Koudelka fotografa la Terra Santa |
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Un film di Gilad Baram.
Con Josef Koudelka, Gilad Baram, Abu Ali
Titolo originale Koudelka Shooting Holy Land.
Documentario,
Ratings: Kids+13,
durata 76 min.
- Germania, Repubblica ceca 2015.
- Lab 80 Film
uscita lunedì 2 ottobre 2017.
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L'insostenibile leggerezza della fotografia
di Paola Di GiuseppeFeedback: 25414 | altri commenti e recensioni di Paola Di Giuseppe |
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giovedì 2 aprile 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Parafrasando un famoso romanzo, qualche anno fa La Stampa così intitolava il reportage sulla mostra torinese di Josef Koudelka presso la Fondazione Merz dedicata alle sue immagini sul Piemonte in vista delle Olimpiadi invernali.In quell’occasione Koudelka (era il 2012) parlò di un lungo lavoro (sarebbe durato cinque anni) che ora è diventato il film dal titolo Koudelka fotografa la Terrasanta. “Ho titubato prima di accettare questo lavoro.So che la situazione laggiù è complicata e non volevo soffrire per gli uni o per gli altri. Per me il momento in cui scatto una fotografia è il momento dell’emozione, poi inizia il distacco. Per questo, tra l’altro, non mi interessa insegnare o dare lezioni sulla fotografia. Comunque, a patto di poter riprendere quello che voglio, ho accettato di andare in Terrasanta. E di raccontare il Muro che oggi divide Israele dai territori palestinesi. Credo che ci siano laggiù molti e grandi drammi umani, ma che si stiano compiendo anche dei crimini nei confronti del paesaggio”. “L'insostenibile leggerezza della fotografia” è l’ossimoro che si traduce in atto ogni volta che l’obiettivo è messo a fuoco e la realtà diventa immagine.E se la realtà è un muro, un filo spinato, una torretta di guardia con soldati a mitra spianato,un carro armato pieno di soldati russi o israeliani,una casa bombardata nei Territori e un arabo palestinese che non ha altro tetto sotto cui dormire,è sempre lo stesso ossimoro, la stessa insostenibile leggerezza. Bambini palestinesi che si affollano curiosi di guardare dentro il suo obiettivo,ragazzi di scuola israeliani guidati dal prof che spiega che giù c’è la tomba di Rachele ma che oggi non si può più vedere come una volta. “Il muro è una doppia prigione, i prigionieri stanno dall’una e dall’altra parte ” dice Koudelka, uomo sorridente, amabile, dalla battuta sempre pronta.Alto, dinoccolato, si muove con le sue macchine a tracolla e guarda,in silenzio,si avvicina alle barriere,viene allontanato dai soldati,si stende sotto il filo spinato e si punge un fianco,ma la foto che ne esce è una delle sue meraviglie:la città, Gerusalemme, sullo sfondo, e una rosa in primo piano che la incornicia tutta. Ma di filo spinato. Il suo è uno sguardo colmo di stupore enorme, insanabile, quello che prende nel vedere l’oscenità di pannelli di cemento messi in fila a distruggere il paesaggio. “ Merda – borbotta – come si fa a distruggere un paesaggio così bello con questa merda? “ Non è peregrino pensare al paesaggio, la natura è indifesa, bisogna pensarci, l’uomo può difendersi, lei no.
Il mondo conobbe la vergogna di Praga grazie a lui, e per questo fu costretto ad abbandonare patria e famiglia a vent’anni. Caduto il muro di Berlino, per Koudelka dopo tanti anni di esilio si riaprì la strada per Praga, ma nel suo immaginario il Muro è rimasto un non rimosso, qualcosa che lo spinge ancora con le sue macchine ad essere un testimone, per dire al resto del mondo che c’è un arbitrio, un orrore, un cannone puntato contro un albero.
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