cardclau
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giovedì 1 novembre 2018
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il ghiotto bocconcino per la santa inquisizione
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Pensiamo di conoscere il potere e la sua sete, a qualsiasi livello esso sia, ma non è così. Noi non lo conosciamo mai abbastanza bene, e siamo quindi spesso incapaci a prepararci, a prevederne le mosse, o perlomeno ad opporci. O ci limitiamo, per difendere il fondo delle nostre brache, ad essere conniventi. Mentre lui sa con che polli ha a che fare, e che con un’appropriata violenza, sia essa fisica, mentale, o entrambe, associata ad un controllo persecutorio, scomodando perfino Dio o facendo leva sul nostro senso di colpa e la proiezione, riesce spesso nel suo intento maligno. Ma probabilmente stiamo scomodando un essere inesistente dell’immaginario collettivo, il diavolo, attribuendo a lui, poveretto, ciò che è di nostra pertinenza e responsabilità.
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Pensiamo di conoscere il potere e la sua sete, a qualsiasi livello esso sia, ma non è così. Noi non lo conosciamo mai abbastanza bene, e siamo quindi spesso incapaci a prepararci, a prevederne le mosse, o perlomeno ad opporci. O ci limitiamo, per difendere il fondo delle nostre brache, ad essere conniventi. Mentre lui sa con che polli ha a che fare, e che con un’appropriata violenza, sia essa fisica, mentale, o entrambe, associata ad un controllo persecutorio, scomodando perfino Dio o facendo leva sul nostro senso di colpa e la proiezione, riesce spesso nel suo intento maligno. Ma probabilmente stiamo scomodando un essere inesistente dell’immaginario collettivo, il diavolo, attribuendo a lui, poveretto, ciò che è di nostra pertinenza e responsabilità. Nell’ottimo film di Desiree Akhavan, La Diseducazione di Cameron Post, ne vediamo alcuni aspetti. La storia racconta di Cameron Post e di un gruppo di adolescenti (tutti bravi, e una splendida Chloë Grace Moretz) che si trovano dalla parte decisamente “sbagliata”, perché le ragazze non cercano i ragazzi, e i ragazzi non cercano le ragazze, ma hanno una “terribile” confusione di gender e provano una “pericolosissima” attrazione sessuale verso le persone dello stesso sesso. Decisamente innocua non attentando alla libertà di chi non lo pensa allo stesso modo, e dipendente solo dalla sacralità con cui è vissuta la relazione. Chi si permette quindi di decidere cosa è giusto e sbagliato, cosa significa rispettare o non rispettare una norma, decisa nientemeno che dal Padre Eterno? Le famiglie, o i loro succedanei, si permettono di esprimere un inappellabile giudizio sulla inidoneità di quel comportamento sì “aberrante”, e mettono in moto delle misure per raddrizzare quei rami così storti. Trovando in una certa Chiesa preconciliare e fanatica, serva e assetata di potere, un prezioso alleato. Usando una resort per adolescenti temporaneamente deviati, facendo leva sul peccato, il senso di colpa, e la pseudo psicologia, cerca di saziare la sua sete. Ma nella Bibbia la parola peccato significa fallire il bersaglio, non trasgredire ad un ordine. Dio ci ha creati liberi, non marionette che devono ottemperare ai suo comandi, può solo dispiacersi se prendiamo delle decisioni che mettono in pericolo noi o il prossimo. In questo clima di violenza psicologica e appiccicosa alcuni ragazzi prevedibilmente soccombono, altri riescono invece ad uscirne fuori, indenni da questa bufera.
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flyanto
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mercoledì 7 novembre 2018
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quando essere se stessi è un male
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Con la “La Diseducazione di Cameron Post” la regista Desiree Akhavan affronta la delicata tematica dell’omosessualità e soprattutto avanza una denuncia su certi cosiddetti centri di recupero che tanto proliferano negli Stati Uniti dove, in pratica, si cerca di sopprimere o correggere la spontanea e libera natura umana degli individui.
La protagonista del film è un’adolescente orfana la quale si è innamorata, ricambiata, di una sua compagna di classe e la giovane, vivendo in un ambiente bigotto e profondamente religioso e con una zia fervente cattolica, ha subito intuito che è meglio tenere nascosto agli altri questo particolare legame sentimentale.
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Con la “La Diseducazione di Cameron Post” la regista Desiree Akhavan affronta la delicata tematica dell’omosessualità e soprattutto avanza una denuncia su certi cosiddetti centri di recupero che tanto proliferano negli Stati Uniti dove, in pratica, si cerca di sopprimere o correggere la spontanea e libera natura umana degli individui.
La protagonista del film è un’adolescente orfana la quale si è innamorata, ricambiata, di una sua compagna di classe e la giovane, vivendo in un ambiente bigotto e profondamente religioso e con una zia fervente cattolica, ha subito intuito che è meglio tenere nascosto agli altri questo particolare legame sentimentale. Poiché, però, durante il ballo di fine anno scolastico la ragazza viene sorpresa in atteggiamenti intimi con l’amica, viene mandata dalla zia in un centro di ‘recupero’ religioso dove i giovani che hanno tendenze omosessuali sono ‘rieducati’ al fine di abbandonarle definitivamente in quanto ritenute oralmente disdicevoli. Nel corso delle giornate trascorse al centro la protagonista, che mal sopporta l’ambiente dove è stata relegata ed i suoi programmi di recupero, fa la conoscenza di altri due ragazzi con cui, sentendosi sempre più in sintonia, riuscirà a fuggire pronta di sentirsi finalmente libera di essere se stessa.
Sembra completamente assurdo che possano esistere delle comunità di questo tipo che, invece, negli Stati Uniti sono così tanto diffuse e permesse dal sistema legislativo locale. Rifacendosi all’omonimo romanzo della scrittrice Emily Danforth, “La Diseducazione di Cameron Post” è, dunque, tutta tesa a dimostrare l’aberrazione e la violenza psicologica che regnano in tali centri i quali, in nome di chissà quale principio religioso o meno, tendono ad annullare l’individualità delle persone ed inculcare loro anche grossi e profondi sensi di colpa al fine di cambiarle nel più intimo. Una denuncia, insomma, di una certa forza contro un sistema inammissibile da parte della Akhavan la cui regia, lineare e rigorosa per tutta la durata del film, con un andamento volutamente lento e scandito, tendente talvolta anche alla noia, è tesa a rispecchiare nella maniera più aderente l’ambiente chiuso e rigido, nonché il programma stesso di recupero, della suddetta comunità.
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