Ero in guerra ma non lo sapevo |
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Un film di Fabio Resinaro.
Con Francesco Montanari, Laura Chiatti, Juju Di Domenico, Alessandro Di Tocco.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 90 min.
- Italia 2022.
- 01 Distribution
uscita lunedì 24 gennaio 2022.
MYMONETRO
Ero in guerra ma non lo sapevo
valutazione media:
2,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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anni inconsapevolidi MAURIDALFeedback: 16436 | altri commenti e recensioni di MAURIDAL |
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lunedì 31 gennaio 2022 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La guerra in questione nel titolo, è quella combattuta negli anni settanta/ottanta in Italia e non solo, tra forze estremiste giovanili, gruppi politici, di destra e sinistra, tra forze dell’ordine ,servizi segreti, istituzioni pubbliche, poteri occulti , mafie insomma quegli anni stragisti di piombo che hanno segnato la storia e gli animi di una generazione con protagonisti morti uccisi o sacrificati per sempre . Niente male, tanta roba per un film soltanto. La regia è di un giovane regista Fabio Resinaro classe 1980 ,all’epoca dei fatti neonato, la sceneggiatura è di Mazzotta e Caporiccio che hanno tratto la storia dalla testimonianza di Alberto Torreggiani, figlio del protagonista uno dei veri personaggi della narrazione. Dunque una storia tratta da fatti realmente accaduti, a Milano 1979 il gioielliere Pierluigi Torreggiani viene ucciso da un gruppo di giovani capelloni barbuti, così rappresentati, e decritti come Proletari Armati Comunisti, che hanno giustiziato un nemico , il ricco gioielliere, che a sua volta aveva ucciso un uomo per difendersi durante una rapina. Intanto il film è realistico, usa un linguaggio immediatamente drammatico, poche citazioni, sonoro adeguato, recitazione molto vicina allo sceneggiato televisivo, del bravo protagonista l’attore Francesco Montanari, che con Laura Chiatti, mantengono alta l’attenzione sulla vicenda narrata , tutta incentrata sul personaggio tra pubblico e privato , del gioielliere visto come un emergente della nuova borghesia milanese dedita agli affari anche con i nuovi sistemi del commercio di gioielli con la televendita ,molto in voga in quegli anni. La diffusione e il successo crescente del personaggio Torreggiani ne fanno un bersaglio sia della malavita che dell’estremismo politico milanese , Il film dunque racconta della vita privata in famiglia ,di un tranquillo uomo , commerciante di gioielli , dedito al costante e infaticabile lavoro di bottega ,ma anche di un uomo coinvolto in una rapina al ristorante dove spara e uccide un rapinatore per difendere sua figlia minacciata a tavola con lui. Da quel momento in poi ,la vita privata di quest'uomo e della sua famiglia è sconvolta , viene additato come giustiziere e quindi posto sotto scorta dalla questura, l’uomo è anche un personaggio mediatico , i giornali escono con la sua storia e ne fanno un ulteriore vittima inconsapevole. Ecco la sintesi del film : un borghese in affari , lavora nella capitale del business a Milano, viene coinvolto suo malgrado in una trama di conflitti personali con la politica estremista, la malavita ,i mass media e anche l’ordine costituito, laddove si ribella alla scorta di poliziotti che lo seguono dovunque limitando le sue libertà. Una miscela esplosiva è il caso di dire per quest’uomo lontano dalla politica attiva ,ma intanto a suo modo un lavoratore , onesto ,al servizio del benessere e del lusso, ma di talento, uno riuscito nel suo mestiere.Dunque questo film vuole dimostrare , forse che la vita privata dell’uomo è sempre in connessione con la vita pubblica anche se la vuole ignorare, infine che le dinamiche sociali irrompono prima o poi nella vita di tutti , sconvolgendola. Per quanto riguarda l’aspetto politico narrato , la parola appropriata è una citazione di Indro Montanelli :«Intendiamoci, i delitti dei terroristi non si possono cancellare né tanto meno giustificare. E le loro condanne sono state più che giuste. Ma è il modo in cui le hanno scontate e continuano a scontarle che m'incute un certo rispetto. A differenza dei loro maestri e mandanti, che ancora oggi blaterano impuniti, un certo esame di coscienza almeno quei ragazzi se lo sono fatto. E molti si sono dissociati, cioè hanno riconosciuto l'inanità dei loro ideali. È stato un modo dignitoso di far sapere che sono consapevoli d'aver sognato un mondo impossibile e d'averlo perseguito attraverso strade impraticabili. [...] Per questo sostengo l'indulto, la grazia, l'amnistia. La formula non ha importanza. L'importante è riconoscere che la partita è chiusa. E a farla chiudere è stato soprattutto il modo in cui quella gente ha pagato[.* Mauridal.
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