nathan
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martedì 10 aprile 2007
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capolavoro filosofico,non semplice horror
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Film capolavoro.Nella prima parte,il viaggio e il soggiorno di Jonathan Harker nel castello del conte Dracula,Herzog utilizza il classico repertorio del cinema d'orrore reinventandolo al servizio dell'interpretazione di Klaus Kinski e degli stupendi paesaggi accompagnati dalla musica di Wagner,grazie alla quale entriamo assieme ad Harker in una dimensione altra,in un mondo senza tempo e senza spazio,all'interno del castello (che potrebbe anche non esistere nella realtà) di un Dracula vampiro triste,uomo condannato a vivere per l'eternità.Il terrore in questa prima parte non è dovuto al vampiro,ma alla natura,alla sua perennità e insondabilità,alla sua lontananza e cecità nei confronti delle vicende umane.
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Film capolavoro.Nella prima parte,il viaggio e il soggiorno di Jonathan Harker nel castello del conte Dracula,Herzog utilizza il classico repertorio del cinema d'orrore reinventandolo al servizio dell'interpretazione di Klaus Kinski e degli stupendi paesaggi accompagnati dalla musica di Wagner,grazie alla quale entriamo assieme ad Harker in una dimensione altra,in un mondo senza tempo e senza spazio,all'interno del castello (che potrebbe anche non esistere nella realtà) di un Dracula vampiro triste,uomo condannato a vivere per l'eternità.Il terrore in questa prima parte non è dovuto al vampiro,ma alla natura,alla sua perennità e insondabilità,alla sua lontananza e cecità nei confronti delle vicende umane.La natura non è malvagia,ma incute timore,il Dio di Herzog è un Dio triste e indifferente,proprio come Nosferatu.Nella seconda parte invece,con la discesa di Nosferatu dal monte alla città,si passa dalla dimensione metafisica a quella morale,il film si carica di una serie di significati simbolici,diventando tutta una metafora.Non è difficile,come dice la recensione,vedere nell'avanzata dei topi nella città l'espansione della seconda guerra mondiale in Europa.La città nella quale si aggira sgomenta Lucy è sicuramente una città in rovina,devastata dalla guerra e dai bombardamenti.E il finale,bellissimo,ci mostra come solo l'amore,oltre l'indifferenza,possa vincere il male.Un male che desidera anch'esso annullarsi e morire nell'amore:questo è il desiderio che traspare dalla stupenda interpretazione di Kinski.Ma il pessimismo(realismo?)del regista,ritorna nell'epilogo.Il sacrificio d'amore (Lucy come Cristo)non è servito,subito si insabbiano le prove e si cade nell'indifferenza e nell'apatia(il banchetto nella piazza,e l'immagine della polvere che si è creata attorno alla sedia di Herker,ormai folle),cadono le responsabilità(le autorità sono tutte morte),e questo è il nichilismo contemporaneo,questo è Herker infettato dal morso del vampiro,dal male,effetto che lo ha reso folle,(al contrario di Lucy che ha vinto con l'amore morendo assieme al conte Dracula),ma questo è anche l'uomo,che cavalca verso il suo destino di morte,contro l'orizzonte del cielo,nel memorabile e sorprendente finale.
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tony montana
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mercoledì 20 ottobre 2010
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memorabile remake del capolavoro di murnau
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Remake del capolavoro del cinema muto, questa pellicola di Werner Herzog è sicuramente la migliore della sua carriera.
Si apre in maniera memorabile: il volo dei pipistrelli al rallentatore e le mummie messicane che accompagnano i titoli di testa, è veramente un incipit suggestivo che ha scritto la storia del cinema.
Sono bastate quelle immagini e le inquietanti musiche di Popol Vuh a farmi salire i brividi lungo la schiena, all'inizio del film.
Ma non è solo l'incipit a rendere memorabile questa pellicola.
Le scene di paura, sono orchestrate in maniera magistrale, lentezza studiata alla perfezione, che mantiene la tensione alta dall'inizio fino all'ultima illuminante sequenza.
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Remake del capolavoro del cinema muto, questa pellicola di Werner Herzog è sicuramente la migliore della sua carriera.
Si apre in maniera memorabile: il volo dei pipistrelli al rallentatore e le mummie messicane che accompagnano i titoli di testa, è veramente un incipit suggestivo che ha scritto la storia del cinema.
Sono bastate quelle immagini e le inquietanti musiche di Popol Vuh a farmi salire i brividi lungo la schiena, all'inizio del film.
Ma non è solo l'incipit a rendere memorabile questa pellicola.
Le scene di paura, sono orchestrate in maniera magistrale, lentezza studiata alla perfezione, che mantiene la tensione alta dall'inizio fino all'ultima illuminante sequenza. - L'ombra che si staglia nel muro di Dracula, la cui immagine non si riflette nello specchio è veramente qualcosa di eccezionale. -
L'atmosfera della pellicola è sempre funebre e cupa - straordinaria la scena della piazza sommersa dai topi -.
Gli interpreti, eccezionali, da Bruno Ganz ( doppiato dal sempre bravo Ferruccio Amendola ), alla bellissima Isabelle Adjani, eterea e incantevole, perfetta per il ruolo.
Non parliamo di Kinski che firma la migliore interpretazione della sua carriera, rimandandoci al vampiro di Murnau con gli occhi infossati, i denti da roditore e gli artigli ad uncino solo che Kinski, aggiunge al personaggio, tristezza e pietà e di conseguenza crea un vampiro più umano, un uomo intrappolato fra il mondo dei vivi e quello degli immortali.
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fedeleto
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domenica 13 novembre 2011
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herzog,principe del cinema
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La coppia Herzog-Kinski,che aveva funzionato perfettamente in Aguirre,torna nel remake del celebre Nosferatu di Murnau.Un giovane, sposato con una donna molto sensibile ossessionata da incubi in continuazione,parte per un affare in Transilvania dal conte dracula che vuole comprare una viilla dalle parti del giovane.In realta' il conte e' un vampiro che arrivera' nella cittadina del ragazzo diffondendo la peste ,solo una soluzione e' possibile ,ovvero sacrificare una persona dal cuore puro che rimane con lui fino alla mattina,dove il conte morira' alla vista del sole.Un buon remake ,Herzog dimostra di saperci fare anche con l'horror,ma la sua intenzione principale e' quella di rivisitare il classico di Murnau,rendendo Dracula un vampiro cupo ma allo stesso tempo triste e riflessivo,che desidera morire piuttosto che vivere eternamente.
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La coppia Herzog-Kinski,che aveva funzionato perfettamente in Aguirre,torna nel remake del celebre Nosferatu di Murnau.Un giovane, sposato con una donna molto sensibile ossessionata da incubi in continuazione,parte per un affare in Transilvania dal conte dracula che vuole comprare una viilla dalle parti del giovane.In realta' il conte e' un vampiro che arrivera' nella cittadina del ragazzo diffondendo la peste ,solo una soluzione e' possibile ,ovvero sacrificare una persona dal cuore puro che rimane con lui fino alla mattina,dove il conte morira' alla vista del sole.Un buon remake ,Herzog dimostra di saperci fare anche con l'horror,ma la sua intenzione principale e' quella di rivisitare il classico di Murnau,rendendo Dracula un vampiro cupo ma allo stesso tempo triste e riflessivo,che desidera morire piuttosto che vivere eternamente.In poche parole un vampiro piu' esistenzialista.Probabilmente non all'altezza di Murnau,ma Kinski di sicuro funziona e Herzog crea un film decisamente ottimo,ma si sa' i classici sono i classici.
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flegiàs tn
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martedì 1 aprile 2008
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un "pò" di trucco e il mostro è servito!
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Il mito del vampiro è suggestivo perché è estremamente ambiguo. Né corpo vivente né cadavere, il vampiro è, fin dalla sua prima apparizione nel libro di Stoker, un “undead”, un non-morto, qualcosa di inafferrabile alla ragione - e perciò qualcosa di inquietante. Del resto Nosferatu significa proprio, questo: non finito, non consumato. Più che terrificante il vampiro è una minaccia angosciosa che viola le leggi naturali. La sua particolare “mostruosità”, infatti, non è mai brutale o soltanto orrorifica: il succhiar sangue (in particolare da esseri dell'altro sesso) implica un'idea di estenuazione analoga a quella della libidine - e, come questa, è una spinta che non si esaurisce mai, ma che si rinnova di volta in volta.
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Il mito del vampiro è suggestivo perché è estremamente ambiguo. Né corpo vivente né cadavere, il vampiro è, fin dalla sua prima apparizione nel libro di Stoker, un “undead”, un non-morto, qualcosa di inafferrabile alla ragione - e perciò qualcosa di inquietante. Del resto Nosferatu significa proprio, questo: non finito, non consumato. Più che terrificante il vampiro è una minaccia angosciosa che viola le leggi naturali. La sua particolare “mostruosità”, infatti, non è mai brutale o soltanto orrorifica: il succhiar sangue (in particolare da esseri dell'altro sesso) implica un'idea di estenuazione analoga a quella della libidine - e, come questa, è una spinta che non si esaurisce mai, ma che si rinnova di volta in volta. C'è, nel vampiro letterario e cinematografico (non dimentichiamo il Dracula di Terence Fisher 1956 e il Dracula di Tod Browning 1930) una certa “delicatezza”, o quanto meno un'educazione: non per niente Dracula, sotto qualsiasi pseudonimo si celi, rimane sempre un conte. Infatti è capace di innamorarsi e questo lo rovina.
Dracula vive di notte, tempo dell'incertezza e della confusione, quando le cose perdono i loro contorni definiti e tutto sfuma nel buio, quando l’ordine sociale subisce un temporaneo annullamento. Eppure, almeno nel suo “debutto” (il libro di Stoker), (…) egli non è un portatore di distruzione, ma un metafora del capitale monopolistico. Anche qui il vampiro partecipa di una doppia e incerta natura: essere l'incarnazione di forze assolute e primordiali ma esprimere anche una qualche istanza sociale - essere, ad esempio, un nobile. E ci fu chi sovrappose nel film di Murnau - peraltro a torto - la figura di Hitler a quella del Nosferatu. Dracula è (letteralmente) con un piede nella tomba, ma contemporaneamente il mito ce lo mostra fare in continuazione progetti per conquistare il mondo, pur essendone escluso.
Il vampiro è, sostanzialmente, un grande irregolare. Non c'è da stupirsi se la sua figura ha affascinato Werner Herzog che degli irregolari e dei “diversi” in generale ha fatto l'elemento centrale della sua poetica; da Aguirre a Stroszek a Kaspar Hauser l’ispirazione del regista tedesco è fedele a se stessa. L'impostazione che dà al personaggio di Dracula tende infatti a caratterizzarlo in questo senso: non a caso Herzog, autonomamente, istituisce tra il vampiro e il mondo di Jonathan Harker il misterioso tramite degli zingari, razza irregolare e nomade per eccellenza (anche se, meno originalmente, la raffigurazione che ne dà ricorda molto gli zingari del Manoscritto trovato a Saragozza di Wojciech Has).
Dracula, secondo Herzog, vive il terribile dramma di non poter morire: e questa anomalia lo costringe a trascinare nei secoli una stanca e infelice coscienza dell'eternità. Egli è mosso a commettere il male non dalla perversità, ma da una necessità ineluttabile. Pare che non sia eccessivamente interessato nemmeno aIla spedizione di conquista che ha organizzato assieme al suo agente Renfield (un bravissimo Roland Topor); solo la scoperta dell'esistenza di Lucy lo spinge a partire.
Dai discorsi che fa a Harker fin dalla prima sera traspare l'immagine di una sorta di esteta marginale la cui principale occupazione è fare scorrere il tempo, sapendo purtroppo che non finirà mai di scorrere. lI tono del personaggio dovrebbe di conseguenza essere drammatico; invece, nonostante la grande interpretazione di Klaus Kinski, è clamorosamente banale fino alla noia. Non par vero di sentire recitate battute scontatissime sull'immortalità e problemi annessi; evitando, è vero, il grottesco involontario, ma non inventando mai un barlume di nuovo che illumini il personaggio togliendolo dalle maglie del già visto e del già sentito. Sembra quasi che il Dracula hollywoodiano si sia insinuato nella sceneggiatura di Herzog. Ma non è l'errore di una scena o di un episodio. Il Nosferatu herzoghiano è una sequenza di fraintendimenti. Nel corso del film, l'ambiguità del mito diventa disordine e arbitraria scoordinatezza. A un certo punto Dracula diventa il simbolo del ma-le puro, della peste e della dissoluzione; pensiamo che segua un lucido disegno (Herzog sottolinea nettamente e pesantemente il crollo della società provocato dal vampiro). Ma poi torna a essere il personaggio dell'inizio proponendo a Lucy una fuga che significhi per lui abbandono della sua (non) esi-stenza di orrori. Questo passaggio del tutto inspiegabile è una sovrapposizione indebita dell'archetipo della bella e della bestia alla storia di Dracula. Alla fine la tradizione segue il suo corso: il vampiro è attratto nella trappola (finalmente) mortale della donna. Non vi sono passaggi intermedi tra il rifiuto di Lucy e il suo olocausto che indichino - dalla parte di Dracula - lo sviluppo della sua consapevolezza. Questi momenti sono semplicemente giustapposti: pare che Herzog ricada nel-l'impianto narrativo del film di Murnau proprio quando sta per avviare un discorso originale. Il risultato è una frammentazione molto spesso negativa.
Quello di Herzog è un film con molti centri senza equilibrio tra di loro. All'inizio il centro della storia è Harker; egli intraprende un metaforico viaggio verso l'esperienza della notte ma quando sta per consumarla e giungere alla conoscenza il personaggio viene abbandonato e l'attenzione spostata su Dracula. Harker sopravviverà come un relitto cadendo vittima della sua stessa esperienza che non si trasforma in qualcosa di maturato, come in Murnau, ma si stabilizza in qualcosa di subito: la malattia”. Harker è tenuto - anche fisicamente - in un angolo in disparte fino alla fine del film, preparandosi per il finale ad effetto. Poi, dopo che ha seguito Dracula e ne ha disegnato la figura di freddo disperato, Herzog muta di nuovo prospettiva e a Wismar il centro dell'azione diviene Lucy, vista come colei che si oppone al male (e alle sue lusinghe). Dracula torna a essere, anche per il pubblico, l’“altro” da eliminare e distruggere; non più il marginale da seguire nel suo dramma.
Senza un disegno complessivo che ne restituisca un senso unitario (ma non unico) Nosferatu si compone lungo l'asse di occasionali opposizioni elementari: luce/ombra, solido/liquido, cielo/terra, bianco/nero, bene/male, notte/giorno, ordine/disordine. Queste opposizioni vengono risolte soltanto a livello visivo: evidentemente l'interesse di Herzog è creare un'allucinata emozione visuale (in questo aiutato dalla perfetta fotografia pastello di Jorg Schmidt-Reitweiù) senza preoccuparsi di fornire un corrispondente e adeguato momento riflessivo. O meglio, Herzog tende a inserire una serie di tematiche, ma a puro livello di suggestione mediante l'immagine e il sonoro, specialmente musica. Il regista tedesco esprime, in Nosteratu, una concezione del cinema principalmente come strumento di fascinazione ottico-auditiva. Lo si nota particolarmente bene nella dilatazione dei momenti “vuoti” delle sequenze di raccordo: l'ascesa di Harker al castello di Dracula, il viaggio per mare del Contaman, la peste a Wismar. Queste sequenze sono le migliori di tutto il film (forse con l'eccezione dell'ultima) proprio perché hanno un quoziente informativo minimo e contribuiscono a creare una sensazione senza contenuti.
Particolarmente riuscita è la sequenza della nave (ripresa con un movimento circolare della macchina citato pari pari da Aguirre) dove viene creato un protratto e ansioso senso di minaccia che non si può dire a parole. Da questo punto di vista anche la scena finale, pur al limite dell'effettismo, ha la sua validità.
Accostando il film del 1922 a questo si nota che Murnau ha reso dialettico il mito del vampiro attraverso il riferimento al vampirismo della natura nella splendida scena in cui Knock (che equivale a Renfield) dopo aver fatto l'apologia del ragno che succhia la mosca imprigionata nella tela lo inghiotte a sua volta. Herzog elimina questa sequenza e inserisce invece l'immagine del vampiro-pipistrello filmato al rallentatore e virato in blu-azzurro mentre cala verso terra. La esasperata lentezza e l'elegante ferocia del volo del pipistrello riassumono bene l'atmosfera del Nosferatu herzoghiano: scorrere di emozioni visive nella sospensione di una attesa. Un cinema che, grazie alla bellezza della sua superficie, vampirizza discretamente lo spettatore.
Una delle cose che più colpisce nel film è la quasi esclusiva attenzione dedicata ai tre personaggi principali, mentre quelli secondari - come individui - vengono confinati e appiattiti sullo sfondo, ridotti a indicatori del contesto sociale. Lo schema base di Nosferatu è, come nella più classica delle commedie, il triangolo tra Harker, Lucy e Dracula.
Un personaggio come il dottor Van Helsing (quello che diventerà a Hollywood un infaticabile cacciatore di vampiri), che pure riveste un ruolo essenziale non solo nel romanzo, ma anche nel film di Murnau è ridotto a un imbelle vegliardo che acquista un po' di importanza solo nel goffo e concitato finale, uno degli episodi meno riusciti del film.
La situazione di partenza è un idillio perturbato. La felicità coniugale dei due sposi è scossa dagli incubi di Lucy (e, cine-matograficamente, dai minacciosi titoli di testa). Qual è la molla che spinge Harker a lasciare la moglie in simili circo-stanze e ad avventurarsi in un lungo e faticoso viaggio? Il mi-raggio di una forte commissione sulla vendita della casa - in altre parole, l'interesse economico. Jonathan Harker è l'espressione quintessenziale del borghese ambizioso. Il suo orizzonte non si discosta molto dall’ideale della “casa, dolce casa”. Del resto la città in cui vive, Wismar (Delft), è lo spazio tipico della laboriosa borghesia commerciale. Il suo viaggio, come detto, è un metaforico viaggio esistenziale che, attra-verso il contatto con gli ambienti meno ortodossi (gli zingari), lo conduce a conoscere ciò che è diverso, sotto ogni rispetto, da lui. Il Nosferatu, il non-compiuto, non solo è un irregolare che si contrappone alla razionalità borghese di Harker, ma è anche (e non si insisterà abbastanza su questo punto) un nobile.
Non per niente quella di Harker verso il castello del conte Dracula è un'ascesa. Giunto a contatto con una classe sociale differente dalla sua Harker verifica l'impossibilità di una comunicazione nei termini a lui abituali: la firma del contratto (lo scopo dei viaggio di Harker) non interessa al conte più che tanto. Lo schema mentale di Harker si infrange contro quello di una classe che, sconfitta dalla storia, sopravvive a se stesso - come un fantasma, come, appunto, un non-morto.
Dracula continua a ripetere a Harker: “Voi non potete capire”. Preso in ostaggio in territorio nemico, Harker subisce un trauma ideologico e psichico: la notte diventa il luogo di pratica della “differenza”, del ritorno del rimosso conscio (la nobiltà come fase storica soggettivamente superata) e inconscio (Herzog sottolinea la forte carica di libidine portata dal vampiro). Dopo la scoperta dell'esistenza di Lucy da parte di Dracula il contrasto tra i due si pone a due livelli: da una parte il perturbamento compiuto dal vampiro nella società dei borghesi di cui Harker è esponente, in secondo luogo la guerra privata per la conquista della donna.
Sia Dracula che Harker intraprendono un viaggio alla volta di Wismar: Dracula viaggia sull'acqua, per fiume e per mare, lontano dalla civiltà e isolato, Harker attraversa a rovescio, via terra di ritorno, la stessa società da cui era provenuto: le strade non sono desolate come all'andata, ci sono mulini a vento, c'è gente sullo sfondo.
Ma é troppo tardi: la sua antica ideologia e la sua antica fede sono rose e consunte. Arriverà incosciente, quasi in catalessi, senza riconoscere più nulla dei vecchio ordine a cui apparteneva; in questo stato di latenza psichica non riconosce neppure la moglie. Egli è la prima vittima della malattia; perché l'attacco del vampiro non va al di là del contagio, non rappresenta un mutamento, ma una involuzione apparentemente irrazionale dell'autorità borghese: la democrazia. Contratto il morbo della nobiltà la società borghese si sfalda secondo nemesi. Non per niente il contatto con il vampiro avviene attraverso l'aspirazione della linfa vitale dal corpo dei borghesi di Wismar. Svuotati del loro significato storico i commercianti della città svelano dentro di sé una insospettabile pazzia e una atroce irrazionalità. Diventano tutti come Renfield, non a caso anche lui agente immobiliare.
Ma quando sembra che nulla possa più arrestarlo, Dracula è tradito dalla sua natura: il passato non può tornare tale e quale. Lo scatenamento degli istinti di cui lui stesso è causa si rivela fatale: durante l'amplesso con la marmorea bellezza di Lucy viene trascinato oltre la soglia della sua potenza. Quando finalmente - oltre alle necessità “biologiche” - può appagare il suo desiderio erotico, il piacere si trasforma in morte - l'“innocenza” della donna borghese distrugge la sotterranea libidine del conte. La fredda attrazione sessuale della femmina succhia - per metaforico contrappasso - l'esistenza fuori dal vampiro-maschio e lo annichila. Del resto, fin dal primo momento il perfetto volto di Lucy faceva trasparire un pallore da cadavere.
Notiamo, comunque, che la scossa erotica è abbastanza forte da travolgere nel suo esaurirsi anche la gelida Lucy, che muore con un sorriso di piacere sul volto.
Morto (finalmente) il conte Dracula, morta la signora Harker, si ristabilisce uno strano ordine. Chi è sopravvissuto dei triangolo iniziale? Jonathan Harker il borghese in cui si trasferisce lo spirito del Nosferatu. Trasformato a sua volta in vampiro il borghese che ha avuto esperienza dell'agonia aristocratica ne riprende il ruolo storico. Cavalca terribile verso l'orizzonte lasciandosi dietro i cadaveri del passato: è un vampiro senza illusioni, ben più pericoloso perché dotato di una lucida ambizione. “C'è molto da fare” è la sua ultima battuta. Adesso sembrano assurde anche le aristocratiche ossessioni del conte Dracula. E' la borghesia il vampiro del mondo.
Questa è la storia che si legge tra le pieghe del Nosferatu di Herzog, ma la metafora risulta costantemente squilibrata sul versante dell'avventura individuale del protagonisti. I due livelli del racconto, quello interno a triangolo e quello esterno, corale, rimangono paralleli e combaciano assai raramente. Si ha una continua impressione di disarmonia, anche se neutralizzata dall'alta resa della messa in scena. Dirottata verso una dimensione visionaria, la regia di Herzog non padroneggia la complessità delle relazioni istituentesi tra i segni che essa produce. Così la crisi conseguente all'avvento del vampiro viene risolta solo al livello di visione apocalittica dell'epidemia di peste che scioglie le norme morali degli abitanti di Wismar. Svincolati da ogni rapporto di consistenza con il mondo (e col resto dell'azione) essi si muovono in uno spazio onirico, slegati l'uno dall'altro, in preda a una malattia interiore più che fisica (gli indizi materiali della peste non si vedono mai); vengono dispersi in una piazza, allontanata e raggelata da una inquadratura frontale dall'alto, quasi fossero delle apparizioni evocate dalla mente turbata di Lucy. (…)
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lucaguar
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sabato 4 giugno 2022
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elegante e austero viaggio nella notte
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Herzog si impegna in un maestoso viaggio nella notte, intesa non soltanto in senso cronologico. Egli ci porta con sè nei meandri del negativo, dell'ombra, attraverso la celeberrima storia del conte Dracula, racconto di Stoker per la prima volta portato al cinema da Murnau nel mitico "Nosferatu" del 1922. Herzog, ovviamente, non si ferma certamente al cinema di genere, anche se alcuni stilemi dell'horror sono ben padroneggiati. Egli ci mostra un Dracula-Nosferatu mesto, disperato dalla sua condizione di non-mortale e in fondo soffocato dalla mancanza di amore e dalla sua stessa solitudine. Egli vaga ogni notte nel suo tetro castello nell'ombra, nell'oscurità, "solo con i suoi pensieri"; l'unico piacere che prova è il succhiare sangue umano quando cala la notte.
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Herzog si impegna in un maestoso viaggio nella notte, intesa non soltanto in senso cronologico. Egli ci porta con sè nei meandri del negativo, dell'ombra, attraverso la celeberrima storia del conte Dracula, racconto di Stoker per la prima volta portato al cinema da Murnau nel mitico "Nosferatu" del 1922. Herzog, ovviamente, non si ferma certamente al cinema di genere, anche se alcuni stilemi dell'horror sono ben padroneggiati. Egli ci mostra un Dracula-Nosferatu mesto, disperato dalla sua condizione di non-mortale e in fondo soffocato dalla mancanza di amore e dalla sua stessa solitudine. Egli vaga ogni notte nel suo tetro castello nell'ombra, nell'oscurità, "solo con i suoi pensieri"; l'unico piacere che prova è il succhiare sangue umano quando cala la notte. Il malcapitato Johnatan, agente immobiliare che si reca nel castello per terminare la vendita dello stesso dopo un estenuante viaggio dalla Germania ai Carpazi, rimane vittima del vampiro nonostante tutti, in primis la bellissima moglie, avessero tentato di persuaderlo a non andare. Nosferatu, venuto a conoscenza della sofferenza della moglie per il marito, si reca in Germania dentro una bara per sedurre anche lei. Il suo viaggio però trascina con sè tutto il negativo e la maledizione di cui è portatore e la nave su cui viaggia è presa da una epidemia di peste: ogni membro dell'equipaggio muore o scompare. La cittadina tedesca in cui si reca alla ricerca della bella Lucy è anch'essa presa dalla peste e rimane silanziosa e deserta: emblematica è la scena in cui nella notte Nosferatu corre per la piazza deserta ottenebrando tutto con la sua maledizione e la sua gigantesca e sinistra ombra.
Questo film è davvero un'opera di straordinaria potenza visiva, la fotografia è giocata sul contrasto, che tenta di riprodurre il cinema impressionistico tedesco di inizio secolo, tra colori fortemente contrastati e la cupezza del bianco e nero che sempre circonda il principe della notte (chiarissimo questo contrasto nella scena in cui Johnatan è a letto vicino a una tenda viola e sullo sfondo Dracula che sembra "avvolto" dal bianco e nero). Le ambientazioni sono a dir poco suggestive, eleganti e mai sbilanciate dal contrasto troppo netto uomo-natura. Sia gli ambienti naturali che quelli artificiali emanano una atmosfera misteriosa, a tratti mostruosamente orrorifica ma a tratti anche tristemente umana, languida. Herzog raggiunge qui forse una delle vette più alte della sua grandiosa carriera. Opera da porre saldamente nella storia del cinema e da ricordare.
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luca scialò
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giovedì 29 dicembre 2011
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il dracula mesto e sofferente di herzog
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Jonathan Harker viene incaricato dal suo principale Ranfield di recarsi al castello del misterioso Conte Dracula, per consegnargli la documentazione per l'acquisto di una casa. Casa che è vicina proprio allo stesso Harker. Tutti gli sconsigliano di andarci, ma quest'ultimo è deciso. Incontrerà lo strano Conte che vive sui suggestivi e ostili monti Carpazi. L'essere è inquietante e disumano proprio quanto si dice e gode di una forte attrazione verso la moglie di Harker, al punto da recarsi al loro villaggio e seminare la peste.
Herzog rivisita in modo originale la leggenda del Conte Dracula. Gli da' un tocco sofferto e cupo, come se fosse una vittima del proprio stato eternamente disumano e condannato alle infinite sofferenze delle tenebre.
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Jonathan Harker viene incaricato dal suo principale Ranfield di recarsi al castello del misterioso Conte Dracula, per consegnargli la documentazione per l'acquisto di una casa. Casa che è vicina proprio allo stesso Harker. Tutti gli sconsigliano di andarci, ma quest'ultimo è deciso. Incontrerà lo strano Conte che vive sui suggestivi e ostili monti Carpazi. L'essere è inquietante e disumano proprio quanto si dice e gode di una forte attrazione verso la moglie di Harker, al punto da recarsi al loro villaggio e seminare la peste.
Herzog rivisita in modo originale la leggenda del Conte Dracula. Gli da' un tocco sofferto e cupo, come se fosse una vittima del proprio stato eternamente disumano e condannato alle infinite sofferenze delle tenebre. Insomma, fa più compassione che paura. Per la sua interpretazione, Herzog si affida a Klaus Kinski, truccato come si conviene e in modo attinente al romanzo originale.
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evildevin87
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lunedì 2 dicembre 2013
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un remake come dio comanda
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Anche un remake può essere un capolavoro, e questo film ne è un esempio lampante. Tenebroso e angosciante, il film di Herzog ci mostra una profonda introspezione del dramma del vampiro: una creatura non malvagia ma bensì tormentata da una vita infinita ma totalmente vuota, nella quale può solo sperimentare ogni giorno le stesse cose. Tra l'altro interpretato da un Klaus Kinski in gran spolvero e con un trucco davvero credibile e ben fatto. Non di meno i comprimari, con alcuni ruoli un po' rigirati o messi in secondo piano (su tutti il dottor Van Helsing e Mia, ridotti a poco più di comparsate) ma che comunque reggono e rendono la storia perfettamente godibile e affascinante.
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Anche un remake può essere un capolavoro, e questo film ne è un esempio lampante. Tenebroso e angosciante, il film di Herzog ci mostra una profonda introspezione del dramma del vampiro: una creatura non malvagia ma bensì tormentata da una vita infinita ma totalmente vuota, nella quale può solo sperimentare ogni giorno le stesse cose. Tra l'altro interpretato da un Klaus Kinski in gran spolvero e con un trucco davvero credibile e ben fatto. Non di meno i comprimari, con alcuni ruoli un po' rigirati o messi in secondo piano (su tutti il dottor Van Helsing e Mia, ridotti a poco più di comparsate) ma che comunque reggono e rendono la storia perfettamente godibile e affascinante. Un plauso poi alle musiche ad opera dei Popol Vuh e alle ambientazioni davvero spettacolari.
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arnaco
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sabato 4 aprile 2015
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simbolismi
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Nel genere vampiresco viene classificato dagli esperti come secondo solo al Nosferatu di Murnau e migliore di tutti gli altri, compreso Vampyr di Dreyer. I non esperti come me cosa vedono? Apprezzano un uso saggiamente parsimonioso di croci, ostie consacrate e paletti di legno (uno solo per la verità). Ancor più apprezzano la bellisima Isabelle Adjani, ma rimangono delusi dalla scialba interpretazione di Bruno Ganz. Rimangono affascinati dal viaggio verso il castello inTransilvania a metà tra il Castello di Kafka e la Fortezza Bastiani di Buzzati e dal villaggio degli zingari. La permanenza nel castello è un po' frettolosa e non trasferisce le sensazioni di mistero e paura che dovrebbe.
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Nel genere vampiresco viene classificato dagli esperti come secondo solo al Nosferatu di Murnau e migliore di tutti gli altri, compreso Vampyr di Dreyer. I non esperti come me cosa vedono? Apprezzano un uso saggiamente parsimonioso di croci, ostie consacrate e paletti di legno (uno solo per la verità). Ancor più apprezzano la bellisima Isabelle Adjani, ma rimangono delusi dalla scialba interpretazione di Bruno Ganz. Rimangono affascinati dal viaggio verso il castello inTransilvania a metà tra il Castello di Kafka e la Fortezza Bastiani di Buzzati e dal villaggio degli zingari. La permanenza nel castello è un po' frettolosa e non trasferisce le sensazioni di mistero e paura che dovrebbe. Poi il ritorno a Wismar dove un numero improbabile di topi sbarcati dalla nave di Dracula diffonde la peste, ma non è colpa sua, qualsiasi altra nave avrebbe potuto farlo e quindi è un episodio di corredo, non funzionale alla vicenda. Senonchè i critici ci vedono un primo simbolismo: la peste sarebbe la guerra che semina morte e terrore e Nosferatu il tiranno di turno che la guerra vuole. Bah! Il secondo simbolismo riguarderebbe Lucy che come Cristo si sacrifica per la salvezza dell'umanità. Doppio bah! Il terzo simbolismo è un po' più convincente: il conte Dracula rappresenta la nobiltà (ovviamente) e Harker la nascente borghesia volgare e meschina che vorrebbe rimpiazzarla una volta eliminatala. Infatti Harker lascia sola Lucy per danaro, mentre il conte Dracula non si cura della morte pur di stare ancora un po' vicino a lei. E verso cosa corre Harker nella scena finale? Verso il trionfo della borghesia capitalista. "Ci sono tante cose da fare".
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biso 93
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sabato 9 aprile 2016
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brillante e affascinante
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Nosferatu il principe della notte e' il remake del film espressionista e muto di Marnau, considerato un grande capolavoro. Be che dire, il film di Herzog e' un film molto interessante, diretto molto bene con l'ausilio di paesaggi stupendi ma allo stesso tempo cupi e ad una superba fotografia. L'interpretazione di Klaus Kinski e' sublime, memorabile e regge la parte inquietante del film, grazie anche a musiche all'altezza del film stesso. Nosferatu e' un dracula cupo, triste, solo e stanco della sua eternita', questa interessante lettura del famoso personaggio di Stoker, e' resa molto bene da Kinski solo con sguardi e piccoli gesti. Valeva la pena stare con una donna tutta la notte ancora un po.
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Nosferatu il principe della notte e' il remake del film espressionista e muto di Marnau, considerato un grande capolavoro. Be che dire, il film di Herzog e' un film molto interessante, diretto molto bene con l'ausilio di paesaggi stupendi ma allo stesso tempo cupi e ad una superba fotografia. L'interpretazione di Klaus Kinski e' sublime, memorabile e regge la parte inquietante del film, grazie anche a musiche all'altezza del film stesso. Nosferatu e' un dracula cupo, triste, solo e stanco della sua eternita', questa interessante lettura del famoso personaggio di Stoker, e' resa molto bene da Kinski solo con sguardi e piccoli gesti. Valeva la pena stare con una donna tutta la notte ancora un po. Il film e' anche molto simbolico, con riferimenti vari a tante tematiche anche se non sono facilmente coglibili. Forse il miglior film sul conte Dracula. Consigliato
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noia1
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lunedì 27 aprile 2020
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herzorg, re dell’antiaccademismo, fa accademia
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La storia trasposta dal romanzo di Stoker.
Herzorg ci ha abituati al suo spirito antiaccademico che, ironia della sorte, volente o nolente ha fatto a sua volta accademia; il tema classico del Dracula sul male fascinoso nascosto ovunque, soprattutto dietro la figura di un abbiente signorone, qui è portato alle estreme folli conseguenze secondo l’ormai famosa anarchia del regista.
I temi sono infiniti e puntati a demolire quelle che sono forse le fondamenta del pensiero romanzesco occidentale. L’eroe qui è ottuso e corruttibile, la figura femminile non è solo immagine di purezza ma anche di quel bene eterno che si scontra contro un male forse ineluttabile, elevata quindi a martire in una società cieca ed intrappolata parossisticamente nei propri meccanismi; una società distante che si fa travolgere dagli eventi a cui pone rimedio a casaccio, spesso facendo il male.
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La storia trasposta dal romanzo di Stoker.
Herzorg ci ha abituati al suo spirito antiaccademico che, ironia della sorte, volente o nolente ha fatto a sua volta accademia; il tema classico del Dracula sul male fascinoso nascosto ovunque, soprattutto dietro la figura di un abbiente signorone, qui è portato alle estreme folli conseguenze secondo l’ormai famosa anarchia del regista.
I temi sono infiniti e puntati a demolire quelle che sono forse le fondamenta del pensiero romanzesco occidentale. L’eroe qui è ottuso e corruttibile, la figura femminile non è solo immagine di purezza ma anche di quel bene eterno che si scontra contro un male forse ineluttabile, elevata quindi a martire in una società cieca ed intrappolata parossisticamente nei propri meccanismi; una società distante che si fa travolgere dagli eventi a cui pone rimedio a casaccio, spesso facendo il male.
La figura del conte, immortale fino a straniarsi dalla vita, si contrappone a quella della moderna città, fatta di mortali il cui saper di star morendo spinge ad uscire dalla mediocrità vivendo fino in fondo, vivendo forse in un modo che Dracula nemmeno conosce; una gioia di vivere espressa attraverso la distruzione delle regole.
Immagini da manuale, dei veri e propri quadri da appendere, sovrannaturali senza il bisogno di particolari o troppo costosi effetti speciali, una magia che nasce dalla pura e semplice messinscena al servizio dell’ottimamente diretto comparto attori: il geniale folle Kinski, il composto Ganz che fa spettacolo col suo profilo basso, l’Adjani e l’indimenticabile Topor; sono la ciliegina sulla torta.
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