L'hotel degli amori smarriti

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Un film di Christophe Honoré. Con Chiara Mastroianni, Vincent Lacoste, Camille Cottin, Benjamin Biolay.
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Titolo originale Chambre 212. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 86 min. - Francia 2019. - Officine Ubu uscita giovedì 20 febbraio 2020. MYMONETRO L'hotel degli amori smarriti * * 1/2 - - valutazione media: 2,82 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Una commedia tra l'onirico e il surreale

di francesca meneghetti


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domenica 28 giugno 2020

Chi si aspetta di vedere la solita spumeggiante commedia-champagne francese può restare deluso, ma, se lascia da parte aspettative e preconcetti, troverà davvero originale questo film, dal titolo italiano molto più bello di quello originale (Chambre 212).
Cominciamo con un dettaglio apparentemente secondario. Il film è ambientato a Montparnasse, in Rue Delambre, ricostruita negli studios (quella che sfocia alla stazione metro Edgar-Quinet, dove la scrittrice Fred Vargas ha ambientato il giallo “Parti in fretta e non tornare”). Questa via vissuta in tempi diversi da pittori, artisti, scrittori, tra cui Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre, padre dell’esistenzialismo francese. Entrambi frequentavano il bar di stile retro (anni ’30) denominato Rosebud, ancora esistente e aperto nel 1962. L’insegna del bar e il suo interno sono ripresi nel film. La domanda è: Rue Delambre possiede casualmente queste note distintive o è stata scelta proprio per queste? La domanda è retorica: ovvio che sì, è stata scelta. Anche per il bar Rosebud? Anche e soprattutto, direi. E non solo perché in odore di esistenzialismo, ma proprio per il nome. Chi ama il cinema, avrà visto almeno una volta “Quarto Potere” (Citizen Kane), là dove Rosebud è l’estrema parola pronunciata dal magnate della stampa, morente. Il film ha l’andamento di un’inchiesta, tesa a scoprire il significato di quella parola segreta. Uno degli ultimi fotogrammi inquadra una slitta rossa, su cui Kane giocava da bambino, dato alle fiamme, e a un certo punto si nota un etichetta con la dicitura Rosebud. E’ quella la soluzione? Forse sì, ma senza certezza assoluta.
Il lettore non si spaventi: questa lunga premessa sta qui, non nel film, ma serve a sostenere una tesi: che ci sia uno spessore filosofico dietro a una trama che potrebbe ridursi banalmente a una storia di corna. C’è infatti una coppia in crisi. Lui, Richard è sciatto e pantofolaio. Lei, docente universitaria, è una MILF ninfomane attratta dai ragazzi. Quando lui scopre la tresca di Marie con Asdrubale, un giovane maschio alfa dal nome guerriero (suo allievo), ne scaturisce un litigio. Lui si chiude in camera, lei abbandona la casa, ma non troppo: infatti prende una camera, la 212, dall’hotel dirimpettaio, da cui può controllare i movimenti del marito.
Inizia così una lunga e agitata notte, che scivola lungo un registro tra l’onirico e il surreale (con occhieggiamenti al genio cinematografico di Luis Buñuel). Essa notte si svolge in spazi chiusi, ma non fissi, in quanto, a rendere dinamica l’azione, sono le carrellate orizzontali che seguono gli spostamenti ansiosi di Richard nel suo ampio appartamento (o quelle dall’alto, riprese da un osservatore immaginario che avesse scoperchiato i soffitti), o quelli di Maria nella camera 212 e in quelle vicine, sottolineate da un gioco apri-chiudi di porte, per effetto di venti misteriosi. La tecnica è quasi teatrale.
Entrambi i protagonisti incontrano persone del loro passato, che hanno però connotazioni materiche, fisiche: certo non sembrano fantasmi. Così compare la maestra di piano di Richard, che lo iniziò al sesso da ragazzino, e che ora compare da sola, ora con un lattante, ora con un bambolotto; gli amanti di Maria; sua madre e sua nonna; la sua stessa coscienza, sotto forma di un Aznavour in panni volgari, e Richard da giovane. Questo Richard fa passare in secondo piano i giovani amanti degli ultimi anni: tra lui e Maria sono ancora scintille. Il risultato è che l’antagonista di Richard adulto, che resiste alle moine tentatrici della maestra di piano, non è un altro, come di solito accade nelle commedie, ma lo stesso Richard da giovane.
Che cosa rende diversi i due uomini? Ovviamente in venti o trent’anni il corpo di trasforma, (senza entrare in dettagli ahimè noti). Ma forse si imbolsisce anche l’anima, perdendo quei guizzi e quegli scatti che la rendevano attraente. E qual è la ragione per cui a un certo punto una storia d’amore finisce, o sembra finire? Nel film, essa sembra rinascere da un fuoco purificatore, come l’araba fenice (le fiamme, nella dimensione onirica o simbolica, avvolgono a un certo punto l’appartamento della coppia). E non diciamo altro. Il fuoco: come quello che avvolgeva la slitta Rosebud. Non è intrigante tutto ciò?
Si aggiunga la bravura della protagonista, Chiara Mastroianni, figlia di due mostri del cinema: Catherine Deneuve e Marcello.

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