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"La famiglia non è definita dalle relazioni di sangue ma da come i membri si prendono cura e si sostengono a vicenda." Hirokazu Koreeda - regista giapponese
Due bambine, sorridenti e divertite, sono sedute in bagno una di fronte all’altra. Una sul wc e l’altra su una sedia. È una foto che viene inquadrata in più occasioni durante il film, come ad “accompagnare” la storia raccontata.
Questo spirito di condivisione tra le due piccole amiche, così intimo e totale, ne custodisce l’anima, simboleggia quel sentimento di fratellanza che finirà per contagiare tutti, rivelandosi salvifico.
Ma andiamo con ordine. Melissa e Sabrina sono cresciute assieme e condividono tutto. Sono molto più che semplici amiche, anche da sposate hanno continuato a frequentarsi, in coppia con i rispettivi mariti, Alessandro e Giorgio. Ironia della sorte, hanno condiviso anche la prima gravidanza, Samuele e Michele sono nati lo stesso giorno.
Ma la tragedia incombe fatale sulla felicità delle due famiglie. Nella prima serata di “libertà” che le due amiche si concedono dopo il parto, lasciando a casa i mariti con i bambini, un drammatico incidente spezza le loro vite. Giorgio e Alessandro si ritrovano, tramortiti dal dolore e del tutto impreparati, a dover crescere i figli da soli. La via d’uscita sarà proprio lo spirito di quell’unione fraterna che univa Melissa e Sabrina. Sceglieranno di convivere e crescere assieme i due bambini, condividendo l’educazione e la quotidianità di Samuele e Michele, crescendoli come fratelli e vivendo loro stessi come fratelli.
Malgrado le inevitabili difficoltà, in questa strana famiglia i bambini crescono in armonia e felici, almeno finché l’equilibrio famigliare verrà rotto dall’entrata in scena di Noel, una collega di Alessandro, della quale finirà per innamorarsi.
Dopo l’esordio con Finché c’è prosecco c’è speranza e il successivo Il grande passo, entrambi pregevoli e riusciti, il regista trevigiano Antonio Padovan centra il bersaglio anche con la terza opera.
La storia di Giorgio e Alessandro e dei loro bambini viene raccontata con una sensibilità e una delicatezza assai rare nel cinema italiano. L’apparente leggerezza della narrazione, in realtà profonda e mai banale, unita ad una venata ironia, rendono la visione coinvolgente e toccante. Cogliere la profondità nella leggerezza, nella semplicità dello scorrere della vita quotidiana, come il cambio dei pannolini o le notti insonni, non è affatto facile. Padovan ci riesce brillantemente con una scrittura credibile e sincera, senza virtuosismi o battute ad effetto, e con una regia discreta, mai invadente, attenta a non scadere nel pietismo o nel melodramma. Ne risulta un film “gentile”, capace di arrivare al cuore degli spettatori con garbo e grazia, e di toccare corde profonde senza mai alzare i toni.
Indovinata la scelta di caratterizzare le due figure maschili senza stereotiparle su schemi patriarcali, oramai antiquati per le nuove generazioni. Giorgio e Alessandro ben rappresentano la complessità dei giovani padri contemporanei: affettuosi e sensibili quanto ansiosi e fragili, a volte persino goffi e impacciati.
Francesco Centorame e Pierpaolo Spollon, due tra i migliori attori dell’ultima generazione, risultano perfetti, affiatati e complementari nelle interpretazioni dei due genitori. Ma è l’insieme del cast a risultare vincente, con una narrazione corale e credibile da parte di tutti gli interpreti. Non si può non evidenziare la naturalezza e l’incredibile maturità espressiva dei due bambini, Noah Signorello e Giacomo Padovan, segno di un lavoro di casting di grande qualità. Persino nei ruoli minori, come quelli di Giuseppe Battiston, l’agente immobiliare, e di Roberto Citran, il nonno, il film regala piccole perle, alcune esilaranti. Del resto, un grande attore lascia il segno anche con poche battute.
Impeccabile la scelta di ambientare la storia a Treviso, mostrata con scorci poetici e inusuali, molto evocativi. Anche le scenografie e la scelta di costumi caldi e colorati contribuiscono a trasmettere quel calore famigliare che accompagna tutta la storia.
“Questo film – ha dichiarato il regista - parla di una famiglia nuova che nasce dal dolore, ma con dentro tanta dolcezza, speranza e voglia di guardare avanti. Ho amato questi protagonisti cresciuti troppo in fretta, costretti a diventare uomini prima del tempo, e ho cercato di raccontarli con la mia sensibilità”.
Con una storia di questo tipo sarebbe stato facile tirare in ballo le discriminazioni verso le famiglie non tradizionali o l’omogenitorialità, invece, Padovan sceglie la gentilezza e i sentimenti, senza proclami né manifesti ideologici. Ed ha ragione, Come fratelli arriva dritto al cuore e lascia molto di più il segno.
Alla fine, è difficile non riconoscere che Samuele e Michele si sentiranno per tutta la vita fratelli di un’unica (splendida) famiglia.
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