Cani di paglia |
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Un film di Rod Lurie.
Con Laz Alonso, Alexander Skarsgård, James Marsden, Kate Bosworth.
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Titolo originale Straw Dogs.
Drammatico,
durata 110 min.
- USA 2011.
- Sony Pictures Italia
MYMONETRO
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Quei rabbiosi cani di paglia
di Stefano ParianiFeedback: 3453 | altri commenti e recensioni di Stefano Pariani |
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giovedì 25 ottobre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Con il remake del film di Sam Peckinpah, datato 1971, capiamo finalmente il significato di "cani di paglia". Erano quei cani realizzati in paglia che venivano offerti agli dei ed adorati negli antichi rituali cinesi; quando poi non servivano più, venivano buttati via e calpestati. E' la stessa cosa che accade ad alcuni abitanti di una piccola cittadina rurale del Sud degli Stati Uniti, un tempo celebri giocatori di football, centro dell'attenzione di tutto il paese, e poi anonimi uomini dalle esistenze annoiate e mediocri. Quando in paese torna la bionda e corteggiatissima Amy (Kate Bosworth), ormai diventata un'attrice famosa, insieme al marito David (James Mardsen), in un sottile crescendo di tensioni prende vita un incubo disturbante e claustrofobico. La coppia dei giovani sposi suscita da subito invidie: lei è ancora oggetto del desiderio di molti e in particolare dell'ex fidanzato Charlie (Alexander Skarsgard), lui è un brillante sceneggiatore, ricco, colto e dalle buone maniere. Niente di più irritante per i rozzi abitanti del paese, che faranno precipitare la situazione con comportamenti ambigui, provocazioni e infine con la violenza più barbara e truce. Le buone maniere di David cesseranno progressivamente fino a trasformarsi in violenza contro la violenza. Il regista Rod Lurie aveva già dato buona prova di sè qualche anno fa come bravo direttore di attori con "The contender" (2000) e "Il castello" (2001), pellicole dallo stile classico e dall'ispirazione liberal. Di fronte al remake di un celebre film, aggiorna alcuni elementi, sposta l'ambientazione dall'Inghilterra agli USA e dà più spessore alla figura femminile di Amy, ma non perde il senso di tensione e violenza dell'originale, fino alle allucinate scene finali. L'odio genera cieca violenza e l'uomo viene trascinato in questa spirale che si trasforma in una lotta per la sopravvivenza tra belve. Il cast, con il trio di belli, funziona, il Sud aggiunge quella tensione sessuale assente nell'originale, e la sceneggiatura, pur con qualche schematismo, regge dall'inizio alla fine.
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