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Metonimia o eccezione?di robroma66Feedback: 3301 | altri commenti e recensioni di robroma66 |
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venerdì 12 febbraio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
San Calisto è un bar trasteverino sopravvissuto alle mode. Il documentario ne ricostruisce l'anima e la storia. L'anima è trasversale perchè c'è di tutto: popolare (gente del quartiere, per la verità quasi estinta), turistica, intellettuale. La storia affonda almeno nella prima metà del '900 (licenza n. 69): la prima gestione a memoria di vivente risale al 1938. Da un lato è un ritratto di Roma -e dunque dipinge la parte per il tutto, è metonimia-, dall'altro è il ritratto di una Roma antropologicamente sparita e ormai rappresenta un'eccezione al contesto. Anche la storia della città è tratteggiata attraverso la rude galleria dei personaggi e delle loro testimonianze. Un'umanità pittoresca e romantica ma anche un ambiente crudele, chiuso, di clan, come traspare dal racconto di Peter Berling che assistette a uno scippo di un'anziana, denunciò ai carabinieri -consentendo la cattura degli scippatori- e appena si allontanò da casa, per le vacanze natalizie, gli andarono a mettere a soqquadro l'appartamento. Salvo spiegarli che la ragione dell'incursione in casa sua risiedeva nel suo "tradimento".
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