marialuisazuccherino
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lunedì 1 gennaio 2018
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tema : il fallimento dei sogni.
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a parte i richiami colti o letterari il tema dell'insoddisfazione e del fallimento perchè dovrebbero essere dimenticati se per essi il regista sente attrazione?
Nessuno dei suoi personaggi realizza quello che vuole, tutti sono in attesa di fare altro e in particolare uno di esse,Genny, con la sua insoddisffazione, vorrei dire bovarismo, la sua passione irragionevole, è il motore di una tragedia che colpisce tutti i personaggi che le ruotano intornoNon perché un'immagine è diventata metatafora di qualche cosa che ormai tutti riconoscono bisogna smetterla di usarla. La ruota, metafora della vita, e il suo percorso, sempre uguale, non porta da nessuna parte.
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a parte i richiami colti o letterari il tema dell'insoddisfazione e del fallimento perchè dovrebbero essere dimenticati se per essi il regista sente attrazione?
Nessuno dei suoi personaggi realizza quello che vuole, tutti sono in attesa di fare altro e in particolare uno di esse,Genny, con la sua insoddisffazione, vorrei dire bovarismo, la sua passione irragionevole, è il motore di una tragedia che colpisce tutti i personaggi che le ruotano intornoNon perché un'immagine è diventata metatafora di qualche cosa che ormai tutti riconoscono bisogna smetterla di usarla. La ruota, metafora della vita, e il suo percorso, sempre uguale, non porta da nessuna parte. e allora? si chiama :fallimento. Questo è uno dei temi che stanno a cuore al regista.
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maumauroma
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lunedì 1 gennaio 2018
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la ruota delle meraviglie
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Woody Allen non finisce mai di stupire. L' ultraottantenne regista newyorkese firma in pratica un film ogni anno, regalandoci sempre prodotti di qualita'. E' vero, forse negli ultimi tempi la sua vena creativa si era un po' affievolita., ma i suoi prodotti erano comunque dignitosi. Quest' ultima sua opera e' invece da considerarsi tra le migliori della sua intera filmografia. La Ruota delle Meraviglie si offre come un vero e proprio omaggio al Teatro. A questa arte millenaria che ha accompagnato la civilta' umana,e che continua anche oggi ad affascinare e a stupire . Il Teatro come rappresentazione, metafora e sintesi delle nostre vite. Sui Palcoscenici prendono energia e forma tutte le complessita' dell' anima umana.
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Woody Allen non finisce mai di stupire. L' ultraottantenne regista newyorkese firma in pratica un film ogni anno, regalandoci sempre prodotti di qualita'. E' vero, forse negli ultimi tempi la sua vena creativa si era un po' affievolita., ma i suoi prodotti erano comunque dignitosi. Quest' ultima sua opera e' invece da considerarsi tra le migliori della sua intera filmografia. La Ruota delle Meraviglie si offre come un vero e proprio omaggio al Teatro. A questa arte millenaria che ha accompagnato la civilta' umana,e che continua anche oggi ad affascinare e a stupire . Il Teatro come rappresentazione, metafora e sintesi delle nostre vite. Sui Palcoscenici prendono energia e forma tutte le complessita' dell' anima umana. Passioni, vendette, intrighi, ipocrisie, gelosie, odio, ideali, amori. Qui, nel colorito Luna Park, lungo la spiaggia di Coney Island, negli anni 50, Allen ci racconta le vicende di Mickey, un bagnino intellettuale rubacuori quasi a sua insaputa, di Ginny, donna piacente insoddisfatta e frustrata, di Humpty,suo secondo marito, gia' vittima di una precoce vedovanza, uomo rozzo ma non cattivo, della figlia di lui Carolina, un po' svampita, che abbandono' anni prima il padre per un amore violento e sbagliato, e del figlio di Ginny, un bimbetto smorfioso, cinefilo e piromane. Ognuno dei protagonisti ha un passato da raccontare, ognuno ha una storia ancora da vivere. Con ognuno di essi si potrebbe creare una piece teatrale. Nello svolgersi della vicenda il regista americano non attribuisce giudizi morali, per lui non esistono colpevoli o innocenti. Perche' in realta' tutti sono a loro insaputa artefici e vittime di fattori casuali, perche' e' il Caso a determinare le nostre vite.
La sceneggiatura scritta dallo stesso Allen, risulta piana, chiara, con una mirabile logica sequenziale, quasi come la dimostrazione di un teorema. E riesce alla perfezione a farci sentire in simbiosi con le tempeste di sentimenti che scuotono gli animi dei personaggi, a volte con il suo classico tocco di leggerezza e di ironia, piu' spesso affondando il bisturi nelle piaghe e nelle pieghe delle passioni con una durezza inedita. Grande prova degli attori, in particolare quelle di Belushi e di Winslet. Come sempre all' altezza la fotografia di Sturaro, con i suoi vivaci colori pastello,e con le sue inarrivabili pennellature di luci e ombre sui volti dei protagonisti e dei luoghi.
Un omaggio al Teatro, dunque. Ma solo il Cinema con la sua energia, come un fuoco che guizza forte e vitale, poteva tributarglielo
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fabiofeli
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domenica 31 dicembre 2017
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il sogno americano turbato da ananke
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Caroline (Juno Temple), una bella ragazza spaurita, cerca il padre, Humpty (Jim Belushi, fratello minore dell’indimenticabile John), che lavora nel grande parco dei divertimenti di Coney Island, penisola a sud di Brooklin. Siamo negli anni ’50 e Carolina, abbindolata da galanteria e ricchezza di un giovane gangster ha commesso l’errore di sposarlo; in seguito l’FBI l’ha costretta a rivelare qualche malefatta del marito ed ora cerca di nascondersi per sfuggire alla ritorsione della gang. Una voce fuori campo accompagna Caroline descrivendo il luogo: chi parla è Mickey (Justin Timberlake), che appare seduto sotto un ombrellone.
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Caroline (Juno Temple), una bella ragazza spaurita, cerca il padre, Humpty (Jim Belushi, fratello minore dell’indimenticabile John), che lavora nel grande parco dei divertimenti di Coney Island, penisola a sud di Brooklin. Siamo negli anni ’50 e Carolina, abbindolata da galanteria e ricchezza di un giovane gangster ha commesso l’errore di sposarlo; in seguito l’FBI l’ha costretta a rivelare qualche malefatta del marito ed ora cerca di nascondersi per sfuggire alla ritorsione della gang. Una voce fuori campo accompagna Caroline descrivendo il luogo: chi parla è Mickey (Justin Timberlake), che appare seduto sotto un ombrellone. E’ un giovane atletico come un bagnino, un ex-marine che fa proprio il bagnino sulla spiaggia newyorchese. Anticipa che sarà protagonista della storia. Caroline, dopo aver chiesto indicazioni, raggiunge un bar dove lavora l’attuale moglie del padre, Ginny (Kate Winslet), che, sapendo che Humpty non vuole più vedere sua figlia, tentenna un po’, ma poi la conduce a casa. In effetti quando rincasa l’uomo fa fuoco e fiamme: non ha mai perdonato a Caroline il matrimonio con il mafioso; ma si calma apprendendo della rottura avvenuta: si convince a ospitarla, nonostante il rischio di una visita della banda mafiosa, perché la figlia è disposta a lavorare nel bar con Ginny e a riprendere a studiare per andare poi all’università. Ma che c’entra il bagnino con la storia? si chiede lo spettatore. C’entra eccome, ma non va raccontato …
Il film di Woody Allen, pur divertendo per i dialoghi e le situazioni che si susseguono ingarbugliandosi come di consueto nei suoi film, ha una struttura drammatica e, anche se la storia è girata con diversi esterni – veri e/o ricostruiti perfettamente per l’ambientazione di 60-70 anni fa, anche con l’aiuto della digitalizzazione –, l’impianto è di stampo teatrale. La sceneggiatura descrive alti e bassi dei personaggi, come se essi stessero negli abitacoli della Ruota delle meraviglie o sulle montagne russe: Ginny e Caroline desiderano una nuova vita che cancelli il loro passato, l’una con il fardello di un figlio adolescente piromane, l’altra con un matrimonio sbagliato alle spalle; Humpty, vedovo della prima moglie e appena uscito da un problema di alcolismo grazie alla seconda, spera che sua figlia si laurei; Mickey, dopo che la guerra ha interrotto i suoi studi, vuole diventare un drammaturgo. E’ il grande sogno americano di una vita piena d’amore e di successo, turbato da un destino maligno in agguato, quasi fosse la divinità greca Ananke. Le recitazioni di Kate Winslet (la ‘Rose’ di Titanic, candidata all’Oscar come migliore attrice sette volte, vincitrice una sola volta nel 2009 per la parte in The reader di S. Daldry) e di Jim Belushi sono esemplari nello scolpire a tutto tondo Ginny e Humpty, al punto tale che mettono un po’ in ombra i due pur bravi coprotagonisti giovani. Un discorso a parte merita la fotografia. Storaro ha curato in modo particolare luci e colori: nel lungo piano-sequenza iniziale si percepisce chiaramente che la fotografia soprasatura ricalca il technicolor dei film anni ’50 e il gusto delle riviste fotografiche dell’epoca, come Esquire e National Geographic; nel prosieguo del film i riflessi caldi – arancio, giallo, rosso – su Ginny e quelli freddi su Caroline – celesti e azzurri - parlano dei loro stati d’animo. Un ottimo Woody Allen. Da vedere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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michelecamero
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venerdì 29 dicembre 2017
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il dovere di andare a cinema quando c'è w. allen
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L’ultima fatica di Woody Allen ambientata nella Coney Island degli anni ‘50 assomiglia molto alle sue immediatamente precedenti sia per quanto attiene ai temi trattati che per quanto riguarda la tecnica della narrazione. Infatti anche in questo film lui snocciola una storia servendosi di una voce narrante che qui è prestata da uno dei protagonisti stessi, un bagnino con aspirazioni da commediografo. Gli altri soggetti sono una ex attrice dai fragili equilibri psico - fisici, magnificamente interpretata da Kate Winstlet ((da tenere d’occhio la sua interpretazione in ottica Oscar). Ginny, la Winstel, fa la cameriera in un ristorante di mare, con un figlio piromane che quando non appicca fuochi si rinchiude in una sala cinematografica (omaggio di Allen al Cinema anche come strumento di fuga dalla realtà?).
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L’ultima fatica di Woody Allen ambientata nella Coney Island degli anni ‘50 assomiglia molto alle sue immediatamente precedenti sia per quanto attiene ai temi trattati che per quanto riguarda la tecnica della narrazione. Infatti anche in questo film lui snocciola una storia servendosi di una voce narrante che qui è prestata da uno dei protagonisti stessi, un bagnino con aspirazioni da commediografo. Gli altri soggetti sono una ex attrice dai fragili equilibri psico - fisici, magnificamente interpretata da Kate Winstlet ((da tenere d’occhio la sua interpretazione in ottica Oscar). Ginny, la Winstel, fa la cameriera in un ristorante di mare, con un figlio piromane che quando non appicca fuochi si rinchiude in una sala cinematografica (omaggio di Allen al Cinema anche come strumento di fuga dalla realtà?). E’ una donna scontenta del suo presente, rammaricata per gli errori del suo passato, alla ricerca di una via di fuga che si illude di trovare in un uomo col quale torna a tradire anche l’attuale marito, così come aveva già fatto col primo. Poi c’è il secondo marito di Ginny e la figlia di costui, in fuga dal marito gangster che la sta cercando per farla tacere per sempre. Una storia in cui Woody Allen mostra tutta la sua maestria di cinico indagatore delle sfumature dell’animo umano, con al centro probabilmente una sfiducia nelle qualità solidaristiche dell’uomo, sempre più ripiegato su se stesso e sul proprio benessere per cercare o proteggere il quale è disposto a tutto compreso il tradimento e persino una consapevole connivenza all’omicidio. E questo ovunque, indipendentemente dagli strati sociali di appartenenza. Intanto la vita si svolge, ma sempre più si confonde quella vera con quella finta così da non essere più agevole distinguere la vita dalla scena, il dire dal recitare, l’essere dal sembrare. Alla fine pare addirittura che a prevalere sia il teatro, la finzione come fuga dalla realtà, come medicamento dalle delusioni, dai rimpianti, dagli errori oramai non più recuperabili. Woody Allen a volte si ripete, ma resta pur sempre Woody Allen, vale a dire uno di quelli che, quando non ci sarà più, ci mancherà e lo rimpiangeremo. Perciò finché c’è profittiamone e facciamoci un dovere di andare a cinema a vederlo. Ultima annotazione, la fotografia di Storaro: come sempre impeccabile per i toni, il calore, le sfumature, insomma, uno spettacolo nello spettacolo.
michelecamero
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catapulta
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giovedì 28 dicembre 2017
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bella confezione, poca soddisfazione
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Forse W. Allen ha cominciato a stancare! Immagino io che quanche stagione fa il giudizio potrebbe essere stato diverso, ma se fai e rifai storie rischi di riprorre gli bstessi clichè. Vero Woody? La storia narrata scivola via come una doccia: ci si sente più puliti ma non arricchiti di qualcosa. La recitazione potrebbe sembrare "maiuscola" ma lascia l'impressione di sovrabbondanza di toni ed espressioni. La fotografia è sicuramente di grande efficacia, però è "quasi troppa" nel senso che è innaturalmente perfetta. La sceneggiatura è notevole e sorregge bene lo sviluppo del film. Alla fine si ha la stessa sensazione che si prova quando, dopo aver cenato in un ristorante di lusso con eccellente servizio ai tavoli, ci si chiede se il cibo era all'altezza del prestigio del locale, spesso arrivando alla conclusione che in una buona pizzeria si sarebbe mangiato meglio.
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Forse W. Allen ha cominciato a stancare! Immagino io che quanche stagione fa il giudizio potrebbe essere stato diverso, ma se fai e rifai storie rischi di riprorre gli bstessi clichè. Vero Woody? La storia narrata scivola via come una doccia: ci si sente più puliti ma non arricchiti di qualcosa. La recitazione potrebbe sembrare "maiuscola" ma lascia l'impressione di sovrabbondanza di toni ed espressioni. La fotografia è sicuramente di grande efficacia, però è "quasi troppa" nel senso che è innaturalmente perfetta. La sceneggiatura è notevole e sorregge bene lo sviluppo del film. Alla fine si ha la stessa sensazione che si prova quando, dopo aver cenato in un ristorante di lusso con eccellente servizio ai tavoli, ci si chiede se il cibo era all'altezza del prestigio del locale, spesso arrivando alla conclusione che in una buona pizzeria si sarebbe mangiato meglio. Tre stelle di simpatia e perchè un film di W. A. comunque un commento lo strappa sempre.
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flaw54
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giovedì 28 dicembre 2017
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allen come sempre
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Le solite musiche, i soliti colori, le solite parole. Allen è ormai sempre lo stesso, privo di qualsiasi scatto e di una qualsivoglia forma di brillantezza. Ma questa volta il film ,che è una vera e propria pièce teatrale, si solleva grazie alle splendide performance di Kate Winslet e di un inaspettato Jim Belushi. Recitano sempre in primo piano e riescono a dare l'imma gine di due personaggi sconfitti dalla vita alla ricerca di una serenità e di un amore in una Coney Island decadente e superata dal tempo. Più imbustato e meno spogliato Justin Timberlake che con Junk Tempo è rappresenta la parte un po' più debole del cast. Coney Island mi ha malinconicamente riportato ad un culto di Walter Hill, I guerrieri della notte, dove quella stessa costa rappresenta la salvezza e non la progressiva perdita di ognj certezza per gli Warriors nella loro drammatica anabasi di senofontiana memoria.
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(di pekka333)
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frances
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mercoledì 27 dicembre 2017
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un dramma a coney island magistralmente descritto
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Colori caldi con prevalenza di arancione, rosso corallo, giallo, verde acido. Una luce dorata che illumina i volti dei protagonisti e lentamente degrada a seconda dell’andamento dei dialoghi e della tensione interna alla sceneggiatura. Rosso arancio i capelli della protagonista, rosso arancio i capelli del figlio piromane senza speranza. Rosso fuoco le insegne dei locali di Coney Island degli anni Cinquanta. Un dramma complesso, ricco di situazioni e sentimenti aggrovigliati fra loro. Un coacervo di tipologie umane e problemi esistenziali descritti in modo dettagliato e profondo. La protagonista, una donna sull’orlo dei quaranta con un passato alle spalle, sposata a un uomo buono ma alcolizzato e violento che l’ha salvata dal baratro dopo il suicidio del primo marito.
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Colori caldi con prevalenza di arancione, rosso corallo, giallo, verde acido. Una luce dorata che illumina i volti dei protagonisti e lentamente degrada a seconda dell’andamento dei dialoghi e della tensione interna alla sceneggiatura. Rosso arancio i capelli della protagonista, rosso arancio i capelli del figlio piromane senza speranza. Rosso fuoco le insegne dei locali di Coney Island degli anni Cinquanta. Un dramma complesso, ricco di situazioni e sentimenti aggrovigliati fra loro. Un coacervo di tipologie umane e problemi esistenziali descritti in modo dettagliato e profondo. La protagonista, una donna sull’orlo dei quaranta con un passato alle spalle, sposata a un uomo buono ma alcolizzato e violento che l’ha salvata dal baratro dopo il suicidio del primo marito. Il figlio di primo letto della protagonista, un ragazzino problematico, appassionato di cinema e di fuoco. Il marito, padre impetuoso che accoglie il ritorno dell’unica figliola prodiga (nata dal precedente matrimonio) in fuga da un consorte gangster dopo averlo tradito rivelando le sue malefatte all’Fbi. Un aspirante regista, reduce dalla seconda guerra mondiale, bagnino e studente di cinema. L’arte è vita e la vita è arte nell’ultimo film di Woody Allen, ove lo snodarsi lento e denso delle vicende dei personaggi è la realtà narrata da un aspirante regista teatrale, direttamente coinvolto nelle vicende stesse. Il dramma della gelosia, dei rapporti difficili fra patrigni, matrigne e figliastri; l’incomunicabilità nei rapporti interpersonali; lo squallore di una vita che non si è voluta né cercata; il tradimento coniugale. Il tutto nel parco dei divertimenti più famoso della New York del secondo dopo guerra, dove la luce calda del tramonto investe ogni momento della narrazione persino quando piove, quasi a suggerire l’idea della progressiva decadenza del luogo. Il paesaggio è dominato dalla ruota panoramica, che, nel suo continuo movimento intorno a se stessa, rappresenta il lento, ineluttabile scorrere della vita. E come il giro della ruota può talvolta interrompersi a causa di gravi motivi, così la vita può, in alcuni casi, fermarsi, in altri, nonostante le difficoltà, proseguire il suo corso. E tutto questo emerge dalle vicende dei personaggi del film, i cui interpreti sono stupefacenti e l’attrice protagonista magnifica. Uno splendido dramma dai colori autunnali da gustare a Natale.
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ralphscott
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mercoledì 27 dicembre 2017
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nessuna nostalgia
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Non mi è semplice valutare questo ennesima pellicola ambientata negli anni ' 50. Se il capolavoro di riferimento del melodramma "effetto nostalgia" - Lontano dal Paradiso - si fa ricordare per inarrivabile stile ed equilibrio,così come un bellissimo - The Help - nell'ultimo lustro,con la sua squisita venatura comica,il film di Allen è un melò urlato dal principio alla fine : una confezione dai dialoghi strillati,che si completa di una caramellosa,per quanto superba,fotografia e musiche stucchevoli. A che risultato mirava il regista? L'esito è surreale,la verosimiglianza della vicenda viene negata dalla stessa messa in scena.
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Non mi è semplice valutare questo ennesima pellicola ambientata negli anni ' 50. Se il capolavoro di riferimento del melodramma "effetto nostalgia" - Lontano dal Paradiso - si fa ricordare per inarrivabile stile ed equilibrio,così come un bellissimo - The Help - nell'ultimo lustro,con la sua squisita venatura comica,il film di Allen è un melò urlato dal principio alla fine : una confezione dai dialoghi strillati,che si completa di una caramellosa,per quanto superba,fotografia e musiche stucchevoli. A che risultato mirava il regista? L'esito è surreale,la verosimiglianza della vicenda viene negata dalla stessa messa in scena. Evidente qualche omaggio: la prima scena si apre con una panoramica sull'affollatissima spiaggia di Coney Island così come il re dei melodrammi - Lo specchio della vita - ; il lungo monologo finale della Winslet ricorda il delirio di Blanche Dubois in - Un tram che si chiama desiderio -. Il livello della recitazione è altissimo, con applausi più forti per Belushi. Voto: due stelle e mezzo. Oppure quattro (forse mi sfugge qualcosa)? Mah...
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mat@movies
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martedì 26 dicembre 2017
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se questo è' il cinema di allen
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Parliamo di Woddy Allen, un maestro del cinema: le attese sono altissime. La delusione è' alta. Tanti ingredienti buoni (bella fotografia, una Kate Winslet in gran forma) per produrre un film di livello davvero mediocre.
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corebo
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lunedì 25 dicembre 2017
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discreto
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Per l'ennesima volta Allen rimescola gli elementi consueti, più che un film una piece teatrale, naturalmente jim Beluschi e Kate Winsley sono bravissimi ormai il loro curriculum e ultra collaudato, le musiche e gli ambienti, le storie e le modalità narrative sono ormai uguali film per film, naturalmente la fotografia è superlativa. Un plauso ai giovani attori Juno Temple e Justin Timberlkake cha hanno assolto egregiamente la loro maschera.
Morale: Non considero questo film fra i migliori diretti da Woody Allen
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