ashtray_bliss
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mercoledì 9 ottobre 2019
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avventurosa fuga tra pakistan e india.
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E' difficile capire cosa intendesse fare col soggetto in questione tra le mani Michael Winterbottom, regista irregolare e diseguale che ha firmato lavori mediocri accostandoli ad altri ben più rilevanti e memorabili (Genova,The Killer Inside Me). Difficile poichè The Wedding Guest pare non avere una direzione o un'idea precisa che lo diriga in quanto inizia in un modo, prosegue in un altro e finisce in uno completamente diverso. Probabilmente il movente più significativo era l'esigenza o il desiderio di collaborare con Dev Patel, attore di origini indiane di una bravura e intensità stupefacente come ha dimostrato recentemente in Leon (2016) ma che qui si ritrova confinato in ruolo fuori dalla sua portata, che non permette e nemmeno invita ad una caratterizzazione più approfondita ma che comunque rispetta i clichè del genere action-thriller.
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E' difficile capire cosa intendesse fare col soggetto in questione tra le mani Michael Winterbottom, regista irregolare e diseguale che ha firmato lavori mediocri accostandoli ad altri ben più rilevanti e memorabili (Genova,The Killer Inside Me). Difficile poichè The Wedding Guest pare non avere una direzione o un'idea precisa che lo diriga in quanto inizia in un modo, prosegue in un altro e finisce in uno completamente diverso. Probabilmente il movente più significativo era l'esigenza o il desiderio di collaborare con Dev Patel, attore di origini indiane di una bravura e intensità stupefacente come ha dimostrato recentemente in Leon (2016) ma che qui si ritrova confinato in ruolo fuori dalla sua portata, che non permette e nemmeno invita ad una caratterizzazione più approfondita ma che comunque rispetta i clichè del genere action-thriller. Rispecchiando tali clichè Jay (Patel) risulta distaccato, riservato e calcolatore, almeno fino a circa metà di questa avventurosa fuga on the road.
Ma in realtà è l'incipit e lo sviluppo stesso della pellicola a risultare carente e insoddisfacente poichè si tratta della rivisitazione di quello schema narrativo talmente derivativo e carente di idee originali o frizzanti da rendersi fastidioso e tedioso.
L'unica nota assolutamente positiva deriva infatti dalla scelta della location e dalla fotografia; quella del confine tra Pakistan e India, due paesi e regioni così vicine ma diverse cariche di fascino, mistero, colore, frastuono e folklore. A onor del vero anche le premesse che sorreggono la trama sono più che encomiabili e valide e quindi meritavano di essere trattare diversamente, con la dovuta serietà e spessore trattandosi di problematiche sociali intrinsecamente legate al tessuto sociale dei Paesi interessati. Parliamo ovviamente del fenomeno dei matrimoni combinati, una pratica estremamente diffusa e profondamente radicata tanto da non risparmiare nemmeno le famiglie delle classi sociali più alte e colte del paese. Una pratica incompatibile coi diritti umani che mina direttamente la libertà di disporre del proprio corpo e decidere per se stessi, che trova decisamente contraria la destinataria Samira (Apte) la quale insieme al suo fidanzato indiano escogita un piano mefistofelico. Quello di essere rapita e trasportata oltre confine in India per poi poter continuare la sua fuga insieme al suo uomo. Jay è l'incaricato che a sua volta parte da Londra con destinazione il Pakistan per attuare questo pericoloso piano. L'uomo, un sicario professionista, sembra perfettamente a suo agio nel comprare armi, noleggiare auto diverse usando identità fasulle, giungere a destinazione e famigliarizzare col posto e con gli invitati a nozze. Purtroppo il suo meticoloso piano viene interrotto da un contraccolpo inaspettato, una sparatoria e una vittima a casa della promessa sposa. Quello che sembrava un piano perfetto si trasforma quindi in una fuga vera e propria nel tentativo di evitare l'arresto e il ritorno di Samira nelle mani della sua famiglia.
Purtroppo questa è anche la parte in cui il film inizia a prendere una drastica svolta, e da action thriller dal inizio serrato e credibile rallenta la sua corsa puntando lentamente ma progressivamente verso il romance, grazie sopratutto alla buona intesa che si instaura tra i principali protagonisti. Samira avvia così un gioco di seduzione che non lascia indifferente Jay, inizialmente algido, calcolattore e distaccato con unico scopo quello di portare a termine la missione per incassare la cospicua somma di denaro promessagli. Mentre i due continuano il loro viaggio attraverso l'India scoppia una lenta ma incandescente passione che resiste fino all'inatteso e agrodolce finale.
Senza infamia e senza lode, all'ultima fatica del regista brittanico manca un vero e proprio orientamento di genere e quella necessaria carica esplosiva che dovrebbe incrementare l'interesse, trasmettere suspense ed infine coinvolgere attraverso anche la spettacolarizzazione e l'intrattenimento. Purtroppo, nonostante due buone performance attoriali (nonostante un bravo Patel non proprio a suo agio nel ruolo del sicario) e un prologo interessante e promettente il film non sembra mai voler decollare ma piuttosto seguire uno schema pre-definito, superficiale e parecchio deludente. Privo di un vero e proprio colpo di scena, di sequenze d'azione particolarmente intriganti o memorabili, quelle scene di romance da manuale unite ad una caratterizzazione superficiale e sterile dei principali protagonisti della storia da non renderli mai abbastanza emotivamente coinvolgenti sono i difetti principali che si individuano nella pellicola in questione. Forse però, il lato che amareggia e delude maggiormente proviene dal mancato approfondimento della principale tematica sottostante; i matrimoni combinati e le carenti politiche per contrastare il fenomeno. Quì il disturbante fenomeno diventa quasi una nota a margine, un semplice espediente per sorreggere e giustificare gli eventi a seguire.
Si salva pienamente l'ambientazione e la fotografia comprensiva delle caotiche città e strade indiane così come di quella natura unica, selvaggia e incontaminata mentre si apprezza la chimica abbastanza realistica e verosimile che si instaura tra Patel e Apta. Il risultato finale è comunque debole e al di sotto delle aspettative. Un film passabile per una serata uggiosa dove le alternative scarseggiano ma presto dimenticabile. Voto: 2/5.
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elgatoloco
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mercoledì 29 aprile 2020
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curioso quasi-thriller
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"The Wedding Guest"(Michael Winterbottom, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2018)è un quasi-thiller, non un vero thriller, in quanto la vicenda, con un inzi<le rapimento di una ragazza(che in realtà non vuole accettare un matrimonio imposto, dunque sfida la convenzione religiosa-civile del suo popolo, quello pakistano, di religione islamica), dove il"rapitore"è in qualche modo assoldato dal fidanzato della stessa. C'è da dire che il"dopo"(ll fatto che il rapitore uccida un uomo durante la fuga dal luogo del matrimonio, poi uccida il fidanzato della ragazza, con cui questa ha successivamente litigato in modo serio, irrimediabile)aggiunge non tanto "pathos"da"trhiller", ma da road movie, da film"drammatico d'avventura"(così potrebbe recitare la definizione di genere o sottogenere filmico, semmai), mentre le cose non vanno decisamente verso un climax da thriller, dato che movente e responsabile ci sono noti, fin dall'inizio, anzi si dichiarano come tali.
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"The Wedding Guest"(Michael Winterbottom, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2018)è un quasi-thiller, non un vero thriller, in quanto la vicenda, con un inzi<le rapimento di una ragazza(che in realtà non vuole accettare un matrimonio imposto, dunque sfida la convenzione religiosa-civile del suo popolo, quello pakistano, di religione islamica), dove il"rapitore"è in qualche modo assoldato dal fidanzato della stessa. C'è da dire che il"dopo"(ll fatto che il rapitore uccida un uomo durante la fuga dal luogo del matrimonio, poi uccida il fidanzato della ragazza, con cui questa ha successivamente litigato in modo serio, irrimediabile)aggiunge non tanto "pathos"da"trhiller", ma da road movie, da film"drammatico d'avventura"(così potrebbe recitare la definizione di genere o sottogenere filmico, semmai), mentre le cose non vanno decisamente verso un climax da thriller, dato che movente e responsabile ci sono noti, fin dall'inizio, anzi si dichiarano come tali. Anche la storia d'amore, la love story, in realtù"opinabile"che si crea tra ragazza e rapitore è tale solo in parte, come dimostrerà anche il finale, in qualche modo"open"e certamente deludente per molti(e spettatori (spttatrici, soprattutto per queste ultime, forse, ma non è neppure detto). Dewtto questo, road movie tra Pakistan e India, dove bisognerebbe conoscere un po'di storia: dopo la liberazione dlel'India, si creano, ad opera del Pandit Nehru, due stati: l'India(o Hindustan), di religione hindue, inuista e il"Pakistan", di religione islamica. I due ragazzi protagonisti e anche il fidanzato, che fa, invero per breve tempo, da"tritagonista", sono sostanzialmente alieni da queste appartenenze, pur essendo pakistani, nati , però o comunque cresciuti in London, dunque sostanzilkamente di cultura inglese, pur considerando le radici pakistane-islamiche...ma si muovono nel quadro di cui sopra, di cui bisogna tener conto, viste anche le continue frizioni tra i due paesi(la generosa utopia di Nehru si era da subito infranta contro la realtà), che nel film non emergono:come abitualmente si dice-"più di tanto".... Bravi i due interpreti, Deva Patel(l'uomo)e Radhkia Apter(la donna)in un film dal quale, pur con tutte le"attenuanti concesse"(di cui alcune enumerate qui sopra)sarebbe stato lecito e forse necessario apsettare qualcosa di più, ma---bisogna accontentarsi. El Gato.
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