michele
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domenica 23 agosto 2020
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il cinema d'autore italiano di gran valore.
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Volevo nascondermi è l'ultimo film di Giorgio Diritti, uscito poco prima del covid; ho avuto il piacere di vederlo al cinema l'altro ieri sera. La regia, impeccabile, si distingue in due parti: la prima mostra la visione dell'occhio del regista che mette in scena il realismo del paesaggio emiliano come se fosse pittore del 900, la seconda conferma la capacità attoriale di Elio Germano, che utilozza la atipica tecnica della "supermarionetta" di Edoard Graig nel portare in scena la vita privata di Laccabue. Non solo la regia è degna di nota: la fotografia è romantica e allo stesso tempo realistica e visionaria nel descrivere la realtà contadina con gli occhi di Ligabue; gli scenografi sono riusciti a ricostruire gli spazi interni ed esterni con profonda essenzialità.
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Volevo nascondermi è l'ultimo film di Giorgio Diritti, uscito poco prima del covid; ho avuto il piacere di vederlo al cinema l'altro ieri sera. La regia, impeccabile, si distingue in due parti: la prima mostra la visione dell'occhio del regista che mette in scena il realismo del paesaggio emiliano come se fosse pittore del 900, la seconda conferma la capacità attoriale di Elio Germano, che utilozza la atipica tecnica della "supermarionetta" di Edoard Graig nel portare in scena la vita privata di Laccabue. Non solo la regia è degna di nota: la fotografia è romantica e allo stesso tempo realistica e visionaria nel descrivere la realtà contadina con gli occhi di Ligabue; gli scenografi sono riusciti a ricostruire gli spazi interni ed esterni con profonda essenzialità. Per questo "volevo nascondermi" lascia un indelebile ricordo della vita incredibile dell'artista italo svizzero.
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vanessa zarastro
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domenica 23 agosto 2020
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diversità e arte
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Il vero protagonista del film “Volevo nascondermi” è senza dubbio Elio Germano nel ruolo del pittore e scultore italiano Antonio Ligabue. Ormai Germano è andato a specializzarsi in questi ruoli che coniugano malattia fisica, sofferenza psicologica e creatività artistica. Basti pensare alla sua interpretazione di Giacomo Leopardi ne “Il giovane favoloso” di Mario Martone del 2014, solo che qui, come se non bastasse, c’è anche la fame e la povertà. La biografia di Ligabue infatti è di per sé struggente: Toni nasce a Zurigo nel 1899 figlio di immigrati italiani, ma viene affidato subito a una coppia svizzera senza figli e adottato dopo la morte della madre.
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Il vero protagonista del film “Volevo nascondermi” è senza dubbio Elio Germano nel ruolo del pittore e scultore italiano Antonio Ligabue. Ormai Germano è andato a specializzarsi in questi ruoli che coniugano malattia fisica, sofferenza psicologica e creatività artistica. Basti pensare alla sua interpretazione di Giacomo Leopardi ne “Il giovane favoloso” di Mario Martone del 2014, solo che qui, come se non bastasse, c’è anche la fame e la povertà. La biografia di Ligabue infatti è di per sé struggente: Toni nasce a Zurigo nel 1899 figlio di immigrati italiani, ma viene affidato subito a una coppia svizzera senza figli e adottato dopo la morte della madre. Purtroppo i suoi disturbi - il rachitismo e il gozzo - incisero negativamente sulla sua crescita e sui suoi studi. Non gli piaceva andare a scuola, amava solo disegnare mostrando un certo talento. Per problemi economici Toni e i suoi genitori adottivi cambiarono spesso città e lui iniziò a lavorare saltuariamente come bracciante agricolo o accudendo gli animali. Malauguratamente, era spesso in preda a crisi nervose che lo portarono alla fine, ad essere espulso dalla Svizzera. All’epoca i malati mentali avevano una sorte terribile, erano cacciati e derisi, quando non finivano in manicomio.
Ligabue giunse a Gualtieri, cittadina d’origine paterna di seimila abitanti nella bassa padana, dove continuò la sua vita da homeless, ma dove iniziò a dipingere. La possibilità di esprimersi artisticamente riempì la sua solitudine, dando sollievo alle sue ansie e mitigando le sue ossessioni.
Commoventi sono i suoi rapporti con gli animali, ma anche quelli con i bambini per i quali confeziona statuette. La sua vita sarà costellata di ricoveri, spesso per attacchi violenti e talvolta autolesionisti.
Sarà l’incontro con il critico e scultore Renato Marino Mazzacurati (interpretato da Pietro Traldi) - e con sua madre (Orietta Notari) che lo accoglie amorevolmente - che lo farà conoscere e crescere artisticamente. Solo dopo la Seconda Guerra mondiale verranno esposti i suoi quadri in collettive ma anche in mostre personali a Roma come quella presso la galleria “La barcaccia” nel 1961. Sfortunatamente, l’anno dopo l’artista viene colpito da emiparesi e finirà di nuovo accolto al ricovero Carri di Gualtieri dove morirà tre anni dopo.
“Volevo nascondermi” è un film toccante che fa star male lo spettatore e, in un certo senso lo fa sentire in colpa di essere “sano” per tutta la sua durata di 120 minuti. Per tutto il tempo ci si attende il rantolo, il grido di dolore, l’urlo di rabbia, che per fortuna, nella seconda parte del film, sono inframezzati da episodi di tenerezza come il ritratto a Cesarina (interpretata da Francesca Manfredini) e il rincontro a Roma con Mazzacurati madre.
Le scenografie accurate nei dettagli sono di Ludovica Ferrario. La fotografia di Matteo Cocco con i colori dell’Emilia, gli sconfinati pioppeti e le golene del Po, è molto bella, sottolinea e dimostra il possesso, da parte del regista Giorgio Diritti, di una profonda conoscenza del mondo rurale emiliano. Probabilmente l’empatia nei confronti della sofferenza del personaggio ha oscurato nel film la reale importanza artistica. Sono solo gli aspetti naïf dell’arte di Ligabue ad avere successo? O c’è un legame, anche inconsapevole, con altre tendenze contemporanee?
Per la sua interpretazione, Elio Germano ha vinto l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino 2020.
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luciano sibio
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lunedì 17 agosto 2020
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film a tratti ruffiano
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Film che ha tutti gli ingredienti del film dell'anno sia a lato della sceneggiatura che delle scenografia.Purtroppo cala di livello per un eccesso di cedimento a lato del pubblico e della parte commerciale.Che succede ? che l'assetto teorico del film consiste nella evidenziazione di un principio di cui la storia del pittore ne è vivida espressione.E cioè che oguno al mondo,anche il più malmesso e disfunzionale,può occupare un posto sociale,recitare cioè una parte,senza quindi doversi in nessuno modo nascondere.
Il fatto poi che il nostro Ligabue con la compiacenza di qualche luminare del campo e per simpatia sia asceso a singolari livelli di qualità artistica è un fatto secondario rispetto al contenuto generale per cui il riscatto vero e proprio è poter dire in giro che io sono un artista,cioè io so fare qualcosa che serve e nel cotesto sociale d'appartenenza, punto e basta, indipendentemente dal successo o da altre genericiità che possono in qualche modo implicare discorsi un pò affrettati sull'arte e sul compito degli artisti.
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Film che ha tutti gli ingredienti del film dell'anno sia a lato della sceneggiatura che delle scenografia.Purtroppo cala di livello per un eccesso di cedimento a lato del pubblico e della parte commerciale.Che succede ? che l'assetto teorico del film consiste nella evidenziazione di un principio di cui la storia del pittore ne è vivida espressione.E cioè che oguno al mondo,anche il più malmesso e disfunzionale,può occupare un posto sociale,recitare cioè una parte,senza quindi doversi in nessuno modo nascondere.
Il fatto poi che il nostro Ligabue con la compiacenza di qualche luminare del campo e per simpatia sia asceso a singolari livelli di qualità artistica è un fatto secondario rispetto al contenuto generale per cui il riscatto vero e proprio è poter dire in giro che io sono un artista,cioè io so fare qualcosa che serve e nel cotesto sociale d'appartenenza, punto e basta, indipendentemente dal successo o da altre genericiità che possono in qualche modo implicare discorsi un pò affrettati sull'arte e sul compito degli artisti.
Per fortuna il flm sull'arte taglia corto e fa bene rimane però a mio avviso un pò troppo legato alle ricostruzioni punto per punto della vita dellartista,con alcune punte inevitabili di dejà-vu e alcune pagine scontate per es a proposito delle donne,ma soprattutto con un disegno generale che man mano perde di vista il cotenuto suesposto per lasciar spazio alla solita ascesa sociale del tipo dalle stalle alle stelle che tanto piece al pubblico perchè fa sognare
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le saboteur
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lunedì 27 aprile 2020
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quando gli italiani creano capolavori
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Un'esperienza visiva che definirei quasi una mistica del colore.
Lo spettatore entra nei quadri di Ligabue, fa le stesse sue esperienze, vede con lo stesso occhio, diviene in qualche modo anche lui animale.
Uscito dal cinema mi sono detto con un filo di orgoglio: "Quando gli italiani lavorano bene, riescono proprio a creare dei capolavori"
Secondo me uno dei migliori film dell'anno, direi assolutamente da Oscar.
Peccato per il periodo in cui lo si è fatto uscire nei cinema (quarantena da Covid-19)
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blu
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lunedì 13 aprile 2020
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attendendo...
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Aspettiamo con ansia che riaprano i cinema per poter vedere ques'opera coraggiosa e uno splendido Elio Germano.
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fabiofeli
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lunedì 9 marzo 2020
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mi è piaciuto di mondi !
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Un occhio spalancato guarda da un buco in un sacco nero un dottore, uno psichiatra, che parla in tedesco e che vediamo in controcampo. Non vuole essere visto, vuole restare nascosto“Toni al Matt” (Elio Germano), che ha già sofferto due abbandoni: dai genitori di Gualtieri (vicino Reggio Emilia) e da quelli adottivi. Nella sua infanzia è stato perseguitato dai coetanei che lo spaventavano a morte ansimando rumorosamente davanti a lui. Quando dalla Svizzera tedesca viene rispedito a Gualtieri, lo chiamano “il tedesco”.
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Un occhio spalancato guarda da un buco in un sacco nero un dottore, uno psichiatra, che parla in tedesco e che vediamo in controcampo. Non vuole essere visto, vuole restare nascosto“Toni al Matt” (Elio Germano), che ha già sofferto due abbandoni: dai genitori di Gualtieri (vicino Reggio Emilia) e da quelli adottivi. Nella sua infanzia è stato perseguitato dai coetanei che lo spaventavano a morte ansimando rumorosamente davanti a lui. Quando dalla Svizzera tedesca viene rispedito a Gualtieri, lo chiamano “il tedesco”. Però, quando lo incontra lo scultore Mazzacurati nell’inverno 1928, comincia un’altra vita per Toni; l’artista convince Ligabue a farsi ospitare nella casa della madre. Toni esce dalla solitudine: inizia a dipingere e a creare forme di creta con una preferenza per il mondo animale. Di fronte alle sue creazioni imita il verso dell’animale, come se volesse infondere vita alla sua creazione. Si trasforma in gallo e in tigre. Il suo autoritratto non è solo lo studio del suo aspetto guardandosi allo specchio - una fredda fotografia - ma come si deve osservare un artista mentre sta dipingendo. Quasi a rafforzare la sua autostima davanti a chi gli dà del “matt”, dice categorico “Ai son un artista!”. Convincerà anche i suoi critici che nella descrizione della natura il pittore si sintonizza con qualcosa di sfuggente ed apparentemente indescrivibile riuscendo a comunicarlo a chi guarda le sue opere. Con i guadagni per la vendita dei quadri compera 3 auto assumendo un autista e ben 13 motociclette di marche prestigiose; su queste gira per campagne e città dell’Emilia, pur avendo difficoltà a issarle sui cavalletti quando sosta. L’Istituto Luce fa un documentario sul pittore ed inventa una donna che lo bacia e dice che il bacio “le è piaciuto di mondi!” (moltissimo) . Ligabue quasi alla fine del film pettina la morbida sabbia del Po come se fosse l’artista polacco Christo che aveva incartato la costa australiana nel ’68 e nel ‘74 Porta Pinciana a Roma.
Giorgio Diritti, impostosi come autore nel 2005 con Il vento fa il suo giro e nel 2009 con L’uomo che verrà - la strage di Marzabotto vista dagli occhi di una bimba - non ha unito la critica per Il suo terzo film, Un giorno devi andare (2013), ugualmente buono, con Jasmine Trincal nastro d’argento come migliore attrice protagonista. Elio Germano, ormai tra i migliori attori del cinema italiano, fa come al solito uno studio encomiabile per calarsi nel personaggio, come ne La nostra vita di Luchetti, meritando il premio ex-equo di miglior attore protagonista con Bardèm al Festival di Cannes (2010), e ne Il giovane favoloso di Martone del 2014. Stavolta Elio Germano pesca il prestigioso Orso d’argento come miglior attore protagonista al Festival di Berlino 2020. La sinergia tra Diritti e Germano, con la ulteriore spinta della splendida fotografia di Matteo Cocco che illumina ed amplifica i colori caldi di città, borghi, casali e campagna, facendo eco ai colori saturi della pittura di Ligabue, produce un gran film su sofferenza ed Arte. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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marted� 22
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domenica 8 marzo 2020
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germano convincente, film da non perdere
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Bellissimo film. Grande Germano. È uscito tutto l'artista che c'è in lui. Eravamo solo in due in sala. Peccato, nonostante la difficile situazione, con i giusti accorgimenti è un film da non perdere assolutamente.
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francesca
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sabato 7 marzo 2020
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capolavoro
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Elio germano da' un volto e un'umanita' indimenticabili a questo Ligabue la regia tenera e coinvolgente di un mondo della Bassa coi suoi panorami e personaggi tutti ottimamente rappresentati C'e' tanta poesia e follia in questo film come ce n'era in quello che sempre si autodefinisce "un artista"
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micky49
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sabato 7 marzo 2020
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film potente,grandioso
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L'unico problema é che questo film, bellissimo, non potrà essere visto da molti visto la situazione sanitaria. Io sono rimasta incollata alle immagini che scorrevano senza mai estraniarmi un secondo. Elio Germano bravissimo, 2 ore di coinvolgimente emotivo, regia accurata. Speriamo che lo ripropongano, nelle sale cinematografiche, fra un paio di mesi quando la situazione sanitaria si tranquillizzerà. se potete non perdetevelo, da noi stanno usando l'accorgimento di non mettere vicino la gente, per cui ti trovi abbondantemente a più di un metro dalla persona a te più vicina. Buona visione al cinema non alla tv!
Micky
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