bruce harper
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martedì 11 settembre 2012
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diamante grezzo.
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Film spurio, tagliente, spartano e malato. Un diamante grezzo. Una perla di inopinabile bellezza. I personaggi sono autentici, a tutto tondo,vivono di vita propria. Gli scenari sono incantevoli, la New York delle minoranze razziali è rappresentata con consapevolezza e grande sapienza visiva. Le inquadrature sono sempre sghembe, sbrigative, plastiche, incompiute, si concentrano su un dettaglio o su un dato irrilevante, una pozzanghera, una scritta "bracciole"[sic], una facciata costellata di scale antincendio. I movimenti di macchina sono febbrili,aleatori e denotano la natura 'mitologica' della storia. Il tutto conferisce all'opera quel respiro Underground anni 80, ma con ancora sulle spalle l'eredità e le scorie estetiche della decade precedente, che conferì a tutto il cinema Indy di quegli anni un alone leggendario.
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Film spurio, tagliente, spartano e malato. Un diamante grezzo. Una perla di inopinabile bellezza. I personaggi sono autentici, a tutto tondo,vivono di vita propria. Gli scenari sono incantevoli, la New York delle minoranze razziali è rappresentata con consapevolezza e grande sapienza visiva. Le inquadrature sono sempre sghembe, sbrigative, plastiche, incompiute, si concentrano su un dettaglio o su un dato irrilevante, una pozzanghera, una scritta "bracciole"[sic], una facciata costellata di scale antincendio. I movimenti di macchina sono febbrili,aleatori e denotano la natura 'mitologica' della storia. Il tutto conferisce all'opera quel respiro Underground anni 80, ma con ancora sulle spalle l'eredità e le scorie estetiche della decade precedente, che conferì a tutto il cinema Indy di quegli anni un alone leggendario. L'incipit è travolgente. Discoteca e rissa selvagge. Dal piacere erotico alla violenza estetica in men che non si dica. Presenti in nuce quasi tutte le tematiche del miglior Abel Ferrara. La violenza come moneta corrente della società, la religione ma solo in chiave dissacratoria e nella misura in cui viene profanata e offesa, le dissonanze e le contraddizioni dell'agire sociale, i destini incompiuti, i legami di sangue, il rimorso, la redenzione, il castigo. Certo ci sarebbe tanto da ridire sulla visualizzazione stereotipata della genìa cinese ma in un film che si configura palesemente come la rivisitazione di un archetipo ci può stare. Brillante invece la verosimiglianza dell'universo antagonista, quella Little Italy che il grande Abel conosce meglio di chiunque altro, al pari di Scorsese e Spike Lee, e la cui conoscenza acquisita è declinata in una miriade di caratteri che letteralmente 'vivono' e da un sistema di riferimenti fatto anche e soprattutto di dettagli ("non mangiare il pane che ti rovini l'appetito!", tuona la madre di Tony). Menzione d'onore per la fotografia notturna, plumbea, appiccicosa, fatta di vividi contrasti, chiaroscuri, ma oltremodo di penombre e ombre che appiattiscono le singole identità dei vari bad boys in profili anonimi animati dalla stessa rabbia e destinati al medesimo macello. In definitiva, un film 'mitico', rapsodico e crepuscolare, e che riesce a virare in punti di forza i suoi conclamati punti deboli: ovvero la sua anima spuria e low-budget e il suo affondare dichiaratamente le radici in quell'estatica barocca anni’80 cha fa tanto sghignazzare ma anche tanta nostalgia.
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marco michielis
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mercoledì 10 dicembre 2014
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precursore
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Si vede già il Ferrara che sarà. Atmosfere sospese in una città languente, tra segnaletiche lampeggianti, angoli oscuri e pozzanghere. E qui ci sono tutte le reminiscenze scorsesiane. Per non parlare dell'impossibilità o dell'estrema difficoltà insita in quel processo di redenzione sempre ricercato ma raramente trovato. Plot tutto sommato banale, ma ciò non conta se sai tenere in mano una cinepresa. Notevoli le inquadrature della ragazza cinese seduta sul letto, nella sua stanza: la scena è strutturata come se fosse un dipinto, sapiente il coincidere tra l'essere spoglia della camera e il vestitino scolorato della giovane. In un regista che ha sempre dimostrato di tenere molto a una vasta gamma di simbologie, il bianco è sinonimo d'innocenza.
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Si vede già il Ferrara che sarà. Atmosfere sospese in una città languente, tra segnaletiche lampeggianti, angoli oscuri e pozzanghere. E qui ci sono tutte le reminiscenze scorsesiane. Per non parlare dell'impossibilità o dell'estrema difficoltà insita in quel processo di redenzione sempre ricercato ma raramente trovato. Plot tutto sommato banale, ma ciò non conta se sai tenere in mano una cinepresa. Notevoli le inquadrature della ragazza cinese seduta sul letto, nella sua stanza: la scena è strutturata come se fosse un dipinto, sapiente il coincidere tra l'essere spoglia della camera e il vestitino scolorato della giovane. In un regista che ha sempre dimostrato di tenere molto a una vasta gamma di simbologie, il bianco è sinonimo d'innocenza. E una statuina della Madonna non può che frantumarsi in mille pezzi.
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