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eugen
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sabato 29 giugno 2024
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grande norton
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"Motherless Brooklyn"(Edward Morton, de una novela de JOnathan Lethem, 2019): Norton "autore totale", come regista, sceneggiatore,.dal libro citato del 1999, nonche'protagonista nella pparte di un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette, dove anche l'idea di ambientare il film negli anni 1950, a differenza che nel romanzo dovee l'ambiente e'quello di fine anni 1990, si caratterizza con intelligenza, senza mai cadere nel"macchiettismo"( i sintomi della sndrmi di Tuurette si presterbelero come tali, al fraintedimento), anche rispetto alla difficolta'del protagonsita, che rimane coinvolto in una vicenda dai contorni difficilmente idemntntificabili, che in effetti vengono"deocstuiiti".
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"Motherless Brooklyn"(Edward Morton, de una novela de JOnathan Lethem, 2019): Norton "autore totale", come regista, sceneggiatore,.dal libro citato del 1999, nonche'protagonista nella pparte di un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette, dove anche l'idea di ambientare il film negli anni 1950, a differenza che nel romanzo dovee l'ambiente e'quello di fine anni 1990, si caratterizza con intelligenza, senza mai cadere nel"macchiettismo"( i sintomi della sndrmi di Tuurette si presterbelero come tali, al fraintedimento), anche rispetto alla difficolta'del protagonsita, che rimane coinvolto in una vicenda dai contorni difficilmente idemntntificabili, che in effetti vengono"deocstuiiti"."ricostruiti"solo con difficolta'e a piccoli passi, per cos'dire, Tensione diffiusa, suspense mnlto presente ma"dkiluita"(potremmo dire che non e'un vero"thriller", ma un film drammatico con elementi da thriller), dove la presenza dell'elemento "investigation"con rischi connessi e', se non accessoria, perche'"muove il tutto", certo non prioritaria,. Alec Baldwin, Willam Dafoe, Bruce Willis non sono"Presenze casuali"ma molto ben funaionalizzate al film, alle intenzioni dell'uatore. Eugen
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gattoquatto
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sabato 25 marzo 2023
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ottimo film
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Un ottimo film di genere noir - gangstar movie, con attori importanti e complessivamente ben interpretato, con una buona trama e un buon ritmo (ma che forse avrebbe beneficiato di una durata di 15/20 minuti inferiore), una eccellente cura della fotografia e della scenografia (con vivida ambientazione anni '50), e una particolare attenzione alla colonna sonora, con raffinata selezione di musica jazz. Edward Norton interpreta un personaggio affetto da bizzarri tic nervosi (con un richiamo al suo ruolo in The Score) che donano una mano di leggerezza e comicità alla pellicola.
Un film molto godibile per gli amanti del genere.
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dandy
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domenica 14 novembre 2021
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detective tourette.
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SEconda prova da regista di Norton,dopo quasi 20 anni dal suo esordio con "Tentazione d'amore".Dal romanzo di Jonathan Lethem "Brooklyn senza madre"(inizialmente edito in Italia con l'imbarazzante titolo "Testadipazzo"),con l'ambientazione negli anni'90 spostata agli anni'50(gran periodo di trasformazioni dal punto di vista economico ed urbanistico per New York),un noir vecchio stile che rinuncia quasi totalmente alle parentesi action per focalizzarsi sul protagonista e la sua condizione mentale estrema(ai tempi non ancora diagnosticabile).Ottimamente interpretato da Norton,che evita il ridicolo e naturalmente è da preferire nella versione originale.
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SEconda prova da regista di Norton,dopo quasi 20 anni dal suo esordio con "Tentazione d'amore".Dal romanzo di Jonathan Lethem "Brooklyn senza madre"(inizialmente edito in Italia con l'imbarazzante titolo "Testadipazzo"),con l'ambientazione negli anni'90 spostata agli anni'50(gran periodo di trasformazioni dal punto di vista economico ed urbanistico per New York),un noir vecchio stile che rinuncia quasi totalmente alle parentesi action per focalizzarsi sul protagonista e la sua condizione mentale estrema(ai tempi non ancora diagnosticabile).Ottimamente interpretato da Norton,che evita il ridicolo e naturalmente è da preferire nella versione originale.Ma il Norton regista dedica forse troppo tempo al Norton attore,limitandosi a confezionare una detective story risaputa,dalla ricostruzione d'epoca puntualmente accurata e i tipici canoni del genere(politici corrotti,colleghi doppiogiochisti,la fanciulla in pericolo con annessa la love story,il finale dove bene o male la giustizia farà il suo corso).E non sfrutta appieno il resto del cast(Dafoe,Baldwin,Cannavale e in particolare Willis,sacrificato praticamente subito)Non disprezzabile,ma senza novità rispetto ad altri prodotti del genere.Norton è anche sceneggiatore.
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peer gynt
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domenica 15 novembre 2020
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ognuno ha la sua battaglia
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Gran film ottimamente diretto e recitato, con una buona sceneggiatura e una musica assolutamente pregevole (dove spicca la canzone di Thom Yorke "Daily battles", a sottolineare con la dovuta malinconia l'anima dei due protagonisti, Lionel e Laura). Un neo-noir ben narrato con un tocco hard-boiled che coinvolge la vicenda ma ne tiene fuori il detective protagonista, Lionel Essrog (lo stesso Norton), un personaggio sensibile e solo, nel contempo dotato di una memoria straordinaria, di una buona intuizione ma anche di una patologia (la sindrome di Tourette) che lo costringe a tic nervosi e ad improvvise emissioni di rumori, parole e frasi senza senso (ma talvolta sono anche frasi surreali, comiche o che rilevano i suoi sentimenti più intimi).
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Gran film ottimamente diretto e recitato, con una buona sceneggiatura e una musica assolutamente pregevole (dove spicca la canzone di Thom Yorke "Daily battles", a sottolineare con la dovuta malinconia l'anima dei due protagonisti, Lionel e Laura). Un neo-noir ben narrato con un tocco hard-boiled che coinvolge la vicenda ma ne tiene fuori il detective protagonista, Lionel Essrog (lo stesso Norton), un personaggio sensibile e solo, nel contempo dotato di una memoria straordinaria, di una buona intuizione ma anche di una patologia (la sindrome di Tourette) che lo costringe a tic nervosi e ad improvvise emissioni di rumori, parole e frasi senza senso (ma talvolta sono anche frasi surreali, comiche o che rilevano i suoi sentimenti più intimi). Un personaggio comico e drammatico al tempo stesso, che ti accompagna anche a film finito. Il tutto ambientato in una New York fine anni Cinquanta, come doveroso omaggio alla letteratura e al cinema hard-boiled. Film da vedere, che non risente affatto della lunghezza (oltre 2 ore).
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brunopepi
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sabato 26 settembre 2020
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trama ingarbugliata frena un buon lavoro
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Senza nulla togliere al pur bravo Edward Norton, apprezzabile in questo lavoro sia nel ruolo di regista che d'attore principale, forse reo di ripetuti monologhi del suo personaggio, un investigatore affetto da sindrome di Tourette, il quale si troverà invischiato in un caso segreto a causa del suo amico e capo dell'agenzia d'investigazione. La storia si svolge nella New York anni '50 senza riuscire mai a trovare uno svolgimento lineare e interessante navigando in acque complesse in una trama ingarbugliata.
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Senza nulla togliere al pur bravo Edward Norton, apprezzabile in questo lavoro sia nel ruolo di regista che d'attore principale, forse reo di ripetuti monologhi del suo personaggio, un investigatore affetto da sindrome di Tourette, il quale si troverà invischiato in un caso segreto a causa del suo amico e capo dell'agenzia d'investigazione. La storia si svolge nella New York anni '50 senza riuscire mai a trovare uno svolgimento lineare e interessante navigando in acque complesse in una trama ingarbugliata. Nonostante il buon lavoro del cast tecnico, la sceneggiatura scade in dialoghi che non aiutano certamente a dare più solennità ad un film che alla fine non sappiamo come classificare...un po' di noir messo là alla meno peggio e una invalida presenza di thriller non danno la giusta dimensione ad un genere alquanto astratto. La partecipazione incolore di Willis non apporta molto se non a fare da specchietto per le allodole. Molto da vedere e poco da salvare.
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mirko
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mercoledì 19 agosto 2020
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norton, lo shiva del cinema
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Edward Norton non è un tipo molto malleabile. Lo sanno bene tutti quelli che hanno avuto tanto il privilegio quanto la sfiga di lavorargli accanto, lui stella fulgida del firmamento hollywoodiano che brilla talmente tanto da dare alle volte fastidio. C’è da dire che Norton di qualità ne ha molte: è quello che si definisce un attore “di metodo” che sa sprofondare in un ogni suo ruolo, è altresì un regista puntiglioso nonché uno scrittore in grado di appassionare. E tutte le sue qualità emergono candidamente in questa pellicola di ambientazione nuiorchese anni ‘50 che parla di un investigatore privato (Norton ça va sans dire) con la sindrome di Tourette che si avventura all’interno della criminalità locale per risolvere il caso dell’omicidio del suo mentore.
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Edward Norton non è un tipo molto malleabile. Lo sanno bene tutti quelli che hanno avuto tanto il privilegio quanto la sfiga di lavorargli accanto, lui stella fulgida del firmamento hollywoodiano che brilla talmente tanto da dare alle volte fastidio. C’è da dire che Norton di qualità ne ha molte: è quello che si definisce un attore “di metodo” che sa sprofondare in un ogni suo ruolo, è altresì un regista puntiglioso nonché uno scrittore in grado di appassionare. E tutte le sue qualità emergono candidamente in questa pellicola di ambientazione nuiorchese anni ‘50 che parla di un investigatore privato (Norton ça va sans dire) con la sindrome di Tourette che si avventura all’interno della criminalità locale per risolvere il caso dell’omicidio del suo mentore. Il regista Norton quindi dirige la star Norton in un giallo affascinante, lungo e impervio ma alla fine ampiamente gratificante. Ah, scritto e prodotto da Norton!
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felicity
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giovedì 4 giugno 2020
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sfilacciato, discontinuo, tremendamente ripetitivo
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Norton non si risparmia, ma non tutto nella sua visione fila liscio.
Il lato tecnico convince appieno, dalla ricostruzione storica ai tagli di luce che incorniciano e valorizzano le sequenze, come pure le scelte musicali intrise di jazz, sempre raffinate e perfette per celebrare il mito degli anni ’50 newyorchesi.
Anche il Norton interprete, dopo un’iniziale stridore in cui il virtuosismo sfiora la caricatura, conferma la duttilità dell’attore.
Ad appesantire la visione sono alcune scelte di sceneggiatura che anziché alleggerire una materia complessa, in cui i fatti come i personaggi sono tanti, opta per una scansione degli eventi ridondante, spesso raccontata in voice over, non sempre efficace.
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Norton non si risparmia, ma non tutto nella sua visione fila liscio.
Il lato tecnico convince appieno, dalla ricostruzione storica ai tagli di luce che incorniciano e valorizzano le sequenze, come pure le scelte musicali intrise di jazz, sempre raffinate e perfette per celebrare il mito degli anni ’50 newyorchesi.
Anche il Norton interprete, dopo un’iniziale stridore in cui il virtuosismo sfiora la caricatura, conferma la duttilità dell’attore.
Ad appesantire la visione sono alcune scelte di sceneggiatura che anziché alleggerire una materia complessa, in cui i fatti come i personaggi sono tanti, opta per una scansione degli eventi ridondante, spesso raccontata in voice over, non sempre efficace.
Il più delle volte lo spettatore ha tutto il tempo di anticipare ciò che accadrà.
Anche la regia, pur nella solidità dell’impianto, complica alcune sequenze come in preda a un’ansia dimostrativa e non trova sempre la necessaria fluidità.
Tra echi di Chinatown e L.A. Confidential gli stereotipi dell’hard boiled sono consapevolmente cavalcati, le suggestioni si moltiplicano, gli spunti di riflessione sono tanti, ma le svolte in cui il racconto si disperde sono troppe e ne limitano l’incisività e ridimensionano l’intrattenimento.
Motherless Brooklyn è un film che non manca di cuore, coraggio, ambizione.
La sceneggiatura conserva personaggi e atmosfere del romanzo, ma resta un adattamento completamente libero.
Il principale limite del film forse è proprio l’eccessiva stratificazione dell’operazione di riscrittura, che si distanzia dall’originale letterario e moltiplica i riferimenti cinematografici, ma soprattutto le implicazioni politiche e sociali.
Purtroppo, tanti elementi narrativi e drammaturgici, musicali e visivi, non trovano in Motherless Brooklyn il giusto equilibrio. E se il risultato doveva essere caotico ma sublime, il film risulta invece sfilacciato, discontinuo, tremendamente ripetitivo.
D’altra parte, Motherless Brooklyn è un film da 144 minuti: una durata veramente eccessiva, che denuncia una serie evidente di errori prima in fase di sceneggiatura, poi nella stessa regia di Edward Norton. Davvero un peccato, considerata la sua grande performance di attore, e la bravura di ogni singolo rappresentante del cast.
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giovedì 16 gennaio 2020
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cosa??
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La recitazione di Norton, su cui si regge gran parte della storia, è buona ma a tratti eccessivamente Actor's Studio, come quella di Willem Dafoe?
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jonnylogan
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mercoledì 27 novembre 2019
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america addio
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Frank Minna, proprietario di un’agenzia investigativa, muore assassinato in presenza di Lionel, un suo dipendente e amico fraterno, pesantemente afflitto dalla sindrome di Tourette ma che al tempo stesso è dotato di una mentalità brillante capace di portarlo alla soluzione di qualunque caso. Desideroso di scoprire chi abbia ucciso Frank, Lionel inizia a muoversi in presenza di pochi indizi che lentamente lo faranno avvicinare ai vertici politici della città.
La New York degli anni ’50 è ricostruita alla perfezione nelle mani di scenografi e direttori della fotografia al servizio di Ed Norton, alla sua seconda prova in cabina di regia e a diciannove anni di distanza dal precedente film, in quel caso si parlava di una commedia romantica nella quale impersonava un prete in chiara crisi mistica, mentre in questo caso per il poliedrico Norton significa un salto indietro nel tempo (siamo a metà dei ‘50ies) per immedesimarsi in un uomo problematico e orfano, legato in modo viscerale al suo capo e mentore, afflitto da problemi fisici dettati da una sindrome che lo rende simile, causa una memoria fotografica e un acume da fuori classe, al Raymond Babbitt di Rain Man, ma senza un Tom Cruise a caso al proprio fianco.
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Frank Minna, proprietario di un’agenzia investigativa, muore assassinato in presenza di Lionel, un suo dipendente e amico fraterno, pesantemente afflitto dalla sindrome di Tourette ma che al tempo stesso è dotato di una mentalità brillante capace di portarlo alla soluzione di qualunque caso. Desideroso di scoprire chi abbia ucciso Frank, Lionel inizia a muoversi in presenza di pochi indizi che lentamente lo faranno avvicinare ai vertici politici della città.
La New York degli anni ’50 è ricostruita alla perfezione nelle mani di scenografi e direttori della fotografia al servizio di Ed Norton, alla sua seconda prova in cabina di regia e a diciannove anni di distanza dal precedente film, in quel caso si parlava di una commedia romantica nella quale impersonava un prete in chiara crisi mistica, mentre in questo caso per il poliedrico Norton significa un salto indietro nel tempo (siamo a metà dei ‘50ies) per immedesimarsi in un uomo problematico e orfano, legato in modo viscerale al suo capo e mentore, afflitto da problemi fisici dettati da una sindrome che lo rende simile, causa una memoria fotografica e un acume da fuori classe, al Raymond Babbitt di Rain Man, ma senza un Tom Cruise a caso al proprio fianco. Norton mette mano al romanzo fiume di Jonathan Lethem, predecessore de La Fortezza della Solitudine che lo ha reso famoso a livello mondiale, rendendo un omaggio a tre dimensioni sia alla Grande Mela sia al genere Hard Boiled tanto caro ai film polizieschi e di azione proprio dei ’50 e con una palese strizzata di occhi a Chinatown. Il risultato finale è però ben distante dal film di Roman Polansky. Pur riuscendo a rapire lo spettatore con una prova interpretativa maiuscola e che già in passato, nel ruolo di un disabile, lo aveva portato a un passo dall’Oscar, Norton in cabina di regia non riesce a graffiare fino in fondo. A causa di una città che si fatica a inquadrare nel periodo storico di appartenenza e non certo per demeriti di una ricostruzione certosina ma causa dialoghi e situazioni che non appartengono di certo al 1954. Una pellicola che tiene comunque con il fiato sospeso sino alle ultime incollature, che fa riflettere e specchiare l’America di oggi in quella di ieri ma che comunque non convince appieno.
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ghisi gr�tter
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sabato 23 novembre 2019
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mani sulla città
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“Motherless Brooklyn” costituisce una buona prova di Edward Norton alla regia. Tratto dal romanzo noir omonimo di Jonatham Lethem del 1999, l’attore-regista ne firma anche la sceneggiatura.
L’esordio come regista era stato 19 anni fa con un film divertente “Tentazioni d’amore”, dove un prete cattolico e un rabbino, si contendevano l’amore per una ragazza, tutti amici ed ex compagni di scuola.
Ambientato nella New York negli anni Cinquanta, “Motherless Brooklyn” narra la storia di un giovane investigatore affetto dalla sindrome di Tourette, una sorta di tic nervoso che lo porta a dire ogni tanto cose strane girando la testa da un lato.
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“Motherless Brooklyn” costituisce una buona prova di Edward Norton alla regia. Tratto dal romanzo noir omonimo di Jonatham Lethem del 1999, l’attore-regista ne firma anche la sceneggiatura.
L’esordio come regista era stato 19 anni fa con un film divertente “Tentazioni d’amore”, dove un prete cattolico e un rabbino, si contendevano l’amore per una ragazza, tutti amici ed ex compagni di scuola.
Ambientato nella New York negli anni Cinquanta, “Motherless Brooklyn” narra la storia di un giovane investigatore affetto dalla sindrome di Tourette, una sorta di tic nervoso che lo porta a dire ogni tanto cose strane girando la testa da un lato. È come se avesse una seconda personalità anarchica, che lo chiama Bailey e gli fa produrre suoni e parolacce: un tic irrefrenabile che aumenta nei casi di tensione nervosa e che costituisce un vero e proprio handicap.
Lionel Essrog (interpretato da Edward Norton), detto Brooklyn, è un ragazzo, un po' come gli autisti, dotato di una memoria sorprendente, ricorda a memoria ogni dettaglio di una conversazione. Cresciuto in un orfanotrofio, dopo la morte prematura della madre, si era legato a Frank Minna (interpretato da Bruce Willis) che lo aveva preso a protezione.
Frank ha un’agenzia che, sotto copertura, si occupa di investigazioni private, dove oltre a Lionel lavoravano altre due persone: Tony e Gilbert (Bobby Cannavale e Ethan Suplee). Un giorno, dopo aver scoperto qualcosa di grosso che non ha rivelato ai suoi, viene picchiato e ucciso. Lionel si mette in testa di scoprire cosa avesse scoperto e chi erano i mandanti dell’omicidio del suo mentore.
Così il film si dispiega lungo le strade della città dove Lionel porta avanti le sue ricerche tra Harlem, Brooklin e il Queens, scavando nei torbidi rapporti dei politici amministratori assetati di potere. Facendosi passare per un giornalista del Post, conosceràLaura Rose (la bellissima Gugu Mbatha-Raw), che lavora con la combattiva Gabby Horowitz (interpretata da Cherry Jones)contro la gentrificazione: i quartieri poveri e delle minoranze vengono acquistati e demoliti, costringendo i residenti ad abbandonare le loro abitazioni.
Il capitalismo, infatti, utilizza l’inarrestabile progresso tecnologico per sottolineare le differenze sociali e per sfruttare la povera gente. A livello urbano la costruzione di parchi e di spiagge sono il contentino populista che i costruttori danno ai cittadini newyorkesi in cambio di demolizioni di interi quartieri. L’applicazione della politica di urban renewal non tiene conto delle reali esigenze degli abitanti e, invece di incentivare le infrastrutture primarie e i servizi di quartiere, gli amministratori privilegiano le “grandi opere” creando il malcontento nella popolazione. Verso la fine del film, nei locali di una piscina coperta, Moses Randolph (Alec Baldwin) - costruttore e Assessore all’urbanistica, la vera anima nera della città - spiegherà al protagonista come il “potere” faccia fuori ogni ostacolo si frapponga al suo esercizio, in una terribile ma esatta descrizione. Come non riscontrare un riferimento al famoso urban planner Robert Moses che in quel periodo fu Presidente della Commissione del Parco Statale di Long Island, costruì due campus per due fiere internazionali e, qualche anno più tardi, farà elaborare un plastico della città di New York in scala 1:200 per l’Expo internazionale (New Year World’s Fair) del 1964?
Edward Norton è molto bravo nell’impersonare Lionel con i suoi tic, così come aveva già dimostrato nel doppio ruolo di Aaron-Luke, lo schizofrenico protagonista di “Schegge di paura” di Gregory Holbit del 1996. Questo improbabile Marlowe condivide con Elliot Gould de “Il lungo addio” (Robert Altman, 1973) una notevole simpatia, ma anche la compagnia di un gatto, come segno del voler colmare la propria solitudine.
Splendida è la ricostruzione urbana della New York di quegli anni di Beth Mickle, così come la musica jazz che accompagna tutto il film.
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