loland10
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lunedì 20 novembre 2017
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narrare...discontinuo
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Agadah (2017) è il quinto lungometraggio del regista lecchese Alberto Rondalli.
Film di lungaggine verbosa e di bellezza ignota, di schematismo recitativo e di spazialità ammirevole: come un planisfero girevole..un giorno per dieci per raccontare un cammino lungo e tortuoso mentre il sonno nell'alta Murgia prende il sopravvento.
Ecco che il (mini)kolossal finto di tanto e povero di canna ha il sapore di un b-Movie di alto rango con un cast vario e corretto per una recitazione comprensiva di teatralità, intensità e battute che (per fortuna minima) non arrivano all'involontario flop.
In certi frangenti l'aiuto è qualcosa che va oltre le intenzioni e la storia da rappresentare siede al massimo della sua vita intensa: tratto dal 'Manoscritto trovato a Saragozza' di Jan Patocki, scrittore polacco che in esso mise storie e racconti disordinati dove fiaba, avventura, fantasia e paura si mescolano senza senso di orario e di lettura.
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Agadah (2017) è il quinto lungometraggio del regista lecchese Alberto Rondalli.
Film di lungaggine verbosa e di bellezza ignota, di schematismo recitativo e di spazialità ammirevole: come un planisfero girevole..un giorno per dieci per raccontare un cammino lungo e tortuoso mentre il sonno nell'alta Murgia prende il sopravvento.
Ecco che il (mini)kolossal finto di tanto e povero di canna ha il sapore di un b-Movie di alto rango con un cast vario e corretto per una recitazione comprensiva di teatralità, intensità e battute che (per fortuna minima) non arrivano all'involontario flop.
In certi frangenti l'aiuto è qualcosa che va oltre le intenzioni e la storia da rappresentare siede al massimo della sua vita intensa: tratto dal 'Manoscritto trovato a Saragozza' di Jan Patocki, scrittore polacco che in esso mise storie e racconti disordinati dove fiaba, avventura, fantasia e paura si mescolano senza senso di orario e di lettura.
Film diviso e ali(l)enato in dieci giorni per il nostro Alfonso di van Worden (Nahuel Pérez Biscavart) cavaliere libero e senza meta con un cruccio, avere il sogno fra le mani, svegliarsi bene e fuggire dagli impiccati.
È 'la legge universale naturale' che indirizza Alfonso, che va avanti, indietro, ritorna zigzagando tra amori e letti, scantinati oscuri, paesaggi distorti e amici mai visti. La notte delle streghe e il Boccaccio oscuro si incontrano in un duello continuo con brevi risvegli e sonnolenze arretrate.
Racconto del narrare ogni pezzo senza un insieme vero è un percorsi giusto: tutto in disordine e poco sopra la testa (a parte qualche sospetto di morte è un cappio penzolante). Un miscuglio di orgoglio teatrale: con una seconda parte letterale, fredda, asettica e infervorata da un Umberto Orsini (Belial) che ghigna con il suo volto le parole nebulose mentre Flavio Bucci (Hervas) e Alessandro Haber (Cornandez) sembrano comprimari per la loro straordinaria partecipazione (come dai titoli iniziali).
Un film italiano con risorse e misteri ovunque per una produzione variopinta (e la Amor film di Pino Rabolini in prima fila).
E per non farci mancare nulla una ‘par condicio’ tra frontale femminile e maschile (in ordine …) con una volgarità di misura e uno sconto allo zero per non rischiare l’involontaria classifica di film di diverso ordine.
Certo che l'epopea sembra in grande ma i denari non sono sufficienti (a ben vedere) a dare il largo alla pellicola che rimane denutrita in luoghi oltre quelli che si ripetono e nel vestibolo di un settecento da ritoccare e non irridere.
Ironico, scapestrato, verboso, avvinghiato, triste e arioso, demoniaco e angelico: film di interruzioni, di vie strette, lugubri anfratti, impiccati, voli, panorami e chiusi, ville e chiese, oscurità e manifestazioni sognanti. Una notte e dieci giorni cadenzati come un narrare virtuoso come un 'Decamerone' di altro secolo e di altri luoghi. Si dorme e ci si sveglia, senza accorgersene di nulla si scruta il tempo dei costumi andati e di una cintura di castità oramai in disuso.
Amanti e ammantati di gloria sognata;
Girevoli e maniaci i giorni di belle avventure
Adescato da donne voluttuose con cielo adirato
Dormiente per doni sognati da cavalcare
Amico salutato, fin quando la sella s'accomoda
Ho visto di tutto, ho lasciato tutto, un puledro per andare.
Alberto Rondallisa il fatto suo con la macchina da presa; quadri fatti e ripetizioni obbligatorie per una produzione non di grande spolvero ma che manifesta la voglia di prendere il largo. Comunque gli oltre centoventi minuti sono (forse) eccessivi.
Voto: 7-/10 (***).
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flyanto
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martedì 21 novembre 2017
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un viaggio di conoscenza
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Liberamente tratto dall'opera letteraria "Manoscritto Trovato a Saragoza" dello scrittore polacco Jan Potocki, "Agadah" del regista Alberto Rondalli è un film in cui si racconta di un viaggio, chiaramente simbolico, nel corso del quale il protagonista fa la conoscenza di numerosi personaggi.
L'uomo in questione è un nobile cavaliere vallone che, accompagnato dal suo fido scudiero impostogli dal padre, vuole intraprendere un viaggio di conoscenza dalla Spagna sino in Italia.
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Liberamente tratto dall'opera letteraria "Manoscritto Trovato a Saragoza" dello scrittore polacco Jan Potocki, "Agadah" del regista Alberto Rondalli è un film in cui si racconta di un viaggio, chiaramente simbolico, nel corso del quale il protagonista fa la conoscenza di numerosi personaggi.
L'uomo in questione è un nobile cavaliere vallone che, accompagnato dal suo fido scudiero impostogli dal padre, vuole intraprendere un viaggio di conoscenza dalla Spagna sino in Italia. Il viaggio dura dieci giorni nei quali egli incontra personaggi di ogni sorta: due cugine musulmane ammaliatrici, un eremita, un matematico, due fratelli dediti agli studi della cabala, uno zingaro e il suo clan, una donna con due figlie adolescenti, una principessa famosa per la sua bellezza, ecc...
Un film di sicura fascinazione sia per ciò che concerne il contenuto in generale con la sua intricata simbologia sia per le immagini stesse che, esteticamente parlando, risultano quanto mai suggestive negli ambienti e nei costumi perfettamente riproducenti il secolo diciottesimo in cui si svolge l'intero racconto. Rondalli ha eseguito il suo lavoro con rigore ed estrema precisione, inserendo un cast di attori di svariate nazionalità (dall'argentino Nahuel Pérez Biscayart, il protagonista del film, allo spagnolo Jordi Mollà, agli italiani Umberto Orsini, Alessandro Haber, Alessio Boni e Valentina Cervi e molti altri ancora....) che ben si confanno all'idea "esotica" del viaggio descritto nella pellicola. Sicuramente più difficile per il regista è stato il compito di rappresentare la ricca ed intricata simbologia dell'opera letteraria di Potocki, in ogni caso Rondalli è riuscito al meglio a descrivere il percorso di conoscenza, simboleggiante l'esistenza umana, dell'uomo mostrando al meglio come da una storia se ne dipani un'altra facendole tutte confluire in un insieme unico perchè l'origine di esse è unica perchè uno solo ne è il loro artefice che le crea (come viene ben spiegato dall'inizio del film).
In conclusione, "Agadah" risulta un film di pregio, indirizzato per lo più agli amanti delle opere classiche, ma va sottolineato che esso rende molto di più per i suoi magnifici scenari, se visto al cinema sul grande schermo.
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