eugen
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venerdì 8 settembre 2023
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notevole, espressione del periodo storico
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Gli "anni di piombo", dove la crininalita¿' politica si legava molto spesso a quella comune, e'ben espressa da questo film di Giuliano Montaldo, "Il mgiocattolo"(1979, scrittto da Montaldo con Sergio DOnati e Nino Manfredi, 1979) . Un impiegato romano, invitato a Milano da un suo conoscente imbroglione, che lo incarica di provvedere ai suoi loschi trafficii(di cui il protaognista e'praticamanete ignaro), si trova a dover fare i conti con una realta'"incredibile", rimanendo ferito durante l'irruzione di un gruppo di rapinatori in un supermarket. Si arma, diventa amico di un poliziotto, che pero'muore quando in un ristorante deve fronteggiare un pregiudicato che vuole vendicarsi.
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Gli "anni di piombo", dove la crininalita¿' politica si legava molto spesso a quella comune, e'ben espressa da questo film di Giuliano Montaldo, "Il mgiocattolo"(1979, scrittto da Montaldo con Sergio DOnati e Nino Manfredi, 1979) . Un impiegato romano, invitato a Milano da un suo conoscente imbroglione, che lo incarica di provvedere ai suoi loschi trafficii(di cui il protaognista e'praticamanete ignaro), si trova a dover fare i conti con una realta'"incredibile", rimanendo ferito durante l'irruzione di un gruppo di rapinatori in un supermarket. Si arma, diventa amico di un poliziotto, che pero'muore quando in un ristorante deve fronteggiare un pregiudicato che vuole vendicarsi. IN seguito, come testimone, e'oggetto di continue minacce e rappresaglie, ma durante un"confronto finale"riesce a uccidere i suoi persecutori. Intanto la moglie, di salute cagionevole, peggiora, Lui cede alla tentazione della figlia del suo datore di lavoro, sempre in rotta con il padre, che poi lo licenzia avendo appreso della sua relazione occasionale con la figlia. Vorrebbe uccidere il suo "antagonista", ma la moglie, volendolo dissuadere dall'azione, lo uccide , Moriraa' "tranquillamente disperato"(ossimoro voluto e descirvente la situazione). Film, che probabilmente non e'il milgliore tra le opere del compianto Giuliano Montaglo, ma rende pienamemente(pur nelll'estremizzazione d rar ammatica necessaria nel e al cinema), "il gicocattolo"(dove il ritolo si riferisce al revolver", prolungamento fallico", come direbbe un freudiano ortodossamente radicale, e'comunque effiace espressione drammatica dei suoi tempi, con momenti quaasi"teatrali"alternati a scene d'azione necessarie allo sviluppo dellla vicenda. Efficacissimi Nino Manfredi, nella parte del "timido"protagonista, Arnoldo Foa'quale suo datore di lavoro e finale nemico, Pamela Villoresi, figlia del"maggiorente ibroglione", Vittorio Mezzogiorno, il polizioto amico del protagonista e v ari altri interpreti anche come caratterisit. Eugen
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benedetti
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giovedì 21 maggio 2020
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ottimo film, grande manfredi
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belissimo film, tocca vari argomenti, amicizia, amore, paura, personalità...vedere Nino Manfredi in azione è come andare a trovare uno zio importante..sempre ironico e profondo, serio e così divertente. La scena in cui la moglie di Vittorio dice al nuovo amico del marito speriamo non sia la solita amicizia "di passaggio", per noi è un momento di altissimo contenuto emotivo e personale..bravi tutti, immenso Nino.
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francesco
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martedì 19 maggio 2020
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nuovo finale
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Mi è sembrato improponibile il finale. Niente happy end ma neppure l'assoluzione piena del "cattivo ". Non avrei fatto consegnare i documenti in nero dal protagonista all'avvocato del " padrone ", ma li avrei fatti occultare presso parecchi notai in modo di tenere sulle spine il boss a vita. Rientrato nella ditta, alle sue tracotanti rimostranze, avrei chiesto di essere reintegrato con tutti gli onori e oneri finanziari e, visto che nel film c'erano stati riferimenti ai western di S.Leone non solo nelle musiche di Morricone, gli avrei ricordato il Buono il Brutto e il Cattivo quando nel deserto il Buono dice al Brutto la famosa frase:"dormirò sonni tranquilli dal momento che sarà il mio peggior nemico a vegliare su di me ".
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giovanni
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lunedì 18 maggio 2020
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pessimismo atroce
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Peggio di una tragedia greca, peggio del pessimismo di Zola o Verga, peggio di un sogno dell'Apocalisse di Giovanni... e chi più ne ha più ne metta.
Però, al di là del giudizio etico, il film è coinvolgente e innegabilmente bello. Vale la pena di rivederlo in TV a distanza di trenta anni e di meditare sulla tesi pessimistica di Giuliano Montaldo. Chissà se il regista novantenne è ancora così dissacrante e distruttivo?
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woody62
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domenica 1 marzo 2020
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non giocate con quel "giocattolo"
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Un grande Nino Manfredi disegna in modo mirabile il vortice drammatico nel quale il mite ragionier Barletta sprofonda dopo essere rimasto ferito in una rapina al supermercato. La sceneggiatura di Giuliano Montaldo (anche regista), Donati e Manfredi, affronta il tema caldo – in quei mesi del 1979 scossi dal terrorismo e dalla delinquenza – della tutela del cittadino, del miraggio dell'autodifesa affidata a porto d'armi e pistola. Barletta, grazie anche all'amicizia con un poliziotto (Vittorio Mezzogiorno) ucciso davanti ai suoi occhi nel tentativo di arrestare un malvivente in pizzeria, cede alla tentazione di farsi giustizia da solo, forte di un talenti innato per il tiro.
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Un grande Nino Manfredi disegna in modo mirabile il vortice drammatico nel quale il mite ragionier Barletta sprofonda dopo essere rimasto ferito in una rapina al supermercato. La sceneggiatura di Giuliano Montaldo (anche regista), Donati e Manfredi, affronta il tema caldo – in quei mesi del 1979 scossi dal terrorismo e dalla delinquenza – della tutela del cittadino, del miraggio dell'autodifesa affidata a porto d'armi e pistola. Barletta, grazie anche all'amicizia con un poliziotto (Vittorio Mezzogiorno) ucciso davanti ai suoi occhi nel tentativo di arrestare un malvivente in pizzeria, cede alla tentazione di farsi giustizia da solo, forte di un talenti innato per il tiro. Ma la vicenda personale del protagonista, aggravata dalle delusioni del suo lavoro presso un presunto amico, lo spregiudicato affarista Griffo (il mitico Arnoldo Foà), e dalle incomprensioni e insoddisfazioni familiari con la moglie Ada, minata da un grave male, finisce per condurlo ad una ossessione vendicatoria che gli sarà fatale. Il messaggio di Montaldo è chiaro: non è con quel "giocattolo" che il cittadino può sperare di risolvere il problema. Il film ricorda in un paio di occasioni opere leggermente antecedenti: il gusto quasi sadico nel ferimento dei malviventi riporta all'odio cieco di Sordi nel “Borghese piccolo piccolo” di Monicelli (1977), mentre la scena finale della vestizione con le armi ha molto in comune con De Niro in “Taxi driver” di Scorsese (1976). Da segnalare la bella interpretazione di una giovane Pamela Villoresi, nella parte della figlia ricca e viziata di Griffo. Lei stessa ancora ricorda Manfredi come un caro maestro, prezioso per la sua crescita come attrice di cinema. In ultima analisi un film apprezzabile con qualche passaggio un po' lento nella prima parte.
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cinefilo_80
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venerdì 2 agosto 2019
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un borghese piccolo piccolo secondo montaldo
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Perla di Giuliano Montaldo (il regista del kolossal anni Ottanta 'Marco Polo', per capirci), ingiustamente dimenticato e attualissimo ancora oggi. Peraltro offre una delle migliori interpretazioni drammatiche di Manfredi, oltre a quella superba di pochi anni prima di 'Brutti sporchi e cattivi'. C'è molta confusione in rete riguardo le location e curiosità.
Il film non è ambientato a Milano come molti affermano ma, tolta una sequenza girata di fronte allo stadio di San Siro e nonostante lo stesso Mario Brega sia doppiato in lombardo, è girato totalmente a Roma incluso un periferico e desolante Viale della Serenissima (la sequenza in cui i due fanno jogging) pochi anni prima della costruzione del ponte.
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Perla di Giuliano Montaldo (il regista del kolossal anni Ottanta 'Marco Polo', per capirci), ingiustamente dimenticato e attualissimo ancora oggi. Peraltro offre una delle migliori interpretazioni drammatiche di Manfredi, oltre a quella superba di pochi anni prima di 'Brutti sporchi e cattivi'. C'è molta confusione in rete riguardo le location e curiosità.
Il film non è ambientato a Milano come molti affermano ma, tolta una sequenza girata di fronte allo stadio di San Siro e nonostante lo stesso Mario Brega sia doppiato in lombardo, è girato totalmente a Roma incluso un periferico e desolante Viale della Serenissima (la sequenza in cui i due fanno jogging) pochi anni prima della costruzione del ponte. Poi ci sono scene a San Vittore, al Testaccio (la casa del protagonista) e molto altro ancora. Musiche come sempre splendide di Ennio Morricone, perfettamente a tema e fotografia volutamente fredda.
Sembra peraltro che Manfredi discusse con Montaldo riguardo la conclusione del film. La risposta italiana perfetta al Bronson di 'Dead wish' ('Il giustiziere della notte') uscito cinque anni prima e a parer mio decisamente superiore e di rara tensione narrativa. Nastro d'argento a Vittorio Mezzogiorno per la miglior interpretazione non protagonista. Prodotto da Sergio Leone al quale va una citazione di 'Per qualche dollaro in più' nella sequenza dello spogliatoio.
Un piccolo capolavoro da rivalutare.
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parsifal
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sabato 5 maggio 2018
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armi e paura
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G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso.
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G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso. Dopo essere stato ferito , durante una rapina al supermercato in cui si trovava insieme alla moglie Ada (M. Jobert) , giunge lentamente alla conclusione che la soluzione ai suoi problemi, lavorativi ed esistenziali sta nell’acquisire dimestichezza con le armi, avere il passaporto ed acquistare una pistola, per affrontare in prima persona il crimine dilagante in quegli anni. Durante il percorso riabilitativo, nella palestra in cui si allena , incontra Sauro ( V. Mezzogiorno) , un agente di polizia di provata esperienza e di grande umanità. Tra i due nascerà una grande amicizia. Sauro tenterà inizialmente di dissuadere Vittorio dall’ acquisto tanto desiderato, ma poi sarà proprio lui a regalare all’amico l’arma dei suoi sogni. Lo porterà con sé al poligono ed insieme scopriranno un innato talento per qualcosa che sino a poco tempo prima per Vittorio era solo un miraggio lontano. La realtà lo metterà duramente alla prova; all’entrata di un ristorante i due amici vedono un pericoloso criminale seduto in sala. Ne nasce una sparatoria. Sauro avrà la peggio e Vittorio ucciderà il malvivente. L’episodio ne farà l’uomo del giorno e l’esposizione mediatica lo renderà ancora più inviso alla malavita che inizierà a perseguitarlo giorno e notte. Sino al momento in cui gli tenderanno un agguato, avendo la peggio, ma senza conseguenze letali. Vittorio finirà in carcere con l’accusa di eccesso di legittima difesa. Dopo un breve periodo tornerà a casa, ma nulla sarà come prima. Griffo lo lascerà in congedo per non avere noie, manderà un suo emissario a ritirare la contabilità in nero e dopo aver saputo che sua figlia Patrizia ( P. Villoresi) per puro capriccio ha avuto un’avventura con lui, lo cancellerà in malo modo dalla sua vita, pur dovendogli gran parte della sua fortuna. Ada la moglie si trova in gravi condizioni di salute e non manca molto alla sua dipartita. Lasciato solo, sull’orlo dell’ossessione, pervaso da mille dubbi ed incertezze, dovrà constatare che la sua vita non lo condotto dove avrebbe voluto . Finale decisamente amaro ed imprevedibile. Montaldo affrontò un tema estremamente scottante quanto delicato, in un momento storico in cui il paese era pervaso da tensioni politiche e sociali ed il fenomeno della criminalità organizzata in continua espansione e lo fece in maniera analitica e senza alcuna retorica.
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giovedì 3 maggio 2018
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paura e ossessione
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G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso.
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G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso. Dopo essere stato ferito , durante una rapina al supermercato in cui si trovava insieme alla moglie Ada (M. Jobert) , giunge lentamente alla conclusione che la soluzione ai suoi problemi, lavorativi ed esistenziali sta nell’acquisire dimestichezza con le armi, avere il passaporto ed acquistare una pistola, per affrontare in prima persona il crimine dilagante in quegli anni. Durante il percorso riabilitativo, nella palestra in cui si allena , incontra Sauro ( V. Mezzogiorno) , un agente di polizia di provata esperienza e di grande umanità. Tra i due nascerà una grande amicizia. Sauro tenterà inizialmente di dissuadere Vittorio dall’ acquisto tanto desiderato, ma poi sarà proprio lui a regalare all’amico l’arma dei suoi sogni. Lo porterà con sé al poligono ed insieme scopriranno un innato talento per qualcosa che sino a poco tempo prima per Vittorio era solo un miraggio lontano. La realtà lo metterà duramente alla prova; all’entrata di un ristorante i due amici vedono un pericoloso criminale seduto in sala. Ne nasce una sparatoria. Sauro avrà la peggio e Vittorio ucciderà il malvivente. L’episodio ne farà l’uomo del giorno e l’esposizione mediatica lo renderà ancora più inviso alla malavita che inizierà a perseguitarlo giorno e notte. Sino al momento in cui gli tenderanno un agguato, avendo la peggio, ma senza conseguenze letali. Vittorio finirà in carcere con l’accusa di eccesso di legittima difesa. Dopo un breve periodo tornerà a casa, ma nulla sarà come prima. Griffo lo lascerà in congedo per non avere noie, manderà un suo emissario a ritirare la contabilità in nero e dopo aver saputo che sua figlia Patrizia ( P. Villoresi) per puro capriccio ha avuto un’avventura con lui, lo cancellerà in malo modo dalla sua vita, pur dovendogli gran parte della sua fortuna. Ada la moglie si trova in gravi condizioni di salute e non manca molto alla sua dipartita. Lasciato solo, sull’orlo dell’ossessione, pervaso da mille dubbi ed incertezze, dovrà constatare che la sua vita non lo condotto dove avrebbe voluto . Finale decisamente amaro ed imprevedibile. Montaldo affrontò un tema estremamente scottante quanto delicato, in un momento storico in cui il paese era pervaso da tensioni politiche e sociali ed il fenomeno della criminalità organizzata in continua espansione e lo fece in maniera analitica e senza alcuna retorica.
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parsifal
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giovedì 3 maggio 2018
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giochi pericolosi
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IL GIOCATTOLO
G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso.
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IL GIOCATTOLO
G. Montaldo, regista ed autore impegnato da sempre, nel 1979, insieme a Donati e Nino Manfredi( al quale venne assegnato il ruolo del protagonista) scrisse la sceneggiatura di questa pellicola che può essere inserita nel filone delle commedie nere del cinema italiano. Il protagonista è Vittorio Barletta, ragioniere di notevole talento ed esperienza che presta servizio presso il suo ( sedicente) amico Nicola Griffo ( grandioso A. Foà), imprenditore e finanziere con pochi scrupoli e molto avido. Oltre a tenere i rendiconti dei bilanci in nero ( ovviamente segreti) Vittorio prende parte personalmente ai trasferimenti di ingenti somme dalla sede dell’azienda all’agenzia bancaria, con tutte le conseguenze del caso. Dopo essere stato ferito , durante una rapina al supermercato in cui si trovava insieme alla moglie Ada (M. Jobert) , giunge lentamente alla conclusione che la soluzione ai suoi problemi, lavorativi ed esistenziali sta nell’acquisire dimestichezza con le armi, avere il passaporto ed acquistare una pistola, per affrontare in prima persona il crimine dilagante in quegli anni. Durante il percorso riabilitativo, nella palestra in cui si allena , incontra Sauro ( V. Mezzogiorno) , un agente di polizia di provata esperienza e di grande umanità. Tra i due nascerà una grande amicizia. Sauro tenterà inizialmente di dissuadere Vittorio dall’ acquisto tanto desiderato, ma poi sarà proprio lui a regalare all’amico l’arma dei suoi sogni. Lo porterà con sé al poligono ed insieme scopriranno un innato talento per qualcosa che sino a poco tempo prima per Vittorio era solo un miraggio lontano. La realtà lo metterà duramente alla prova; all’entrata di un ristorante i due amici vedono un pericoloso criminale seduto in sala. Ne nasce una sparatoria. Sauro avrà la peggio e Vittorio ucciderà il malvivente. L’episodio ne farà l’uomo del giorno e l’esposizione mediatica lo renderà ancora più inviso alla malavita che inizierà a perseguitarlo giorno e notte. Sino al momento in cui gli tenderanno un agguato, avendo la peggio, ma senza conseguenze letali. Vittorio finirà in carcere con l’accusa di eccesso di legittima difesa. Dopo un breve periodo tornerà a casa, ma nulla sarà come prima. Griffo lo lascerà in congedo per non avere noie, manderà un suo emissario a ritirare la contabilità in nero e dopo aver saputo che sua figlia Patrizia ( P. Villoresi) per puro capriccio ha avuto un’avventura con lui, lo cancellerà in malo modo dalla sua vita, pur dovendogli gran parte della sua fortuna. Ada la moglie si trova in gravi condizioni di salute e non manca molto alla sua dipartita. Lasciato solo, sull’orlo dell’ossessione, pervaso da mille dubbi ed incertezze, dovrà constatare che la sua vita non lo condotto dove avrebbe voluto . Finale decisamente amaro ed imprevedibile. Montaldo affrontò un tema estremamente scottante quanto delicato, in un momento storico in cui il paese era pervaso da tensioni politiche e sociali ed il fenomeno della criminalità organizzata in continua espansione e lo fece in maniera analitica e senza alcuna retorica.
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gianleo67
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martedì 18 settembre 2012
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milano a mano armata...secondo montaldo
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Mite e pacifico ragioniere di un ricco industriale scopre un talento naturale nell'uso della pistola. La sua vita cambia radicalmente allorchè uccide un malvivente ricercato nel tentativo di difendere l'amico poliziotto.
Dramma meccanico che persegue, con qualche schematismo psicologico e non pochi eccessi didascalici, la traccia programmatica del film a tesi, tra sociologia spicciola e retrivo sensazionalismo. Montaldo introduce ideologicamente un tema scottante (l'uso delle armi da fuoco per la difesa personale) nel contesto di paura e allarme sociale che traeva forte eco mediatica nei cosidetti 'anni di piombo' e declinandone origini e conseguenze attraverso la parabola personale di un uomo comune ("un borghese piccolo piccolo") alle prese con i mal calcolati rischi di una professione subalterna e umiliante e la grigia routine del menàge matrimoniale.
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Mite e pacifico ragioniere di un ricco industriale scopre un talento naturale nell'uso della pistola. La sua vita cambia radicalmente allorchè uccide un malvivente ricercato nel tentativo di difendere l'amico poliziotto.
Dramma meccanico che persegue, con qualche schematismo psicologico e non pochi eccessi didascalici, la traccia programmatica del film a tesi, tra sociologia spicciola e retrivo sensazionalismo. Montaldo introduce ideologicamente un tema scottante (l'uso delle armi da fuoco per la difesa personale) nel contesto di paura e allarme sociale che traeva forte eco mediatica nei cosidetti 'anni di piombo' e declinandone origini e conseguenze attraverso la parabola personale di un uomo comune ("un borghese piccolo piccolo") alle prese con i mal calcolati rischi di una professione subalterna e umiliante e la grigia routine del menàge matrimoniale. A parte un malcelato e inefficace proposito di critica socio-culturale (penallizzante è un registro che indulge tra dramma psicologico e satira di costume con esiti talora di involontaria caricatura: lo stereotipo superficiale e manicheo dei 'nuovi ricchi', la volubilità ebete dei cronisti di nera, la gretta ottusità dei poliziotti 'terroni') il film sviluppa con semplicistica linearità le sue plausibili argomentazioni ma, come il meccanismo difettoso di un orologio riparato dal protagonista, perde sistematicamente colpi fino alle inevitabili conseguenze di un finale melodrammatico. Operazione che si regge quasi interamente sulle spalle del 'mattatore' Manfredi (anche co-sceneggiatore insieme al regista e a Sergio Donati) che traduce con sorvegliato mestiere la serpeggiante paranoia del suo frustrato protagonista, fino a ridurre il senso etico che dovrebbe governare la mano di chi impugna un'arma da fuoco alla fredda constatazione di una meccanica sportiva ("Guardi, ci sono due modi di sparare: o bene o male!").Da sottolineare la buona prova del compianto Vittorio Mezzogiorno e la simpatica civetteria di una giovanissima Lella Costa. Musiche 'a tema' del solito Ennio Morricone omaggiato dalla singolare auto-citazione da "Giù la testa" del maestro S.Leone. Non ostante i limiti uno spettacolo che regge bene i soui quasi 120'. Meccanismo automatico di solido artigianato cinematografico.
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