andreaeaw
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martedì 3 luglio 2018
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impossibile far peggio
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Una storia interessante, trasformata in un film INGUARDABILE. Mezzo documentario (che in realta semba preso dalle pagine di wikipedia) e mezzo commedia/thriller degna di una serie di TeleCapri.
Tranne Scamarcio che si salva nella sua interpretazione il resto è un abominio. Le attrici che fanno la parte delle giornaliste, oltre che doppiata (da loro stesse) malissimo, pure sulle scena si muovo in maniera innaturale.
del resto del cast non parlo per carità cristiana.
Su questa storia far un bel film era così facile che non capisco come sia venuto fuori questo scempio...
Vorrei sapere se il regista l'ha riguardato prima di "pubblicarlo".
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Una storia interessante, trasformata in un film INGUARDABILE. Mezzo documentario (che in realta semba preso dalle pagine di wikipedia) e mezzo commedia/thriller degna di una serie di TeleCapri.
Tranne Scamarcio che si salva nella sua interpretazione il resto è un abominio. Le attrici che fanno la parte delle giornaliste, oltre che doppiata (da loro stesse) malissimo, pure sulle scena si muovo in maniera innaturale.
del resto del cast non parlo per carità cristiana.
Su questa storia far un bel film era così facile che non capisco come sia venuto fuori questo scempio...
Vorrei sapere se il regista l'ha riguardato prima di "pubblicarlo"....
IMBARAZZANTE.
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monclick
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venerdì 8 dicembre 2017
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buon documentario, film scarso. shapiro superstar
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Stavo giusto leggendo "Peccato originale", eccellente libro-inchiesta di Gianluigi Nuzzi sui misteri del Vaticano, e viene citato questo film, che ne è l'ideale integrazione video. Ecco appunto: un ottimo documentario romanzato. Se ci vuoi vedere dentro un film, non un granché. Come in molti film italiani sul terrorismo o la mafia (Cento giorni a Palermo per esempio), molti personaggii finiscono per essere macchiettistici (anche la giornalista della RAI, in questo caso...). Manca una sublimazione artistica, vero, però resta un ottimo film-inchiesta che metto nella mia personale cineteca di quei lavori che fanno capire qualcosa in più di questo disgraziato Paese.
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Stavo giusto leggendo "Peccato originale", eccellente libro-inchiesta di Gianluigi Nuzzi sui misteri del Vaticano, e viene citato questo film, che ne è l'ideale integrazione video. Ecco appunto: un ottimo documentario romanzato. Se ci vuoi vedere dentro un film, non un granché. Come in molti film italiani sul terrorismo o la mafia (Cento giorni a Palermo per esempio), molti personaggii finiscono per essere macchiettistici (anche la giornalista della RAI, in questo caso...). Manca una sublimazione artistica, vero, però resta un ottimo film-inchiesta che metto nella mia personale cineteca di quei lavori che fanno capire qualcosa in più di questo disgraziato Paese. Bravissima Maya Sansa, in ogni caso, convincente la Minardi da vecchia e fantastico Shel Shapiro (ma non era ormai chiuso nel sarcofago?): e la battura "Per fortuna noi abbiamo il big Ben e loro hanno il Vaticano" è già di culto....
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dyule
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domenica 20 agosto 2017
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delusione
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Ho rivisto il film in dvd dopo averlo visto al cinema, trovo i dialoghi molto forzati, quasi finti, non inerenti a volte, film ricco scene inutili, come quella dalla polizia del padre e fratello a inizio film, oppure quando il giovane prete raggiunge Marcinkus per dirgli della scomparsa, la storia di una giornalista che viene inviata in Italia con la motivazione che hanno arrestato "il nero" di mafia capitale non ha la minima correlazione ne con l'indagine, ne ha il minimo proseguimento nella storia. È un film incentrato totalmente sul primo libro scritto dalla giornalista rai " notariale" che è l'intervista alla Minardi, che sostiene di essere stata coinvolta sia nel rapimento, che nell'occultamento del cadavere, cosa assolutamente assorda, un boss ricco di uomini fidati utilizza la sua donna? La realtà a mio parere è che la"banda della magliana" non è responsabile, ma nel corso degli anni è diventata una discarica dove gettare tutti i crimini e misteri d'Italia irrisolti, dei quali per la maggior parte non hanno nessun legame.
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Ho rivisto il film in dvd dopo averlo visto al cinema, trovo i dialoghi molto forzati, quasi finti, non inerenti a volte, film ricco scene inutili, come quella dalla polizia del padre e fratello a inizio film, oppure quando il giovane prete raggiunge Marcinkus per dirgli della scomparsa, la storia di una giornalista che viene inviata in Italia con la motivazione che hanno arrestato "il nero" di mafia capitale non ha la minima correlazione ne con l'indagine, ne ha il minimo proseguimento nella storia. È un film incentrato totalmente sul primo libro scritto dalla giornalista rai " notariale" che è l'intervista alla Minardi, che sostiene di essere stata coinvolta sia nel rapimento, che nell'occultamento del cadavere, cosa assolutamente assorda, un boss ricco di uomini fidati utilizza la sua donna? La realtà a mio parere è che la"banda della magliana" non è responsabile, ma nel corso degli anni è diventata una discarica dove gettare tutti i crimini e misteri d'Italia irrisolti, dei quali per la maggior parte non hanno nessun legame. Credo che sia una storia oscura del nostro paese, e si poteva realizzare un lavoro migliore, e magari parlando di tutte le indagini svolte nel corso degli anni, senza concentrarsi quasi esclusivamente sui racconti del libro " segreto criminale". Una specie di film documentario ricco di idee e scene senza senso: la motivazione per la quale viene inviata la giornalista, persone ignote che la seguono coi microfoni nascosti, il finale assurdo e senza senso, nessuna novità o scoop trovato ecc..
Voto 1.
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valterchiappa
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sabato 24 giugno 2017
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nessuna verità, nessun film
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Certo che era da fare un film sul caso di Emanuela Orlandi. Quale vicenda giudiziaria fu mai più romanzata, più colma di mistero, più ricca di colpi di scena? Altro che caso Spotlight, altro che squallide vicende di borsa o pruriginosi fatti di cronaca nera. Una storia che potrebbe addirittura avere risvolti surreali o altamente simbolici, se si confronta la natura dell’avvenimento in sé, la sparizione di una ragazza, che, pur nella sua drammaticità, potrebbe essere relegato tra le pagine di cronaca locale, con quello che invece ne scaturì: delinquenza ordinaria, spionaggio internazionale, pedofilia, crack finanziari, con il coinvolgimento di boss, attentatori, banchieri, delle più alte sfere ecclesiastiche, addirittura il Papa, oltre ad una selva di sordidi personaggi di contorno.
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Certo che era da fare un film sul caso di Emanuela Orlandi. Quale vicenda giudiziaria fu mai più romanzata, più colma di mistero, più ricca di colpi di scena? Altro che caso Spotlight, altro che squallide vicende di borsa o pruriginosi fatti di cronaca nera. Una storia che potrebbe addirittura avere risvolti surreali o altamente simbolici, se si confronta la natura dell’avvenimento in sé, la sparizione di una ragazza, che, pur nella sua drammaticità, potrebbe essere relegato tra le pagine di cronaca locale, con quello che invece ne scaturì: delinquenza ordinaria, spionaggio internazionale, pedofilia, crack finanziari, con il coinvolgimento di boss, attentatori, banchieri, delle più alte sfere ecclesiastiche, addirittura il Papa, oltre ad una selva di sordidi personaggi di contorno. Ogni sorta di malaffare, come se il corpo della povera ragazza romana fosse stato il coperchio di un immenso vaso di Pandora. Materia che avrebbe ingolosito qualunque sceneggiatore.
L’occasione sospesa l’ha colta Roberto Faenza, già narratore di fatti di cronaca nera; ma nel costruire “La verità sta in cielo” il regista torinese ha completamente mancato il bersaglio. Forte del suo curriculum di corrosivo documentarista, Faenza ha scelto di attenersi al rigore cronachistico; opzione di per sé rischiosa, considerato che la storia a tutt’oggi non ha un finale. Ma chiunque si aspetti rivelazioni da questo film uscirà deluso. La sua ricerca non apporta nulla di nuovo: tutto quello che viene narrato può essere trovato agevolmente su Wikipedia. Tanto meno viene azzardata alcuna ipotesi, se non criptici riferimenti a un qualche potere oscuro non meglio identificato.
Faenza non costruisce nemmeno un’efficace drammaturgia attorno ai nudi fatti; si limita piuttosto ad elencarli con il supporto di una trama esilissima. Nel momento in cui, con l’arresto di Fabrizio Carminati e l’esplodere del caso Mafia Capitale, si aprono nuovi possibili spiragli di luce sul caso Orlandi, una fantomatica giornalista inglese (Maya Sansa) viene inviata in Italia nientepopodimeno che da Shel Shapiro in persona, nelle vesti di un improbabile direttore di testata londinese. Il personaggio di fantasia viene a relazionarsi con la rappresentazione della reale giornalista di “Chi l’ha visto” Raffaella Notariale, interpretata da Valentina Lodovini.
Al centro della narrazione vengono poste le rivelazioni di Sabrina Minardi, ex moglie del bomber della Lazio Bruno Giordano e compagna del boss Renatino De Pedis. In tempi recenti la donna dichiarò che la povera ragazza venne rapita con oscuri fini dalla banda della Magliana, drogata, trattenuta in prigionia in un appartamento di Monteverde e dopo la morte miseramente gettata in una betoniera in un cantiere di Torvajanica. Nel film il racconto della donna viene quindi riportato in una ipotetica intervista, rilasciata alla giornalista inglese in cerca dello scoop.
Il film prosegue così, più simile a quegli inserti sceneggiati che talora arricchiscono i programmi d’inchiesta. Le uniche parti di fiction sono limitate ai flashback in cui Riccardo Scamarcio veste i panni di De Pedis, mentre Greta Scarano interpreta la Minardi da giovane. Ma ai due non viene chiesto di esibire il talento mostrato in altre circostanze, ma solo di dare un tocco glamour, sfoggiando il notorio fascino tramite sguardi intensi e qualche nudo plastico (che ci sta sempre bene, soprattutto se schiaffato nel trailer).
“La verità sta in cielo”finisce per non essere né carne, né pesce; né incalzante come un documentario, né coinvolgente come un racconto. Non racconta, non svela, non elabora, non interpreta, non interessa. Annoia, punto. Un’occasione persa. Dal 1983 il caso di Emanuela Orlandi attendeva di essere narrato. Forse valeva la pena attendere un altro po’.
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roberto
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venerdì 10 febbraio 2017
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ibrido che si è rivelato un aborto
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Finalmente ho visto il film "la verità sta in cielo". Pur interessante il documento, devo dire che mi sia difficile pensare ad un film piu' brutto. Cioe', hai il Vaticano, intrighi, mistero, cronaca d'inchiesta, la storia contemporanea piu' oscura del Paese, e riesci a far una simile immondizia. Imperdonabile, come le due giornaliste auto doppiate (malissimo), e dei dialoghi piu' falsi delle banconote da 15 euro. Shel Shapiro che fa il direttore fricchettone di un giornale londinese fa anche sorridere.
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Finalmente ho visto il film "la verità sta in cielo". Pur interessante il documento, devo dire che mi sia difficile pensare ad un film piu' brutto. Cioe', hai il Vaticano, intrighi, mistero, cronaca d'inchiesta, la storia contemporanea piu' oscura del Paese, e riesci a far una simile immondizia. Imperdonabile, come le due giornaliste auto doppiate (malissimo), e dei dialoghi piu' falsi delle banconote da 15 euro. Shel Shapiro che fa il direttore fricchettone di un giornale londinese fa anche sorridere. Chi conosce il caso sa delle due teorie presentate dal film, esposte in qualsiasi trafiletto di youtube, mentre chi vi è all'oscuro non riesce a capire tutto, molte cose sono abbozzate e si sparano input e nomi di personaggi a mitraglia che necessitano di conoscenze previe sull'argomento. Gli unici personaggi con un minimo di costruzione sono De Pedis e chiaramente la Minardi, della quale sembra volerne scavare la storia personale di amante dei potenti con un tocco di morbosità della quale non si ha poi il coraggio di rappresentare, (basta leggere qualsiasi articolo con le affermazioni della Minardi, come quando portava a Marcinkus borse piene di soldi e delle "amiche" per avere una costruzione narrativa maggiore a quella del film) mentre grave è la carenza di sviluppo su Marcinkus, a parte il "divertente" paragone con Al Capone. Quando si vuole trattare argomenti cosi' delicati si dovrebbe cercare di esserne all'altezza, senza abbordare sceneggiature improbabili ed abbozzare montaggi di dialogo esplicativo che rivelano pecche tecniche da primo anno di scuola di cinema e di recitazione (salvo Scamarcio). Vorrei dire a Faenza di far fare queste cose a chi le sa fare, e tornare a fare documentari per la tv, come difatti nelle intenzioni doveva essere questo film, un ibrido tra film storico e documentario che invece si è rivelato un aborto
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roberto
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venerdì 10 febbraio 2017
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ibrido cinematografico che si è rivelato un aborto
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Finalmente ho visto il film "la verità sta in cielo". Pur interessante il documento, devo dire che mi sia difficile pensare ad un film piu' brutto. Cioe', hai il Vaticano, intrighi, mistero, cronaca d'inchiesta, la storia contemporanea piu' oscura del Paese, e riesci a far una simile immondizia. Imperdonabile, come le due giornaliste auto doppiate (malissimo), e dei dialoghi piu' falsi delle banconote da 15 euro. Shel Shapiro che fa il direttore fricchettone di un giornale londinese fa anche sorridere. Chi conosce il caso sa delle due teorie presentate dal film, esposte in qualsiasi trafiletto di youtube, mentre chi non conosce il caso non riesce a capire molte cose, molte cose sono abbozzate e si sparano input e nomi di personaggi a mitraglia che necessitano di conoscenze previe sull'argomento.
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Finalmente ho visto il film "la verità sta in cielo". Pur interessante il documento, devo dire che mi sia difficile pensare ad un film piu' brutto. Cioe', hai il Vaticano, intrighi, mistero, cronaca d'inchiesta, la storia contemporanea piu' oscura del Paese, e riesci a far una simile immondizia. Imperdonabile, come le due giornaliste auto doppiate (malissimo), e dei dialoghi piu' falsi delle banconote da 15 euro. Shel Shapiro che fa il direttore fricchettone di un giornale londinese fa anche sorridere. Chi conosce il caso sa delle due teorie presentate dal film, esposte in qualsiasi trafiletto di youtube, mentre chi non conosce il caso non riesce a capire molte cose, molte cose sono abbozzate e si sparano input e nomi di personaggi a mitraglia che necessitano di conoscenze previe sull'argomento. Gli unici personaggi con un minimo di costruzione sono De Pedis e chiaramente la Minardi, della quale sembra voler scavare la storia personale di amante dei potenti con un tocco di morbosità del quale non si ha il coraggio, (basta leggere qualsiasi articolo con le affermazioni della Minardi, come quando portava a Marcinkus borse piene di soldi e delle "amiche" per avere una costruzione narrativa maggiore a quella del film) mentre grave è la carenza di sviluppo su Marcinkus, a parte il "divertente" paragone con Al Capone. Quando si vuole trattare argomenti cosi' delicati si dovrebbe cercare di esserne all'altezza, senza abbordare sceneggiature improbabili ed abbozzare montaggi di dialogo esplicativo che rivelano pecche tecniche da primo anno di scuola di cinema e di recitazione (salvo Scamarcio). Vorrei dire a Faenza di far fare queste cose a chi le sa fare, e tornare a fare documentari per la tv, come difatti nelle intenzioni doveva essere questo film, un ibrido tra film storico e documentario che invece si è rivelato un aborto.
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marce84
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sabato 26 novembre 2016
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un'innocente vittima del marcio del vaticano
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Il film cerca di ricostruire i pezzi di una vicenda ancora per molti aspetti misteriosa ed oscura, offrendo ipotesi e chiavi di lettura, ma senza mai dare giudizi o interpretazioni definitive, com’è normale che sia per un fatto ancora avvolto dal mistero.
La ricostruzione storica è molto precisa e dettagliata: si fa riferimento al boss romano Renatino De Pedis, interpretato ottimamente da Riccardo Scamarcio e alla commistione economica con Vaticano e politica.
La scelta narrativa di utilizzare la giornalista inglese, interpretata da Maya Sansa, ad indagare sulla vicenda sembra azzeccata, così come l’utilizzo di una fonte, interpretata da Valentina Lodovini, l’intervistatrice della testimone Sabrina Mainardi.
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Il film cerca di ricostruire i pezzi di una vicenda ancora per molti aspetti misteriosa ed oscura, offrendo ipotesi e chiavi di lettura, ma senza mai dare giudizi o interpretazioni definitive, com’è normale che sia per un fatto ancora avvolto dal mistero.
La ricostruzione storica è molto precisa e dettagliata: si fa riferimento al boss romano Renatino De Pedis, interpretato ottimamente da Riccardo Scamarcio e alla commistione economica con Vaticano e politica.
La scelta narrativa di utilizzare la giornalista inglese, interpretata da Maya Sansa, ad indagare sulla vicenda sembra azzeccata, così come l’utilizzo di una fonte, interpretata da Valentina Lodovini, l’intervistatrice della testimone Sabrina Mainardi. In particolare è il personaggio di Sabrina Mainardi/Greta Scarano a colpire maggiormente in questo film: pupa del boss De Pedis, attratta dal suo fascino, dal fascino dei suoi soldi e dal suo potere in modo magnetico e quasi impossibilitata a sottrarsene.
Fa rabbia vedere molte persone che sapevano, ma che non sono state in grado o non hanno voluto impedire un evento drammatico. Fa rabbia sapere che la classe dirigente che dovrebbe guidarci sia invischiata in questioni corrotte e che alla fine a rimetterci sia una povera ragazza di 15 anni, colpevole solamente di trovarsi al posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Inoltre a fare una pessima figura vi è soprattutto il Vaticano: visto qui non come un’istituzione religiosa e culturale, ma come un entità interessata a fare soldi e a condizionare la politica italiana e più in generale europea e mondiale. Anche a scapito della povera gente, che invece dovrebbe proteggere e consolare.
In sostanza la vicenda seppur intricata viene raccontata con molta semplicità e chiarezza, ma senza scadere nel banale e lasciando sempre quell’alone di mistero inevitabile per una storia come questa.
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b.29
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lunedì 24 ottobre 2016
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la delusione sta al cinema
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Qualcosa è andato storto. Il parere è modesto e personale, il format del film di "girato, ma non realmente girato" è stato coraggioso, ma non efficace. Ho subito pensato ad una rappresentazione d'inchiesta, in stile Sabina Guzzanti in "La trattativa", ma così non era. Non me ne vogliano gli altri autori di recensioni, ma dov'è questa minuziosità nei dettagli? Dov'è la chiarezza narrativa? Un film che lascia un vuoto nello spettatore: cinematograficamente gradevole nelle parti di esposizione dei fatti degli anni 80, ma un'inutilità disarmante nella guida narrante ambientata nel 2015, un capovolgimento che portava lo spettatore a domandarsi "ma cosa sto guardando?", un documentario? Un film? La risposta è: nessuno dei due.
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Qualcosa è andato storto. Il parere è modesto e personale, il format del film di "girato, ma non realmente girato" è stato coraggioso, ma non efficace. Ho subito pensato ad una rappresentazione d'inchiesta, in stile Sabina Guzzanti in "La trattativa", ma così non era. Non me ne vogliano gli altri autori di recensioni, ma dov'è questa minuziosità nei dettagli? Dov'è la chiarezza narrativa? Un film che lascia un vuoto nello spettatore: cinematograficamente gradevole nelle parti di esposizione dei fatti degli anni 80, ma un'inutilità disarmante nella guida narrante ambientata nel 2015, un capovolgimento che portava lo spettatore a domandarsi "ma cosa sto guardando?", un documentario? Un film? La risposta è: nessuno dei due. Ci vuole un'ora circa per leggere la pagina di wikipedia dedicata alla sparizione della Orlandi e schiarirsi un pò le idee, ci vogliono 7€ e 2 ore per vedere una mediocre via di mezzo fra un film e un documentario ed uno Scamarcio fatto bello per l'occasione. Senza dubbio Sabrina Minardi resa protagonista attraverso questa sua fantomatica testimonianza non tanto sul caso Orlandi, quanto sulla vita (in grandi linee) di De Pedis. C'è certamente tanto da raccontare sia su De Pedis che sulla Minardi, ma non era questa la pellicola giusta. Deludente, annoia una persona informata sui fatti e non crea curiosità su chi invece non lo è.
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fabriziog
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domenica 16 ottobre 2016
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film interessante ma con troppe sbavature
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“La verità sta in cielo” del bravo regista Roberto Faenza si fa vedere, ben strutturato, dotato di una narrazione agile con taglio giornalistico, di un ottimo cast di attoriche vede Scamarcio come loro fulcro, oltre che di una tecnica del linguaggio filmico impregnata su immagini di ampio respiro, mai troppo incentrate sui volti dei personaggi o su particolari corporei, a parte una stravagante sequela di passaggi scenici di richiamo feticistico tutti concentrati sui piedi in movimento della avvenente attrice Greta Scarano, interprete della Minardi, “donna” di De Pisis.
Una ingenuità ed una criticità ridimensionano sfortunatamente la qualità del lavoro cinematografico.
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“La verità sta in cielo” del bravo regista Roberto Faenza si fa vedere, ben strutturato, dotato di una narrazione agile con taglio giornalistico, di un ottimo cast di attoriche vede Scamarcio come loro fulcro, oltre che di una tecnica del linguaggio filmico impregnata su immagini di ampio respiro, mai troppo incentrate sui volti dei personaggi o su particolari corporei, a parte una stravagante sequela di passaggi scenici di richiamo feticistico tutti concentrati sui piedi in movimento della avvenente attrice Greta Scarano, interprete della Minardi, “donna” di De Pisis.
Una ingenuità ed una criticità ridimensionano sfortunatamente la qualità del lavoro cinematografico.
Atteso che la storia è prevalentemente ambientata nel 2005, vede come set le zone di Roma limitrofe a San Pietro e cerca di dare una soluzione il più possibile convincente al mistero di Emanuela Orlandi, la ragazzina quindicenne cittadina vaticana sparita nel nulla il 22 giugno 1983, Faenza non indica né all’inizio né al termine del film su quali elementi testimoniali o documentali abbia poggiato la propria ricostruzione delle vicende raccontate. A questo elemento critico si affianca la grave ingenuità evidenziata in alcune scene che mostrano una delegazione di inquirenti statunitensi che si reca nella Santa Sede per arrestare il cardinal Marcinkus, Presidente dello Ior: come potevano pensare costoro di trarre in vinculis un cardinale cittadino vaticano, dominus della banca centrale vaticana, dentro le mura di uno Stato sovrano privo di accordi e convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria o di estradizione?
Lo sviluppo de “La verità sta in cielo” si incastra in una costellazione di accadimenti che vedono protagonisti ”Renatino” detto il Dendi, uno dei capi della Banda della Magliana, lo Ior di Marcinkus, il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e il riciclaggio di massive somme di denaro di origine mafiosa. La fictio artistica della inchiesta portata avanti da una valente giornalista italiana di stanza a Londra, inviata a Roma da una testata inglese per riaprire il “caso Orlandi”, che riprende e si interseca con quella già iniziata da un’altra coraggiosa reporter RAI, è indubbiamente stimolante e ben congeniata. Le conclusioni, purtroppo, risultano fumose, forse assenti, o confuse, rimandando la palla Oltretevere, ad un (fantomatico?) dossier che tutto rivelerebbe sulla povera Emanuela Orlandi. La comparsa sul finale di Pietro Orlandi, fratello della ragazza, da un tocco di valore documentaristico all’opera.
Fabrizio Giulimondi
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filippo catani
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giovedì 13 ottobre 2016
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coraggioso
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Ad oltre 30 anni dalla sua scomparsa, non si hanno ancora notizie di Emanuela Orlandi. Il film ricostruisce con dovizia di particolari la rete di malaffare che potrebbe esserlesi chiusa addosso.
La virtù maggiormente apprezzabile in questo film è il coraggio. Questo perchè chi è informato sui fatti può tranquillamente assisstere al dipanarsi della trama mentre chi non lo è avrà un'ottima occasione per farsi un'idea. Inoltre dare alla grande distribuzione un film che in Italia parla apertamente di collusioni tra servizi segreti deviati, malavita, politica e Santa Sede non è cosa da poco anche perchè una pellicola ha un impatto ben più immediato di quello che potrebbe avere una seppur altrettando accurata ricostruzione giornalistica.
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Ad oltre 30 anni dalla sua scomparsa, non si hanno ancora notizie di Emanuela Orlandi. Il film ricostruisce con dovizia di particolari la rete di malaffare che potrebbe esserlesi chiusa addosso.
La virtù maggiormente apprezzabile in questo film è il coraggio. Questo perchè chi è informato sui fatti può tranquillamente assisstere al dipanarsi della trama mentre chi non lo è avrà un'ottima occasione per farsi un'idea. Inoltre dare alla grande distribuzione un film che in Italia parla apertamente di collusioni tra servizi segreti deviati, malavita, politica e Santa Sede non è cosa da poco anche perchè una pellicola ha un impatto ben più immediato di quello che potrebbe avere una seppur altrettando accurata ricostruzione giornalistica. Il film si regge su un buon impianto ed è molto azzeccata la scelta di ricostruire i fatti attraverso una giornalista mandata a Roma per indagare su Mafia Capitale. Bene anche il cast.
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