Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore
“Infiniti sono gli aspetti splendidi e umili, tristi e gioiosi dei vicoli partenopei”: in queste parole che si leggevano all’inizio di L’oro di Napoli (1954) c’era l’immagine tradizionale della città. Con Cesare Zavattini e Giuseppe Marotta, Vittorio De Sica non se ne temeva la retorica. Nel film, proseguiva la scritta, si troveranno i segni “di quell’amore di vita, di quella pazienza e di quella continua speranza che sono l’oro di Napoli”. Ora, dopo quasi mezzo secolo, Antonio Capuano e Tonino Taiuti (cosceneggiatore) aprono il loro film avvertendoci che al cinema, talvolta, l’oro non è che argento, e forse solo polvere. [...]
di Roberto Escobar, articolo completo (4954 caratteri spazi inclusi) su Il Sole-24 Ore Domenica 21 Giugno 1998