pietro berti
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mercoledì 4 febbraio 2009
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racconto intimo e personale
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MAR NERO
Italia 2009, durata 1h e 35 min; Regia F. Bondi, distribuzione film Kairos con Ilaria Occhini, Corso Salani, Dorotea Petre;
Due donne, un’anziana signora e la sua badante rumena, vivono insieme in un appartamento a Firenze. La convivenza le farà conoscere meglio al punto da stringere un rapporto molto profondo. Mar Nero tratta di amicizia e di egoismo e le interpretazioni di Ilaria Occhini (grande attrice teatrale, che ha lavorato con Gasman, Ronconi e Visconti) e di Dorotea Petre danno al film un volto estremamente umano ed è interpretato in maniera magistrale. Esso si basa su elementi autobiografici del regista : Gemma (interpretata da Ilaria Occhini), infatti, è sua nonna (ora defunta) e Angela la sua badante.
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MAR NERO
Italia 2009, durata 1h e 35 min; Regia F. Bondi, distribuzione film Kairos con Ilaria Occhini, Corso Salani, Dorotea Petre;
Due donne, un’anziana signora e la sua badante rumena, vivono insieme in un appartamento a Firenze. La convivenza le farà conoscere meglio al punto da stringere un rapporto molto profondo. Mar Nero tratta di amicizia e di egoismo e le interpretazioni di Ilaria Occhini (grande attrice teatrale, che ha lavorato con Gasman, Ronconi e Visconti) e di Dorotea Petre danno al film un volto estremamente umano ed è interpretato in maniera magistrale. Esso si basa su elementi autobiografici del regista : Gemma (interpretata da Ilaria Occhini), infatti, è sua nonna (ora defunta) e Angela la sua badante. Due personaggi reali, dunque, per una storia che vuol far cambiare punto di vista al pubblico su ciò che vede quotidianamente senza arroganza ma con la semplicità del racconto estremamente intimo e personale
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antonella sensi
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venerdì 6 febbraio 2009
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tutto il mondo e' paese
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MAR NERO
E’un indubbio merito da attribuirsi ai film migliori quello che vi si possano offrire molteplici interpretazioni: merito ascrivibile a quei film che non concludono il loro senso quando si accendono le luci nella sala, ma che seguitano a lavorare nei nostri pensieri, si mescolano alle esperienze personali, in cui pascolano emozioni, accompagnano in riflessioni…
Così, come nel vaso di Pandora, senza negarsi né contraddirsi, ma forse integrandosi, abitano le interpretazioni più varie che si aggiungono forse, addirittura spesso, e in maniera inedita, agli intenti dell’autore. Insomma un bel film, così come una di quelle belle canzoni che perdurano nel tempo e accompagnano generazioni, si presta più di ogni altro alle personalizzazioni interpretative.
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MAR NERO
E’un indubbio merito da attribuirsi ai film migliori quello che vi si possano offrire molteplici interpretazioni: merito ascrivibile a quei film che non concludono il loro senso quando si accendono le luci nella sala, ma che seguitano a lavorare nei nostri pensieri, si mescolano alle esperienze personali, in cui pascolano emozioni, accompagnano in riflessioni…
Così, come nel vaso di Pandora, senza negarsi né contraddirsi, ma forse integrandosi, abitano le interpretazioni più varie che si aggiungono forse, addirittura spesso, e in maniera inedita, agli intenti dell’autore. Insomma un bel film, così come una di quelle belle canzoni che perdurano nel tempo e accompagnano generazioni, si presta più di ogni altro alle personalizzazioni interpretative.
Questa è la fortunata sorte che è toccata a “Mar Nero” lungometraggio di esordio del fiorentino Federico Bondi pluripremiato al recente festival di Locarno.
Allora, personalizzando, posso dire che questo è un film che racconta la scommessa, l’inalienabile scommessa insita nel cambiamento, cambiamento che come il nuovo è ineluttabile e che può essere agito solo dal nuovo.
Mi spiego meglio, sappiamo che questa è un’opera autobiografica e questo assunto rende particolarmente apprezzabile la sua grammatica narrativa che non concede niente al compiacimento: scarna, asciutta, essenziale, è, semmai, frammentata così proprio come lo sono i ricordi.
Così “Mar Nero” ci racconta la storia di un cambiamento toccando le tappe che nel ricordo del narratore ne costituiscono il percorso e la struttura senza temere la disomogeneità narrativa e il risultato che ne deriva è un racconto vaccinato dalla retorica da cui una storia del genere difficilmente può dirsi immune: si sa che la figura del “vecchio”, con la sua lunga storia e la sua inevitabile “inattualità”, è di per sé intrisa di retorica e se poi vi si aggiunge la figura di una giovane badante straniera e per di più dell’Est la frittata è fatta!
Ma qui la giovane Angela interpretata con magnifica ingenua spontaneità da Dorotheea Petre, già premiata a Cannes nel 2006, prende per mano l’anziana e scorbutica Gemma, una Occhini insuperabile, e la conduce al cambiamento con la forza esercitata dal nuovo che Angela all’interno della storia rappresenta: ce lo dice, con grande efficacia la scena in cui dall’interno dell’automobile scruta con i suoi occhioni neri (non li vediamo e per questo è bello immaginarli) la vita della quale entrerà a fare parte.
E’ proprio lei, e solo lei, giovane rumena di una Romania che nello svolgersi del film diventa Europa, che può ridare vitalità all’insito desiderio di cambiamento che ogni vita, foss’anche di quella di un’anziana vedova, indurita dalla vita e martoriata nel corpo dal dolore la cui origine resta nel mistero porta con sé. Solo lei a rappresentare la via, solo lei a condurre Gemma alla scommessa, al cambiamento… Mi conforta nell’esposizione di questa tesi e cioè che solo chi è nuovo può portare al nuovo… e questo non vale forse anche per la Romania, i cui emigranti vediamo festeggiare, che con la sua complessità etnica può concorrere a svecchiare l’Europa?
Certo nella scommessa c’è anche il rischio che va saputo correre… Di sicuro vi è riuscito Federico Bondi che con il suo “ Mar Nero”, che ondeggia fra una Firenze della periferia di Gavinana non tanto dissimile dalla Sulina di Angela forse a voler dire “ tutto il mondo è paese” o “… altro che Arno”, come sussurra piena di esaltata meraviglia Gemma solcando le acque del Danubio, ci regala un gioiellino di eleganza e sapidità e insieme una speranza perché la vita non è finita finchè ce n’è.
ANTONELLA SENSI
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fornari
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venerdì 19 settembre 2008
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la spontaneità di gemma in una grande opera prima
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Nella giorni che stiamo vivendo in cui i politici ci cullano nel sogno perpetuo
di una Italia ricca e felice che teme solo barbari
che vengono per rubare tutto il nostro oro (in particolare Rumeni e Albanesi),
questo è un film importante perché ci riporta intatta la vera quotidianità dell'oggi e ce la appoggia accanto al cuore.
Si vive da quasi-individualisti in piccole comunità, ridotte alle dimensioni di una strada o di uno sbiadito condominio, che ce la mettono tutta per tirare avanti con dignità e superando le inevitabili incomprensioni: comunità fatte di Italiani, Peruviani, Messicani, Albanesi, Senegalesi e Rumeni.
Ormai è molto difficile separare il grano dal loglio, riuscire a distinguere gli italiani 100% DOC da questo agrodolce brulichio di persone che fanno la spesa insieme a noi, che con noi parlano e che spesso entrano nelle nostre case come aiutanti (che siano badanti o collaboratori domestici).
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Nella giorni che stiamo vivendo in cui i politici ci cullano nel sogno perpetuo
di una Italia ricca e felice che teme solo barbari
che vengono per rubare tutto il nostro oro (in particolare Rumeni e Albanesi),
questo è un film importante perché ci riporta intatta la vera quotidianità dell'oggi e ce la appoggia accanto al cuore.
Si vive da quasi-individualisti in piccole comunità, ridotte alle dimensioni di una strada o di uno sbiadito condominio, che ce la mettono tutta per tirare avanti con dignità e superando le inevitabili incomprensioni: comunità fatte di Italiani, Peruviani, Messicani, Albanesi, Senegalesi e Rumeni.
Ormai è molto difficile separare il grano dal loglio, riuscire a distinguere gli italiani 100% DOC da questo agrodolce brulichio di persone che fanno la spesa insieme a noi, che con noi parlano e che spesso entrano nelle nostre case come aiutanti (che siano badanti o collaboratori domestici).
La storia di una signora che in un breve lasso di tempo si fa coinvolgere dalla vita e dalla gioventù della badante Rumena convince, in quanto semplicemente vera. Federico Bondi riesce a non imbrigliare la spontaneità di Ilaria Occhini
e anzi a dare libero sfogo a quella gestualità e a quel parlato del tutto genuino (e del tutto Fiorentino) che riesce a comunicarti la vitalità
e la determinazione del personaggio nonostante i dolori e le delusioni accumulate nel tempo. La signora Gemma è un personaggio che si mostra aspro, capace però di coltivare speranze, e per questo è capace di commuoverci.
La regia e la scenografia semplici e prive di ogni abbellimento hollywoodiano si attagliano bene ad una storia che si trasferisce repentinamente da un appartamento di Firenze alle strade polverose e mal acconcie della Romania, una terra che ci riporta indietro di almeno 40 anni, quando si vedevano ancora i contadini coi carretti ai margini delle città.
Nel passaggio da Firenze alla Romania la regia un poco soffre per via di un salto troppo drastico ed immediato da un luogo ad un altro ed ad un altro ancora, salto che ci fa desiderare che il prossimo film di Bondi sia sviluppato con un po' più di calma e con la possibilità di girare in più location per dare maggiore omogeneità e gradualità alla storia narrata.
La parte Rumena della pellicola ospita però alcune scene di grande spessore ed espressività ed è in questa parte del film che si svela - nella parola e nell'immagine - la speranza e la fiducia di Gemma, che si fonde con la nostra speranza di giovani di poter contribuire a ricostruire un futuro
che in questi anni ci è miseramente sfuggito dalle mani.
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stefano capasso
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domenica 30 ottobre 2016
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dal pregiudizo all'autenticità
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Angela ha lasciato il suo Villaggio sul Mar Nero in Romania per cercare fortuna in Italia. Il suo fidanzato è rimasto a lavorare lì per pochissimi soldi, ma lei è determinata a cambiare le prospettive della loro vita, vuole una famiglia. Finisce per fare la badante a Gemma, una anziana signora di Firenze, che vive sola e già scottata dall’esperienza con la badante precedente che le rubava i soldi. Per questa ragione Gemma non accoglie bene Angela accumunandola alla precedente esperienza. Ma poco a poco tra le due donne comincia a instaurarsi una relazione di solidarietà e affetto.
Mi è piaciuto questo film di Federico Biondi, dalle atmosfere rarefatte, silenzioso, che esplora con estrema delicatezza le due donne e il loro rapporto.
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Angela ha lasciato il suo Villaggio sul Mar Nero in Romania per cercare fortuna in Italia. Il suo fidanzato è rimasto a lavorare lì per pochissimi soldi, ma lei è determinata a cambiare le prospettive della loro vita, vuole una famiglia. Finisce per fare la badante a Gemma, una anziana signora di Firenze, che vive sola e già scottata dall’esperienza con la badante precedente che le rubava i soldi. Per questa ragione Gemma non accoglie bene Angela accumunandola alla precedente esperienza. Ma poco a poco tra le due donne comincia a instaurarsi una relazione di solidarietà e affetto.
Mi è piaciuto questo film di Federico Biondi, dalle atmosfere rarefatte, silenzioso, che esplora con estrema delicatezza le due donne e il loro rapporto. Rapporto che riesce a svincolarsi dal pregiudizio iniziale per divenire autentico e profondo quando si instaura una conoscenza reale. E’ molto bella la parabola affettiva che porta le protagoniste dall’iniziale rapporto di lavoro ad uno che è di fatto tra madre e figlia
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georges méliès
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lunedì 9 novembre 2020
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una storia semplice per un vero film d''autore
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Angela è sul treno che da Sulina, città della Romania, dove ha lasciato famiglia è amore, la porta a Firenze, dove ad aspettarla, o forse no, c'è Gemma( interpretata grandiosamente da Ilaria Occhini), un'anziana donna, da poco vedova e madre di un solo figlio, Enrico, che vive a Trieste con la moglie. Gemma, indurita nel carattere dalla vita, dai dolori e da un forte senso di solitudine, rifiuta la presenza della giovane badante, fino al punto di non voler imparare il suo nome. Angela le sembra lontana. Una lontananza non solo geografica e generazionale, ma anche e soprattutto culturalmente. Sono come le rive, parallele e, perciò destinate a non incortrarsi, del bel Danubio che appare in quellemagnifiche riprese in cui la prua della barca di Adrian (marito di Angela) lo solca mentre va a lavorare.
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Angela è sul treno che da Sulina, città della Romania, dove ha lasciato famiglia è amore, la porta a Firenze, dove ad aspettarla, o forse no, c'è Gemma( interpretata grandiosamente da Ilaria Occhini), un'anziana donna, da poco vedova e madre di un solo figlio, Enrico, che vive a Trieste con la moglie. Gemma, indurita nel carattere dalla vita, dai dolori e da un forte senso di solitudine, rifiuta la presenza della giovane badante, fino al punto di non voler imparare il suo nome. Angela le sembra lontana. Una lontananza non solo geografica e generazionale, ma anche e soprattutto culturalmente. Sono come le rive, parallele e, perciò destinate a non incortrarsi, del bel Danubio che appare in quellemagnifiche riprese in cui la prua della barca di Adrian (marito di Angela) lo solca mentre va a lavorare. O quando Angela gli telefona, gli racconta di sé e gli manda quei baci con lo schiocco, quei baci sottolineati che restano impressi soprattutto nel cuore. Ma le due rive parallele sono accarezzate dalle stesse acque, quelle della vita che regala sogni, speranze e paure. Il sogno di Angela è quello per cui un tempo Gemma ha lottato per dare a suo figlio una vita migliore della sua. La paura della solitudine, di doversi arrendere all'ormai di un tempo che passa. Il fiume però si tuffa con fiducia fra le braccia del mare e così le due donne si aprono l'una all'altra riuscendo a comunicare, a raccontarsi, ad accogliersi, a costruire un'amicizia. Perché l'amicizia e i sentimenti (dolcissima, toccantela scena in cui Gemma incontra il padre di Angela. Quanto dice lo sguardo dell'uomo!) hanno una lingua universale, comprensibile anche nei suoi silenzi. Il film d'esordio di Federico Bondi racconta una storia semplice, universale, poetica come la colonna sonora, suggestiva, d'atmosfera a volte malinconica, e soprattutto nelle immagini. Luigi Martinucci coglie, con profonda sensibilità, sempre la bellezza naturale dei luoghi, senza mai enfatizzare!, e si ferma sui particolari, su quei dettagli che raccontano più di mille parole. Un grande film, di quelli che solo il cinema italiano d'autore sa regalare.
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