jonnylogan
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mercoledì 21 agosto 2024
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esistenze diverse
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La realtà virtuale, il mondo di internet, come lo stiamo vivendo oggi, fino alle prime propaggini dell' intelligenza artificiale che si stanno aprendo davanti al nostro sguardo, erano già nel mirino, quasi trent'anni or sono, del Canadese David Cronenberg, fra gli autori di cinema più visionari, versatili e inquietanti del mondo della settima arte. Capace di trattare indifferentemente l'horror, il mondo della Beat Generation, della psichedelia e, in tal caso, il genere fantascientifico.
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La realtà virtuale, il mondo di internet, come lo stiamo vivendo oggi, fino alle prime propaggini dell' intelligenza artificiale che si stanno aprendo davanti al nostro sguardo, erano già nel mirino, quasi trent'anni or sono, del Canadese David Cronenberg, fra gli autori di cinema più visionari, versatili e inquietanti del mondo della settima arte. Capace di trattare indifferentemente l'horror, il mondo della Beat Generation, della psichedelia e, in tal caso, il genere fantascientifico.
eXistenZ videogioco che plasma le menti umane per regalare ai giocatori minuti di svago introducendoli in una realtà che definire virtuale risulta riduttivo, perché letteralmente identica alla vita reale e per tale motivo da questa indistinguibile, rappresenta l’essenza pura del cinema di Cronenberg, che da sempre ci ha abituato a pellicole dal contenuto contraddittorio, suspense, unite a una chiave di lettura non univoca, basti pensare a Videodrome (id.; 1983), Spider (id.; 2002) ma anche la rivisitazione in chiave horror de L'esperimento del dottor K (The Fly; 1958) con il suo La Mosca (The Fly; 1986).
Anche in questo caso: eXistenZ, videogioco vivente e direttamente collegato al corpo degli umani, è privo di una morale ultima, anche se i dubbi si accavallano nella mente degli spettatori. Alla fine il dubbio al quale la pellicola ci sottopone è se sia meglio optare per la realtà rimodellata dal gioco o per la vita reale, di certo più monotona ma concreta, perché una volta collegati al Pod, sorta di Joystick vivente che si innesta nel midollo spinale mediante una Bio-Porta, è decisamente difficile distinguere fra la vita reale e quella plasmata dal gioco. Attorno a quest’impalcatura di domande si incastra un giallo fantascientifico coronato da un finale mozzafiato e spiazzante.
Buona la prova dei due protagonisti. Jude Law nei panni dell'addetto al marketing Ted Pikul, riuscì a muovere quei primi passi verso lo status di star Hollywoodiana, confermandosi di li a breve con Il talento di Mr. Ripley (The Talented Mr. Ripley; 1999) per il quale venne candidato come miglior attore non protagonista alla notte degli Oscar e Jennifer Jason Leigh che per partecipare alle riprese rinunciò a terminare l’ultima pellicola di Stanley Kubrick: Eyes Wide Shut (Id.; 1999) sua la parte che poi venne assegnata a Nicole Kidman. Ai due si aggiungono per una menzione anche Willem Dafoe e Ian Holm, entrambi presenti con ruoli decisamente più ridotti e quindi marginali.
Flop al botteghino che si andò a unire alla vittoria forse inattesa dell'Orso d'argento al Festival di Berlino, per il contributo artistico offerto al mondo della settima arte. eXistenZ è stato capace, nel breve volgere di qualche anno, di sovvertire gli scarsi incassi trasformandosi in una delle pellicole più determinanti e piene di riferimenti culturali capaci di tracciare il solco per la fantascienza degli anni a venire.
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carloalberto
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sabato 12 giugno 2021
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e cronemberg sognò una farfalla
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Cronemberg riprende il tema principale del suo visionario Videodrome, la simbiosi del corpo con la macchina che trasforma la realtà in un incubo a occhi aperti, sviluppandolo paranoicamente, parallelamente al contemporaneo Matrix del ’99, sul terreno della fantascienza dei mondi virtuali. La filosofia del soggetto si richiama ad un pensiero antico, un sospetto che dal velo di Maya delle religioni indiane al mito della caverna di Platone, ha da sempre ossessionato l’uomo, fino alle teorie di Bostrom sull’universo simulato. L’ultima sequenza si svolge nella realtà e contiene la prima come realtà virtuale creata dal programma, oppure è il contrario? Il dilemma è quello del sogno di Chuang-Tze e della farfalla ed è irrisolvibile, a meno che non si osservi il gioco dal di fuori, il che è impossibile.
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Cronemberg riprende il tema principale del suo visionario Videodrome, la simbiosi del corpo con la macchina che trasforma la realtà in un incubo a occhi aperti, sviluppandolo paranoicamente, parallelamente al contemporaneo Matrix del ’99, sul terreno della fantascienza dei mondi virtuali. La filosofia del soggetto si richiama ad un pensiero antico, un sospetto che dal velo di Maya delle religioni indiane al mito della caverna di Platone, ha da sempre ossessionato l’uomo, fino alle teorie di Bostrom sull’universo simulato. L’ultima sequenza si svolge nella realtà e contiene la prima come realtà virtuale creata dal programma, oppure è il contrario? Il dilemma è quello del sogno di Chuang-Tze e della farfalla ed è irrisolvibile, a meno che non si osservi il gioco dal di fuori, il che è impossibile. Nonostante l’ottimo cast e la regia inconfondibile e affascinante di Cronemberg, il film appare come una stanca riproposizione di Videodrome, con momenti di noia reale e non virtuale, se si vuole ancora distinguere e dare un senso univoco a questi concetti dopo aver visto EXistenZ.
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tylerdurden76
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venerdì 16 novembre 2018
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da vedere
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Film del 99 ...all'epoca un Capolavoro visionario su una realtà che ci sta ormai sfuggendo di mano.
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howlingfantod
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giovedì 8 febbraio 2018
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matrix in videogame
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La malattia, il sangue, la carne, la mutazione temi da sempre cari al regista di Videodrome, Crash, La Mosca e altre sue più o meno celebri prove. In questa opera del 1999 che gli è valsa l’Orso d’argento al festival di Berlino, il dato fantascientifico sembra essere un pretesto per parlare, come ha confessato in un’ intervista presentando del suo EXistenZ, di temi universali. In questo caso il maestro canadese racconta di come lo spunto per la sceneggiatura gli sia venuta da un’intervista a Salman Rushdie, l’autore dei famigerati “Versetti satanici” domandandosi sulla base di quanto accaduto allo scrittore inglese, come sia possibile che una persona, un’artista in questo caso, possa essere perseguitata per una cosa innocente che ha scritto o detto.
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La malattia, il sangue, la carne, la mutazione temi da sempre cari al regista di Videodrome, Crash, La Mosca e altre sue più o meno celebri prove. In questa opera del 1999 che gli è valsa l’Orso d’argento al festival di Berlino, il dato fantascientifico sembra essere un pretesto per parlare, come ha confessato in un’ intervista presentando del suo EXistenZ, di temi universali. In questo caso il maestro canadese racconta di come lo spunto per la sceneggiatura gli sia venuta da un’intervista a Salman Rushdie, l’autore dei famigerati “Versetti satanici” domandandosi sulla base di quanto accaduto allo scrittore inglese, come sia possibile che una persona, un’artista in questo caso, possa essere perseguitata per una cosa innocente che ha scritto o detto. Nel caso del film questo si esplicita nel plot che tratta del rilascio di un gioco da parte della game designer Allegra (Jennifer Jason Leigh) e che per questo viene perseguitata e costretta alla fuga con un addetto alla sicurezza nella scena iniziale. Da qui ha inizio il solito grande labirinto alla Cronenberg dove è facile smarrirsi tanto da non capire più quali siano i livelli di realtà e se essa stessa abbia una sua valenza. L’avvento della realtà virtuale, dei giochi di ruolo, cose come Dungeons and Dragons che proprio negli anni 90 hanno conosciuto la loro massima esplosione, per non parlare delle rete che proprio in quelli anni muoveva i propri primi passi, trovano eco nella profonda riflessione filmica di Cronenberg, senza che questo sia da considerare un suo profetizzare a cose fatte, del resto nel 1999 anno di uscita di Existenz, Cronenberg aveva già alle spalle una ventennale onorata carriera dove le stesse tematiche erano già state sviscerate con le più ampie sfumature possibili. La fantascienza del maestro canadese è sempre legata all’umano, in modo disturbante, ecco che anche in EXistenZ la fa da padrone il deforme il grottesco, lo splatter in alcuni esiti, dove mostri invertebrati e mollicci che ricordano le creature lyncheane di Eraserhead sono i Pod, i software che contengono il gioco da scaricare nei circuiti degli umani, che non si capisce a questo punto se possano essere definiti più tali. Le bio-porte, piccoli fori applicati alla schiena dei giocatori, i protagonisti del film, sono le vie di accesso al gioco e gli umani vivranno tramite queste installazioni la propria realtà aumentata e le proprie contaminazioni, una vita che non è più quella reale, ma appunto quella della realtà virtuale. Dice Cronenberg per bocca di uno dei suoi personaggi: “se io voglio essere il gioco anche il gioco vuole essere me”. Sembra quasi un piccolo trattato filosofico di Wittgenstein. Il gioco, il film si snoda in un fanta-thriller con storie di spionaggio e controspionaggio industriale che lo alimentano e confondono i piani gioco-realtà in un continuo travaso che determina gli oscuri meandri nei quali non si distingue quale sia la realtà o il gioco stesso, gioco per il quale la game designer Allegra e il suo assistente ingaggiano una battaglia contro i loro persecutori e contro loro stessi. Il canone fantascientifico classico vorrebbe pannelli di controllo elettronici e assemblaggi meccanici, ma stiamo guardando un film Cronenberg ed è la fantascienza stessa a essere mutata e mutuata alla carnalità, alla sessualità alcune delle sue ossessioni e tratti distintivi della sua poetica. I Pod, le matrici dove sta il software, il gioco, sono strani e riprovevoli molluschi dotati di una propria vita, di un respiro. Cronenberg li seziona chirurgicamente come si potrebbe fare su un circuito elettronico ma ovviamente in questo caso ne sgorga sangue e materia viscosa. A distanza di anni può apparire un film scontato, ovvio, che tratta tematiche forse obsolete, superate da quella stessa realtà che quasi venti anni fa ormai l’autore canadese intendeva denunciare e che oggi sembra aver preso il sopravvento. Un film in ogni caso che ha generato a livello cinematografico tanti epigoni e repliche più meno credibili, anche se non dichiarate, di secondo e o terzo livello in tanto cinema del nuovo millennio e quindi tutta l’estetica sulla realtà virtuale, non tanto in senso prettamente tecnologico, ma più ampiamente declinata a ogni latitudine, economica, sociale, affettiva. Le fosche profezie di Cronenberg sembrano essersi del tutto avverate, ma forse c’ è ancora uno spazio autenticamente umano, fatto di sangue, carne e passione per interrogarci e uscire dal Matrix.
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giulio napoleoni
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sabato 2 dicembre 2017
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una metafora della condizione umana
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Ad un certo punto della storia, Jude Law dice: "Io non voglio stare qui, non mi piace qui. Non so che sta succedendo; procediamo improvvisando continuamente, in questo informe mondo le cui regole e obiettivi sono sconosciuti, apparentemente indecifrabili, per non dire che forse neppure esistono! … sempre sul punto di essere uccisi da forze di cui ignoriamo il senso"
Questo a mio parere è il significato del film, ed è la visione della condizione umana che Cronenberg ci propone.
In altri termini: c'è una visione metafisica in questo film, che ha anche una controparte etica: le regole e gli obiettivi del mondo sembrano indecifrabili, non sappiamo cosa succede (realmente) intorno a noi; quindi la nostra conoscenza del mondo è sempre parziale e non sappiamo se il mondo sia veramente conoscibile nell'insieme.
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Ad un certo punto della storia, Jude Law dice: "Io non voglio stare qui, non mi piace qui. Non so che sta succedendo; procediamo improvvisando continuamente, in questo informe mondo le cui regole e obiettivi sono sconosciuti, apparentemente indecifrabili, per non dire che forse neppure esistono! … sempre sul punto di essere uccisi da forze di cui ignoriamo il senso"
Questo a mio parere è il significato del film, ed è la visione della condizione umana che Cronenberg ci propone.
In altri termini: c'è una visione metafisica in questo film, che ha anche una controparte etica: le regole e gli obiettivi del mondo sembrano indecifrabili, non sappiamo cosa succede (realmente) intorno a noi; quindi la nostra conoscenza del mondo è sempre parziale e non sappiamo se il mondo sia veramente conoscibile nell'insieme. Ma il mondo contiene anche forze misteriose che ci minacciano, pur nella sua assenza di forma, di struttura. Quindi siamo in condizioni di insicurezza perenne e agiamo senza un progetto, facendo solo fronte con improvvisazioni ai pericoli che di volta in volta si presentano. Quindi siamo costantemente a disagio e vorremmo vivere in un mondo diverso.
Forse Cronenberg vuole spingerci a cercare di cambiare questo mondo? vuole spingerci a cercare di conoscerlo di più e meglio? Vuole spingerci a cercare di strutturare meglio il nostro comportamento? ad agire razionalmente, avendo sempre in mente un progetto?
In ogni caso il disagio che esprime, proprio per la sua avvolgente inestricabilità, spinge secondo me verso una reazione, verso una via d'uscita.
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elgatoloco
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martedì 28 novembre 2017
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cronenberg sempre "acutissimo"
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Anche se preferivo, forse, il David Cronenberg degli anni Ottanta, quello di "Videodrome", per intenderci, più "turbionoso"e"lisergico", questo"Existenz"(1999)lo trovo acutissimo, come un pugnale o coltello(si fa per dire, è una metafora, ovviamente) che smuova cervelli amorfi, adagiati nel consueto tran-tran vitale, rimettendo in moto il pensiero, critico soprattutto: qui il tema è un gioco, che mette il corpo umano direttamente in relazione con strutture che lo modficano, con innesti anche impropri(il tema della contaminazione tra corpo umano e ciò che gli è estraneo è tipico della poetica cronenbergiana, non solo nel senso cinsueto del"Cyber", ma del"metacciamento"del corpo con altri elementi naturali e artificiali, un tema qui fortemente ripreso): Continui colpi di scena, déplacements di spazio e di tempo(categorie in crisi da molto tempo, non fosse per la"te^te de bois"dei sempliciotti.
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Anche se preferivo, forse, il David Cronenberg degli anni Ottanta, quello di "Videodrome", per intenderci, più "turbionoso"e"lisergico", questo"Existenz"(1999)lo trovo acutissimo, come un pugnale o coltello(si fa per dire, è una metafora, ovviamente) che smuova cervelli amorfi, adagiati nel consueto tran-tran vitale, rimettendo in moto il pensiero, critico soprattutto: qui il tema è un gioco, che mette il corpo umano direttamente in relazione con strutture che lo modficano, con innesti anche impropri(il tema della contaminazione tra corpo umano e ciò che gli è estraneo è tipico della poetica cronenbergiana, non solo nel senso cinsueto del"Cyber", ma del"metacciamento"del corpo con altri elementi naturali e artificiali, un tema qui fortemente ripreso): Continui colpi di scena, déplacements di spazio e di tempo(categorie in crisi da molto tempo, non fosse per la"te^te de bois"dei sempliciotti...)contribuiscono a ricreare il tipico tema del grande autore -regista canadese di origini ebraiche(come Cohen, con le ovvie diversità personologiche), quello della dicotomia impossibile tra "realtà"e"immaginazione-sogno"(qui nella dimensione del"Play"che poi si frammenta in tanti"games"), per cui è impossibile distinguere e separare tra "realtà"e"sogno", come già insegnato da Shakespeare e Calderon de la Barca, ma anche da vari pensatori. Gli/le intepreti: Jennifer Jason Leigh e Jude Law, la coppia giovane dell'epoca non è molto convincente(imposta a Cronenberg dalla produzione?Potrebbe essere un'ipotesi), mentre interpreti di lunga espereienza come Willem Dafoe, qui in un ruolo decisamente ambiguo, sono decisamente prefeibili, molto più a loro agio in una problematica, quella di Cronenberg, che guarda sempre alla sottile linea che divide non tanto il bene dal male, ma la "realtà"da quanto comunemente si ritiene"falsità"e mera"illusione". El Gato
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francis metal
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martedì 7 febbraio 2017
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sottovalutatissimo!
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Davvero una grande idea, ispirata alla Repubblica di Platone, anche se indirettamente, attualissima e realistica più di quanto si voglia ammettere (forse è per questo che è sottostimato?) e migliore di Matrix, sicuramente.
E' davvero inquietante, mi ricorda esattamente il come la gente diventa matta, completamente, quando si tratta di tecnologia e di realtà virtuale...
E' così che diventeremo... tutti collegati, essere scollegati significa escludersi.
Inoltre qual è la realtà e qual è la finzione? A differenza di Matrix (e di Platone) una volta scollegati non si ha la sicurezza di essere nel mondo reale
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opidum
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venerdì 29 agosto 2014
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sopravvalutato
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si può vedere ma certo non è un capolavoro .
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alexlove
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giovedì 24 gennaio 2013
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bellissimo
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Questo film mi è piaciuto tantissimo.
Avvolte anche io ho fatto dei sogni e non sapere se davvero mi sono svegliato.
Credo l'autore ha dovuto vivere una storia simile.
Comunque ha uno stile di Matrix connessi ad un pc. Cmq bello mi piace.
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armando toscano
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mercoledì 5 dicembre 2012
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surrealismo anni '90
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Morte ad Allegra Geller: la discreta esistenzialista, la celebrità dell’Antenna Corporation, la più grande designer di videogiochi. Sta per presentare a un focus group la sua ultima creazione, eXistenZ, ma il giorno della prima dimostrazione al pubblico un esaltato purista della realtà tenta di ucciderla. È così che Allegra Geller e il capo della sicurezza, Ted Pikul, si mettono in fuga, innescando un butterfly effect che solo un dio schizofrenico (il vero Dio? Il creatore del gioco?) può aver pensato; disavventure assurde, architetture informatiche che si tramutano in grotteschi scenari, disgustosi organismi molto organici, e un universo di scoppiati dove il più sfigato, forse, salva tutti.
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Morte ad Allegra Geller: la discreta esistenzialista, la celebrità dell’Antenna Corporation, la più grande designer di videogiochi. Sta per presentare a un focus group la sua ultima creazione, eXistenZ, ma il giorno della prima dimostrazione al pubblico un esaltato purista della realtà tenta di ucciderla. È così che Allegra Geller e il capo della sicurezza, Ted Pikul, si mettono in fuga, innescando un butterfly effect che solo un dio schizofrenico (il vero Dio? Il creatore del gioco?) può aver pensato; disavventure assurde, architetture informatiche che si tramutano in grotteschi scenari, disgustosi organismi molto organici, e un universo di scoppiati dove il più sfigato, forse, salva tutti. Quando la realtà vera diventa insopportabilmente nota; quando il mondo risulta insipido; per chi ama nutrirsi di intelletto e adrenalina, in fondo non c'è nulla di male nel concedersi una fuga in un mondo parallelo. Ma fin dove è lecito arrivare? Tra livelli di realtà e scenari surrealisti, dipinti da Cronenbergh senza cadere troppo negli stilemi, lo spettatore ad un certo punto si trova disorientato, catapultato nella psicosi di personaggi di un film che è un videogioco nel videogioco nel videogioco. Tutti impotenti di fronte al tremendo ricatto della libertà, che si apre a possibilità talmente vaste e assurde da far venire nostalgia della schiavitù della realtà reale. Ma, a questo punto, qual è e, soprattutto, dov'è finita la vera realtà? I'm feeling a little disconnected from my real life.
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