Padri e figlie

Film pessimo. Muccino irretito dalla paura di fallire un'altra volta al botteghino, non si concede nessun tipo di scena o contenuto scomodo. Ogni volta che il film potenzialmente avrebbe potuto risollevarsi, trattando temi veramente scomodi e coraggiosi, Muccino taglia e va avanti. Perciò non sorprende che le scene più curate siano scontatissimi cliché dei migliori momenti tra un padre e una figlia, mentre temi potenzialmente interessanti come la malattia mentale, l'odio, il senso di colpa, ricoprono un ruolo veramente marginale nel film.
 La prima parte in cui si rappresenta la felicità quotidiana tra un padre e una figlia sembra una di quelle premesse al melodramma in cui man mano sotto le piaghe di questa felicità apparente, si fa strada la tragedia, la quale viene supportata da una lettura sempre più approfondita del carattere dei protagonisti.
Ma purtroppo nulla di questo accade, dopo la seconda parte il film non scava nella psiche, non trova mai una motivazione veramente valida per ciò che accade e altri validi motivi per cui i personaggi riescono verso il finale della pellicola, finalmente a risolvere le loro opposizioni e i loro conflitti interiori.
Perché Katie vede nel suo nuovo ragazzo, un ragazzo diverso dagli altri, tanto da potersi concedere di superare con lui, il suo blocco emotivo e darsi ai sentimenti? Perché Jake riesce finalmente a scrivere un romanzo decente? Perché sua zia guarisce finalmente dal suo autoritarismo?
Troppe domande insolute, lasciano l’amaro in bocca, mentre poche scene rimangono impresse nella memoria.
Si aspetta vanamente un momento o una scena chiave, esaustiva o risolutiva, dove vediamo Katie o Jake in tutta la loro cruda verità psicologica.
Insomma quello che rimane in questo film e in generale nel cinema di Muccino è solo la maniera Mucciniana, ma Muccino sembra aver perso la voglia di motivare la sua estetica con un adeguato contenuto.