gianni lucini
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giovedì 30 agosto 2012
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il secondo e ultimo western di squitieri
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All’epoca dell’uscita questo film venne avvicinato a Soldato blu e tacciato di essere una sorta di stanca ripetizione nel solco della moda “revisionista” degli indiani buoni e dei bianchi cattivi. A distanza di anni va in parte recuperato. Si tratta del secondo western diretto da Pasquale Squitieri dopo l’inaspettato buon successo di Django sfida Sartana, girato con pochi soldi sulle colline laziali nel 1970, un anno un po’ complicato per un debuttante perché il genere comincia a dare i primi segni di stanchezza evidenziato da un sensibile calo di produzioni e, soprattutto, da una minor indulgenza del pubblico sempre meno disposto a premiare storie che difettano d’originalità.
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All’epoca dell’uscita questo film venne avvicinato a Soldato blu e tacciato di essere una sorta di stanca ripetizione nel solco della moda “revisionista” degli indiani buoni e dei bianchi cattivi. A distanza di anni va in parte recuperato. Si tratta del secondo western diretto da Pasquale Squitieri dopo l’inaspettato buon successo di Django sfida Sartana, girato con pochi soldi sulle colline laziali nel 1970, un anno un po’ complicato per un debuttante perché il genere comincia a dare i primi segni di stanchezza evidenziato da un sensibile calo di produzioni e, soprattutto, da una minor indulgenza del pubblico sempre meno disposto a premiare storie che difettano d’originalità. Le difficoltà, però, non spaventano un tipo deciso come Squitieri che, con lo pseudonimo di William Redford scrive, sceneggia, dirige e monta un lungometraggio che mette a confronto due icone dell’epopea del western all’italiana. Non è una sfida da poco, ma lui ce la fa. Il film ottiene un buon successo nelle sale e l’anno dopo lui torna sulle strade del western con un’altra storia dalle caratteristiche inusuali. Si intitola La vendetta è un piatto che si serve freddo e racconta una sordida storia di massacri a sfondo razziale sposando le tesi di chi, anche negli Stati Uniti, sta iniziando a dare spazio al punto di vista dei nativi americani. La sua esperienza nel western all’italiana finisce qui, ma i due lungometraggi sono sufficienti a lasciare un segno nell’epopea di quel genere. Realizzato con cura questo secondo western di Squitieri è decisamente originale per il ruolo rivestito dagli indiani, solitamente relegati al ruolo di comprimari quando non del tutto assenti dai western di casa nostra.
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joefederer
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giovedì 25 agosto 2011
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grande film
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a parere di mio suocero è il film della sua vita....
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nico
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sabato 29 dicembre 2007
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smettetela!!!!!!
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ma la vogliamo smettere di parlare di questo western come di un bel film che dopo i 15 minuti iniziali discreti diventa uno dei piu ridicoli irritanti sciatti western italiani da appassionato mi astengo nel considerarlo bello o esiste un altro film e sto sbagliando io o siete impazziti tutti la battaglia finale l avrei girata meglio io quindi che state a dì....Già dimenticavo scusate state rivalutando tutto lo spaghetti western addirittura sento dire che demofilo fidani a fatto bei film in questo genere e che giarrettiera colt,il terzo giorno arrivò il corvo sono dei capolavori,allora questo western di squitieri passerà alla storia come il western più bello mai realizzato.BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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massimiliano m. collalti
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giovedì 4 ottobre 2007
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la vendetta è un piatto che si serve freddo.
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Ho visto questo film durante la rassegna western inaugurata a Venezia. Squitieri è sicuramente precursore in tutte le sue geniali trovate. Per la prima volta un bianco si allea con gli indiani per vendicare la sua famiglia. Film veloce pungente e simpatico allo stesso tempo. Il vecchio west è feroce con i deboli e il regista crea un piccolo giustiziere. Non mancano le figure ironiche come il vecchio medico.
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