vanessa zarastro
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lunedì 26 giugno 2017
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ritualità e ipocrisia
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Sieranevada è un film estenuante per la sua lunghezza, soffocante nel suo essere così claustrofobico, irritante per il peso delle situazioni famigliari, ma molto bello.
La sua durata, infatti, è di quasi tre ore (173 minuti) girate con pochissimi piani sequenza. In effetti, una mezz’ora in meno non avrebbe tolto significato al film anzi, lo avrebbe reso ancora più accettabile.
Siamo a Bucarest subito dopo l’attentato parigino a “Charlie Hebdo” del 7 gennaio 2015, nella casa del vecchio capofamiglia Emil morto da poco. Nella sua famiglia si stanno per svolgere le celebrazioni funebri – la prima delle tre cerimonie in quaranta giorni secondo la tradizione ortodossa - in attesa dell’arrivo del prete per la benedizione.
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Sieranevada è un film estenuante per la sua lunghezza, soffocante nel suo essere così claustrofobico, irritante per il peso delle situazioni famigliari, ma molto bello.
La sua durata, infatti, è di quasi tre ore (173 minuti) girate con pochissimi piani sequenza. In effetti, una mezz’ora in meno non avrebbe tolto significato al film anzi, lo avrebbe reso ancora più accettabile.
Siamo a Bucarest subito dopo l’attentato parigino a “Charlie Hebdo” del 7 gennaio 2015, nella casa del vecchio capofamiglia Emil morto da poco. Nella sua famiglia si stanno per svolgere le celebrazioni funebri – la prima delle tre cerimonie in quaranta giorni secondo la tradizione ortodossa - in attesa dell’arrivo del prete per la benedizione.
La casa sembra essere un corridoio tra porte che si aprono e si chiudono continuamente. Lì è piazzata la cinepresa che distribuisce i gruppi mediante la tecnica del long take e cioè di lunghe inquadrature quasi completamente prive di montaggio (famoso fu l’uso del long take lungo le Champs Elysées di Jean Luc Godard in Fino all’ultimo respiro del 1960).
Come tutte quelle mostrate dalla cinematografia romena – l’appartamento è strapieno di oggetti in una sorta di horror vacui e le stanze sono mondi generazionali che svolgono funzioni tematiche: quello dell’infanzia e dell’innocenza, quello dell’adolescenza e della scoperta delle droghe, e poi la stanza della politica, quella della religione e così via. L’unico bagno in fondo al corridoio è sempre occupato. La cucina è il vero cuore della casa, lì si fuma, si discute, si fa della filosofia, si riscalda il latte dei bimbi, si cucina la zuppa e così via.
Lary è il figlio maggiore medico attraverso i cui occhi si osserva e che costituisce un po’ il centro della vicenda. Ci sono sua moglie, sua madre, una sorella minore con marito e un bambino, suo fratello militare. C’è la zia Ofelia, sfuggita dal marito adultero, con i due figli, l’impegnato politicamente che crede nel “complotto dell’11 settembre” e Camelia la giovane sventata che si porta dietro un’amica serba ubriaca e che vomita a più riprese. Ci sono tre amici di famiglia tra cui una signora anziana che crede che il comunismo sia stato, e sia ancora, la soluzione più giusta per tutti i mali e rimpiange i tempi di Ceausescu.
Come in una pièce teatrale ci sono le entrate e le uscite di scena. La moglie di Lary se e va a fare spesa al supermercato mentre arriva il secondogenito, più tardi arriverà il fedifrago zio Toni che sosterà sul pianerottolo per un po’. A questo punto se ne andrà suo figlio con il quale c’è incompatibilità. Bella è la scena del prete ritardatario con i due chierichetti, con i suoi salmi e benedizioni, che racconta un suo sogno sulla ridiscesa in terra del Messia di sapore bunuelliano.
Un’altra caratteristica del film è la cupezza delle immagini, l’assenza di luce naturale, e la mancanza di spazio; nonostante la famiglia sembrerebbe appartenere a una fascia benestante – due dei maschi sono medici – l’appartamento ha dimensioni modeste e neanche attorno al tavolo c’è sufficiente posto, bisogna quindi alzarsi continuamente dalle sedie per far passare le persone.
Il tempo scorrerà tra gesti inutili – apparecchiare e sparecchiare cose, piatti, scodelle, portare cibo preconfezionato ai vicini e, non ultimo, il giovane cugino deve indossare un vestito benedetto del morto. Prima di tutto ciò è vietato toccare il cibo. Tra tematiche come complotti e comunismo, tra infedeltà sessuali, bugie e consumismi, la ritualità della tradizione è salva e va rispettata!
Cristian Puiu è l’autore de La morte del signor Lazarescu del 2005, uno dei capostipiti della nuova cinematografia rumena, e con Sieranevada ha ottenuto il Gran premio speciale della giuria a Cannes nel 2016.
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flyanto
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mercoledì 14 giugno 2017
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gruppo di famiglia in un interno a bucarest
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Quattro giorni dopo l'attentato a Parigi alla redazione di Charlie Hebdo e 40 giorni dopo la morte del suo capofamiglia, una famiglia si riunisce, secondo la tradizione rumena, al fine di commemorare il defunto. Svariati parenti più o meno stretti si riuniscono alla cerimonia e, nell'attesa che nel frattempo arrivi il sacerdote ortodosso a celebrare il rito di commemorazione ed anche dopo, essi cominciano a dialogare e discutere di svariati argomenti, da quelli più frivoli a quelli più impegnati concernenti la situazione politica mondiale. Il pranzo, ormai però spostatosi ad una una cena a seguito degli innumerevoli avvenimenti che nel contempo accadono, sembra mai realizzarsi.
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Quattro giorni dopo l'attentato a Parigi alla redazione di Charlie Hebdo e 40 giorni dopo la morte del suo capofamiglia, una famiglia si riunisce, secondo la tradizione rumena, al fine di commemorare il defunto. Svariati parenti più o meno stretti si riuniscono alla cerimonia e, nell'attesa che nel frattempo arrivi il sacerdote ortodosso a celebrare il rito di commemorazione ed anche dopo, essi cominciano a dialogare e discutere di svariati argomenti, da quelli più frivoli a quelli più impegnati concernenti la situazione politica mondiale. Il pranzo, ormai però spostatosi ad una una cena a seguito degli innumerevoli avvenimenti che nel contempo accadono, sembra mai realizzarsi.....
Il regista rumeno Cristi Puiu, attraverso un riunione conviviale di una famiglia, rappresenta non solo le svariate tipologie dei personaggi, ognuno ovviamente con le proprie caratteristiche, ma anche la mentalità e le opinioni di ogni singolo rispecchianti nel complesso l'ideologia della Romania contemporanea. Il film è piuttosto lungo (circa 180 minuti) e lento e ciò può essere un poco pesante da seguire, ma con lo svolgersi della riunione familiare e delle sue discussioni lo spettatore piano piano si abitua e quasi "prende parte" egli stesso all'ambiente, come se fosse un'esponente del parentado stesso. Quello che Puiu presenta, peraltro in maniera quanto mai vera, è ciò che succede in tutte le famiglie, senza edulcorazioni e con una lieve ironia in aggiunta per stemperare i momenti più drammatici e questa "familiarità" è proprio ciò che rende piacevole e di conseguenza apprezzabile la pellicola. Ognuno vi si può ritrovare, insomma, in questo "gruppo di famiglia in un interno" per parafrasare l'opera del grande Luchino Visconti.
Per chi apprezza i film dialogati e senza alcuna azione.
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fabiofeli
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mercoledì 21 giugno 2017
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veglia funebre con risate
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Romania dei nostri giorni. Il piano sequenza iniziale potrebbe essere stato girato in una qualsiasi città italiana, assediata da lavori in corso e parcheggi in doppia fila che bloccano il traffico, tanto che sembra di vedere una brutta copia di un fatiscente quartiere della Roma attuale: Lary (Mimi Branescu), un medico, scende con la compagna dall’auto lasciandola in sosta vietata; la donna discute con la figlia su un vestito per una recita; infine la coppia sale in macchina e discute animatamente: il vestito scelto per la recita della bambina scelto da Lary è inadatto. I due stanno andando a casa della madre del medico, rimasta vedova di recente.
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Romania dei nostri giorni. Il piano sequenza iniziale potrebbe essere stato girato in una qualsiasi città italiana, assediata da lavori in corso e parcheggi in doppia fila che bloccano il traffico, tanto che sembra di vedere una brutta copia di un fatiscente quartiere della Roma attuale: Lary (Mimi Branescu), un medico, scende con la compagna dall’auto lasciandola in sosta vietata; la donna discute con la figlia su un vestito per una recita; infine la coppia sale in macchina e discute animatamente: il vestito scelto per la recita della bambina scelto da Lary è inadatto. I due stanno andando a casa della madre del medico, rimasta vedova di recente. Un’altra lunga sfilata di piani sequenza descrivono la concitazione nella casa affollata, una dimora borghese: le persone entrano ed escono dalla porta di casa, parlano nella sala da pranzo, vanno in bagno, si recano in cucina o in altre stanze. Si prepara una cerimonia, un pranzo augurale che sembra un esorcismo: un giovane della famiglia, perennemente collegato a internet a caccia di sensazionali rivelazioni sugli attentati alle torri gemelle e alla redazione di Charlie Hebdo, deve vestirsi con gli abiti del defunto, ma naviga nei vestiti come una scialuppa in mare aperto. La casa e i cibi del pranzo debbono essere benedetti da un prete ortodosso, che annuncia subito di essere in forte ritardo. Nelle stanze e in cucina si discute di tutto: della complicata preparazione del sarmale tradizionale (involtini con le foglie di verza) e delle malefatte del regime di Ceausescu. Poi cominciano duri show-down con accuse di tradimenti familiari con dettagliati particolari sessuali, giuramenti spergiuri, bisticci con aut aut del tipo: se non se ne va lui, me ne vado io; confusi momenti di commozione con reticenti confessioni si alternano a chiacchiere senza senso e importanza …
Cristi Puiu entra nell’eccellente gruppo di dotati registi rumeni tra i 40 e i 50 anni che di recente hanno creato Ad est di Bucarest (Porumboiu) e Un padre e, una figlia (Mungiu): dirige gli attori con mano sicura, e questi si prestano perfettamente; gira scene drammatiche, alternate a ricordi dell’infanzia di bugie incredibili che scatenano l’ilarità dei presenti. Si ride spesso nella visione del film, nel quale i piani sequenza sono scatole cinesi che si aprono e si richiudono con uno stile che ricorda Altman: si rivelano rancori e quelle storie che costellano la vita di ognuno, che tornano alla mente come un rigurgito doloroso ma anche comico, in occasione delle riunioni familiari per onorare la scomparsa di una persona cara. Non tutto è concluso, perché Lary ha un discorso importante in sospeso con la sua compagna, quando calano le luci azzurrine del crepuscolo nella città rumena innevata; con il fratello e il giovane troppo magro Lary è seduto a tavola per il pranzo lungamente rimandato. Sono solo loro tre e si sorridono; ridono perché per molti la vita è solo una tragedia comica. In sala ci si rende conto di avere appena visto un grande film da non mancare.
Valutazione **** e ½
FabioFeli
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lbavassano
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martedì 13 marzo 2018
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impegnativo, ma ripaga
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Impegnativo, per tempi, per temi e per forme. Ma merita, e ripaga ampiamente lo spettatore. Volutamente sottotono, cinema molto più raffinato di quanto possa apparire, nella sceneggiatura, interamente costruita sui dialoghi, cupi ed ironici al contempo, e nei richiami nascosti ad una tradizione alta. Nella fotografia, sia degli asfittici interni che delle due scene in esterno, di degrado, e nel sonoro, che miscela con grande efficacia rumori e suoni, sublime e commerciale. Del grande cinema la capacità di far parlare una vicenda, pubblica e privata, precisamente radicata nel proprio tempo e nel proprio luogo a pubblici diversi.
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