rosalinda gaudiano
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lunedì 20 febbraio 2023
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la guerra è come la febbre, prima o poi arriva,
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“ La guerra è come la febbre, prima o poi arriva, mezzo mondo è contagiato e…l’umanità sta a guardare”
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“ La guerra è come la febbre, prima o poi arriva, mezzo mondo è contagiato e…l’umanità sta a guardare”
“Niente di nuovo sul fronte occidentale” , trasmesso su Netflix, è un film potente nel suo disarmante messaggio per assurdo pacifista sulla tragedia umana della Guerra. L’Europa affronta la Grande Guerra e la Germania ormai arruola giovani leve per il fronte occidentale. Paul Baumer è preso totalmente da uno spirito patriottico che non riesce a controllare, tanto che escogita uno stratagemma per arruolarsi e partire per il fronte occidentale con alcuni suoi compagni. Una volta al fronte, l’euforia presto cede il posto allo sgomento e all’orrore. Paul sarà anche lui una vittima sacrificale di quella guerra, che come in tutte le guerre chi combatte marcia solo verso la disperazione e la morte. Il film , diretto da Edward Berger, offre uno spettacolo straordinario per le scenografie, caratterizzazione dei personaggi, movimenti di macchina, e sapiente suspense. Ma il messaggio più diretto, che qui viaggia su due scenari ben contrapposti che impressiona è lo scenario mutilante delle trincee, fango, freddo e morte , nell’Argonne francese, e l’altro nel lusso dei salotti di burocrati e generali, che “giocano” sulle decisioni estreme d’armistizio mentre giovani combattenti nel corpo a corpo , rotolati nel fango , offrono la vita alla Patria. Un soldato, amico di Paul, pronuncia questa frase: “ La guerra è come la febbre, prima o poi arriva, mezzo mondo è contagiato e…l’umanità sta a guardare” Una frase emblematica, perché la guerra, tutte le guerre godono di questa verità assurda, devastante…di morte e annientamento di ogni forma elitaria d’umanità. Paul uccide per non venire ucciso, ma toccherà la stessa sorte anche a lui, è la guerra!
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(di antonio montefalcone)
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domenica 17 settembre 2023
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giudizio controcorrente
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Il film, a giudicare dal titolo, vorrebbe essere una trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di Erich Maria Remarque "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Nel libro, in forma di diario, il personaggio narrante, Paul Baumer, descrive la sua esperienza durante il primo conflitto mondiale. Il risultato della trasposizione e', a mio avviso, assai modesto: in sintesi il libro non e' reso nella lunga pellicola dove, ad arbitrio degli autori, sono introdotti elementi non presenti nell'opera originaria e dove non ne sono invece stati sviluppati altri come si sarebbe dovuto. La mancata descrizione dell'addestramento militare e' un'enorme pecca perche' e' il primo momento in cui si distruggono i sogni dei volontari che vengono introdotti con violenza alla dura' realta'.
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Il film, a giudicare dal titolo, vorrebbe essere una trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di Erich Maria Remarque "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Nel libro, in forma di diario, il personaggio narrante, Paul Baumer, descrive la sua esperienza durante il primo conflitto mondiale. Il risultato della trasposizione e', a mio avviso, assai modesto: in sintesi il libro non e' reso nella lunga pellicola dove, ad arbitrio degli autori, sono introdotti elementi non presenti nell'opera originaria e dove non ne sono invece stati sviluppati altri come si sarebbe dovuto. La mancata descrizione dell'addestramento militare e' un'enorme pecca perche' e' il primo momento in cui si distruggono i sogni dei volontari che vengono introdotti con violenza alla dura' realta'. Non menzionare neppure il personaggio che incarna tutto cio', il caporale Himmelstoss, e' imperdonabile. Neppure la societa' degli adulti, rappresentata nel libro dai genitori e dagli insegnanti, e' descritta adeguatamente. I primi sono praticamente assenti e ai secondi e' dedicata solamente una scena iniziale rinunciando anche qui a delineare compiutamente il personaggio emblematico che li incarna, il Prof. Kantorek. Lunghe scene con diversi, mal caratterizzati, personaggi sono invece dedicate alla raffigurazione degli alti comandi militari e dei politici. E' qui il punto dove romanzo e film si discostano di piu'. Nel libro certo se ne parla ma non come nella pellicola dove la tematica e' sovrarappresentata per scelta degli autori che danno quindo una interpretazione ed un giudizio delle vicende tutto loro. Appunto l'interpretazione personale e' il difetto piu' grande del film e lo permea interamente: non c'e' una sola scena che ricalchi fedelmente la descrizione letteraria. Una e' da citare subito: la morte di Katczinsky, forse il camerata a cui piu'affettivamente si lega il protagonista. Nel libro avviene per una granata, nel film la si inserisce, distorcendola, all'interno di un'altra vicenda riportata nel romanzo. Baumer e Katczinsky rubano in una fattoria, e fin qui ci siamo, ma quest'ultimo, poco dopo la fuga, e' ucciso a sangue freddo dal giovane figlio del fattore che li aveva inseguiti. In primis mi sembra una circostanza poco verosimile poi, cosa piu' importante, non capisco davvero cosa abbia voluto affermare il regista con questa aggiunta. E' un giudizio politico, di descrizione sociale il suo? In ogni caso mi sembra fuori luogo. Sarebbe poi stata da curare di piu' la rappresentazione dei personaggi principali: sono intanto diminuiti per numero rispetto al romanzo e sono, rispetto a questo, meno, ed oltretutto arbitrariamente, caratterizzati. Cosi' come in fondo non si e' riusciti a rendere il profondo legame affetivo che si forma tra di loro nel corso delle dure avversita' a cui vanno incontro. Le scene di guerra sono rese bene nella ricostruzione dei campi di battaglia, delle trincee e dei combattimenti la cui violenza e cruenza sono realisticamente descritte. Si poteva essere pero' piu' precisi in altri particolari: dare piu' spazio per esempio ai bombardamenti a cui erano sottoposti nei bunker i soldati (duravano settimane!), all'uso dei gas, che non si vedono mai in azione, ed ad altri dettagli. Ho trovato poi assai inverosimile la scena in cui durante l'attacco i soldati si fermano a mangiare. Dopo avere corso centinaia di metri sotto il fuoco nemico? Dopo avere combattuto corpo a corpo? Con il richio che il contrattacco li uccida tutti? Non e' realistico ed il libro ancora una volta descrive l'episodio in tutt'altra maniera "..ci precipitiamo di volata nei ricoveri piu' vicini per prendere quanto piu' possiamo...e poi via". Altro che mangiare. Che dire poi di soldati che camminano eretti nella terra di nessuno? Altro punto non strettamente inerente ma che vorrei riportare: quei ragazzi fumavano tutti! Sigari e sigarette erano una magra ma importante consolazione alla loro misera giornata di cui costituivano una parte fondamentale. Bisogna riconoscere che l'interprete del personaggio principale ha saputo renderne paura, coraggio, disperazione, terrore tutta la vasta gamma di emozioni a cui va incontro. Avrebbe meritato comunque una descrizione piu' approfondita da parte degli autori. Sarebbe stato necessario spiegare meglio la sua evoluzione psicologica da entusiasta e sprovveduto volontario a duro e navigato soldato. Le sue considerazioni ed il suo giudizio sulla societa' che lo ha spinto li' avrebbero dovuto essere maggiormente espresse. Cosi come il fatto che Paul Baumer, seppure non vinto dagli eventi, e' comunque distrutto dalla guerra. La scena finale e' il paradigma di quella libera interpretazione del romanzo da parte del regista di cui parlavo. Il generale tedesco, di cui Paul Baumer e' sottoposto, ordina, di sua personale iniziativa, ad un quarto d'ora dalle fine delle ostilita', per il suo proprio personale orgoglio militarista, l'ultimo disperato e cruento attacco durante il quale il nostro protagonista trovera' un'atroce morte. La cosa sara' anche plausibile, verosimile, magari sara' successa davvero solo che Paul Baumer "cadde nell'Ottobre 1918, in una giornata cosi' calma e silenziosa su tutto il fronte, che il bollettino del Comando Supremo si limitava a queste parole: . Era caduto con la testa in avanti e giaceva sulla terra come se dormisse. Quando lo voltarono si vide che non doveva avere sofferto a lungo: il suo volto aveva un'espressione cosi serena, quasi che fosse contento di finire cosi'"
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