
Titolo originale | Hwanghae |
Anno | 2011 |
Genere | Thriller |
Produzione | Corea del sud, USA, Hong Kong |
Durata | 136 minuti |
Regia di | Na Hong-jin |
Attori | Ha Jung-woo, Kim Yun-seok, Jo Sung-Ha, Lee Cheol-Min, Kwak Byung-Kyu Lim Yeo-Won, Tak Sung-Eun, Kim Ki-Hwan, Ki Se-Hyung, Kim Ji-Hyun, Oh Yoon-Hong, Jeong Man-sik, Jung Min-Sung. |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 16 ottobre 2014
Ku-Nam, tassista, disperato per i troppi debiti, decide di accettare un delicato incarico: deve uccidere un uomo. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Asian Film Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Gu-nam fa il tassista a Yanji ed è un Joseonjok, ossia un sino-coreano che parla entrambe le lingue, sostanzialmente visto come uno straniero dai primi e come uno schiavo dai secondi. Gu-nam deve infatti ripagare un debito enorme, contratto in seguito all'acquisto di un visto da parte della moglie, tornata in Corea. Approfittando della sua disperazione, il sordido Myun Jung-hak gli propone un modo per riappropriarsi della sua libertà: tornare in Corea per uccidere un uomo. Per Gu-nam si presenta l'occasione duplice di affrancarsi e di ritrovare la moglie.
Trainata dalla maestria dei Kim Jee-woon e Ryu Seung-wan, capaci di esportare il thriller-noir sudcoreano come un autentico manufatto di eccellenza in festival europei o nordamericani, una nuova leva di registi si fa largo a cavallo tra i primi due decenni del terzo millennio. Come per ogni buon discepolo la missione è la medesima: superare il maestro. Come farlo? Naturalmente alzando ulteriormente l'asticella del filmabile, spingendosi laddove nessuno aveva ancora osato. È stato così per Lee Jeong-beom con The Man from Nowhere e per Na Hang-jin con The Chaser, indimenticabile caccia a un diabolico serial killer. Proprio Na Hang-jin ritorna con The Yellow Sea, mostrando fin dalle prime inquadrature che le ambizioni sono cresciute: prima che il massacro abbia inizio, ossia per quasi metà film, quella che va in scena è la meticolosa e voyeuristica rappresentazione di un'umanità dimenticata da pagine di storia e rotocalchi delle news. Esseri umani ridotti a schiavi o a cani rabbiosi, per pagare colpe o ripagare debiti, in una terra di nessuno all'incrocio tra Corea del Nord, Cina e Russia. Gu-nam è uno di loro, ha messo a repentaglio tutto per amore e, accecato dalla gelosia, si infila nel più intricato e pericoloso dei pasticci. Finché non comincia a scorrere il sangue e la macchina da presa impazzisce, come un'incontrollabile shakey cam. Come in The Chaser ritorna il tema del doppio, con uno scambio di ruoli - eroe e villain - tra i due attori principali: Ha Jung-woo e l'ottimo Kim Yoon-seok. Al secondo tocca il ruolo di Myun Jung-hak, nemesi di Gu-nam e insieme suo simile, macchina di morte armata di accetta spacca-crani che non esita ad affrontare anche la più indicibile delle prove pur di raggiungere il suo obiettivo. A cercare di fermare i due uomini-belva un manipolo di poliziotti - qui ancora più idioti e autolesionisti del già basso standard proprio del noir sudcoreano - e i gangster al soldo di Kim Tae-won, damerini armati che nulla possono di fronte a chi nelle braccia della morte ha dormito per una vita intera. L'escalation di morte si protrae per ben due ore e mezza (qualcosa meno nella versione internazionale transitata a Cannes) di fronte alle acque silenziose e severe del Mar Giallo, spettatore e giudice dell'affanno di un'umanità in balia dei propri istinti primari, ignara della stessa esistenza di termini come "civiltà" e "speranza".