Anomalo legal thriller del ’61 di John Frankenheimer incentrato sul dramma introspettivo del pubblico ministero, interpretato da Burt Lancaster, affiancato nelle indagini da un cinico poliziotto, l’esordiente Telly Savalas, nello stesso ruolo che lo renderà celebre dieci anni dopo con Kojak, piuttosto che sui tre giovani delinquenti di una gang di italiani a processo per l’omicidio di un loro coetaneo appartenente a una banda rivale di portoricani. Al tema della lotta interiore nell’animo del protagonista tra l’ambizione personale di far carriera e l’amore per la verità, ossia la volontà di determinare le vere responsabilità di ciascuno dei tre imputati, si alterna quello della denuncia sociale della condizione di abbandono e di emarginazione in cui sono costrette a vivere le nuove generazioni di immigrati. Il film è l’occasione per Frankenheimer, regista di orientamento progressista e all’epoca grande sostenitore dei Kennedy, per pronunciare una violenta requisitoria contro le ingiustizie sociali da cui si origina la criminalità minorile e contro l’atteggiamento bigotto e repressivo della cosiddetta gente perbene che crede che la galera risolva la questione. Il tema minore del ritorno al passato del protagonista, che, nato e cresciuto in uno dei quartieri più poveri della città e di origine italiana, è riuscito tuttavia a riscattarsi grazie allo studio, è valorizzato dall’interpretazione di Shelley Winters nella duplice veste di una sua ex fidanzata un po’ nostalgica, rimasta invece in quel quartiere sposando poi un balordo, e di madre affranta di uno dei tre assassini.
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