gennaro
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venerdì 13 luglio 2018
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la paura non c'è...
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Un film che non è film. E' un indovinello. (SPOILER)
Se siamo in un'epoca antica perché a un certo la protagonista di nome Thomasin, secondo la famiglia, la strega dice che ha dato un SMS. Esistevano di già i telefoni?
Ci sono dei spunti che danno l'idea del brivido, ma le scene vengono fulminate e non ne parlano più. Di sicuro, a che fare con i miti delle streghe, ma poi tutto non quadra.
Una famiglia fissata dalla religione che al posto di essere protetti dalla bontà, ha dei problemi che ruotano dietro a una serie di stupidaggini.
Il padre crede di essere Gesù, ma lo è davvero. Inoltre, fa una brutta fine dopo una confessione quasi realistica.
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Un film che non è film. E' un indovinello. (SPOILER)
Se siamo in un'epoca antica perché a un certo la protagonista di nome Thomasin, secondo la famiglia, la strega dice che ha dato un SMS. Esistevano di già i telefoni?
Ci sono dei spunti che danno l'idea del brivido, ma le scene vengono fulminate e non ne parlano più. Di sicuro, a che fare con i miti delle streghe, ma poi tutto non quadra.
Una famiglia fissata dalla religione che al posto di essere protetti dalla bontà, ha dei problemi che ruotano dietro a una serie di stupidaggini.
Il padre crede di essere Gesù, ma lo è davvero. Inoltre, fa una brutta fine dopo una confessione quasi realistica. Il perdono non esiste.
La madre è irritante.
La protagonista, Thomasin, è antipatica. Fa cose normali per cose insensate tipo lei guarda per terra senza capire cosa guarda e senza battere ciglio, lascia perdere, andando via. Cosa dovrebbe significare? Sarebbe questa l'innovazione?
Caleb, il fratello, diventa il personaggio della scena più insensata di sempre. Inizia a improvvisare per cercare di far paura.
Mercy e Jones danno un fastidio terribile con "canzoncine" cantilene inutili.
Bella la scena del lago. Quando "succede qualcosa" c'è sempre il contrario del vero.
Per un allontanamento insensato, la famiglia si trasferisce vicino a un bosco. Capisco che si tratti dell'ambientazione adatta per l'epoca, ma cavolo con un bosco così tenebroso, come fai a dormire? Il fratello più piccolo scompare nel nulla.
Ma come... cosa? C'è un sempre una spiegazione, ma qui sembra che uno deve capirlo da solo, ma almeno un cenno oppure una leggera spiegazione non avrebbe guastato. Va bene unire tutti i pezzi, ma se uno non dà l'immagine come si fa a capire?
Alla fine è noia e basta perché riesce non solo a rovinare le scene migliori, ma portando la trama a essere senza senso. Il resto sarà OK, eccetto i personaggi irritanti e alcune scelte di certo non curate a dovere.
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stevercellone
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martedì 26 giugno 2018
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ambientazione perfetta per un film per niente bana
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Ho voluto approfondire visionando il film a causa dell'ambientazione nordica che ispira in me una certa curiosità morbosa e affascinante allo stesso tempo e devo dire che non ne sono rimasto affatto deluso. Partendo dal presupposto che in generale non amo i film horror poiché ultimamente privi di trama ed esageratamente ripetivi, The Witch mi ha fatto divertire, a tratti stupire, in particolare il finale molto molto di buon gusto. Bravo il regista. Molto azzeccata la scelta del filtro e delle musiche/silenzi mai banali. Voto: 3.5.
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franto70
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lunedì 11 dicembre 2017
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mattonata che lascia il segno
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Come si fa ad elogiare un film del genere? Come si fa a catalogarlo film horror? L'unica cosa che si salva è la fotografia. Tutto il resto è pura noia.
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dandy
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martedì 3 ottobre 2017
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il potere nefasto del bigottismo.
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L'esordio dal regista-sceneggiatore,è un horror psicologico che usa la stregoneria mettendola praticamente in sordina di fronte a un male più grande e implacabile,quello scaturito dalla superstizione,e dal fanatismo religioso.La strega,presenza marginale nel film(ma ogni sua apparizione resta impressa,a cominciare dalla prima dove usa il bambino rapito per i suoi scopi)diventa la detonatrice delle debolezze e delle frustrazioni che dominano i protagonisti,tanto dediti a Dio in superficie quanto meschini e ipocriti dentro(su tutti gli odiosissimi gemelli).E del tutto incapaci di dominare la natura circostante o di far fronte al mistero che gli si stringe attorno.Un ritratto cupo e spietato di un mondo schiavo di una religione schiacciante,e incapace di veri sentimenti anche tra familiari.
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L'esordio dal regista-sceneggiatore,è un horror psicologico che usa la stregoneria mettendola praticamente in sordina di fronte a un male più grande e implacabile,quello scaturito dalla superstizione,e dal fanatismo religioso.La strega,presenza marginale nel film(ma ogni sua apparizione resta impressa,a cominciare dalla prima dove usa il bambino rapito per i suoi scopi)diventa la detonatrice delle debolezze e delle frustrazioni che dominano i protagonisti,tanto dediti a Dio in superficie quanto meschini e ipocriti dentro(su tutti gli odiosissimi gemelli).E del tutto incapaci di dominare la natura circostante o di far fronte al mistero che gli si stringe attorno.Un ritratto cupo e spietato di un mondo schiavo di una religione schiacciante,e incapace di veri sentimenti anche tra familiari.Dove alla fine,paradossalmente,l'unica ad essere sempre stata davvero pura e innocente scopre nel "male" una possibile vita migliore.Poco sangue,ritmo lento e opprimente,ambientazioni perfette e fotografia ombrosa e grigia.Non per tutti,vista la mancanza dei classici elementi dell'horror odierno,ma è uno dei migliori film di genere del dopo 2000.
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pedronavaja
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sabato 16 settembre 2017
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il secolo della stregoneria
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Va innanzitutto detto he non si tratta di un horror “sensu stricto”, ma di una film drammatico con nel fondo una famiglia di puritani, da poco arrivati in America, col loro carico di severo ed estenuante estremismo religioso.
La storia in fondo racconta con perfetto realismo, la sociologia della cultura delle streghe.
Lo fa con un gruppo di attori eccellenti (oltre all’interprete di Thomasin, citerei il padre william e i giovanissimo caleb), e con un’ambientazione e una fotografia irreprensibili.
Un film anche troppo rigoroso, che non regala nulla allo spettatore pruriginoso. Forse avrebbe potuto introdurre una scena finale (i lupi reali predatori), ma solo conclude con un testo che ricorda che parte del racconto proviene da molte testimonianze contemporanee in processi per stregoneria.
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Va innanzitutto detto he non si tratta di un horror “sensu stricto”, ma di una film drammatico con nel fondo una famiglia di puritani, da poco arrivati in America, col loro carico di severo ed estenuante estremismo religioso.
La storia in fondo racconta con perfetto realismo, la sociologia della cultura delle streghe.
Lo fa con un gruppo di attori eccellenti (oltre all’interprete di Thomasin, citerei il padre william e i giovanissimo caleb), e con un’ambientazione e una fotografia irreprensibili.
Un film anche troppo rigoroso, che non regala nulla allo spettatore pruriginoso. Forse avrebbe potuto introdurre una scena finale (i lupi reali predatori), ma solo conclude con un testo che ricorda che parte del racconto proviene da molte testimonianze contemporanee in processi per stregoneria.
Se volete un film horror classico forse rimarrete delusi. Se volete vedere un bel film, sarete contenti di questa sorpresa.
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dalecooper
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venerdì 21 luglio 2017
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impeccabile.
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Raramente negli ultimi tempi escono pellicole del genere. Pellicola imperdibile per gli amanti della settima arte. Forse la quinta stella è esagerata, ma penso che questo film negli anni diventerà un punto di riferimento. La tensione generata dalle prime inquadrature non scema per tutta la durata fino ad accrescere in un finale maestoso. Tensione, inquietudine e bellezza.
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laurence316
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martedì 4 luglio 2017
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insopportabile polpettone tedioso ed esasperante
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Uno dei più apprezzati horror (horror si fa per dire) della stagione, è in realtà, paradossalmente, uno dei più pedanti, stupidi ed estenuanti, gravato da una lentezza esasperante che non fa altro che appesantire ulteriormente una narrazione già di per sé pesante e scontata dentro la quale non si capisce come chicchessia abbia potuto ravvisarvi anche solo il più piccolo barlume di originalità.
Cupo e tenebroso, The Witch ha indubbiamente il suo indiscutibile punto di forza nella fotografia di Jarin Blaschke, livida e piena di ombre, assolutamente adatta alle atmosfere di un film in cui le tenebre sono rischiarate solo da flebili candele e in cui anche di giorno la luce fatica a farsi vedere.
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Uno dei più apprezzati horror (horror si fa per dire) della stagione, è in realtà, paradossalmente, uno dei più pedanti, stupidi ed estenuanti, gravato da una lentezza esasperante che non fa altro che appesantire ulteriormente una narrazione già di per sé pesante e scontata dentro la quale non si capisce come chicchessia abbia potuto ravvisarvi anche solo il più piccolo barlume di originalità.
Cupo e tenebroso, The Witch ha indubbiamente il suo indiscutibile punto di forza nella fotografia di Jarin Blaschke, livida e piena di ombre, assolutamente adatta alle atmosfere di un film in cui le tenebre sono rischiarate solo da flebili candele e in cui anche di giorno la luce fatica a farsi vedere. Per il resto, ben poco rimane da salvare in quest’esordio di Eggers: probabilmente le interpretazioni degli attori (Taylor-Joy e Ineson in testa), e in particolare, la ricostruzione d’epoca, attenta ai dettagli: costruzioni, costumi, persino i dialoghi (in originale), tutto derivato da una certosina ricerca tra i testi dell’epoca.
Il problema è che il film non vuole essere solo un (in questo senso) ottimo spaccato di un’epoca, ma pretende di essere qualcosa di più, qualcosa di più “elevato”, cercando disperatamente di apparire più intelligente della media degli horror odierni quando in realtà è solo un’apparenza (la stupidità e il ridicolo sono dietro l’angolo in numerose scene). In The Witch non accade mai nulla di particolarmente significativo, le sequenze sono protratte all’infinito anche quando non ve ne alcuna necessità, la regia si prende un po’ troppo sul serio data la risma del film (osando riecheggiare la pittura [Goya soprattutto] e persino la cinematografia ben più alta con cui non regge il confronto [Dreyer, ma anche Pialat e il suo Sotto il sole di Satana)].
Dato il suo rifiuto di ricorrere a spaventi meccanici od effetti speciali in larga scala, è apparso a molti come qualcosa di più innovativo e meglio realizzato della media, come se il rifiuto dei suddetti forse di per sé garanzia di qualità: la noia, la monotonia, il tedio, l’ostentata “pittoricità” di alcune inquadrature, che questo film propone in alternativa non sono certo da considerarsi validi antidoti all’aggressione visiva e uditiva degli horror più mainstream.
Inoltre, non si capisce quale sia il punto del film: tanti hanno voluto vedervi la constatazione dell’inadeguatezza dell’uomo di fronte all’ignoto, e in particolare l’inadeguatezza della fede e della superstizione di fronte allo stesso, al mistero, all’incomprensibile, all’inspiegabile (dinnanzi ai quali, comunque, anche l’amore e i legami famigliari finiscono a brandelli). Ma se per quanto riguarda il primo punto si potrebbe anche finire per concordare, per quanto riguarda il secondo, e il tema della religione, della superstizione e del sospetto, il finale che sfida caparbiamente il ridicolo ribalta tutto: viene fatto chiaramente intendere, difatti, che un certo animale sia davvero niente poco di meno che il Diavolo stesso e pertanto il clima di sospetto che aleggiava nella famiglia viene del tutto giustificato a posteriori quando viene mostrato che non solo messer Satana ma pure le streghe esistono effettivamente. E poi, francamente, le scene con la madre e il corvo o il prefinale con Thomasin e il caprone “Black Philip”, per non parlare poi del finale vero e proprio con la “levitazione collettiva”, più che inquietanti, sono dannatamente esilaranti. Incomprensibilmente acclamato dalla critica fin dalla presentazione al Sundance, il film si rivela anche un successo in termini di incassi, lanciando la carriera del regista. Bah!
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(di tool27)
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peergynt
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lunedì 1 maggio 2017
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immersi nel peccato e nella tenebra
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Film demonologico di raffinata potenza. Cupo come la morte e grigio come il peccato, risplende nei fulgidi capelli biondi della giovane Thomasin (una convincente e verissima Anya Taylor-Joy). Sembra di essere caduti, oltre che in un incubo opprimente, in un quadro nordico del Seicento: un trionfo del gotico letterario.
Particolarmente consigliato a chi ama leggere racconti di Hawthorne, Lovecraft, Machen.
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fabal
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domenica 30 aprile 2017
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un ottimo esordio per un horror atipico
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Un horror psicologico come se ne vedono ormai pochi. Di quelli in cui il terrore è un'atmosfera ossessiva, costruito da una parabola crescente di dettagli, dialoghi e tensioni sottese. Siamo nel New England, nella prima metà del 1600, quando i Padri Pellegrini fondarono le prime colonie nel Nord America, riunendosi in comunità puritane e costruendo interi villaggi. William, padre di quattro figli, viene espulso dalla propria comunità e si vede costretto a vivere in una isolata fattoria al limitare di un bosco. Ma strani avvenimenti cominciano a martoriare la famiglia: il quinto figlio, da poco nato, sparisce misteriosamente mentre è con la sorella primogenita.
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Un horror psicologico come se ne vedono ormai pochi. Di quelli in cui il terrore è un'atmosfera ossessiva, costruito da una parabola crescente di dettagli, dialoghi e tensioni sottese. Siamo nel New England, nella prima metà del 1600, quando i Padri Pellegrini fondarono le prime colonie nel Nord America, riunendosi in comunità puritane e costruendo interi villaggi. William, padre di quattro figli, viene espulso dalla propria comunità e si vede costretto a vivere in una isolata fattoria al limitare di un bosco. Ma strani avvenimenti cominciano a martoriare la famiglia: il quinto figlio, da poco nato, sparisce misteriosamente mentre è con la sorella primogenita. Iniziale capro espiatorio di tutte le digrazie, Thomasine viene accusata dalla madre di essere una strega. Poi i sospetti ricadono sui due gemelli più piccoli, che simulano addirittura uno stato di trance, in una parabola di accuse reciproche e follia allucinata in cui William non sa più a chi credere.
Il tratto più efficace di The Witch è la simbiosi perenne tra l'occultismo della stregoneria e la sua percezione paranoica all'interno di una famiglia ossessionata dai principi religiosi. La lettura psicanalitica, quella che suggerirebbe una nevrosi collettiva, sembra alla fine dei conti prevalere, benché le streghe siano effettivamente reali e documentate dalle testimonianze dell'epoca. Per realizzare il film infatti, sono stati consultati giornali e resoconti processuali, soprattutto per la stesura dei dialoghi: la tecnica dell'accusa reciproca, l'esasperata ricerca del particolare indemoniato, la formulazione ripetuta dei principi del Cristianesimo con particolare attenzione al Peccato Originale.
Grazie a questo perfetto inquadramento storico, il primo lungometraggio di Robert Eggers (ottimo esordio) diventa un'esperienza di totale immersione nella follia emotiva, che angoscia, e non poco, uno spettatore disorientato e presto alla disperata ricerca di un appiglio sicuro in almeno uno dei personaggi. Lo trova, forse, nella tenace Thomasine più che nel padre William, il cui bigottismo sembra, a tratti, un paravento ai capricci nevrotici della moglie.
L'inconsapevole paradosso di fede della famiglia di The Witch è che, alla fine dei conti, crede ben più al diavolo che in Dio: mentre il secondo è un'entità perfetta e irraggiungibile, distante dall'uomo intrisecamente peccatore, il diavolo è invece sempre vicino, alla portata di tutti. E può nascondersi in un figlio o in un fratello o in qualsiasi persona cara nella quale, anziché provare amore come un riflesso dell'Amore di Dio, è più facile vedere una strega o un servo del demonio. Con questa sottile ambiguità psicanalitica, che il tutto sia una pretestuosa maschera delle tensioni familiari, il film si regge solido per oltre un'ora fino a quando il sospetto diventa tragedia e The Witch gioca a carte scoperte, senza commettere l'errore di dissolvere tutto il tratto soprannaturale in una bolla di sapone schizofrenica. Anzi, nel finale diventa tutto più reale, esplicito e forse anche troppo. Tolta però la deriva di dubbio gusto e la risparmiabile carneficina dell'ultima parte, l'opera di Eggers rimane una robusta parabola psicologica e sensoriale, condita da una notevole fotografia che potenzia visivamente le metafore offerte dalla trama. Il fitto bosco popolato di streghe è d'ispirazione grimmiana, e contrasta molto bene con l'isolata fattoria.
Un horror atipico, cerebrale e ossessivo, e senza gli ormai abusati jump scares. Con tante implicazioni sociali e psicologiche che ricorda, per certi versi, la sensibilità di Shyamalan dimostrata in The Village e The Visit, ma con il vantaggio di una credibilità storica che ne potenzia l'efficacia stilistica.
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johseph
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sabato 8 aprile 2017
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streghe prese sul serio
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Ottimo film, la trasposizione della strega è stata raccontata in maniera naturale, non aspettatevi incantesimi con effetti speciali. Bella l'atmosfera, finale a sorpresa. Da vedere assolutamente.
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