
Titolo originale | Fekete pont |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Ungheria |
Durata | 119 minuti |
Regia di | Bálint Szimler |
Attori | Paul Mátis, Anna Mészöly, Inez Mátis, Gábor Ferenczi, Lökös Ildikó László Nádasi (II). |
Tag | Da vedere 2024 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 gennaio 2025
Due anti-eroi in una scuola che è anche metafora dell'intera Ungheria.
CONSIGLIATO SÌ
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Palkó è un bambino di dieci anni che, provenendo da Berlino, entra in una quinta classe a Budapest. Abituato a una maggiore libertà, fatica ad accettare i ritmi imposti nella nuova scuola. Chi cerca di comprenderlo e di aiutarlo è un'insegnante di Lingua nuova arrivata che adotta metodi di insegnamento in parte diversi da quelli tradizionali. Per entrambi la vita nell'istituzione scolastica non sarà facile.
Il regista nella sua opera prima rivive, almeno in parte, quanto accadutogli nella realtà.
Bálint Szimler nel 1996, all'età di nove anni, ha lasciato con la famiglia gli Stati Uniti per raggiungere l'Ungheria. Ricorda che all'epoca il gap si fece sentire in modo molto acuto e da lì ha preso spunto per questo film che vuole riflettere sulla scuola e su come essa finisca con il rappresentare la società e prefigurare le relazioni future di coloro che in essa stanno apprendendo a rapportarsi con gli altri.
Il suo è un ritratto della realtà in cui la presa di posizione è netta (il titolo ungherese è traducibile come "Il punto nero"). L'ambiente scolastico in cui ci chiede di rimanere per le due ore di durata del film (il massimo degli esterni è dato dal cortile) non consente un respiro aperto a chi ci vive. Né se è bambino né se è un adulto illuminato o, perlomeno, non rassegnato a come vanno le cose. C'è una metafora molto significativa nel film: c'è una finestra che si è rotta e il docente di Arti e mestieri si impegna per cercare una soluzione. Gli ostacoli che gli vengono anteposti non sono solo quelli di ordine burocratico (che comunque non mancano) ma anche quelli della non volontà da parte di chi una soluzione, seppur provvisoria, potrebbe trovarla.
Sul piano educativo poi la messa in parallelo di due figure, quella del nuovo alunno e quella della giovane insegnante di recente assunzione, contribuiscono a una lettura che è, ovviamente, legata alla società magiara ma che, in più di una situazione, va al di là di quei confini.
Ci sono diverse scene in cui chi ha insegnato e tuttora insegna e chi frequenta l'istituzione scolastica come genitore può fare dei paragoni e trarre le proprie valutazioni. Quanto l'uscire dal seminato tradizionale pur continuando a svolgere la propria attività di docente può venire accettato? Quanto l'esporsi in difesa dei più deboli può avvenire senza conseguenze? Quanto il perseguire il proprio 'particulare' (cioè quello della propria prole) può finire con l'umiliare chi non riesce a tenere il passo magari anche sul versante economico?
La scelta registica di non mostrarci mai ciò che accade nelle case ma di conservare lo sguardo circoscritto all'area scolastica si rivela vincente perché, oltre ad offrire a tratti un senso di effettiva chiusura anche sul piano architettonico, ci ricorda che in quella realtà, in qualsiasi parte del mondo si viva, si formano delle relazioni, delle gerarchie e delle letture della vita che risentono ovviamente delle differenti condizioni familiari ma che anche su di esse riverberano quanto lì viene vissuto.
Palkó è un bambino di dieci anni che, provenendo da Berlino, entra in una quinta classe a Budapest. Abituato a una maggiore libertà, fatica ad accettare i ritmi imposti nella nuova scuola. Chi cerca di comprenderlo e di aiutarlo è un’insegnante di Lingua nuova arrivata che adotta metodi di insegnamento in parte diversi da quelli tradizionali. Per entrambi la vita nell’istituzione scolastica non sarà facile. Il regista nella sua opera prima rivive, almeno in parte, quanto accadutogli nella realtà.
Bálint Szimler nel 1996, all’età di nove anni, ha lasciato con la famiglia gli Stati Uniti per raggiungere l’Ungheria.
Ricorda che all’epoca il gap si fece sentire in modo molto acuto e da lì ha preso spunto per questo film che vuole riflettere sulla scuola e su come essa finisca con il rappresentare la società e prefigurare le relazioni future di coloro che in essa stanno apprendendo a rapportarsi con gli altri.