lizzy
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domenica 4 aprile 2021
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manca qualcosa a venezia...
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Non so...
Per tutta la durata del film invece che di una "presenza" io ho captato più che altro..."un assenza".
Manca qualcosa in questo film... ma se mi chiedete cosa non vi saprei rispondere.
Sicuramente le atmosfere cupe e polverose che qualcuno contesta qua fanno bene la loro parte.
Conosco Venezia e non me la son mai sognata solare e splendente, ma sempre cupa, umidiccia, triste.
E non si tratta solo dei film ambientati in essa, delle canzoni tristi a lei dedicate.
No... se frequenti Venezia, anche se solo per poco, te ne rendi conto.
In questo film Venezia non è che sia troppo presente, ma la sua parte la fa.
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Non so...
Per tutta la durata del film invece che di una "presenza" io ho captato più che altro..."un assenza".
Manca qualcosa in questo film... ma se mi chiedete cosa non vi saprei rispondere.
Sicuramente le atmosfere cupe e polverose che qualcuno contesta qua fanno bene la loro parte.
Conosco Venezia e non me la son mai sognata solare e splendente, ma sempre cupa, umidiccia, triste.
E non si tratta solo dei film ambientati in essa, delle canzoni tristi a lei dedicate.
No... se frequenti Venezia, anche se solo per poco, te ne rendi conto.
In questo film Venezia non è che sia troppo presente, ma la sua parte la fa.
Detto questo... beh...Accorsi è perfetto nella sua parte, come la Sansa.
La Golino poi... basta la presenza.
Quella che non ho granchè visto è invece proprio la Rossi, personaggio che forse poteva anche essere evitato per quanto è ininfluente a livello del racconto.
Per dire: Accorsi poteva benissimo essere un divorziato single che le cose non sarebbero cambiate manco di un pelo.
Trovo invece esagerato il calcare la mano sulle "azioni" della Perla/Golino: concordo che anche solo la scena al Danieli avrebbe detto molto di lei...
Del finale ovviamente non si può parlare, sia per motivi di "spoiler" e sia perchè...a mio avviso lascia molto alla fantasia dello spettatore.
Credo che ognuno di noi, nel bene o nel male, possa dare una sua intrerpretazione ai minuti finali del film.
Da parte mia, visto che io sono una "persona di scienza", ho chiuso il capitolo con "una allucinazione volontaria".
Poi voi decidete come volete.
Comunque manca qualcosa in questo film... e non capisco cosa.
Magari forse solo ... una trama originale.
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loland10
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domenica 18 ottobre 2020
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acqua alta e cupa
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“Lasciami andare” (2020) è l’ottavo lungometraggio del regista toscano Stefano Mordini.
Film di ambiente e di ambiente, di rapporti e di paure.
Nella Venezia che forse aspetti, con acqua alta, oscurità e ombre di studi tra fisica e psicofisica, reale e aldilà.
La morte nella città lagunare ha trovato sempre ogni sorta di gioco grigio e perverso. D’altronde ‘Morte a Venezia’ sembra quasi il manifesto costante di una città che vive di gloria, di destino e di fughe dallo scomparire.
Incipit: di corsa, di ansia, di attacchi. In poche battute, in un minutaggio breve, il regista, mentre scorrono i brevi titoli, si attacca al suo protagonista con una fotografia ombrosa e umida, discostante e tremante.
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“Lasciami andare” (2020) è l’ottavo lungometraggio del regista toscano Stefano Mordini.
Film di ambiente e di ambiente, di rapporti e di paure.
Nella Venezia che forse aspetti, con acqua alta, oscurità e ombre di studi tra fisica e psicofisica, reale e aldilà.
La morte nella città lagunare ha trovato sempre ogni sorta di gioco grigio e perverso. D’altronde ‘Morte a Venezia’ sembra quasi il manifesto costante di una città che vive di gloria, di destino e di fughe dallo scomparire.
Incipit: di corsa, di ansia, di attacchi. In poche battute, in un minutaggio breve, il regista, mentre scorrono i brevi titoli, si attacca al suo protagonista con una fotografia ombrosa e umida, discostante e tremante. Lo scopre alza il tono è la corsa, segue le piccole e i calli. Si dimena, articolando ogni brusco movimento.
Poi titolo in grande. E inizia la storia. Da una fuga o una folle corsa, ad una coppia che desidera un figlio.
Un parlare poco virtuoso, spezzettato e scosso. Ecco che lungo il film viene fuori una donna che acquista la vecchia casa dei coniugi Marco e Clara (separati).
Perla che telefona a Marco, che vuole incontrarlo, che perseguita la sua vita con Anita (sua attuale moglie). Strani presagi, strani sogni, il figlio di Perla dice di vedere qualcosa, di incontrare qualcuno nella cameretta di Leo, figlio di Marco morto a causa di un incidente. L’angoscia avanza e tutto ritorna in quel giorno triste. La ex moglie, Clara, viene a sapere. Un medium, un incontro, delle credenze vacillanti, il padre studioso di religioni orientali, l’amico professore di fisica che spiega il tempo...passato e futuro,....fino ad un epilogo in un certo senso senza veri ribaltamenti. Quasi salomonico, lo schermo nero è previsto quando arriva, niente botti e altro.
L’inchiesta personale di Marco appare farraginosa. Si fida di tutti e poi non si di nessuno. Il medium dice le parole giuste per il film: “Ho smesso perché.....tutti mi cercano....in malo modo”. “Non sono un ciarlatano”. Ecco che paiono tutti in parte ma qualcosa non torna per una storia che viene a galla e una città lagunare che vive in ‘acqua alta’. L’ingegnere Marco si dimena tra confusione interiore, credenze mai viste, il ricordo del figlio e l’assillo di un rimprovero. Ecco che le due donne, Clara e Anita, sono lì in soccorso ma nessuna sembra capire veramente. In una confessione che pare arrivare tardi.
Perla è la terza donna che crea scompiglio, quasi un’anima ammalata in un ricordo funesto tra le calli e le finestre ombrate di una città ‘allagata’. Il pupazzo di stoffa pare trovarsi in troppi luoghi: a casa, nel sogno e nel nuovo da ricostruire. La donna ‘americana’ in rovina tra le macerie di un bambino morto.
Ecco il punto il film si dimena tra essere chiacchiericcio su se stesso e indagine ‘didascalica’ di quello che non si vede. O meglio pare percepire in lontananza. Come sempre un piccolo doppio gioco (quasi prevedibile) dell’intrusa. O meglio del falso che si percepisce
Stefano Accorsi(Marco): recita di suo, con rilievo sul personaggio, si lascia ricordare; nei momenti di tensione con sbavature e non sempre con intensità.
Maya Sansa(Clara): tesa e lignea, sensibile e acerba.
Valeria Golino(Perla): è il suo ruolo quello più sciolto, la sua voce detta il (ritmo) film. Sembra posizionarsi come inquadrata da se stessa (le regie e gli spazi aiutano certamente); il personaggio di Perla è cameo a tono.
Fotografia diLuigi Martinucci (collaboratore del regista) il film nella parte migliore; sobriamente efficace, sottomessa e ingrigita, umida e tetra.
Regia di Stefano Mordini: ordinariamente decisa e didascalica-mente sonora.
Voto: 6- (**½) -cinema di misura-
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