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Senza la Bellezza, scriveva Dostoevskij, l'umanità è perduta. Ciò che sgomenta maggiormente di questo film algido, perfetto nelle forme, ammaliante e repellente ad un tempo, è la precisione con cui racconta la più grande tragedia della contemporaneità: la perdita della capacità di tollerare la bellezza, la spinta consumistica ad appropriarsene, a svilirla, a contaminarla in ogni modo, fosse anche solo attraverso la trappola antica dello specchio e di Narciso, un mondo dove nessuno, in una logica mortifera che identifica godimento, possesso e distruzione, è piu in grado di incontrare nessun altro, né tantomeno di desiderare alcunché. In questo vuoto assoluto, l'unico personaggio a conservare qualche tratto di umanità, il giovane fotografo che timidamente cerca davvero di incontrare la protagonista, viene presto liquidato sull'altare dell'apparenza e del puro, infinito consumo di ogni cosa. L'altare del demone del neon.
Per il resto, che dire: immagini ipersature che stordiscono per potenza visiva e onirica, sequenze allucinatorie lentissime, una parte finale realmente terrificante per crudezza e irrimediabilità. Non è sicuramente un film di facile accesso, ma non potrebbe essere diversamente per lo specchio di questi nostri tempi dove tutto sembra un diritto e a portata di mano, e dove forse non siamo mai stati così distanti da noi stessi.
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