Cléo dalle 5 alle 7 |
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Un film di Agnès Varda.
Con Eddie Constantine, Jean-Claude Brialy, Danièle Delorme, Corinne Marchand, Serge Korber
Titolo originale Cléo de 5 à 7.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
b/n
durata 85 min.
- Francia 1962.
- Cineteca di Bologna
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Ritratto di donna con orologio
di Paola Di GiuseppeFeedback: 25414 | altri commenti e recensioni di Paola Di Giuseppe |
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mercoledì 9 settembre 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ci sono film che invecchiano e altri no.Cleo è sempre contemporaneo. Il titolo segna il rapporto fra tempo cinematografico e tempo reale, la protagonista, Cleo (o Florence, come spiega sul tram al soldato che partirà l’indomani per l’Algeria) è un esemplare perfetto di personaggio diegetico, i 90 minuti, dalle cinque alle diciotto e trenta, quando si sa che in Francia sono le ore in cui gli amanti si incontrano, sono la scelta giusta, né mattino né sera, un frammento della giornata quando tutto è accaduto o deve ancora accadere. Ma può anche non accadere, due ore di stasi o di passaggio. Cleo invece qualcosa d’importante deve farla, incontrare il suo medico per un referto di analisi che si preannuncia minaccioso: cancro. Il medico arriverà, belloccio, frettoloso e sbrigativo, su decappottabile in partenza per il week end. Le dice che non c’è problema, un paio di mesi di cure appropriate e via. I tarocchi erano stati espliciti nella prima e unica sequenza a colori in apertura. La vecchia cartomante aveva scelto di essere evasiva, non poteva spaventare i clienti in sala d’attesa con una cliente in lacrime, e quasi l’ ha mandata via.Cleo è spaventata, ha oscuri presagi, ma ha dovuto aspettare quasi due ore per avere la certezza. L’ orologio reale sembra ticchettare insieme al suo, e nulla che non sia reale accade nel film.Varda fa scorrere il tempo come scorrerebbe quello di chiunque alle prese con un’attesa così angosciosa.Quell’ora e mezza è scandita in minuti e quarti d’ora, segnati da incontri e presenze di vario genere, brevi capitoli di una giornata qualsiasi. Ma non qualsiasi per Cleo che non riesce a star ferma, cammina senza meta, entra in case, se si siede al tavolo del bistrot si alza subito in preda ad agitazione motoria, stessa cosa al Parc Montsouris o nella saletta di proiezione dove ha guardato il corto con Godard e Anna Karina, ma è subito scappata via. Da casa, dove ha provato una canzone accompagnata al pianoforte, in preda ad una frenesia incontenibile ha trattato male tutti ed è fuggita. Entrata con la segretaria in una cappelleria, ha provato cappelli improponibili e ne ha comprato uno, invernale, ma siamo all’inizio dell’estate. Gli specchi hanno rimandato immagini in cui non si riconosce, le maschere si stanno dissolvendo, la bionda, la diva, l’oggetto del desiderio, ora è solo una malata. Chiaramente fuori fase, il pensiero della morte la insegue, le strade di Parigi sono piene di gente che sembra guardare solo lei, la donna volubile e capricciosa è al bivio, all’improvviso la vita l’ha messa alla prova e la reazione è smarrimento.
Non è una creatura eccezionale, Cleo. Piuttosto banale e insignificante è una cantante pop di poche pretese, una carriera senza qualità, un amore senza amore, Varda la fa muovere in una dimensione in cui i gesti, le parole, le persone e perfino i muri perdono i contorni reali, il tempo sembra raggrumato intorno al suo pensiero ossessivo. Ma quelle due ore in quel solstizio d’estate saranno indimenticabili, comunque finisca Cléo e Antoine hanno conquistato uno sguardo, il loro, oltre maschere e cliché, oltre gli specchi deformanti della vita.
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