriera), realizza un quadro familiare che denota particolarità sublimi e sopraffine, per come viene raccontato ed esposto, facendo ricorso a una struttura spezzettata in prologo, capitoli vari ed epilogo, con tanto di didascalie pittoresche che decorano con una mano assai artigianale lo scandire del tempo narrativo.
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I TENENBAUM (USA, 2001) diretto da WES ANDERSON. Interpretato da GENE HACKMAN, BEN STILLER, ANJELICA HUSTON, GWYNETH PALTROW, LUKE WILSON, OWEN WILSON, DANNY GLOVER, BILL MURRAY, SEYMOUR CASSEL, KUMAR PALLANA
Anderson è un regista per molti versi fuori dagli schemi. Il motivo? Le sue commedie mantengono immancabilmente un tono serioso fino alle estreme conseguenze, eppure riescono a innescare un salubre divertimento pur senza perdere il tocco impegnativo che questo singolare cineasta riesce ad infondere nelle sue originali opere. Anche con questo film (il terzo della sua carriera), realizza un quadro familiare che denota particolarità sublimi e sopraffine, per come viene raccontato ed esposto, facendo ricorso a una struttura spezzettata in prologo, capitoli vari ed epilogo, con tanto di didascalie pittoresche che decorano con una mano assai artigianale lo scandire del tempo narrativo. Quella dei Tenenbaum è una famiglia sgangherata e allo sbando che vive in una New York dal gusto fiabesco e dalle sembianze pop. I tre figli del ricco e bizzarro Royal Tenenbaum eccellono da bambini in vari campi dello scibile umano: Chas diventa un imprenditore rampante col pallino della finanza e la mania di allevare topi; Richie si distingue alla grande come campione nazionale di tennis; Margot si fa strada come commediografa e abbraccia una fortunata carriera in teatro. Ma poi, crescendo, essi perdono il talento e si trasformano in adulti nevrotici, insicuri e pieni di magagne, oppressi dal padre che finge di avere un cancro all’intestino per riallacciare i rapporti con i figli dopo un allontanamento volontario, ma pur sempre forzato, durato vent’anni. A completare il sipario divertente e caricaturale di questa galleria assolutamente irripetibile di strambi caratteri si aggiungono: uno scrittore vestito da cowboy che dimostra turbe psichiche; Etheline, la moglie di Royal, che lo lascia per un nero benestante che l’ex marito non smetterà mai di criticare aspramente; il compagno di Margot, un autore-neurologo che lavora in ospedale e porta gli occhiali uniti ad un folto barbone grigio. La regia riesce a dare lo spazio giusto a ciascun attore, permettendogli di esprimersi con una facilità meravigliosa che rimarca la ricchezza della sceneggiatura e ne trae spunti davvero interessanti anche come veicolo sociologico per descrivere una realtà purtroppo attualissima: le famiglie numerose sono portate a sfasciarsi, e rimetterle insieme dopo tanti anni di lontananza e menefreghismo ostentato è un’impresa più impossibile che complessa. Tra le trovate argute da segnalare, ricordo: la tuta rossa indossata da Stiller, vedovo perché ha perso la moglie in un incidente aereo e quindi continua a tormentare i due figli piccoli con una corsa antincendio all’impazzata; la permanenza di G. Paltrow nella vasca da bagno per sei ore al giorno, mentre è intenta a poltrire davanti alla televisione; la noncuranza e il senso pratico di A. Huston, che le consentono di provare ancora qualche sensazione positiva e gradevole nei riguardi del consorte; le fuoriuscite rabbiose e incontrollate di Hackman (premiato col Golden Globe per questa interpretazione), in cui il bravo attore si impegna a fondo per risultare allegro, convincente ed attendibile; e infine il tentativo di suicidio operato da L. Wilson, col successivo ricovero in ospedale e la presa di coscienza che la vita, vale comunque la pena di viverla. Insomma, un film che manifesta limpidezza da tutti i pori e una lezione esistenziale sul significato di un’istituzione che dalla notte dei tempi governa le azioni umane e stringe legami importanti fra i mammiferi bipedi più sviluppati e intelligenti del pianeta. Nessuna forzatura ideologica e nessun manicheismo infruttuoso arrivano ad inquinare la freschezza lampante e il brio magnifico di un’opera da rivedere e gustare più di una volta. Attori eccellenti, contributi tecnici di qualità che creano ornamenti tutt’altro che secondari per rendere superbamente artistica una pellicola che funziona a pieno vapore sotto numerosi aspetti, non soltanto strettamente cinematografici.
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sabato 21 luglio 2007
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una grande "americanata"
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I Tenenbaum sono una famiglia non certo convenzionale: il padre Royal (Gene Hackmann) è un furbo, cinico, tenero e vitale signore che per riconquistare la moglie e l'affetto dei figli finge di avere una malattia mortale; verrà scoperto dal nuovo fidanzato della moglie Ethelyn (Angelica Houston) che dopo le bravate di Royal vive senza un uomo da diciotto anni.
Chas (Ben Stiller) è il figlio maggiore, è pieno di complessi perchè dopo la perdita della moglie Rachel ha paura di qualsiasi cosa; per questo l'educazione impartita ai figli è rigida e decisamente malsana.
Richie (Luke Houston) è l'altro figlio, un campione di tennis che però decide di andare via di casa e girare il mondo sulle navi per dimenticare l'amore che prova per la sorellastra Margot (Gwyneth Paltrow), sposata infelicemente con un marito (Bill Murray) troppo vecchio per lei.
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I Tenenbaum sono una famiglia non certo convenzionale: il padre Royal (Gene Hackmann) è un furbo, cinico, tenero e vitale signore che per riconquistare la moglie e l'affetto dei figli finge di avere una malattia mortale; verrà scoperto dal nuovo fidanzato della moglie Ethelyn (Angelica Houston) che dopo le bravate di Royal vive senza un uomo da diciotto anni.
Chas (Ben Stiller) è il figlio maggiore, è pieno di complessi perchè dopo la perdita della moglie Rachel ha paura di qualsiasi cosa; per questo l'educazione impartita ai figli è rigida e decisamente malsana.
Richie (Luke Houston) è l'altro figlio, un campione di tennis che però decide di andare via di casa e girare il mondo sulle navi per dimenticare l'amore che prova per la sorellastra Margot (Gwyneth Paltrow), sposata infelicemente con un marito (Bill Murray) troppo vecchio per lei.
Eli Cash (Owen Wilson, coautore della sceneggiatura del film) è un grande amico di Richie, ma è anche l'amante di Margot, uno scrittore "allucinato" e un tossicodipendente.
Questo è il quadro completo che ci viene offerto, sin da subito, dal regista Wes Anderson; e proprio di quadri (o di fumetti) non si può non pensare per tutta la durata di questo film stilisticamente perfetto; suddiviso in capitoli,ognuno dei quali con il nome dei protagonisti.
La storia di per sè non è originalissima, ma il fatto che venga trattata con tante piccole mini-storie che si intersecano, si lasciano, si incontrano di nuovo e soprattutto l'uso a tratti rudimentale, a tratti impeccabile della macchina da presa sono dei segni indelebili per chi ama il cinema.
E'quasi uno studio morboso a livello estetico, un sovrapporsi di camera a mano, zoom imperfetti e piani sequenza prodigiosi (strepitoso quello dopo l'incidente di Eli con tutti i personaggi divisi a creare dialoghi scollegati tra loro).
Certo, ci sono anche momenti di indubbia ilarità, ma l'opera non può certo considerarsi di semplice lettura. Ci sono situazioni e avvenimenti che fanno riflettere (Margot che a trentatre anni fuma di nascosto, Royal che va a lavorare nell'albergo che è stata la sua casa per ventidue anni, Chas che arriva ad odiare il padre e ad augurargli le cose peggiori, Ethelyn che si vuole rifare una vita con un uomo che è "tutto quello che Royal non è stato").
Strepitosa la sequenza nella quale Richie dopo aver saputo che Margot e Eli erano amanti, si taglia i capelli lunghi e la barba, dice "domani mi uccido" e pochi istanti dopo si taglia le vene. Se la caverà, ma lui e Margot dovranno amarsi di nascosto.
Chiaramente non manca il paradosso finale: Royal,dopo aver finto una malattia mortale per cercare di recuperare il rapporto con la famiglia, muore di infarto e al suo funerale i Tenenbaum sono tristi,certo, ma non distrutti dal dolore.
L'impossiblità di cambiare (Margot che non riesce a smettere di fumare, Royal che pur sforzandosi rimane una simpatica canaglia, Richie che rimarrà sempre con quel sorriso triste ed infelice) è il filo conduttore (ammesso che ce ne sia uno) di questo bellissimo film, trattato con sensibilità e inestimabile capacità registica, interpretato da attori meravigliosi (il macalzone Hackmann, l'annoiata Paltrow e l'affranto Luke Wilson su tutti).
Come dicono "quelli bravi" un film assolutamente da vedere, o meglio, in questo caso, da sfogliare fino all'ultima sequenza.
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jacopo b98
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lunedì 18 agosto 2014
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una commedia agrodolce sulla famiglia americana
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Royal Tenenbaum (Hackman) è il patriarca di una famiglia di geni: il figlio Chas (Stiller) a otto-nove anni era un affarista di successo, la figlia Margot (Paltrow) da ragazzina era già un’acclamata drammaturga e il terzo figlio Richie (L.Wilson) un grande tennista. Tuttavia egli non mette piede in famiglia da numerosi anni ed ora vive solo in un grande hotel. Sfrattato dalla sua stanza, con pochissimi soldi, cerca di reinserirsi in famiglia dicendo di essere malato terminale. Sarà vero? E riuscirà Royal a riconquistarsi la fiducia dei figli e della moglie (Huston)? Scritto dal regista con Owen Wilson (che interpreta il cowboy che vive a Casa Tenenbaum ed è il fratello del Luke interprete di Richie) è la più sorprendente commedia dell’anno.
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Royal Tenenbaum (Hackman) è il patriarca di una famiglia di geni: il figlio Chas (Stiller) a otto-nove anni era un affarista di successo, la figlia Margot (Paltrow) da ragazzina era già un’acclamata drammaturga e il terzo figlio Richie (L.Wilson) un grande tennista. Tuttavia egli non mette piede in famiglia da numerosi anni ed ora vive solo in un grande hotel. Sfrattato dalla sua stanza, con pochissimi soldi, cerca di reinserirsi in famiglia dicendo di essere malato terminale. Sarà vero? E riuscirà Royal a riconquistarsi la fiducia dei figli e della moglie (Huston)? Scritto dal regista con Owen Wilson (che interpreta il cowboy che vive a Casa Tenenbaum ed è il fratello del Luke interprete di Richie) è la più sorprendente commedia dell’anno. È uno spaccato della famiglia e della società americana in chiave di commedia. Talvolta diverte, spesso commuove, generalmente sorprende, grazie anche ad una regia ammirabile: Anderson gira in modo geometrico, le sue inquadrature sono carrellate semplici che vanno a destra o a sinistra, in alto o in basso, mai in avanti, il mondo è bidimensionale, nel senso buono del termine. Una vera chicca visiva! Non per niente il suo stile è il più innovativo del cinema moderno. Ne esce un film curioso, buffo eppur spietato nei confronti di una società immorale. Al tutto contribuiscono un cast di attori in gran forma (su tutti Gene Hackman, premiato con il Golden Globe) e una colonna sonora sensazionale. È il vero e proprio manifesto dell’Anderson Style. Solo una candidatura agli Oscar per la sceneggiatura originale.
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stefano capasso
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venerdì 27 maggio 2016
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il percorso di accettazione famigliare
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Chas, Margot e Richie sono I tre figli di Royal ed Etheline Tenenbaum. Già in adolescenza mostrano uno spiccato talento per le attività in cui si dedicano. Col tempo le vicende familiari e della vita stessa offuscano questi talenti riconducendo i tre ad una vita di frustrazioni e di rabbiosi rimpianti verso una famiglia che non li aveva supportati abbastanza
Wes Anderson dirige questa commedia dai toni amori che parla di una famiglia, che potrebbe essere una qualsiasi famiglia, con i suoi tono grotteschi e i colori molto accentuati.
Il percorso per tutti sarà quello di trovare una giusta posizione tra le aspettative deluse e il bisogno di amore familiare che tutti hanno.
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Chas, Margot e Richie sono I tre figli di Royal ed Etheline Tenenbaum. Già in adolescenza mostrano uno spiccato talento per le attività in cui si dedicano. Col tempo le vicende familiari e della vita stessa offuscano questi talenti riconducendo i tre ad una vita di frustrazioni e di rabbiosi rimpianti verso una famiglia che non li aveva supportati abbastanza
Wes Anderson dirige questa commedia dai toni amori che parla di una famiglia, che potrebbe essere una qualsiasi famiglia, con i suoi tono grotteschi e i colori molto accentuati.
Il percorso per tutti sarà quello di trovare una giusta posizione tra le aspettative deluse e il bisogno di amore familiare che tutti hanno. I sentimenti, le originalità e i vizi che ognuno manifesta possono essere accettati per un miglior funzionamento della famiglia e un conseguente migliore adattamento alla vita
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piernelweb
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domenica 9 marzo 2008
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ironia post moderna
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Se c'è un regista in grado di tracciare inediti e sorprendenti sentieri nella commedia grottesca moderna, questi è certamente Wes Anderson. "I Tenenbaum" è il film che ha definitivamente confermato il suo talento dopo i consensi per il gradevole "Rushmore". E' nell'articolazione sofisticata dei personaggi, nel modo di mettere a fuoco, caratterizzato da un'ironia post moderna, le sofferenze grandi e piccole del quotidiano che Anderson coglie nel segno. Disincantati e in fin dei conti idealisti sono i membri della famiglia genialoide dei Tenenbaum, costretti a tirare i conti della propria esistenza. Si ride spesso, in modo diverso dal consueto, cogliendo comunque, senza fatica, il valore più profondo del racconto.
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Se c'è un regista in grado di tracciare inediti e sorprendenti sentieri nella commedia grottesca moderna, questi è certamente Wes Anderson. "I Tenenbaum" è il film che ha definitivamente confermato il suo talento dopo i consensi per il gradevole "Rushmore". E' nell'articolazione sofisticata dei personaggi, nel modo di mettere a fuoco, caratterizzato da un'ironia post moderna, le sofferenze grandi e piccole del quotidiano che Anderson coglie nel segno. Disincantati e in fin dei conti idealisti sono i membri della famiglia genialoide dei Tenenbaum, costretti a tirare i conti della propria esistenza. Si ride spesso, in modo diverso dal consueto, cogliendo comunque, senza fatica, il valore più profondo del racconto. Partecipa ovviamente alla riuscita della visione il ricco cast dove brilla il veterano Hackman nei panni del capofamiglia Royal cinico individualista pentito. Non ai livelli dello splendido successore "le avventura acquatiche di Steve Zissou" ma certamente da non perdere.
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gianmaria s
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lunedì 28 aprile 2008
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commedia sopra le righe, onirica ma reale
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Commedia sopra le righe, onirica ma incredibilmente legata alla realtà. Dipinge molti aspetti della società americana (la centralità della famiglia, le attese disilluse, il perdono) in tinte particolari che danno un impatto totalmente nuovo. Tocca tanti aspetti, quasi di soppiatto, e alla fine però non risolve niente. Una foto in movimento della vita e la morte delle persone e delle famiglie. Notevole l'impatto della telecamera fissa, che attribuisce un ulteriore tocco di irrealtà.
Un cast che per metà è straordinario (Bill Murray, Gene Hackman, G. Paltrow bella più che mai..) e per metà sembra promettere il peggio (Ben Stiller, Owen e Luke Wilson), invece tutti recitano alla grande e sembrano nati per quella parte.
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luca leonesio
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martedì 4 febbraio 2003
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the royal tenenbaums
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Sorprende forse vedere come Wes Anderson ancora così giovane possa immedesimarsi nei tre ruoli fondamentali del cinema. Il film, scritto, diretto e coprodotto da Anderson, risulta una commedia dai toni kitsch e agrodolci. Un’intensa e suggestiva forza espositiva avvolge l'intero film che si mantiene però sempre su toni pacati e lievissimi prendendo di petto le situazioni anche più drammatiche senza cadere mai in forzature stilistiche. La struttura narrativa è semplice e descrittiva. La narrazione avviene attraverso una destrutturazione in capitoli e con l'aiuto di una voce fuori campo (ricorda, permettetemi il confronto, il cinema dei fratelli Coen). Il risultato è una miscela d’atmosfere eleganti e forti di una surrealtà postmoderna.
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Sorprende forse vedere come Wes Anderson ancora così giovane possa immedesimarsi nei tre ruoli fondamentali del cinema. Il film, scritto, diretto e coprodotto da Anderson, risulta una commedia dai toni kitsch e agrodolci. Un’intensa e suggestiva forza espositiva avvolge l'intero film che si mantiene però sempre su toni pacati e lievissimi prendendo di petto le situazioni anche più drammatiche senza cadere mai in forzature stilistiche. La struttura narrativa è semplice e descrittiva. La narrazione avviene attraverso una destrutturazione in capitoli e con l'aiuto di una voce fuori campo (ricorda, permettetemi il confronto, il cinema dei fratelli Coen). Il risultato è una miscela d’atmosfere eleganti e forti di una surrealtà postmoderna. Gli attori sono molto bravi, interpretazioni, anche difficili, di personaggi veramente stravaganti e caricaturati (in questo, Anderson risulta anche abile maneggiatore di talenti). Spunta su tutti un Gene Hackman veramente in splendida forma e sorprende nuovamente la Paltrow che riesce ad affascinare attraverso un personaggio difficile, introverso e triste. La colonna musicale non è impeccabile. Scarsa incisività sonora dovuta alla scelta di brani poco appropriati e forse troppo “commerciali” (Beatles, Rolling Stones e Dylan). Il film non perde di carattere nonostante il commento musicale mostri la poca maturità del regista e si dimostra lo stesso come interessante novità.
Sperando non sia la solita meteora, aspettiamo con ansia il suo prossimo lavoro. Complimenti Mr Anderson.
USA, 2001
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