Good Morning, Vietnam |
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Un film di Barry Levinson.
Con Robin Williams, Forest Whitaker, Noble Willingham, Bruno Kirby.
continua»
Commedia,
durata 94 min.
- USA 1987.
MYMONETRO
Good Morning, Vietnam
valutazione media:
3,40
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Radio e guerradi EugenioFeedback: 34763 | altri commenti e recensioni di Eugenio |
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lunedì 13 febbraio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una storia sul Vietnam, del resto già il titolo lo suggerisce.Scettico dinanzi a uno spettacolo in cui sembra aver detto tutto, il titubante spettatore schiaccia il tasto play del lettore e inizia a godersi quello che a prima vista costituisce un deja-vu di illustre pellicole passate. In Good morning Vietnam, la guerra rimane sullo sfondo, impalpabile ma in grado di prorompere in tutta la sua violenza in maniera inaspettata e improvvisa. 1965: scoppio della guerra. Adrian Cronauer (un eccellente Robin Williams,fulcro della pellicola) è un disc-jokey dell’aviazione americana (liberamente ispirato alla figura di un conduttore di un famoso programma radiofonico di musica rock su Armed Forced Radio)che viene trasferito dopo il successo riscontrato a Creta, a Saigon con l’importante missione di risollevare il morale delle truppe USA. In un’atmosfera cruciale per le sorti dell’esercito americano satura di incertezze e paure, il bonario istrionismo di Adrian, fautore di una trasmissione irriverente e anticonformista, contrasta con la conformista filosofia di informazione del Pentagono che giudica poco educativa (per dirla con un eufemismo) l’impostazione sui generis della trasmissione radiofonica. Adrian non ci sta e persegue nel suo difficile obiettivo: sdrammatizzare attraverso irresistibili battute e sarcastiche provocazioni (il titolo si riferisce alla frase di lancio di ogni trasmissione) condite da una buona dose di rock’n’roll un morbo incurabile come può essere l’atrocità della guerra non negandone l’esistenza perché sarebbe inaccettabile ma cercando di descrivere con ironia lo shock culturale e l’opprimente clima vietnamita di Saigon, una polveriera pronta a esplodere. Paradossalmente, in questa difficile situazione, Adrian troverà in una giovane ragazza vietnamita qualcosa in cui credere sperare e lottare in prima persona costatando amaramente sulla propria pelle, l’inconciliabilità tra ideale e cruda realtà. Barry Levinson non è foriero a pellicole originali: si pensi a Tin men o A cena con gli amici, ma riassumere in poche parole un film complesso come Good morning Vietnam sarebbe limitativo. In esso convivono diverse tematiche più o meno nascoste: dall’evidente satira politica alla love-story in tempi di guerra con tinte fosche e drammatiche, dalla implicita venatura razziale al potere lenitivo della musica sugli animi della gente. Il punto di vista registico non è unico ma segue due storie parallele: quella del disc-jockey e del pupillo vietnamita della cui sorella questi è innamorato laddove lo strumento unificatore risulta essere costituito dalla forza del dialogo superiore all’orrore della guerra. Il film retto dalla bravura di un Robin Williams più spumeggiante che mai è straordinario nella prima parte laddove la verve di Adrian contagia i numerosi comprimari purtroppo stilizzati e ridotti a vuote anime prive di personalità (tra questi emerge il corpulento e impacciato amico Garlick e l’austero sergente specchio di una edulcorata figura da sergente Hartman) che non superano il classico stereotipismo impedendo alla pellicola di risolversi con efficacia. La tinta dramma rosa condita da attentati ad opera di dichiarati amici che tramano nell’ombra, esplosioni, inseguimenti in fuga dai nemici della civiltà, pregiudicano la qualità di un film che avrebbe potuto aspirare a una valutazione sicuramente superiore se il contenuto degli ultimi quaranta minuti fosse stato alleggerito da qualche bagaglio di superfluo retorismo.
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