jacopo b98
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mercoledì 4 gennaio 2017
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film straordinario, ancora senza una distribuzione
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Nella Corea degli anni ’30, occupata dai giapponesi, la giovane Sook-hee (Tae-ri Kim) si accorda con un giovane truffatore di origini contadine (Ha) per raggirare una ricca ereditiera giapponese, lady Hideko (Min-hee Kim). Lui si fingerà un conte nel tentativo di sposarla, lei si farà assumere come cameriera e cercherà di convincere la nobildonna a cedere alle avances del complice. Il complesso piano trascinerà tutti i personaggi in un vischioso vortice di segreti celati, violenza e sensualità. Park, senza dubbio il maggior autore del cinema coreano moderno, adatta con Seo-kyung Chung il romanzo inglese Ladra di Sarah Waters, e lo trasporta dall’Inghilterra vittoriana alla Corea occupata, cogliendo così l’occasione per abbinare al supremo esercizio stilistico ed estetico, una stratificata riflessione di natura storico-politica sul rapporto tra Corea e Giappone.
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Nella Corea degli anni ’30, occupata dai giapponesi, la giovane Sook-hee (Tae-ri Kim) si accorda con un giovane truffatore di origini contadine (Ha) per raggirare una ricca ereditiera giapponese, lady Hideko (Min-hee Kim). Lui si fingerà un conte nel tentativo di sposarla, lei si farà assumere come cameriera e cercherà di convincere la nobildonna a cedere alle avances del complice. Il complesso piano trascinerà tutti i personaggi in un vischioso vortice di segreti celati, violenza e sensualità. Park, senza dubbio il maggior autore del cinema coreano moderno, adatta con Seo-kyung Chung il romanzo inglese Ladra di Sarah Waters, e lo trasporta dall’Inghilterra vittoriana alla Corea occupata, cogliendo così l’occasione per abbinare al supremo esercizio stilistico ed estetico, una stratificata riflessione di natura storico-politica sul rapporto tra Corea e Giappone. Park infatti fa un film sul senso di inferiorità che pervade la società coreana, posta di fronte a quella giapponese. “L’uomo coreano è insignificante, brutto, il giapponese è bello, superiore.” dice in una scena lo zio Kouzuki, che infatti ha ripudiato la moglie coreana (che è divenuta la sua governante), per sposare una donna giapponese che non ama, pur di riuscire nell’intento di lasciarsi alle spalle le sue origini “inferiori”, e risorgere uomo nuovo, figlio del paese del Sol Levante. È il ritratto di un popolo frustrato, che evidentemente ancor oggi fatica a lasciarsi alle spalle questo senso d’inferiorità. Ma ancor più che questo abbiamo dei coreani che tentano di diventare giapponesi, di assumerne il rango sociale, in un momento storico in cui il Giappone opprime la Corea: il loro non è un atto di ribellione all’invasore, bensì solo una mossa di scalata sociale, disposti a tutto, persino a rinnegare le proprie origini e la propria patria, pur di effettuare lo scatto di classe. La Corea manca, evidentemente, di una coscienza nazionale, stato ancora troppo giovane ed influenzato dai colossi vicini. Oltre a tutto questo il film è dotato di un’interessantissima struttura narrativa: diviso in due atti e un epilogo, nei primi due il regista racconta la stessa storia. Nel primo ci narra la trama in maniera palesemente insensata e lacunosa, nella seconda riparte da capo e va a tappare i buchi, a leggere ciò che è rimasto velato tra le righe. La prima ci racconta una storia emozionante, la seconda dà un senso alle emozioni, alle reazioni emotive dei personaggi. Immenso, come di consueto, il lavoro di costruzione delle inquadrature: ogni singola immagine è un quadro che andrebbe contemplato a sé per coglierne la perfezione formale e tutti i simbolismo insiti in essa. Visivamente debordante: la telecamera di Park fluttua, trasportata da immensi dolly, si libbra in alto, deforma la realtà con colossali grandangoli, senza alcun ritegno o pudore, in un esercizio di stile svergognato, che non si preoccupa di essere coerente, ma solo di essere sempre e comunque grandioso e innovativo, a ogni immagine, a ogni movimento di macchina. La fotografia sfrutta l’intera palette di colori, le musiche riempiono le sequenze del film (specie le magnifiche scene erotiche) in maniera sublime, i costumi e le scenografie sono sfarzosi, i dialoghi raffinati, la gestualità sottolineata e dilatata nel tempo, i nudi delle attrici sono statuari. Tutto è fatto in maniera tale da far godere lo spettatore del massimo spettacolo cinematografico possibile. Indimenticabili le due protagoniste, di bravura e bellezza senza pari. Si esce dalla visione soddisfatti, ubriacati da un tripudio visivo assoluto, stimolati da un film intenso, complesso e stratificato. Park Chan-Wook ha colpito ancora, e noi non possiamo che applaudire di fronte alla maestria di uno dei più interessanti, originali ed estremi cineasti moderni. In concorso a Cannes 2016, è rimasto ingiustamente a bocca asciutta. In Italia, ovviamente, non c’è ancora l'ombra di una distribuzione all’orizzonte. VOTO 9
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vanessa zarastro
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domenica 1 settembre 2019
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un amore imprevisto
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Il film, una sorta di thriller erotico noto anche come “The Handmaiden”, è ispirato al romanzo inglese “Ladra” della scrittrice Sarah Waters scritto nel 2002 e ambientato nella Londra del 1862, già diventato una serie TV. Il regista Park Chan-wook trasporta la vicenda dall’Inghilterra Vittoriana alla Corea del Sud, negli anni ’30 quando era sotto l’Impero giapponese.
Lady Hideko (la bellissima Kim Min-hee), è una giovane ereditiera che vive segregata in un grande palazzo immerso nel verde, progettato in stile inglese con una dépendance in stile giapponese. Suo zio Kouzuki (interpretato da Jo Jin-ung), unico parente rimasto dopo l’apparente suicidio della zia, sorella della madre, è un collezionista di libri ed è anche suo tutore.
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Il film, una sorta di thriller erotico noto anche come “The Handmaiden”, è ispirato al romanzo inglese “Ladra” della scrittrice Sarah Waters scritto nel 2002 e ambientato nella Londra del 1862, già diventato una serie TV. Il regista Park Chan-wook trasporta la vicenda dall’Inghilterra Vittoriana alla Corea del Sud, negli anni ’30 quando era sotto l’Impero giapponese.
Lady Hideko (la bellissima Kim Min-hee), è una giovane ereditiera che vive segregata in un grande palazzo immerso nel verde, progettato in stile inglese con una dépendance in stile giapponese. Suo zio Kouzuki (interpretato da Jo Jin-ung), unico parente rimasto dopo l’apparente suicidio della zia, sorella della madre, è un collezionista di libri ed è anche suo tutore. Appena Hideko raggiungerà la maggior età Kouzuki intende sposarla in modo da impadronirsi completamente dei suoi beni.
Ha Jung-woo interpreta il falso Conte giapponese Fujwara, un imbroglione che vuole ottenere, anche lui, la mano della ragazza. Sook-hee (interpretata dall’esordiente ma altrettanto bella Kim Tae-ri) è una giovane e abile borseggiatrice, ingaggiata dal falso conte che la propone come ancella della castellana. Il suo compito sarà quello di aiutarlo a convincere Hideko a sposarlo, per poi, una volta maritati, farla rinchiudere in un manicomio e impossessarsi del suo patrimonio.
Questo sembrerebbe essere il progetto, ma una passione imprevista che scoppia fra le due donne complicherà la realizzazione del piano. Il regista organizza il film in tre capitoli come se ognuno raccontasse la propria versione: il primo è narrato da Sook-hee, il secondo ripropone molte scene già viste - in modo forse eccessivamente dettagliato per la preoccupazione di spiegare tutto – nella versione di Lady Hideko, il terzo, più breve, come sintesi e conclusione.
La storia ci insegna che la sessualità tra donne, in particolare tra una Lady e le sue ancelle, è stata sempre praticata, ma nella mente maschile non ha mai costituito alcun pericolo: non essendoci penetrazione non veniva neanche considerata. Qui, a differenza di ciò che avviene di solito, la relazione fra le due donne diventerà un importante e esclusivo amore saffico, che si imporrà rispetto alla meccanica sessualità maschile violenta e/o perversa. Infatti, la prima volta che Hideko mentre fa l’amore con Sook-hee chiede, preoccupata: «Ma il conte sarà altrettanto delicato?». Una storia, dunque, anche di rivalsa e d’indipendenza.
Così scrive Paolo Mereghetti a proposito di “Mademoiselle” in “Io donna”: «E mentre i personaggi maschili sono caratterizzati dall’oscurità e dai colori della terra, quelli femminili prendono forma nella luce e nell’inafferrabilità del mare, che Park filma con eleganti movimenti di macchina. A volte fin troppo ricercati».
Così, invece, afferma il regista in un’intervista: «Quando ho letto il romanzo mi sono innamorato della scrittura molto dettagliata e vivida dell'autrice…Più di ogni altra cosa ho scelto questa storia perché le due donne al centro della storia sembravano così interessanti. Una è una persona con un passato oscuro e l'altra è una persona che vive in un presente disperato, ma entrambe emanano fortissima personalità e fascino».
Nel film, l’uso delle due lingue diverse - coreano o giapponese che però si perde nel doppiaggio –, ha un’importanza rilevante e connota, in qualche modo, anche la classe sociale di appartenenza: Hideko le conosce bene entrambe, tant’è vero che fa letture per lo zio e per i suoi amici voyeurs mentre Sook-hee anche se le parla, non le sa leggere affatto perché è analfabeta.
Sulla scia di alcuni film di erotismo asiatico, il regista confeziona un film sul desiderio, a tratti elegante e raffinato, in altri eccessivo e parossista. Ottima la fotografia di Chung Chung-hoon e splendide le musiche di Yeong-Wook Jo.
Park Chan-wook insieme a Kim Ki-du (“Ferro tre – La casa vuota” del 2004, “Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera“ del 2003, “Pietà” del 2012) è tra i più importanti registi che hanno fatto conoscere la cinematografia coreana nel mondo. Sembrerebbe essere molto interessato all’universo femminile e al suo sfruttamento, così come aveva fatto vedere anche in “Lady Vendetta”, suo film del 2005 ultimo della “trilogia della vendetta” con “Mr. Vendetta” del 2002 e “Old boy” del 2003, premiato a Cannes nell’anno successivo con il Gran Prix Speciale della Giuria.
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andrej
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martedì 31 gennaio 2017
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un thriller erotico di rara eleganza
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Questo film e’ un thriller psicologico-erotico di altissimo livello e, a mio parere, un autentico capolavoro: visivamente elegantissimo e meravigliosamente interpretato, diretto e montato, trova ulteriori punti di forza in un'ottima sceneggiatura e nella perfetta sinergia tra una magnifica fotografia e una colonna sonora di grande effetto. La storia e’ drammatica, appassionante e molto ben costruita e coinvolge lo spettatore in un crescendo di tensione assicurato anche da ripetuti ed efficaci colpi di scena, che, grazie al cielo, non sono gratuiti, fini a se stessi e improbabili come spesso accade in tanti altri thriller di livello qualitativo inferiore ma, al contrario, risultano sempre credibili e pertinenti.
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Questo film e’ un thriller psicologico-erotico di altissimo livello e, a mio parere, un autentico capolavoro: visivamente elegantissimo e meravigliosamente interpretato, diretto e montato, trova ulteriori punti di forza in un'ottima sceneggiatura e nella perfetta sinergia tra una magnifica fotografia e una colonna sonora di grande effetto. La storia e’ drammatica, appassionante e molto ben costruita e coinvolge lo spettatore in un crescendo di tensione assicurato anche da ripetuti ed efficaci colpi di scena, che, grazie al cielo, non sono gratuiti, fini a se stessi e improbabili come spesso accade in tanti altri thriller di livello qualitativo inferiore ma, al contrario, risultano sempre credibili e pertinenti. Anche le scene erotiche, oltre ad essere molto eleganti, raffinate e sensuali, sono perfettamente integrate nella vicenda e funzionali al suo svolgimento. Cosa insolita per un film cosi' lungo, la pellicola si mantiene costantemente su livelli espressivi altissimi, riuscendo cosi a trasmettere grandi emozioni alla sua prima visione e a lasciare nello spettatore un vivo desiderio di visioni successive.
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maramaldo
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martedì 3 settembre 2019
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voyeurismo di lusso
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Per un pubblico di classe. Come i gentiluomini in black tie che presenziano compiti alla lettura che una geisha dà di una dissertazione di anatomia, forbita e fiorita, non priva di una certa poesia. Eleganza, stile, non c'è che dire. Dobbiamo contentarcene, non siamo in grado di apprezzare il discorso che il film fa sui rapporti tra i due ceppi, coreano e nipponico, così simili e pur tanto avversi nei quali appunto l'attrazione reciproca è pari all'ostilità atavica.
L'istoriazione laccata e affollata di calligrammi non nasconde altri elementi di drammaticità che vanno al di là della vicenda. Significativo l'episodio in cui Sookee, la cameriera (Tae-ri kim), dopo uno scontro di vedute su una svolta che minacciava di mandare all'aria il progetto di irretire l'ormai appetitosa Hideko (Kim Min-hee), si lascia sfuggire un oltraggioso sberleffo al "conte" Fujiwara (Ha Jung-woo).
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Per un pubblico di classe. Come i gentiluomini in black tie che presenziano compiti alla lettura che una geisha dà di una dissertazione di anatomia, forbita e fiorita, non priva di una certa poesia. Eleganza, stile, non c'è che dire. Dobbiamo contentarcene, non siamo in grado di apprezzare il discorso che il film fa sui rapporti tra i due ceppi, coreano e nipponico, così simili e pur tanto avversi nei quali appunto l'attrazione reciproca è pari all'ostilità atavica.
L'istoriazione laccata e affollata di calligrammi non nasconde altri elementi di drammaticità che vanno al di là della vicenda. Significativo l'episodio in cui Sookee, la cameriera (Tae-ri kim), dopo uno scontro di vedute su una svolta che minacciava di mandare all'aria il progetto di irretire l'ormai appetitosa Hideko (Kim Min-hee), si lascia sfuggire un oltraggioso sberleffo al "conte" Fujiwara (Ha Jung-woo). Questi, con tipica brutalità maschile, per alcuni istanti l'aveva costretta a reggere in mano alla maniera degli antichi profeti il simbolo della sua potenza virile.
E' chiaro l'attaccamento, sincero e appassionato, che l'Autore nutre per le donne. Certo, nel denudare l'anima oltre che il corpo rivela quanto a volte siano perverse ma si tratta di un minimo fisiologoco di cattiveria senza la quale non s'imbastisce una storia interessante. Intanto, le dipinge con tocchi maestri e felici. Anche se non siete del settore, partendo da un capezzolino, sia della serva o della padrona, dà il via ad una faccenda che a volte smette e poi ripiglia, in pratica immobilizzandovi per un pezzo, fascinati a...guardare.
Delicatezza, comunque, che nel film viene raccomandata come una delle morali della favola.Anche la vena sadomaso è blanda, mite. Poche e rade le strie che screziano candidi glutei canoviani, accattivanti quanto e più che quelli di Cinquanta Sfumature di Grigio.
E pure s'impara, qualcuno almeno.Quel balocco dalle quattro palline. Ne agevolava l'impiego la corporatura minuta di allora. Non so oggi, nel mondo femminile qualcosa è cresciuto, non solo la statura media.
Non so nemmeno come il Coreano veda questa evoluzione. Alla fine, per vostra gratificazione, indugia sulle due, pimpanti, allegre, disinibite. Le ha fatto evadere da un microcosmo opprimente, allucinato e abietto.Per andare dove? A Vladivostok? A Shangai? Una fuga dal passato equivale sempre ad una liberazione?
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