tom87
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domenica 20 dicembre 2020
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decadenza e riscatto nell’american dream di howard
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L’ultima pellicola di Ron Howard adatta la biografia best seller del businessman J.D. Vance, un interessante racconto di formazione e di riscatto contro le avversità, una condizione sociale di povertà e vari conflitti personali e familiari. Sullo sfondo dell’opera c’è un’America fatta di working classs che soffre alla periferia delle grandi città, ma i riflettori sono tutti per le dinamiche familiari (la sceneggiatrice Vanessa Taylor ha privilegiato l’analisi dei rapporti tra Vance e le donne della famiglia) e per un registro cronachistico pieno di umanesimo e buoni sentimenti, sulla scia di quei percorsi esistenziali già visti in “A Beautiful Mind” e in “Cinderella Man” e di quella fede nella realizzazione dell’American Dream.
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L’ultima pellicola di Ron Howard adatta la biografia best seller del businessman J.D. Vance, un interessante racconto di formazione e di riscatto contro le avversità, una condizione sociale di povertà e vari conflitti personali e familiari. Sullo sfondo dell’opera c’è un’America fatta di working classs che soffre alla periferia delle grandi città, ma i riflettori sono tutti per le dinamiche familiari (la sceneggiatrice Vanessa Taylor ha privilegiato l’analisi dei rapporti tra Vance e le donne della famiglia) e per un registro cronachistico pieno di umanesimo e buoni sentimenti, sulla scia di quei percorsi esistenziali già visti in “A Beautiful Mind” e in “Cinderella Man” e di quella fede nella realizzazione dell’American Dream.
Il film però risulta diseguale. La messinscena è godibile, empatica e la regia funziona in vari momenti, però nel complesso lascia tutta l’opera sul superficiale e fatica a trovarne una cifra stilistica, narrativa e tematica davvero efficace, solida e compatta. I presupposti di un racconto di formazione ci sono tutti, però non sono molto diversi da quelli di tante altre vicende dello stesso genere. La parte più debole sembra proprio essere questa linearità, scontata fino alla fine, e mai messa in discussione. Al contrario però il film ha il suo punto di maggiore forza sulle magistrali e superlative interpretazioni di Glenn Close e Amy Adams: la loro presenza sullo schermo regala delle emozioni autentiche, intense, e sanno restituire tutte quelle zone d’ombra, fragilità e instabilità, ma anche tutto quel portato d’amore e di speranza che non si ritrova o non si riesce a esprimere nelle restanti parti del film.
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fabio 3121
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sabato 28 novembre 2020
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una storia familiare americana
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il film diretto da Ron Howard è l'adattamento cinematografico del libro di memorie di J.D. Vance (Gabriel Basso) e racconta - attraverso continui flashback - il sogno americano di questo ragazzo di ottenere un lavoro presso un prestigioso studio legale. Il tutto attraverso una adolescenza e gioventù ricca di episodi drammatici di cui è protagonista la madre Bev (la bravissima Amy Adams) infermiera e legata alla dipendenza dalla cocaina. Pertanto il giovane J.D. troverà conforto e una più sana educazione dal contributo della nonna interpretata dalla intensa Glenn Close. Nonostante le ottime interpretazioni del cast, il film per il soggetto monotematico non riesce comunque a coinvolgere ed emozionare lo spettatore, causa anche la lentezza e la durata del film.
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il film diretto da Ron Howard è l'adattamento cinematografico del libro di memorie di J.D. Vance (Gabriel Basso) e racconta - attraverso continui flashback - il sogno americano di questo ragazzo di ottenere un lavoro presso un prestigioso studio legale. Il tutto attraverso una adolescenza e gioventù ricca di episodi drammatici di cui è protagonista la madre Bev (la bravissima Amy Adams) infermiera e legata alla dipendenza dalla cocaina. Pertanto il giovane J.D. troverà conforto e una più sana educazione dal contributo della nonna interpretata dalla intensa Glenn Close. Nonostante le ottime interpretazioni del cast, il film per il soggetto monotematico non riesce comunque a coinvolgere ed emozionare lo spettatore, causa anche la lentezza e la durata del film. Appena sufficiente la mia valutazione finale.
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felicity
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martedì 4 maggio 2021
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atmosfere da tragedia americana
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In Elegia americana la storia è quella di J.D. Vance, nato a Middletown, Ohio, ma con il cuore in Kentucky, a Jackson.
Nei flashback, J.D. tenta di scappare da un contesto che non offre molte possibilità di avanzamento sociale, mentre viene tirato a fondo dalla madre Bev (Amy Adams), con chiari problemi psichici non diagnosticati, e tenuto a galla da Mamaw (Glenn Close), nonna ruvida ma temprata e dalla statura morale non comune. Nel presente J.D. è uno studente di legge a Yale che torna a casa per assistere Bev, ricoverata in ospedale dopo un’overdose, ormai consapevole di come i legami familiari siano un ostacolo che lo separa dal futuro che sogna.
Elegia Americana comunica soprattutto un grande sforzo per aggirare ogni questione potenzialmente incendiaria, rischiando comunque di far arrabbiare qualcuno per un peccato di ignavia.
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In Elegia americana la storia è quella di J.D. Vance, nato a Middletown, Ohio, ma con il cuore in Kentucky, a Jackson.
Nei flashback, J.D. tenta di scappare da un contesto che non offre molte possibilità di avanzamento sociale, mentre viene tirato a fondo dalla madre Bev (Amy Adams), con chiari problemi psichici non diagnosticati, e tenuto a galla da Mamaw (Glenn Close), nonna ruvida ma temprata e dalla statura morale non comune. Nel presente J.D. è uno studente di legge a Yale che torna a casa per assistere Bev, ricoverata in ospedale dopo un’overdose, ormai consapevole di come i legami familiari siano un ostacolo che lo separa dal futuro che sogna.
Elegia Americana comunica soprattutto un grande sforzo per aggirare ogni questione potenzialmente incendiaria, rischiando comunque di far arrabbiare qualcuno per un peccato di ignavia.
Benché in patria sia stato stroncato dai critici, con frasi del tipo “ridicolmente orribile” e “uno dei più vergognosi dell’anno”, io trovo invece che il nuovo film di Ron Howard, regista eclettico e sempre interessante, sia da vedere. Certo non è una passeggiata, il tono è drammatico, survoltato, c’è una sgradevolezza di fondo per permea ambienti e situazioni, e del resto si parla di quel pezzo di società bianca, spesso impoverita e devastata, che gli americani chiamano non a caso “white trash”.
“Hillbilly Elegy” lavora su atmosfere da “tragedia americana”, pescando in un repertorio classico di disagio, frustrazione, scenate, povertà, divorzi, malattie, corpi sfatti, casupole a pezzi. Lì per lì, confesso, avevo evitato di vederlo, mi sembrava eccessivo il trucco che imbruttisce e ingrassa, fino quasi a renderle irriconoscibili, Amy Adams, Glenn Close e Haley Bennett, nei ruoli della mamma, della nonna e della sorella. Invece Bev, Mamew e Lindsay erano proprio così, come mostrano i titoli di coda, e anche Gabriel Basso e Asztalos sono precisi nell’incarnare J.D. da grande e da ragazzino.
L’elegia dal titolo evocata va presa con le molle, anche se c’è qualcosa di profondamente elegiaco in questo mix di confessioni private e sfoghi sentimentali. A me non sembra un brutto film, magari suona un po’ già visto, e certo consiglio la versione originale coi sottotitoli per cogliere i diversi accenti (quello “burino” e quello “di società”). Non male la definizione della società americana scolpita dalla rocciosa nonna, gran estimatrice di Arnold Schwarzenegger. “Ci sono tre categorie: i buoni Terminator, i cattivi Terminator, né l’uno né l’altro”.
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vanessa zarastro
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martedì 24 novembre 2020
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storie americane
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“Hillbilly Elegy” è un film basato sull’autobiografia di J.D. Vance, pubblicata con il titolo Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis e che è stato un caso editoriale nel 2016. Probabilmente avendo portato alla ribalta una zona depressa e una situazione critica americana, non ebbe particolare accoglienza in generale negli Stati Uniti, e neanche nella comunità degli Appalchiani, gruppo da cui discendono i Vance descritti nel romanzo. Altrettanto è successo al film che non è stato apprezzato oltreoceano.
Con la voce narrante del protagonista fuori campo, che racconta a ritroso in prima persona, è mostrata la storia di tre generazioni di Appalachiani originari del Kentuky.
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“Hillbilly Elegy” è un film basato sull’autobiografia di J.D. Vance, pubblicata con il titolo Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis e che è stato un caso editoriale nel 2016. Probabilmente avendo portato alla ribalta una zona depressa e una situazione critica americana, non ebbe particolare accoglienza in generale negli Stati Uniti, e neanche nella comunità degli Appalchiani, gruppo da cui discendono i Vance descritti nel romanzo. Altrettanto è successo al film che non è stato apprezzato oltreoceano.
Con la voce narrante del protagonista fuori campo, che racconta a ritroso in prima persona, è mostrata la storia di tre generazioni di Appalachiani originari del Kentuky. Le montagne Appalachi si sviluppano per 2.500 km. parallelamente alla costa orientale dal sud dell’Alabama fino all’estremo nord, attraverso il confine arrivano in Canada. I nonni di J.D. Vance erano "sporchi, poveri e innamorati", ed emigrarono dalle regioni montane verso l'Ohio, con la speranza di una vita migliore, anche perché la nonna Mamaw (interpretata dalla splendida Glenn Close) era rimasta incinta a tredici anni. Ma quel sogno di benessere fu appena sfiorato, e il loro nipote fin da piccolo si troverà a lottare con la miseria e la violenza domestica. Infatti, il giovane J.F. scoprì presto che il nonno (interpretato da Bo Hopkins) era alcoolizzato e picchiava la moglie.
La vicenda si svolge a Middletown, Ohio, una piccola cittadina vicino a Cincinnati di poco più di 40.000 abitanti, tra il 1997 e il 2011. Durante quegli anni J.D. cresce senza padre mentre la madre Bev (una strepitosa Amy Adams), un ex infermiera diventata eroinomane, continua a cambiare diversi partner, talvolta alcolisti e nullafacenti, spesso vicini di casa che vivono con il welfare. Con la madre e con la sorella Lindsay (interpretata da Haley Bennet) cambiano continuamente casa andando ogni volta in quella dell’attuale compagno di Bev. Quella è una regione lontana dalle metropoli, in cui emergono i lati meno nobili e invidiabili di questa società e dove i tassi di disoccupazione continuano a crescere così come l'abbandono scolastico. Sono i bianchi poveri del nord degli Stati Uniti, i campagnoli poco sofisticati e che ristagnano nella provincia, chiamati con disprezzo redneck o “hillbilly” - titolo originale del film.
“Elegia americana” è una prova attoriale impressionante di Amy Adams, ingrassata e gonfiata per le droghe e gli oppiacei e di Glenn Close, imbruttita e invecchiata per impersonare una donna rude.
Il film celebra un’America post industriale di bianchi ex operai o contadini che una volta lavorava nelle industrie, coltivava la terra e riempiva le chiese. Al posto di quel mondo oggi si riscontra solo rabbia e tanto vuoto.
J.D. Vance, diventa il testimone della crisi del sogno americano, dell’implosione di un modello di vita anche se, nonostante la sua famiglia (ma grazie alla nonna) riesce a salvarsi e a scappare da quel mondo con grande fatica e continui dubbi sul fare la cosa giusta. Dopo essere stato anche arruolato come marine in Iraq, J. D. prenderà la laurea in giurisprudenza a Yale.
Ron Howard e la sceneggiatrice Vanessa Taylor (“La forma dell’acqua”) insistono poco sull’aspetto sociale più presente nel romanzo e si concentrano di più sull’aspetto intimo del rapporto tra le tre generazioni. Così afferma il regista in un’intervista: «Il libro di J. D. mi ha colpito perché mi ha ricordato i miei. Il parallelo è tutto culturale, il modo di parlare, il lessico, il codice d’onore, l’abitudine a contare su se stessi. Io chiamavo mia nonna Mamaw, morta quando avevo sei anni, pensavo fosse solo il suo soprannome e non sapevo che in campagna si usa così. Il libro è molto complesso da adattare. Per trovare l’equilibrio tra rispetto della verità, empatia, elementi divertenti, J. D. ci ha fatto da consulente. Lui è passato attraverso cose terribili, overdose, tentativi di suicidio della madre tossicodipendente. È stato di grande aiuto, tutta la famiglia voleva che la memoria di Mamaw fosse rispettata. Ci hanno dato video, lettere, raccontato conversazioni, sono rimasti senza parole quando hanno visto come Glenn ha saputo cogliere il suo spirito».
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