The Continental

Frankie Scott ruba lo stampo delle monete d'oro della catena Continental dall'hotel di Cormac O'Connor, ma le cose si mettono presto male. Il boss fa rapire suo fratello Winston a Londra e lo fa riportare a New York, dove gli affida il compito di trovare il fratello e riportargli lo stampo. Winston da tempo non parlava con Frankie e ha difficoltà a entrare in buoni rapporti con i suoi alleati, in particolare il trio Miles, Lou e Lemmy che orbita intorno a Dojo a Chinatown. E con ancora più ostilità lo guarda la compagna di Frankie, la vietnamita Yen. Quando Cormac ricorre agli assassini gemelli, i temibili tedeschi Hansel e Gretal, le cose prendono una piega tragica e Winston non potrà più tornare indietro. Avrà un nuovo e solo obiettivo: farla pagare a O'Connor e prendere per sé il Continental di New York.

The Continental: Dal mondo di John Wick è una miniserie prequel di soli tre episodi, che ciò nonostante impiega troppo tempo per arrivare all'azione e non riesce a dare sostanza ai personaggi.

Inoltre il legame con i film è limitato ai nomi di alcuni personaggi: non c'è mai, per esempio, Ian McShane che ricorda le sue giovani imprese, né tantomeno appare neppure di sfuggita la star Keanu Reeves. Anche i registi dei film si sono limitati a produrre lasciando la regia ad altri. La prima e la terza puntata sono dirette da Albert Hughes, l'autore di Codice Genesi (ma allora collaborava ancora con il fratello Allen), mentre quella centrale, con la minor quantità di azione, è stata affidata a Charlotte Brändström, regista più televisiva sebbene di produzioni anche ad alto budget e con un buona dose di spettacolo come The Witcher e Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere.

L'apertura, con il colpo di Frankie mette subito in chiaro che Hughes non ha perso lo smalto nel dirigere sparatorie e corpo a corpo, tanto da cavarsela bene anche con il limitato budget televisivo e tenendo l'azione per inquadrature occasionalmente lunghe, in linea con l'estetica di John Wick. Già sul finale del primo episodio però, quando arriva il secondo elaborato set piece, le cose riescono meno bene, inoltre la puntata successiva ha pochi (troppo pochi) e meno elaborati intermezzi d'azione. Per arrivare al dunque tocca aspettare il finale, che nei suoi quasi cento minuti di durata fonde una dinamica da "heist movie" a numerosi duelli e combattimenti all'interno di varie sezioni del Continental. Purtroppo il lavoro sui personaggi svolto nelle puntate precedenti non riesce a rendere interessanti le figure in scena, vuoi perché davvero troppo stereotipate, vuoi perché poco caratterizzate anche in termini marziali.

Per esempio la bravura della vietnamita con i coltelli è del tutto trascurabile nel suo showdown con la micidiale avversaria tedesca, che non dice una parola ma combatte come una contorsionista e risulta dunque più memorabile di Yen. Miles fa arti marziali ma usa pure un fucile a canne mozze e non ha uno stile particolare in nessuna delle due cose, mentre sua sorella Lou rifiuta le armi da fuoco e pratica solo il kung fu, risultando più incisiva. Ha infatti due delle scene migliori: un combattimento contro alcuni gangster cinesi (troppo breve però) e un corpo a corpo dentro una cabina telefonica, oltretutto contro un uomo robusto che le lascia pochissimo spazio. Nell'intreccio è coinvolta - per ragioni che si chiariranno solo in un colpo di scena quasi alla fine del racconto - anche una poliziotta, che si batte efficace ma piuttosto disordinato, insomma non da star del cinema d'azione.

L'ambizione del progetto è di fare qualcosa di diverso da John Wick, che è l'impresa di un uomo per lo più solitario, e presentare invece una situazione corale da heist movie. La cosa si sposa bene con il protagonista Winston, che è sempre stato anche nei film più una mente che si affida ad altrui braccia, ma obbliga la serie a disperdersi tra troppi personaggi. Per compensare, The Continental punta tutto sullo stile, con una ricostruzione livida e lercia di (pochi) angoli della New York anni Settanta, una regia molto mobile e soprattutto una colonna sonora di greatest hits che spazia dalla banalità da juke box a pezzi più indovinati, tra il funky, il soul, il rock degli Who e una soprendente "Welcome to the Machine" dei Pink Floyd.

Non basta però a salvare i troppi personaggi dall'immediato oblio che li coglierà alla fine del terzo episodio. Riguardo i protagonisti poi, se il giovane Winston se la cava, il giovane Charon non ha assolutamente la presenza del compianto Lance Reddick. Il villain, interpretato da uno scatenato Mel Gibson che abbraccia in pieno le esagerazioni del progetto, sarebbe stato meglio servito da una scrittura con maggiore ironia. Nonostante tutto, comunque, la quantità e la qualità dell'azione del terzo capitolo portano a casa il risultato e danno una chiusura almeno un po' soddisfacente a questa trilogia. 