mondolariano
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venerdì 10 giugno 2011
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italianissimo
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Se “Amarcord” dipinge la vecchia cultura popolare con un pizzico di surrealismo, “I vitelloni” centrano maggiormente l’attenzione sulla realtà del mondo giovanile, almeno secondo i canoni dell’arte di Fellini. Sempre sul filo del fantastico, infatti, dove i personaggi sono caricaturali e rispecchiano un costume italiano che più italiano non si può: i giovani trentenni aggrappati alla casa materna. Non che il fatto in sé sia negativo ma lo è il modo in cui lo vivono i vitelloni, disoccupati e costretti ad affogare il loro senso di inutilità nei divertimenti senza scopo, nelle feste di carnevale, nella vita godereccia che ruota intono alla noia più mortale, allo scorrere del tempo, all’inverno che prelude vaghe e incerte primavere.
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Se “Amarcord” dipinge la vecchia cultura popolare con un pizzico di surrealismo, “I vitelloni” centrano maggiormente l’attenzione sulla realtà del mondo giovanile, almeno secondo i canoni dell’arte di Fellini. Sempre sul filo del fantastico, infatti, dove i personaggi sono caricaturali e rispecchiano un costume italiano che più italiano non si può: i giovani trentenni aggrappati alla casa materna. Non che il fatto in sé sia negativo ma lo è il modo in cui lo vivono i vitelloni, disoccupati e costretti ad affogare il loro senso di inutilità nei divertimenti senza scopo, nelle feste di carnevale, nella vita godereccia che ruota intono alla noia più mortale, allo scorrere del tempo, all’inverno che prelude vaghe e incerte primavere. D’altra parte, se la gioventù tutta casa e famiglia è ancora molto attuale (oggi si chiamano “bamboccioni”), l’ingenuo provincialismo degli anni ‘50 è roba d’altri tempi, per non parlare dei castighi a base di botte e cinghiate o del candore esagerato della povera ragazza, ciò che colloca “I vitelloni” nel documento di un’Italia ormai scomparsa. Per contro, quando Alberto smaltisce i fumi dell’alcool sognando di imbarcarsi su una nave, abbiamo la scena più drammatica del film, dove il desiderio di evasione viene acuito dall’attualissima precarietà di un mondo privo di certezze.
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(di samanta)
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il cinefilo
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domenica 10 ottobre 2010
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rimini:la città dei ricordi
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TRAMA:La storia è ambientata a Rimini dove un allegro gruppo di uomini passa le sue giornate a bighellonare e senza lavorare...COMMENTO:Federico Fellini,con questo bellissimo film,ha voluto rendere omaggio(si dice che sia un opera di ispirazione autobiografica)alla sua città natale.
Il regista(anche sceneggiatore insieme a Ennio Flaiano)affronta il tema della difficolta della vita di tutti i giorni attraverso una storia di amicizia il cui perno si trova nel desiderio di non assumersi mai qualsivoglia responsabilità rimanendo,in questo modo,eterni"Peter Pan"incoscienti e senza futuro.
Gli attori sono bravissimi,l'impianto narrativo è eccellente e alcune sequenze fanno,meritatamente,un piccolo pezzo di storia del cinema italiano tra le quali quella in cui uno dei protagonisti(l'attore è Alberto Sordi)sbeffeggia i lavoratori sulla strada salvo poi ritrovarsi(giustamente)inseguito dagli stessi.
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great steven
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mercoledì 2 novembre 2016
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la vita scialba e gaudente di 5 eterni ragazzini.
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I VITELLONI (IT/FR, 1953) diretto da FEDERICO FELINI. Interpretato da ALBERTO SORDI, FRANCO FABRIZI, FRANCO INTERLENGHI, LEOPOLDO TRIESTE, RICCARDO FELLINI, LEONORA RUFFO, ACHILLE MAJERONI, PAOLA BORBONI, CARLO ROMANO
In una cittadina della riviera romagnola, campano alla meno peggio cinque ragazzacci che trascorrono il loro intero tempo fra scherzi, divertimenti, pettegolezzi di quartiere e ciarlatanerie della specie più pigra e indolente.
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I VITELLONI (IT/FR, 1953) diretto da FEDERICO FELINI. Interpretato da ALBERTO SORDI, FRANCO FABRIZI, FRANCO INTERLENGHI, LEOPOLDO TRIESTE, RICCARDO FELLINI, LEONORA RUFFO, ACHILLE MAJERONI, PAOLA BORBONI, CARLO ROMANO
In una cittadina della riviera romagnola, campano alla meno peggio cinque ragazzacci che trascorrono il loro intero tempo fra scherzi, divertimenti, pettegolezzi di quartiere e ciarlatanerie della specie più pigra e indolente. Ormai sulla soglia dell’età adulta, non pensano a crescere e preferiscono sollazzarsi il più possibile, invece che sistemarsi trovando un mestiere e impegnandosi in un’esistenza seria e laboriosa. Il gruppo è composto da: Alberto, punto nevralgico di fusione fra cattiveria e servilismo, appassionato di biliardo, perditempo inguaribile fra caffè e locali malfamati, che troverà un’occasione di divertimento felicemente fine a sé stesso nell’annuale festa di Carnevale che si tiene come sempre nel teatro comunale, ma che si vedrà pure abbandonato dalla sorella Olga, stanca di come il fratello tratti lei e la vecchia madre vedova con la consueta, infantile superficialità; Leopoldo, commediografo occhialuto a tempo perso, un po’ invaghito della querula e giovanissima vicina di casa, che proporrà un suo testo teatrale ad un vecchio e consumato attore che, più che alla commedia, sembra interessato al suo autore; Riccardo, ragazzone ben piantato con una voce squillante di cui fa sfoggio ogni anno in occasione dei festeggiamenti per l’elezione di Miss Sirena, che nel 1953 vede salire sul podio la graziosa e delicata Sandra; Moraldo, fratello di quest’ultima, il più giovane e introverso della combriccola, quello meno incline alle scelleratezze e a consumare i giorni senza rincorrere sogni e aspettative, l’unico che saprà, un certo giorno, prendere una risoluzione decisiva e andarsene in città prendendo il primo treno dell’alba; e infine Fausto, il vitellone a cui il film dedica il maggior spazio narrativo, campagnolo inurbato (come direbbe Francesco Guccini) e imborghesito, figlio di un padre violento ma saggio e con una sorellina molto più piccola di lui, che diverrà il cognato di Moraldo sposando Sandra dopo averla messa in gran segreto incinta, e dalla loro unione nascerà un bambino, per quanto Fausto, impiegato per qualche tempo in un negozio di statue il cui proprietario è un amico di suo suocero e successivamente licenziato per alcune avances perpetrate ai danni della moglie del padrone, faccia di tutto e quasi senza volontà propria per sfasciare le cose belle della sua famiglia, soprattutto tradendo ripetutamente la moglie con donne non proprio raccomandabili. Questo il contesto narrativo del secondo film e mezzo di Fellini, incentrato sulla sua infanzia nella Romagna che si stava lentamente affacciando al miracolo economico, ma ancora sperduta dietro a un’atmosfera di sogni disillusi e speranze giovanili coltivate ma mai realizzate nella loro ideale perfezione. Il regista riminese lo ha popolato di piccoli personaggi che imbastiscono una recitazione corale molto convincente, dando ampio sfogo e voce alle ambizioni di una generazione nel suo complesso, carica di rancori, delusioni e tristezze, ma anche di una voglia tutto sommato innocente e non esecrabile di non danneggiare nessuno, con l’intento anzi di vedere tutti contenti o quantomeno sereni. Magari evitando lo scoglio faticoso del lavoro, ma pur sempre inseguendo una speranza benefica che rendesse amici, parenti e conoscenti soddisfatti dei propri cari e non li spingesse giammai a ripudi, rifiuti, polemiche e abbandoni. Lo stile del regista non era ancora affinato come si dimostrò coi successivi capolavori che, al pari de I vitelloni, si imperniarono sull’infanzia onirica e densa di immagini superlative (Amarcord ed E la nave va su tutti), ma dopo l’esperienza individuale de Lo sceicco bianco (1952), il 33enne regista-sceneggiatore, oltre ad aver già collaudato un Sordi più che mai convinto e promettente, rivelò di possedere già le carte in regola per ritagliarsi un posto d’onore nella cinematografia nostrana ed estera, grazie ad un talento visionario davvero poco comune e perciò meravigliosamente invidiabile, e nella fattispecie per merito di una direzione che, pur non abbracciando minimamente la sobrietà, non scade mai nella sovrabbondanza né agguanta mai pretesti forzati per raffigurare un prodotto audiovisivo pregno di magnifiche sottigliezze, umori altalenanti, battute sarcastiche, messa in scena sagace, durata ragionata dei colpi di scena e calcolo quasi infinitesimale della tensione drammatica, pronta ad accumularsi in un cantuccio e, subito dopo, all’improvviso, esplodere nella sua completezza raggiante e straziante insieme, coadiuvata da una sceneggiatura eccellente (scritta insieme ad Ennio Flaiano, su soggetto pensato dai due insieme a Tullio Pinelli), capacissima di privilegiare i momenti omeostatici alternandoli agli intermezzi musicali e di squisita comicità, in coppia con la perizia innegabile e inesauribile dei suoi interpreti (ben di rado, in futuro, Fellini avrebbe potuto contare su un cast così affiatato e competente). I meriti di Sordi vanno ben al di là della famosa scena della pernacchia ai lavoratori della malta, in quanto all’epoca ci fu qualche critico poco lungimirante che lo ridimensionò così, mentre per quanto concerne gli altri attori non si possono che spendere parole di celebrazione e lode: un Trieste misurato e speranzoso (con la voce di Adolfo Geri) nel ruolo dello scrittore che sogna ad occhi aperti; R. Fellini (fratello del regista), un po’ in disparte, ma nei panni funzionali di un buontempone aperto alle amicizie; un Fabrizi (doppiato da Nino Manfredi) ormai consacrato nei suoi panni abituali e infallibili di latin lover un po’ sornione e vigliacco, fedifrago ma tutt’altro che malvagio o manipolatore; un Interlenghi timido, a briglia stretta e raziocinante, il solo che alla fine si decide a prendere il coraggio a quattro mani e affrontare a viso scoperto il destino. Ottimi anche i contributi di L. Ruffo, la bella e innocente Sandra, e del compianto doppiatore C. Romano (1908-1975, uno dei più rappresentativi della cosiddetta prima generazione del doppiaggio), che interpreta con puntiglio al vetriolo e simpatia eversiva il proprietario del negozio di articoli religiosi in cui Fausto presta per breve tempo servizio. Leone d’Argento alla 14° Mostra del Cinema di Venezia. Due nastri d’Argento alla cerimonia del 1954: regia e attore non protagonista (Sordi). Premiato giustamente da un successo di pubblico tutt’altro che modesto o titubante.
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luigi chierico
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martedì 2 dicembre 2014
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triste
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Dal cappello a cilindro Sky ha tirato fuori un capolavoro del secolo scorso, prodotto oltre 60 anni fa,8 anni dopo la fine di una tremenda guerra che ha visto l’Italia divisa prima tra Monarchia o Repubblica e dopo tra DC e PCI,proponendolo coraggiosamente a generazioni nate fuori da quell’epoca. Un film però sfida il tempo, è come un quadro del cinquecento apprezzabile “Ieri,oggi,domani”. Se così non fosse sarebbe inutile vedere “Quo vadis” o “Ben Hur” per disprezzarli perché roba d’altri tempi. Ancor più tutti i bellissimi,indimenticabili capolavori di Ingmar Bergman,valga uno per tutti:“Il settimo sigillo”.
“I vitelloni”,girato dal regista Federico Fellini all’inizio della carriera,costellata di successi da oscar e leoni d’oro e d’argento,osannati a Cannes,rimane ancora un magnifico film,a prescinderne dal comprenderne atteggiamenti, comportamenti, gesti che si appartennero a quella generazione che aveva vissuto gli orrori ed i sacrifici di un conflitto fuori e dentro l’Italia.
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Dal cappello a cilindro Sky ha tirato fuori un capolavoro del secolo scorso, prodotto oltre 60 anni fa,8 anni dopo la fine di una tremenda guerra che ha visto l’Italia divisa prima tra Monarchia o Repubblica e dopo tra DC e PCI,proponendolo coraggiosamente a generazioni nate fuori da quell’epoca. Un film però sfida il tempo, è come un quadro del cinquecento apprezzabile “Ieri,oggi,domani”. Se così non fosse sarebbe inutile vedere “Quo vadis” o “Ben Hur” per disprezzarli perché roba d’altri tempi. Ancor più tutti i bellissimi,indimenticabili capolavori di Ingmar Bergman,valga uno per tutti:“Il settimo sigillo”.
“I vitelloni”,girato dal regista Federico Fellini all’inizio della carriera,costellata di successi da oscar e leoni d’oro e d’argento,osannati a Cannes,rimane ancora un magnifico film,a prescinderne dal comprenderne atteggiamenti, comportamenti, gesti che si appartennero a quella generazione che aveva vissuto gli orrori ed i sacrifici di un conflitto fuori e dentro l’Italia. Non c’è tempo che non conosca i giocherelloni,vedi ad esempio “Amici miei” girato nel 1975,venti anni dopo.I cinque amici vitelloni sono diventati quattro,questa la differenza.Incontriamo tra le strade deserte Alberto,già grandissimo Sordi,Fausto,un bellimbusto Franco Fabrizi,che si porterà dietro questo personaggio(“Il bidone”,“La romane”,“Le amiche”),il romantico Franchi Interlenghi,romantico anche quando 2 anni dopo “Gli innamorati” sposò Antonella Lualdi,e l’originale intellettuale Leopoldo, Leopoldo Trieste e il giocatore Riccardo,Riccardo Fellini. Figura femminile la deliziosa Leonora Ruffo nella parte Sandra Rubini di sorella di Ubaldo e moglie di Fausto.
Qualificare questo film tra il genere “comico” è un errore inqualificabile da vero sprovveduto.C’è poco da ridere,è un film di costume. Dietro gli scherzi e le banalità di questi giovani uomini verso la trentina si nasconde tanta malinconia,tanta tristezza.C’è la desolazione di ragazzi mal cresciuti,bighelloni che vivono alla giornata, sognando un avvenire ed un lavoro che non cercano, sono i fuori-corso,i bellimbusti che vanno in cerca d’avventura.Lo sfottò di Alberto ai lavoratori,con un gesto passato alla storia,si ritorce a suo danno,non è possibile deridere chi lavorando,come sua sorella,ci tiene in vita e ci consente di toglierci i capricci.
Il film offre, al di là delle vicende umane di questi tristi e malinconici personaggi, una notevole quantità di immagini significative che il regista alla sua maniera le coglie rendendole suggestive.Sono riprese in bianco e nero molto belle,ad esempio:l’angelo in legno affidato ad un pover’ uomo che con le mani al cielo lo imita,due angeli in una sola immagine,come Alberto mascherato che osserva una maschera in cartapesta, chi dei due volti è la vera maschera? Alberto passa,da una festa all’epoca attesa tutto un anno,il carnevale al pianto.Poter ballare,dare sfogo agli scherzi,alle conquiste,ai drammi di chi è nella solitudine,come per la mamma e la sorella di Alberto che alla fine della pagliacciata sembra dire come Canio “..la commedia è finita” mentre ”Tutti lo seguono grandi e ragazzi e ognuno applaude ai motti,ai lazzi”. E’ un film in cui c’è da ridere? E’ la vita di una cittadina di provincia della quale in fondo si ha nostalgia. Oggi gli scapoloni,tanti,tantissimi di tutte le età si divertono con il mondo intero con gli SMS,attraverso facebook e,purtroppo,giocando con i sentimenti dei malcapitati destinatari delle loro sciocche e cattive intenzioni.
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elgatoloco
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sabato 3 settembre 2016
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vitelloni d'un tempo
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"Vitelloni"sembra sia termine in voga a Pescara(in effetti il film è stato scritto con Fellini da Ennio Flajano, pescarese), per designare giovani, ma non più ragazzini, nullafacenti", "scioperati"(brutta espressione di origine politica non certo"neutra"), che corrono dietro a tutte le donne, ma non sono cattivi, anzi arrivano a commuoversi, a piangere etc.I"vitelloni"qui descritti da Federico Fellini, con elementi anche fortemente autobiografici(c'è qualche scarsissimo elemento romagnolo, ma soprattutto s'intravvede qualche scorcio riminese e della riviera adriatico-romagnolo, pur se il film è stato girato soprattutto altrove), sono irripetibili, ossia collocati in un tempo preciso(il secondo dopoguerra, con il timidissimo"boom"del tempo), non sono"bad boys"o altro.
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"Vitelloni"sembra sia termine in voga a Pescara(in effetti il film è stato scritto con Fellini da Ennio Flajano, pescarese), per designare giovani, ma non più ragazzini, nullafacenti", "scioperati"(brutta espressione di origine politica non certo"neutra"), che corrono dietro a tutte le donne, ma non sono cattivi, anzi arrivano a commuoversi, a piangere etc.I"vitelloni"qui descritti da Federico Fellini, con elementi anche fortemente autobiografici(c'è qualche scarsissimo elemento romagnolo, ma soprattutto s'intravvede qualche scorcio riminese e della riviera adriatico-romagnolo, pur se il film è stato girato soprattutto altrove), sono irripetibili, ossia collocati in un tempo preciso(il secondo dopoguerra, con il timidissimo"boom"del tempo), non sono"bad boys"o altro. Film che rivaluta-riscopre il Carnevale come grande festa popolare(oggi non più esistente)e anche il varietà, due"archetipi"per Fellini, non a caso junghiano, anche se molto a modo suo, con alcune sequenze travolgenti, quelli relativi alla passeggiata sulla spiaggia dei vitelloni e quelli della quasi-"violenza"(solo un approccio, ma ambiguo e inquietante, in realtà) usata a Leopoldo, lo scrittore del gruppo, da parte del capocomico famoso capitato nella cittadina, quella del tentato furto della statua di un angelo, poi squarci che hanno valore di simbolo assolutamente non "decifrabile"(idem era per Bunuel, dove critici in cerca di gloria ma anche seri semiologi presero sonore cantonate), come la corsa dei preti sulla spiaggia, poi...tante cose, ancora. "In girum imus nocte et consumimur igni"(vaghiamo di notte e veniamo consumati dal fuoco), il verso medievale famoso(attribuito ai"Carmina burana"ma piuttosto"peritestuale")rende bene lo spirito di questo film assolutamente triste, anzi tristissimo(anche la comicità ne"I Vitelloni"e forse in tutto Fellini ha un pendant profondamente triste, legato alla morte), da cui tutti escono delusi, scontenti, tristi, per vari motivi(Leopoldo l'intellettuale per la delusione artistica, tutti gli altri per la loro vita, quasi"fallita"). Disperante, quasi, questi"Vitelloni", in un'epoca nella quale la"riterritorializzazione"(sposarsi, avere famiglia, avere soddisfazioni professionali). Interpreti eccelsi tutti, da Franco Interlenghi(Moraldo)a Sordi(Alberto)a Riccardo(RIccardo Fellini, fratello del regista, altrimenti poco visto, ritengo)a Franco Fabrizi, al citato Leopoldo Trieste, anche nella vita drammaturgo, non solo attore. Quasi un'anticipazione, certo alla lontana, de"La dolce vita". El gato
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eugen
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martedì 31 ottobre 2023
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grande film, come noto
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Scritto da Fellini insieme a Ennio Flaiano e a Tullio Pinelli, da lui ovviamente diretto, "I Vitelloni"(1953), che e'il film preferito in assoltuo da Stanley Kubrick contine elementi fantastico-onirici pur in un clima di narrazione apparentemente del"reale", gia' all'inizio con la festa di fine setate, la nomina di "Miss Sirena", con la premiata che si sente male perch'eincinta e il temporale che chiude l'estate e il tempo della vacanza(siamo al mare, Rimini, anche se il film e'stato realizzato tra Roma, Firenze, Ostia e Viterbo), ma anche la fascinazione per la statua dell'angeo e'ida leggere n questo quadro semantico, come anche il famoso ballo di carnevale che inizia con un bello generalizzato sulla musica di "Je cherche la Titine"di chapliniana memoria, finendo con Sordi(interprete del personaggio di Alberto)ubriaco per disperazione(la sorella che lavora e'legata con un ukmo sposato con cui scappera' abbracciato a una statua di cartone , per non dire del finale, che e'un r'eyour a'l'orde con il playboy, che torna dalla moglie da cui ha avuto un bambino, forse opera dell'autocensura di contro a una censura all0epoca ferocisisma,, ma proposta in modo decisamente nuovo e "fellinaino"(ca va sans dire)dove la disperata ricerca della sposa sembra andare verso il"nulla".
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Scritto da Fellini insieme a Ennio Flaiano e a Tullio Pinelli, da lui ovviamente diretto, "I Vitelloni"(1953), che e'il film preferito in assoltuo da Stanley Kubrick contine elementi fantastico-onirici pur in un clima di narrazione apparentemente del"reale", gia' all'inizio con la festa di fine setate, la nomina di "Miss Sirena", con la premiata che si sente male perch'eincinta e il temporale che chiude l'estate e il tempo della vacanza(siamo al mare, Rimini, anche se il film e'stato realizzato tra Roma, Firenze, Ostia e Viterbo), ma anche la fascinazione per la statua dell'angeo e'ida leggere n questo quadro semantico, come anche il famoso ballo di carnevale che inizia con un bello generalizzato sulla musica di "Je cherche la Titine"di chapliniana memoria, finendo con Sordi(interprete del personaggio di Alberto)ubriaco per disperazione(la sorella che lavora e'legata con un ukmo sposato con cui scappera' abbracciato a una statua di cartone , per non dire del finale, che e'un r'eyour a'l'orde con il playboy, che torna dalla moglie da cui ha avuto un bambino, forse opera dell'autocensura di contro a una censura all0epoca ferocisisma,, ma proposta in modo decisamente nuovo e "fellinaino"(ca va sans dire)dove la disperata ricerca della sposa sembra andare verso il"nulla". Fellini si dicharava piu'junghiano che freudiano, ma alcun e sequenze del film, decisamente"audaci"per l'epoca, sembrano proprendere, piu'che per l'influenza di Freud, per quella di certi freudiani(Reich, direi, ma non solo): Sordi straordinario, Frenco Interlegghi come inteprree di Moraldo, il piu'problematico dei vitelloni, Franco Fabrizi il playboy e Riccardo Felljni, il giocatore. Gli altri(le altre, ottimi/e, sono fatalmente in ruoli minori, dove rimane famosa la scena di"Lavoratori..", con il braccio "inframmezzato", fatto da Sordi. Eugen
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fabio1957
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mercoledì 8 luglio 2015
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veramente notevole
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Fellini non si discute,si ama.Certo i suoi non sono tutti capolavori,ma questo film sicuramente si può considerare tra i migliori.La provincia da cui il regista proveniva è raccontata in modo magistrale.Le sue lentezze,la sua monotonia,la sua sonnolenza, sono le caratteristiche di un mondo piccolo,dove il tempo sembra si sia fermato e dove tutto resta uguale ,ogni giorno.Sordi ubriaco dopo la festa di Carnevale è una maschera che non si dimentica, come la pernacchia regalata ai lavoratori, che subito la vendicano a botta di forconi sguaiati o lo smarrimento e la malcelata codardia di Fabrizi, quando scopre che la fidanzata è incinta.
Veramente notevole
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luca scial�
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venerdì 7 febbraio 2014
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gioventù bruciata all'italiana
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Cinque amici ventenni passano le giornate tra scherzetti adolescenziali, abbordaggi mai riusciti a ragazze, la paranoia dettata dal vivere in un paesino in provincia di Roma e famiglie con propri problemi che loro evitano sistematicamente di affrontare. Le loro vite però vengono scosse da imprevisti: la ragazza di Fausto, sorella di Moraldo rimane incinta; la sorella di Alberto, che aiutava economicamente in casa sopperendo alla sua infantilità, scappa con un uomo sposato; Leopoldo, che sogna di fare il commediografo, ha una grande occasione con un attore di teatro. Eppure, neanche queste scosse sembrano scuoterli dalla loro sindrome da Peter Pan. Eccetto a uno, il più insospettabile.
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Cinque amici ventenni passano le giornate tra scherzetti adolescenziali, abbordaggi mai riusciti a ragazze, la paranoia dettata dal vivere in un paesino in provincia di Roma e famiglie con propri problemi che loro evitano sistematicamente di affrontare. Le loro vite però vengono scosse da imprevisti: la ragazza di Fausto, sorella di Moraldo rimane incinta; la sorella di Alberto, che aiutava economicamente in casa sopperendo alla sua infantilità, scappa con un uomo sposato; Leopoldo, che sogna di fare il commediografo, ha una grande occasione con un attore di teatro. Eppure, neanche queste scosse sembrano scuoterli dalla loro sindrome da Peter Pan. Eccetto a uno, il più insospettabile...
Secondo film per Federico Fellini, che mette da parte quel pizzico di fantasia intravisto ne Lo sceicco bianco e che contraddistinguerà parte della sua filmografia, per dare maggiore risalto a quel neorealismo che caratterizzerà tutte le sue pellicole degli anni '50. In questo film si intravedono sprazzi nostalgici della sua adolescenza, si anticipa il tema della scarsa voglia di maturare ripreso più nettamente da Monicelli in Amici miei, si affronta la questione della generazione frivola successiva a quella del dopoguerra affrontata anche da Antonioni ne I vinti.
Il treno diventa metafora di salvezza da un paesino che offre solo noie e illusioni. Il personaggio che spicca di più è quello interpretato da Alberto Sordi, Alberto: patetico e ridicolmente immaturo. Leone d'argento a Venezia.
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