Padri e figlie

Il film colpisce lo spettatore per il modo in cui si troverà ad immedesimarsi nelle relazioni umane dei protagonisti: siamo tutti figli, molti di noi sono o saranno genitori, tutti abbiamo avuto o abbiamo o temiamo di avere dei vuoti enormi da riempire propri e/o di persone che ci sono vicine e care. In questa empatia che si crea ad ogni scena va attribuita la chiave del successo del film.

  

Vedere questo film mi ha riportato indietro alla prima volta che ho visto La ricerca della felicità e in tal senso ho paura che, ad ogni visione futura sul piccolo schermo di questa pellicola, la magia si perderà e uno sbuffo di noia apparirà su un angolo della mia bocca come mi capita appunto con il film di Smith.

 Tecnicamente il film è ineccepibile.I continui flash back e flash forward tengono in botta fino alla fine. Crowe bravissimo con le sue crisi epilettiche e nel suo ruolo di padre vedovo che si divide tra il proprio lavoro e l'enorme amore e responsabilità verso la figlia. La bellissima Seyfried quasi sempre credibile nel difficile ruolo che si trova ad affrontare tra la paura di non riuscire ad amare con tutta se stessa che la porta a cercare di riempire un vuoto interiore con il sesso facile e con il proprio lavoro di assistente sociale. Le due ragazzine, in particolare la biondina ovviamente, sono autentiche rivelazioni: la ragazzina di colore è la specchio della protagonista (la seyfried) che aiutandola aiuta se stessa mentre la biondina che interpreta la figlia di Crowe è talmente brava che sono sicuro che la rivedremo in tanti altri film.
  

In sintesi, come si suol dire, questo film è il classico film che tocca le corde dell'anima e le fa vibrare.