roberto
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giovedì 21 dicembre 2006
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l'unico il solo il supremo
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il punto più alto del cinema: la Rivelazione del Sè..
quello che Fellini mette in scena è molto di più della sua crisi creativa: in realtà a partire da questa si aprono interi squarci nell'inconscio del regista che consentono uno sguardo che trascende la dimensione personale x inoltrarsi nei territori enigmatici della memoria collettiva e degli archetipi. E' questo che fa di 8e1/2 un'opera d'arte sublime che trascende la soggettività dell'autore x elevarsi verso una coscienza superiore. Per quanto ne sappia nessuno è riuscito come lui ad elevarsi così in alto nel cinema: le immagini sembrano scaturire da sole, senza che vi sia alcun apporto cosciente del regista, che in questo caso è più che mai un medium.
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il punto più alto del cinema: la Rivelazione del Sè..
quello che Fellini mette in scena è molto di più della sua crisi creativa: in realtà a partire da questa si aprono interi squarci nell'inconscio del regista che consentono uno sguardo che trascende la dimensione personale x inoltrarsi nei territori enigmatici della memoria collettiva e degli archetipi. E' questo che fa di 8e1/2 un'opera d'arte sublime che trascende la soggettività dell'autore x elevarsi verso una coscienza superiore. Per quanto ne sappia nessuno è riuscito come lui ad elevarsi così in alto nel cinema: le immagini sembrano scaturire da sole, senza che vi sia alcun apporto cosciente del regista, che in questo caso è più che mai un medium. il fiume dei ricord, delle immagini e dei sogni provenienti dal profondo si rivelano come una epifania, e il regista stesso sembra scoprirli nella loro manifestazione. Ogni immagine, ogni inquadratura, ogni frase, ogni dettaglio, ogni faccia, ogni suono e musica, è "perfetto", non poteva che essere così, secondo delle alchimie imperscrutabili, che però riconosciamo subito come evidenti e le uniche possibili. Non voglio aggiungere altro se non che il film di Fellini è il più alto esempio di una coscienza al contempo lucida e transpersonale...se Jung avesse avuto la possibilità di vedere 8e1/2 avrebbe compreso molto di più della dimensione interiore..
8 e 1/2 non è "un " film, ....è "IL" FILM....il punto più alto..
si potrebbero dire tante altre cose...Mastroianni....la magia di Nino Rota...la Cardinale...le Terme..la Saraghina...l'Harem....ma tutto è veramente troppo da trattare...ogni cosa meriterebbe un fiume di parole, e forse dinanzi a cotanta grandezza è meglio ora tacere...
...asa nisi masa....
(grazie federico)
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(di mic)
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veronick
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sabato 7 febbraio 2009
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sogno e realtà
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8 1/2 non si limita a raccontare la crisi del regista Guido ma anche la crisi di Guido come uomo e lo fa senza circoscrivere il racconto all'interno di una trama, ampliando i confini del film e distruggendo le barriere spazio-temporali, pur mantendendo un filo logico ben preciso:si viene proiettati direttamente nella coscienza, o meglio nell'inconscio di Guido, li' dove la dimensione reale si unisce a quella onirica senza che vi sia una reale linea di demarcazione. Da qui nasce la densità di personaggi e di emozioni che si affacciano alla mente di Guido (o forse dello stesso Fellini?) che ci stordisce e che mai avrebbe potuto prendere forma limitandosi alla dimensione reale. Ci stordisce questo regista che si dà a noi completamente,mette a nudo la sua anima, ci dona non solo il suo presente e il suo passato ma anche i suoi sogni più segreti e le sue debolezze, come la fantasia proibita di un harem tutto suo in cui tutte le sue donne vivano senza gelosie reciproche.
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8 1/2 non si limita a raccontare la crisi del regista Guido ma anche la crisi di Guido come uomo e lo fa senza circoscrivere il racconto all'interno di una trama, ampliando i confini del film e distruggendo le barriere spazio-temporali, pur mantendendo un filo logico ben preciso:si viene proiettati direttamente nella coscienza, o meglio nell'inconscio di Guido, li' dove la dimensione reale si unisce a quella onirica senza che vi sia una reale linea di demarcazione. Da qui nasce la densità di personaggi e di emozioni che si affacciano alla mente di Guido (o forse dello stesso Fellini?) che ci stordisce e che mai avrebbe potuto prendere forma limitandosi alla dimensione reale. Ci stordisce questo regista che si dà a noi completamente,mette a nudo la sua anima, ci dona non solo il suo presente e il suo passato ma anche i suoi sogni più segreti e le sue debolezze, come la fantasia proibita di un harem tutto suo in cui tutte le sue donne vivano senza gelosie reciproche. Le immagini del passato si fanno avanti una dopo l'altra e si sovrappongono reciprocamente (ad esempio Guido vuole truccare Carla come la Saraghina) mettendo in luce le menzogne ma anche le frustrazioni e le paure di Guido, come la paura terribile di aver deluso i suoi genitori e tutte le atre persone che gli hanno voluto bene e alle quali alla fine chiede perdono...E solo dopo che si è spogliato di tutte le sue bugie Guido viene investito da un "lampo di felicità" e può finalmente comprendere appieno la gioia dell'esistenza che è come un infinito girotondo di anime.
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paolo 67
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venerdì 16 marzo 2012
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osmosi tra arte e vita
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L'astronauta Titov, il secondo uomo nello spazio, disse: “OTTO E MEZZO è più misterioso del cosmo”. Il film piacque molto in URSS tanto che vinse il primo premio al Festival di Mosca, all'unanimità. In America oltre alle 5 candidature e ai 2 Oscar vinse il primo premio al Festival di New York (il primo film della Storia a vincere i premi principali delle due superpotenze ai tempi della cortina di ferro). Fellini evoca il mondo del cinema, ma il suo universo privato, la sua “bella confusione” (il titolo che Flaiano aveva proposto per il film), è quella dell'italiano medio: i genitori, la moglie, le amanti (con le impossibilità di conciliare le diverse visioni della donna), le ambizioni riguardo il lavoro, la Chiesa mediatrice dei misteri della natura e dell'uomo tra spiritualità trascendentale che non viene messa in discussione e istituzione criticata per la sua sessuofobia.
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L'astronauta Titov, il secondo uomo nello spazio, disse: “OTTO E MEZZO è più misterioso del cosmo”. Il film piacque molto in URSS tanto che vinse il primo premio al Festival di Mosca, all'unanimità. In America oltre alle 5 candidature e ai 2 Oscar vinse il primo premio al Festival di New York (il primo film della Storia a vincere i premi principali delle due superpotenze ai tempi della cortina di ferro). Fellini evoca il mondo del cinema, ma il suo universo privato, la sua “bella confusione” (il titolo che Flaiano aveva proposto per il film), è quella dell'italiano medio: i genitori, la moglie, le amanti (con le impossibilità di conciliare le diverse visioni della donna), le ambizioni riguardo il lavoro, la Chiesa mediatrice dei misteri della natura e dell'uomo tra spiritualità trascendentale che non viene messa in discussione e istituzione criticata per la sua sessuofobia. Nel film l'intellettuale, che ne LA DOLCE VITA si sparava, qui finisce (nell'immaginazione) impiccato. Guido accetta invece l'invito dell'illusionista, per il quale fare spettacolo è una maniera naturale di esistere. L'arte come sorella della magia. Il finale del film, originariamente previsto come trailer, è così geniale -giocando con la sua stessa mistificazione- che è diventato il pezzo più famoso del cinema di Fellini, come per la musica della marcetta composta da Nino Rota, un girotondo circense che ben si attaglia al carosello creativo del film. Qualcuno ha accusato Fellini di aver riportato il tema de “Il posto delle fragole” di Bergman (film che il regista aveva visto) ma sembra più coerente una comune contemporanea ispirazione dei due geni, come ha osservato Mastroianni (tanto è vero che il film somiglia anche a opere di altri geni che Fellini non conosceva, come “La coscienza di Zeno” di Svevo). Particolarmente riuscito il personaggio di Carla, l'amante del regista (una Sandra Milo ingrassata di otto chili, mentre Anouk Aimeè ha dovuto calarne altrettanti e Mastroianni, al solito per Fellini, ha dovuto dimagrirne dieci). Mastroianni, sempre straordinariamente intelligente nell'intuire il suo personaggio e il film, aveva dopo “La dolce vita” intensificato la sua amicizia con Fellini potendo dire, sia pure di una personalità così ardua e complessa, di conoscerlo bene, al punto da smentire la leggenda della sua presunta bugiarderia, e soprattutto furberia e falsità o addirittura cialtroneria. OTTO E MEZZO è un film inventato continuamente (una vera rivoluzione del linguaggio che ha contribuito molto al rinnovamento dei mezzi espressivi cinematografici) con l'aiuto della fantasia dello scenografo premio Oscar Gherardi (che crea un albergo in stile liberty-floreale e una moda anni '20 e il '30 per i clienti fuori del tempo delle terme), delle musiche di Rota, consustanza sonora come sempre dei film di fellini e della formidabile fotografia di Giovanni Di Venanzo, l'ultimo dei grandi maestri in bianco e nero, che crea una “scenografia della luce” con tecniche da cinema d'avanguardia. Di buon successo popolare anche se inferiore a quello “La dolce vita” e assai ammirato nei circoli underground, OTTO E MEZZO è l'opera di un Fellini estremamente ispirato, di una sensibilità anche (come ne LA DOLCE VITA) femminea, illuminato dalla fantasia. Il film rivela l'influenza sull'autore della scoperta della psicoanalisi di Jung con la presenza del simbolo la cui forza viene portata al massimo della rappresentatività, anche se ambigua e misterica, dell'inesprimibile. Il reale viene oltrepassato a favore del mondo interiore e del suo primato di autenticità. Il tempo viene destrutturato; passato, presente, futuro coesistono nel tempo della memoria. Per Fellini, grande individualista, la vita è inseparabile dal rapporto personale con gli altri, intesi anche come sognati, immaginati, ricordati, aspettati (nel film gli episodi reali si rivelano non meno grotteschi di quelli sognati). Quel che di vetroso nell'espressione del protagonista, come nel capolavoro precedente -col quale OTTO E MEZZO forma una cerniera di capolavori del barocco cinematografico-, culminerà nello sguardo gelido del moralista-libertino Casanova, altro -inconsapevole- alter-ego di Fellini (e mito mediterraneo), sulla fissità metafisica della nostra civiltà.
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gianni lucini
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lunedì 10 ottobre 2011
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rizzoli voleva lasciar perdere
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Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia. È un pugno nello stomaco per il pubblico milanese della “prima”, composto in gran parte dalla buona borghesia lombarda. Alla fine della proiezione i fischi superano per clamore gli applausi. Uno spettatore sputa addirittura addosso a Fellini, un altro lo sfida pubblicamente a duello. Non va meglio alla proiezione privata in casa di Angelo Rizzoli, che ha prodotto il film insieme a Peppino Amato. Di fronte a un’accoglienza così sfavorevole l’imprenditore lombardo confida agli amici: «Se potessi mi ritirerei dall’impresa.
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Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia. È un pugno nello stomaco per il pubblico milanese della “prima”, composto in gran parte dalla buona borghesia lombarda. Alla fine della proiezione i fischi superano per clamore gli applausi. Uno spettatore sputa addirittura addosso a Fellini, un altro lo sfida pubblicamente a duello. Non va meglio alla proiezione privata in casa di Angelo Rizzoli, che ha prodotto il film insieme a Peppino Amato. Di fronte a un’accoglienza così sfavorevole l’imprenditore lombardo confida agli amici: «Se potessi mi ritirerei dall’impresa. Ho già capito che è meglio limitare le perdite perché sarà un fiasco». Il suo proverbiale fiuto questa volta si sbaglia. A molti critici il film piace e il pubblico ne farà uno dei campioni d’incassi della stagione.
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(di gianni lucini)
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paolo 67
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lunedì 27 febbraio 2012
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otto e mezzo parla di te.
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E pensare che era un film che Fellini non voleva più fare! Ma da questo trovò con genialità assoluta lo spunto per la storia. La straordinaria novità del linguaggio (colle ardite sperimentazioni del direttore della fotografia Giovanni Di Venanzo) lo pose all'avanguardia tanto da essere ammirato dai circoli dell'underground e dello sperimentalismo, come dai letterati dell'epoca (Calvino). Fellini è profetico nel decrivere una società che si nutre di abitudini e finzioni. Primo film a vincere contemporaneamente al tempo della guerra fredda i festival di Mosca e di New York e uno dei dieci migliori film filosofici della storia secondo la Chiesa. Un racconto di una crisi creativa, esistenziale e storica, ma ritmato da un'umorismo che in Fellini, citando Lao-Tse (“appena hai formulato un pensiero serio, ridici sopra”), assurge a una caratteristica fondamentale della sua poetica.
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E pensare che era un film che Fellini non voleva più fare! Ma da questo trovò con genialità assoluta lo spunto per la storia. La straordinaria novità del linguaggio (colle ardite sperimentazioni del direttore della fotografia Giovanni Di Venanzo) lo pose all'avanguardia tanto da essere ammirato dai circoli dell'underground e dello sperimentalismo, come dai letterati dell'epoca (Calvino). Fellini è profetico nel decrivere una società che si nutre di abitudini e finzioni. Primo film a vincere contemporaneamente al tempo della guerra fredda i festival di Mosca e di New York e uno dei dieci migliori film filosofici della storia secondo la Chiesa. Un racconto di una crisi creativa, esistenziale e storica, ma ritmato da un'umorismo che in Fellini, citando Lao-Tse (“appena hai formulato un pensiero serio, ridici sopra”), assurge a una caratteristica fondamentale della sua poetica. Fellini sublimando le nevrosi e le angoscie del suo tempo racconta una favola autobiografica talmente geniale da essere emblematica per ogni spettatore di ogni tempo e luogo (come in fondo ogni suo film). Nell'esprimere la vita come arte, e l'arte come vita, nessuno è stato come Fellini.
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il cinefilo
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giovedì 24 giugno 2010
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8 1/2
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TRAMA: Il film racconta la crisi professionale e esistenziale di un regista di nome Guido(un grande Marcello Mastroianni)e che durante la lavorazione di un nuovo film si trova a "fronteggiare" psicologicamente i ricordi del passato e la sua stessa figura inizia a dimenarsi tra sogno e realtà...RECENSIONE: Federico Fellini,con questo film,tocca(a tutti gli effetti)l'apice del suo "surrealismo onirico" e riesce a calibrare e "mischiare" in maniera affascinante il mondo reale,il mondo dei ricordi e il mondo della pura fantasia instaurando magistralmente un immenso "vaudeville" dalle componenti fortemente "psicanalitiche" e tipicamente "Felliniane".
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TRAMA: Il film racconta la crisi professionale e esistenziale di un regista di nome Guido(un grande Marcello Mastroianni)e che durante la lavorazione di un nuovo film si trova a "fronteggiare" psicologicamente i ricordi del passato e la sua stessa figura inizia a dimenarsi tra sogno e realtà...RECENSIONE: Federico Fellini,con questo film,tocca(a tutti gli effetti)l'apice del suo "surrealismo onirico" e riesce a calibrare e "mischiare" in maniera affascinante il mondo reale,il mondo dei ricordi e il mondo della pura fantasia instaurando magistralmente un immenso "vaudeville" dalle componenti fortemente "psicanalitiche" e tipicamente "Felliniane".
Il personaggio di Guido può essere visto come una forma di "personificazione" di quel ambigua forma di "solitudine" e di "malessere" che rischia di attanagliare tutti coloro che desiderano raccontare delle storie da presentare al grande pubblico(per l'appunto i registi)e questo personaggio racconta se stesso e tutte le sue virtù,i suoi difetti,i suoi desideri e le sue "componenti" più ambigue.
Quest'opera si potrebbe dunque definire e interpretare come una lunga e complessa "seduta psicanalitica" in cui lo stesso spettatore potrebbe giungere a identificarsi con alcuni aspetti della personalità del protagonista e in cui il tema principale(il concetto stesso di cinema)è solamente uno strumento con il quale il regista pone indirettamente agli spettatori alcune domande esistenziali come "perchè esistiamo e come troveremo la nostra strada attraverso il mondo?" oppure "esiste veramente Dio?".
Federico Fellini non manca di attaccare l'istituzione della chiesa(vedi l'inquietante raffigurazione del cardinale)e condisce tutto quanto con una buona dose di raffinato umorismo nero straordinariamente intelligente e "tagliente" e tra le scene memorabili voglio citare la sequenza finale del girotondo circense che avviene insieme al protagonista.
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paolo 67
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giovedì 19 gennaio 2012
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la magia dell'arte/nell'arte
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Il film, che ha contribuito in maniera eccezionale al rinnovamento dell'espressione cinematografica, affronta il tema della creazione, della contraddittorietà della stessa, fatta di vezzi, astuzie, impegno, viltà, sincerità e mistificazione. Un film che Fellini non voleva più fare, quando ebbe, genialissimamente, l'intuizione: un film su un regista che voleva fare un film che non ricorda più. Non riusciva a vedere in faccia il protagonista, perchè -lo ammise solo a cose fatte e tanto tempo dopo- era lui. I suoi connotati spirituali, il suo universo sono quelli dell'italiano medio: l'educazione religiosa, i rapporti con le donne, le ambizioni attorno al lavoro.
Un pregio straordinario del film -qui c'è davvero unanimità- è il linguaggio, vi sono tutti gli stili possibili e qualcuno inventato per l'occasione, assieme a soluzioni da cinema d'avanguardia, come la solarizzazione della sequenza delle terme (grande è stato il contributo di Gianni di Venanzo alla fotografia con un bianco e nero semplicemente sbalorditivo), a rappresentare l'initerrotto flusso di coscienza del protagonista (ricordi/sogni/illusioni/realtà).
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Il film, che ha contribuito in maniera eccezionale al rinnovamento dell'espressione cinematografica, affronta il tema della creazione, della contraddittorietà della stessa, fatta di vezzi, astuzie, impegno, viltà, sincerità e mistificazione. Un film che Fellini non voleva più fare, quando ebbe, genialissimamente, l'intuizione: un film su un regista che voleva fare un film che non ricorda più. Non riusciva a vedere in faccia il protagonista, perchè -lo ammise solo a cose fatte e tanto tempo dopo- era lui. I suoi connotati spirituali, il suo universo sono quelli dell'italiano medio: l'educazione religiosa, i rapporti con le donne, le ambizioni attorno al lavoro.
Un pregio straordinario del film -qui c'è davvero unanimità- è il linguaggio, vi sono tutti gli stili possibili e qualcuno inventato per l'occasione, assieme a soluzioni da cinema d'avanguardia, come la solarizzazione della sequenza delle terme (grande è stato il contributo di Gianni di Venanzo alla fotografia con un bianco e nero semplicemente sbalorditivo), a rappresentare l'initerrotto flusso di coscienza del protagonista (ricordi/sogni/illusioni/realtà). Forse Fellini non giungerà più a questi livelli d'ispirazione, il film trabocca di colpi di genio, inventa continuamente. Flaiano lo voleva chiamare“La bella confusione”. Nell'intenzione dell'autore, doveva contenere tutto, tutti gli errori, come la vita.
Come “La dolce vita” allargava il discorso dal diario intimo all'affresco d'epoca; “Otto e mezzo” trasfigura i tormenti spirituali di Fellini nella crisi esistenziale dell'uomo moderno. Fellini continua quindi il discorso de “La dolce vita” (anzi, secondo alcuni il film andrebbe letto come se fosse antecedente all'altro capolavoro felliniano), ma come sarà per tutti i film successivi, dove l'aspetto del sogno finirà per dominare la realtà per aiutare semmai ad affrontarla, accetta di buon grado, stoicamente e con divertimento la vita (cioè tutti i personaggi veri, immaginati, ricordati, inventati, ritrovati, aspettati). “Otto e mezzo” rappresenta la magia della vita nell'arte e la magia dell'arte (non a caso il protagonista troverà la soluzione identificandosi col “mago”, il telepata, come uomo di spettacolo) nella vita.
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lucaguar
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giovedì 3 aprile 2014
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fellini re del cinema
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81/2 è un film che ha rappresentato una svolta epocale nella storia del cinema: mai nessuno prima di Fellini aveva saputo tramutare il ruolo di regista in quello di un pittore e il cinema in una tela, su cui dipingere tutte sfumature dell' enorme mistero della vita degli esseri umani.
O meglio, forse solo Bergman aveva saputo farlo, ma in modo molto diverso, anche se non mi addentro qui in pericolosi paragoni che potrebbero intorpidire la nostra capacità di apprezzare due dei più grandi colossi della storia del cinema: ognuno di loro ci ha donato qualcosa di veramente unico, teniamoli ben distinti e gustiamoceli entrambi, limitarli a giudizi oggettivi ed arbitrari sarebbe rinnegare la loro arte.
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81/2 è un film che ha rappresentato una svolta epocale nella storia del cinema: mai nessuno prima di Fellini aveva saputo tramutare il ruolo di regista in quello di un pittore e il cinema in una tela, su cui dipingere tutte sfumature dell' enorme mistero della vita degli esseri umani.
O meglio, forse solo Bergman aveva saputo farlo, ma in modo molto diverso, anche se non mi addentro qui in pericolosi paragoni che potrebbero intorpidire la nostra capacità di apprezzare due dei più grandi colossi della storia del cinema: ognuno di loro ci ha donato qualcosa di veramente unico, teniamoli ben distinti e gustiamoceli entrambi, limitarli a giudizi oggettivi ed arbitrari sarebbe rinnegare la loro arte.
Per tornare al film, è quasi superfluo dire che è stato il film italiano più straordinario mai realizzato. Nessuno prima di Fellini aveva avuto il lampo di genio di introdurre il cinema nel cinema, ma soprattutto nessuno aveva saputo letteralmente distruggere in modo così netto gli schemi narrativo/espressivi utilizzati nella settima arte fino a quel punto.
Questo film rappresenta davvero una spaccatura enorme non solo, come detto, nella storia del cinema ma nella stessa carriera di Fellini. 8 1/2 è infatti la pellicola che sancisce la fine del periodo post-neorealista del regista e che dà l’inizio al nuovo corso del cinema felliniano, brillante e di successo come il primo ma forse addirittura più acclamato e apprezzato, che a mio parere ha raggiunto il suo apice in “Amarcord”, e in cui si accentua sempre più il marchio di fabbrica di Fellini e in cui la “realtà onirica“ e la dimensione del ricordo e dell’immaginazione prendono sempre più piede.
8 1/2, anche se visto, come nel mio caso, cinquant'anni dopo la sua uscita, è un film veramente spiazzante: a prima vista non ho saputo giudicarlo, impegnato più a capire cosa fosse e cosa volesse dire ciò che avevo davanti che a pensare se mi piacesse o no.
Fellini in questo film geniale rende veramente indecifrabile il suo linguaggio filmico; verrebbe da definirlo, con termini letterari “ermetico”.
La vita di un importante regista, Guido Anselmi (cioè Fellini, ovviamente) è in un in una fase tormentata, in cui tutti i fantasmi del vivere lo stanno invadendo, e non riesce più a capire il senso della vita e dei suoi rapporti con gli altri, cadendo così in una crisi spirituale e di conseguenza espressiva (non si ricorda più che film vuole fare e se lo vuole fare) che sembra non aver fine; l’angoscia di vivere lo travolge e lui vuole sfuggire in tutti i modi dalla confusione che lo circonda, sempre più insopportabile per lui, che avrebbe bisogno di pace e silenzio per risolvere il suo tormento, così sembra rifugiarsi in se stesso e nella sua immaginazione. Ho detto “sembra” perché Fellini (ed è questa la cosa che, a mio parere, rende questo film uno dei migliori di tutti i tempi) non ci dà praticamente la mai la possibilità di capire il limite che divide la dimensione reale/fisica dalla dimensione immaginifica/onirica, questo perché il suo linguaggio è apparentemente verosimile: questo film è come acqua che non bagna, fuoco che non riscalda, esso è reale come forma, ma i contenuti sono onirici e simbolici.
Fellini non sembra più voler esprimere trame o raccontare storie ma solo raccontare emozioni, sogni ,ricordi, che non possono essere dichiarati tali altrimenti perderebbero il loro valore istintivo, autentico e spontaneo: ed è proprio questo che succede in 81/2; Fellini sembra dirci che la vita è continuamente sospesa tra sogno e realtà e che tracciare una linea tra questi due aspetti sarebbe irrealistico di per sé, e neanche il cinema deve, un volta dopo il “ciak”, uscire da questa logica.
81/2 è un film che ha rivoluzionato il modo di intendere il cinema: esso non è più qualcosa di esterno a noi, ma al contrario è un qualcosa che è in noi e che non possiamo più distinguere dalla nostra vita: esso è infatti la rappresentazione di sogni/realtà esattamente come la vita.
A questi aspetti si aggiungono altri elementi tipicamente Felliniani, come la rappresentazione teatrale, i caroselli, la confusione e la particolare attenzione all’universo femminile.
Impossibile poi non citare la colonna sonora, passata alla storia, di Nino Rota che rende 81/2 un capolavoro senza tempo.
81/2 è insomma un film che prende l’anima, anche se non di facile ed immediato approccio, soprattutto per chi non conosce Fellini e la sua particolarissima (e apprezzatissima, anche se secondo me solo a volte capita) poetica.
Sta di fatto che l’innovazione nello stile, la particolare storia che ne ha accompagnato la genesi (il film è praticamente l’autobiografia di un momento della vita di Fellini), e l’esplosione del regista riminese come re del cinema, fanno di 81/2 un film assolutamente unico, che ha ispirato generazioni di registi, che nella sua incredibile capacità di fondere in maniera così omogenea realtà e finzione non ha eguali nella storia del cinema.
Chapeau Fellini, qui in 81/2 è nato il vero genio.
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jacopo b98
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mercoledì 25 settembre 2013
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il più bel film italiano di sempre
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Guido (Mastroianni), regista in crisi con un film da fare, mentre è a Roma per le riprese ha l’occasione di riflettere sul matrimonio con la moglie Luisa (Aimée), sul rapporto con l’amante Carla (Milo), ecc. Comprende il senso di vuoto e di disperazione della sua vita e il fallimento della sua esistenza. Ma forse c’è ancora una possibilità di rimediare al fallimento. Capolavoro assoluto di Fellini, forse il miglior film italiano di sempre, considerato tra i vertici assoluti della cinematografia mondiale: La masturbazione di un genio diceva Dino Buzzati. Scritto da Fellini con Ennio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi, da un soggetto dei primi due; è un’autobiografia romanzata del più grande regista italiano di sempre, visivamente eccezionale, grazie a scenografie (Piero Gherardi) e costumi ai limiti della perfezione, un fotografia eccellente (Gianni di Venanzo) e alle musiche di Nino Rota (memorabile la marcetta finale).
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Guido (Mastroianni), regista in crisi con un film da fare, mentre è a Roma per le riprese ha l’occasione di riflettere sul matrimonio con la moglie Luisa (Aimée), sul rapporto con l’amante Carla (Milo), ecc. Comprende il senso di vuoto e di disperazione della sua vita e il fallimento della sua esistenza. Ma forse c’è ancora una possibilità di rimediare al fallimento. Capolavoro assoluto di Fellini, forse il miglior film italiano di sempre, considerato tra i vertici assoluti della cinematografia mondiale: La masturbazione di un genio diceva Dino Buzzati. Scritto da Fellini con Ennio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi, da un soggetto dei primi due; è un’autobiografia romanzata del più grande regista italiano di sempre, visivamente eccezionale, grazie a scenografie (Piero Gherardi) e costumi ai limiti della perfezione, un fotografia eccellente (Gianni di Venanzo) e alle musiche di Nino Rota (memorabile la marcetta finale). È la raccolta di una vita di passioni ed eccessi. La creazione più fantasiosa e stupefacente di un bambino mai cresciuto. Grottesco, ai limiti del surreale, interpretato da un Mastroianni eccezionale e da due attrici, la Aimée e la Milo assolutamente straordinarie. È l’antologia del cinema felliniano. Un capolavoro all’altezza della sua fama e uno dei migliori film di sempre. Due Oscar, miglior film straniero e costumi, su cinque nomination (tra cui miglior regia); sette nastri d’argento: regista del miglior film, produzione, attrice non protagonista (Milo), soggetto, sceneggiatura, fotografia e colonna sonora.
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luca scial�
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mercoledì 6 agosto 2014
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primo film visionario di fellini
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Primo film visionario di Fellini, dopo il neorealismo portato avanti fin dagli esordi con film straordinari. Fa conoscere al pubblico i retroscena del girare un film e lo fa per primo rispetto ai suoi colleghi. E, sempre per primo, mette cinematograficamente a nudo la figura del regista (il protagonista è Guido Anselmi, interpretato da Mastroianni), ponendo sotto i riflettori i suoi limiti, le sue insicurezze, i suoi dubbi. Il non saper gestire la propria vita privata con tutte le ripercussioni che ciò comporta sulla vita professionale. Al punto da rischiare di far saltare un film. Ma evidenzia il mondo del cinema in generale, in particolare, quello delle attrici, tra loro in concorrenza, ipocrite, o al dramma quando sono messe da parte.
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Primo film visionario di Fellini, dopo il neorealismo portato avanti fin dagli esordi con film straordinari. Fa conoscere al pubblico i retroscena del girare un film e lo fa per primo rispetto ai suoi colleghi. E, sempre per primo, mette cinematograficamente a nudo la figura del regista (il protagonista è Guido Anselmi, interpretato da Mastroianni), ponendo sotto i riflettori i suoi limiti, le sue insicurezze, i suoi dubbi. Il non saper gestire la propria vita privata con tutte le ripercussioni che ciò comporta sulla vita professionale. Al punto da rischiare di far saltare un film. Ma evidenzia il mondo del cinema in generale, in particolare, quello delle attrici, tra loro in concorrenza, ipocrite, o al dramma quando sono messe da parte. Ma lo stesso vale per gli attori (si pensi alla figura di Carocchia). In fondo, però, è lo stesso Fellini a mettersi a nudo, forse uscito più fragile dal grande successo de La dolce vita.
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