fabripi
|
giovedì 4 dicembre 2014
|
tributo ai dimenticati
|
|
|
|
"Torneranno i prati" non ambisce a raccontare UNA storia, ma LA storia di tanti anonimi protagonisti della stessa tragica follia. Non è il film degli eroi, è il film degli uomini soli, fragili, impotenti e disperati di fronte a quella "bestia", la guerra, che ancora non ci siamo stancati di evocare e alimentare. Con poche scene cariche di potenza fotografica, Olmi riesce a scaraventare lo spettatore nella realtà della tricea, a farlo tremare e sperare in mezzo ad una generazione a cui è stata rubata la vita e a cui dobbiamo almeno il tributo del ricordo.
|
|
[+] lascia un commento a fabripi »
[ - ] lascia un commento a fabripi »
|
|
d'accordo? |
|
howlingfantod
|
domenica 7 dicembre 2014
|
la memoria dei prati
|
|
|
|
Non si prova empatia, commozione, il sentimento è escluso, tanto potente e straniante è l’immagine che il maestro Olmi ci dà della vita di trincea da un punto di vista intimista ed umano, straniante e tanto lontano da quello che crediamo di sapere delle guerre soprattutto generazioni che non le hanno fatte e le conoscono solo virtualmente. Anche un escursione sulle Dolomiti nei musei a cielo aperto della guerra come alle Cinque Torri o sulla Marmolada rende un idea solo parziale così come siamo affabulati dal turistico-virtuale. Non sono un amante dei film di guerra e questo è del resto qualcosa di ben diverso, cercavo qualcosa di più stringente come in “La sottile linea rossa” di Malick, qualcosa di più di una denuncia su ogni guerra dove anche se lo si proclama invece se ne fa un elegia come in molto cinema di genere, come nelle grandi produzioni Hollywoodiane sulle guerre di ogni tempo e di ogni dove e grandi campi di battaglia brulicanti di uomini come formiche, obici e grandi fumi, lampi e scoppi,non grandi slanci camerateschi, ma la cupa cosciente rassegnazione e il contatto vivo con la morte di uomini rinchiusi in un avamposto sulle Alpi al confine con l’Austria, poco prima di Caporetto durante la prima guerra mondiale e ad un passo dal nemico invisibile, come invisibili sono gli ordini ai quali devono obbedire come in una sceneggiatura assurda, come assurda è ogni guerra.
[+]
Non si prova empatia, commozione, il sentimento è escluso, tanto potente e straniante è l’immagine che il maestro Olmi ci dà della vita di trincea da un punto di vista intimista ed umano, straniante e tanto lontano da quello che crediamo di sapere delle guerre soprattutto generazioni che non le hanno fatte e le conoscono solo virtualmente. Anche un escursione sulle Dolomiti nei musei a cielo aperto della guerra come alle Cinque Torri o sulla Marmolada rende un idea solo parziale così come siamo affabulati dal turistico-virtuale. Non sono un amante dei film di guerra e questo è del resto qualcosa di ben diverso, cercavo qualcosa di più stringente come in “La sottile linea rossa” di Malick, qualcosa di più di una denuncia su ogni guerra dove anche se lo si proclama invece se ne fa un elegia come in molto cinema di genere, come nelle grandi produzioni Hollywoodiane sulle guerre di ogni tempo e di ogni dove e grandi campi di battaglia brulicanti di uomini come formiche, obici e grandi fumi, lampi e scoppi,non grandi slanci camerateschi, ma la cupa cosciente rassegnazione e il contatto vivo con la morte di uomini rinchiusi in un avamposto sulle Alpi al confine con l’Austria, poco prima di Caporetto durante la prima guerra mondiale e ad un passo dal nemico invisibile, come invisibili sono gli ordini ai quali devono obbedire come in una sceneggiatura assurda, come assurda è ogni guerra. La rappresentazione della vita di trincea è dirompente, la scenografia e la fotografia fatta con lastre a simulare un bianco e nero che non è apre spazi metafisici negli esterni dilatati di neve, cielo e nebbiose nubi asfissianti di alta quota e negli interni claustrofobici, non lascia spazio nello spettatore al pietismo ma allo stupore nel senso etimologico come stupore è la barbarie assurda ed ingiusta della morte che ogni guerra ha come fine ultimo. Grande opera di memoria, al di là di ogni retorica patriottarda che ieri come oggi e come ogni celebrazione vorrebbe dirci e rendere onore a coloro che hanno combattuto per la nostra libertà, forse è anche così, ma più importante sapere che torneranno i prati in quelli stessi luoghi che hanno visto l’orrore e la paura di uomini come carne da macello mandati a morire senza un senso. Film come questo a ricordarcelo sono delle pietre preziose.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a howlingfantod »
[ - ] lascia un commento a howlingfantod »
|
|
d'accordo? |
|
paolo patrone
|
sabato 13 dicembre 2014
|
le trincee dimenticate
|
|
|
|
Luogo: una trincea. Tempo: 1915-1918, la grande guerra.
Ermanno Olmi non è stato mai un regista di ‘cassetta’. I suoi film nascono sempre da una forte spinta interiore. Ed è per questa forte istanza d’origine che i suoi film creano l'impressione che i suoi personaggi e le situazioni si evolvano spontaneamente in una cronologia di tempo reale, sia che la vicenda sia, indipendentemente, di un’epoca contemporanea o di un tempo passato.
È questa concentrazione ‘soul’ e non forzata sul dettaglio cronologico, ristretto all’attualità della vita ordinaria, che rende il suo lavoro così coinvolgente.
[+]
Luogo: una trincea. Tempo: 1915-1918, la grande guerra.
Ermanno Olmi non è stato mai un regista di ‘cassetta’. I suoi film nascono sempre da una forte spinta interiore. Ed è per questa forte istanza d’origine che i suoi film creano l'impressione che i suoi personaggi e le situazioni si evolvano spontaneamente in una cronologia di tempo reale, sia che la vicenda sia, indipendentemente, di un’epoca contemporanea o di un tempo passato.
È questa concentrazione ‘soul’ e non forzata sul dettaglio cronologico, ristretto all’attualità della vita ordinaria, che rende il suo lavoro così coinvolgente.
Nei suoi film la condizione umana è ritratta con un amore che con gli anni è passata dalla tristezza alla malinconia, quasi rassegnata ma mai sopita nel pensare l’esistenziale dell’uomo, in qualsiasi contrada o cronologia storica.
È la consapevolezza che non ci saranno mai le condizioni giuste. È il sapere anche, però, oltre qualsiasi ragionamento alle prese con la bieca realtà, che non vi è, non potrà mai esservi rassegnazione ad accettare lo stato di avvilimento morale dell’uomo, sia per “ l’umanità povera analfabeta” ma di profonda incisività esistenziale sia per l’anafalbetismo dotto a venire.
'torneranno i prati’ è un film asciutto, scabro di ornamentii formali. Una stupenda fotografia in bianco e nero in cui esistono in modo manicheo soltanto il bianco e nero, non vi è nessun passaggio graduale di tonalità grigia da un estremo all’altro. È, così, il mettere in chiara evidenza che l’uomo È o Non-È, una terza possibilità non è data.
Indimenticabili momenti di calda umanità il canto modulato e triste del soldato sul costone della montagna, illuminato in controluce dall’asciutta e fredda luce lunare, fra l’onirico e l’ancestrale universale richiamo di antichi ricordi, (nell’assenza di richiami religiosi); le riprese della volpe e lo sguardo attento del soldato che l’osserva nelle sue lunghe veglie; il topolino che si muove a divorare le pallottoline di mollica di pane che l’uomo gli ha preparato, e nella cui mano non ha nessun timore a ‘passeggiarvi’;
‘ Preferisco finirla qui ', il soldato che detto fatto appoggia rapidamente il calcio del moschetto a terra e la canna sotto il mento e…spara.
Un film che lascia un profondo e sofferto richiamo ‘interno'.
torneranno i prati perché l’uomo di_ menti_ca la sua storia (cancella dalla mente ciò la cui cognizione servirebbe alla non ripetizione degli errori nel futuro);
torneranno i prati perché l’uomo s_cor_da (toglie dal cuore anche gli affetti ed i ricordi più cari);
torneranno i prati a coprire ed a nascondere nel rifiorire della cieca e nemica natura dell’uomo quello che è stato, la scintilla dell’uomo, che sola dà calore e vita ad
"una scena triste e muta [dove] L'universo tace [e] il silenzio e la notte se ne impadroniscono.
Tutto si muta in una vasta solitudine”, (Diderot)
Qualcuno interpreterà il ricrescere dei prati come un segnale della bellezza della natura, perennemente rifiorente, finalizzata alla vita ‘bella’ dell’uomo.
La mia chiave di lettura del ‘torneranno i prati’ resta quella che ho qui appena tracciato.
torneranno i prati, nella realtà della ottusa staticità umana; il perché del titolo tutto in minuscolo.
(paolo patrone)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolo patrone »
[ - ] lascia un commento a paolo patrone »
|
|
d'accordo? |
|
rampante
|
venerdì 27 febbraio 2015
|
la guerra lascia solo dolore
|
|
|
|
Inverno 1917, siamo nel Nord-Est a quota 1800 a 50 metri dal nemico
Un maggiore, un capitano, un tenente inesperto affrontano in modo diverso l'inerzia omicida della guerra e dei comandi
Torneranno i prati allude all'ipocresia della Storia riguardo le migliaia di vittime sepolte sotto la neve durante la Grande Guerra, di cui tutti saranno pronti a dimenticarsi al primo riapparire dell'erba, ovvero in tempo di pace
L'appello di Olmi contro una guerra ingiusta ed inaccettabile come qualsiasi guerra, contro il dolore ed il vuoto morale che sempre lascia la guerra
Film crudo, immagini che vorremmo solo dimenticare, quanti morti, quanti orfani, quanto dolore per il capriccio di pochi
|
|
[+] lascia un commento a rampante »
[ - ] lascia un commento a rampante »
|
|
d'accordo? |
|
orione95
|
venerdì 20 novembre 2015
|
un silenzioso palcoscenico di guerra e malinconia
|
|
|
|
"torneranno i prati" è un film molto difficile da recensire, infatti occorre partire dal presupposto che il suddetto non è un film, o perlomeno non nel senso comune del termine. "torneranno i prati", ultima fatica del brillante regista Ermanno Olmi, si presenta infatti come una malinconica parabola di storia e di guerra, il cui significato si palesa in tutta la sua brutalità nel monologo finale (saggiamente implementato nella scrittura di una lettera, altro argomento centrale della pellicola), capace di unire il pathos squisitamente cinematografico ad una crudele realtà storica, il tutto però tradendo volontariamente un'evidente anima teatrale (ben presente negli intensi e significativi sguardi dei protagonisti, che talvolta appaiono rivolgersi direttamente allo spettatore).
[+]
"torneranno i prati" è un film molto difficile da recensire, infatti occorre partire dal presupposto che il suddetto non è un film, o perlomeno non nel senso comune del termine. "torneranno i prati", ultima fatica del brillante regista Ermanno Olmi, si presenta infatti come una malinconica parabola di storia e di guerra, il cui significato si palesa in tutta la sua brutalità nel monologo finale (saggiamente implementato nella scrittura di una lettera, altro argomento centrale della pellicola), capace di unire il pathos squisitamente cinematografico ad una crudele realtà storica, il tutto però tradendo volontariamente un'evidente anima teatrale (ben presente negli intensi e significativi sguardi dei protagonisti, che talvolta appaiono rivolgersi direttamente allo spettatore). I soldati non sono più uomini, hanno perso la loro dignità di esseri umani nel momento in cui la guerra li ha accolti, costringendoli a vivere tante "vite sospese", nel gelo di una trincea.
L'assordante silenzio che regna sovrano per quasi tutta la durata del film viene squarciato esclusivamente dagli spari e dai colpi di mortaio: in una tale rassegnata alienazione i soldati sono privati persino dei loro nomi, salvo riacquistare la propria identità nel momento salvifico e catartico della consegna della posta, unico tramite con il mondo esterno, unico barlume di luce nella grottesca oscurità che li avvolge. Anche i più puri sentimenti patriottici vengono traditi da una violenza così lontana dai propositi originari di pace e felicità propri di ogni uomo, tradimento questo che si esplica oltretutto negli ordini spietati e talvolta insensati dei superiori al comando militare.
"torneranno i prati", dunque, presenta allo spettatore un frammento assolutamente minimale all'interno di un contesto mondiale come quello della Grande Guerra, del resto questa volontà di fare della storia niente più che una didascalia la si evince dal titolo stesso, scritto in minuscolo.
In conclusione un plauso a parte merita il comparto tecnico: fotografia, scenografia e costumi eccelsi si sposano meravigliosamente con una regia di prim'ordine e convincono appieno nel restituire intatta la cruda realtà della guerra, inscenata in un palcoscenico di malinconia sulle note della tromba di Paolo Fresu.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a orione95 »
[ - ] lascia un commento a orione95 »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
lunedì 23 novembre 2015
|
il dramma della trincea
|
|
|
|
1917 fronte austro-italiano. Un gruppo di soldati in trincea cerca di sopravvivere alle durezze della guerra.
Ermanno Olmi in poco più di un'ora di pellicola riesce a rendere al meglio il dramma del primo conflitto mondiale e di chi lo combattè in prima persona. Un contingente formato da povere persone e tutt'altro che militari di professione e che a malapena si esprimevano in italiano prediligendo il dialetto. E dopo tanti mesi di combattimento ormai non ci sono più gradi che tengano in quanto si è sviluppata una sorta di fratellanza e ciò che traspare è il disprezzo per una guerra lunga e percepita come inutile con le sue insensate azioni e carneficine (e anche nella pellicola ne avremo un piccolo esempio).
[+]
1917 fronte austro-italiano. Un gruppo di soldati in trincea cerca di sopravvivere alle durezze della guerra.
Ermanno Olmi in poco più di un'ora di pellicola riesce a rendere al meglio il dramma del primo conflitto mondiale e di chi lo combattè in prima persona. Un contingente formato da povere persone e tutt'altro che militari di professione e che a malapena si esprimevano in italiano prediligendo il dialetto. E dopo tanti mesi di combattimento ormai non ci sono più gradi che tengano in quanto si è sviluppata una sorta di fratellanza e ciò che traspare è il disprezzo per una guerra lunga e percepita come inutile con le sue insensate azioni e carneficine (e anche nella pellicola ne avremo un piccolo esempio). Pochi ma incisivi dialoghi ma sono soprattutto le immagini a parlare: rancio congelato, spazi angusti e bombardamenti dei mortai nemici. Un film che ci fa riflettere sulla Grande Guerra e sul dramma di qualsiasi guerra.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
paolocorsi1967
|
giovedì 14 luglio 2016
|
per questi e altri crimini, solo chiedere scusa
|
|
|
|
Come "Uomini contro" di Rosi, Olmi stigmatizza la stupidità della guerra e l'inutilità di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale, purtroppo ancora oggi celebrata o peggio ancora strumentalizzata da certi politici che, più che militaristi, sono semplicemente indegni di fare commenti sulla profonda onestà dei loro simili (si fa per dire) di cent'anni fa, come i contadini e gli operai mandati a uccidere o a farsi uccidere in una guerra insensata e criminale, oltre che pessimamente condotta. Centinaia, migliaia di morti per un montarozzo di terra. Quale uomo che non sia un pazzo o un criminale può ammettere questo? Una guerra non condivisa dal popolo italiano, che pure dimostrò un altissimo senso del dovere, al contrario di chi citerò.
[+]
Come "Uomini contro" di Rosi, Olmi stigmatizza la stupidità della guerra e l'inutilità di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale, purtroppo ancora oggi celebrata o peggio ancora strumentalizzata da certi politici che, più che militaristi, sono semplicemente indegni di fare commenti sulla profonda onestà dei loro simili (si fa per dire) di cent'anni fa, come i contadini e gli operai mandati a uccidere o a farsi uccidere in una guerra insensata e criminale, oltre che pessimamente condotta. Centinaia, migliaia di morti per un montarozzo di terra. Quale uomo che non sia un pazzo o un criminale può ammettere questo? Una guerra non condivisa dal popolo italiano, che pure dimostrò un altissimo senso del dovere, al contrario di chi citerò. Vittime della sete di gloria di pochi, delle fregnacce che vennero raccontate (e che vengono ammannite, cosa gravissima soprattutto per i giovani, che finalmente stanno reagendo, ancora oggi da gentaglia come alcuni degli ultimi Capi di Stato, come l'orribile Giorgio Napolitano, un uomo che, per i suoi atti del suo scellerato settennato - e della sua polizia da far orrore alla Gestapo quand'era ministro dell'Interno -, meriterebbe - lui e altri - una condanna per una serie di crimini, a cominciare dall'alto tradimento). Kubrick - un uomo non contrario alla guerra in assoluto come linea di principio - ha detto la parola definitiva su quella guerra con "Orizzonti di gloria". Ma più che il ridestarsi dell'antimilitarismo, che grazie a Dio sembra avvenire nelle giovani generazioni (assieme alla battaglia contro gli abusi delle cosiddette forze dell'ordine che hanno coperto l'Italia di vergogna come al G8 di Genova, si badi bene con la importante complicità di altri ordini professionali dello Stato), il grande valore del film è la superiore umanità di Olmi, forse anche ingenua ma sincera e toccante, che indica l'unica via possibile di uscire da tutto questo, cioè l'amore e il perdono: "Se un uomo non sa perdonare, che uomo è?". Olmi meriterebbe per questo film il Premio Nobel per la Pace, anche se è un riconoscimento discutibile visto che è stato conferito a (o ne sono stati canditati) persone che dovrebbero passare alla storia piuttosto come terroristi o criminali di guerra. Tra i pregi di questo capolavoro la meravigliosa fotografia. Ricorda il capolavoro di Kubrick anche nella sua claustrofobia e angoscia. Nella sua essenzialità la sceneggiatura è impeccabile. Olmi approfondisce le la psicologie. Purtroppo, quando ho visto questo santo film al cinema, in una sala piccola e non molto piena, ho sentito più critiche che altro. Prova ne sia che in un paese di merda, coerentemente rappresentato dagli stronzi succitati, non basta (e qui Kubrick aveva ancora una volta ragione) un film per ridestare la coscienza sotto sedazione di gran parte degli italiani contemporanei, anche se riscattata dalla generosità di tanti giovani, come l'anonimo tiratore di sasso al G8 del 2001, un uomo e un combattente infinitamente migliore dei banditi che vi erano lì riuniti e di quelli nel governo che hanno orchestrato gli incidenti, attraverso la Polizia, i Carabinieri e i militari provocatori. Questi sono film (una volta lo facevano) che andrebbero proiettati nelle scuole. La poesia di Olmi è fuori discussione, speriamo anche sia anche profezia. Torneranno i prati, magari con quelli che meritano davvero di finire sottoterra, non la brava gente ma i vili delinquenti succitati, che sono peggio di Provenzano o Riina.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolocorsi1967 »
[ - ] lascia un commento a paolocorsi1967 »
|
|
d'accordo? |
|
fabiofeli
|
domenica 23 novembre 2014
|
… noi, pộri cani
|
|
|
|
“Se sei nei guai, è inutile invocare il Padreterno. Non ha ascoltato suo Figlio in croce, vuoi che ascolti noi, pộri cani?” Questo dice uno dei fanti italiani della Grande Guerra nella galleria di una trincea. Dio sembra assente, infatti, nel film di Olmi, una delle pellicole più laiche del regista, ma anche profondamente cristiana: osserviamo una trincea italiana del 1915-18, ma potrebbe essere anche quella austriaca. Qualsiasi sia la guerra in atto, dichiarata o non, di aggressione o di difesa, chi ne subisce le conseguenze è la popolazione civile, sia che questa resti a casa senza braccia forti e giovani, sia che quelle braccia inesperte siano impiegate in una guerra “non loro”. Alla prima neve i soldati escono dalla trincea e affondano nella coltre bianca, quasi bambini divertiti.
[+]
“Se sei nei guai, è inutile invocare il Padreterno. Non ha ascoltato suo Figlio in croce, vuoi che ascolti noi, pộri cani?” Questo dice uno dei fanti italiani della Grande Guerra nella galleria di una trincea. Dio sembra assente, infatti, nel film di Olmi, una delle pellicole più laiche del regista, ma anche profondamente cristiana: osserviamo una trincea italiana del 1915-18, ma potrebbe essere anche quella austriaca. Qualsiasi sia la guerra in atto, dichiarata o non, di aggressione o di difesa, chi ne subisce le conseguenze è la popolazione civile, sia che questa resti a casa senza braccia forti e giovani, sia che quelle braccia inesperte siano impiegate in una guerra “non loro”. Alla prima neve i soldati escono dalla trincea e affondano nella coltre bianca, quasi bambini divertiti. Un soldato addirittura canta una canzone napoletana: “Tu ca nun chiagne”. Ma nella trincea tutti capiranno in poco tempo che la neve porta malanni e che il “chinino di stato” non stronca la polmonite. Tempo è la parola giusta. Quello atmosferico porta la morsa del gelo. Nel senso di durata, il tempo in trincea, in una guerra di posizione, non passa mai, come per Drogo nel Deserto dei Tartari di Buzzati. Si attende l’assalto del nemico, annunciato dal brontolio dei mortai; il temporale prima o poi si scatenerà. Si aspetta l’ora del rancio o del sonno, ma ancora più la distribuzione della posta. Una lettera ricevuta è un pezzetto di casa, come mormorava E.T.: avvicina moglie, genitori, figli lontani oppure l’innamorata. Sono casa le fotografie appiccicate sopra la branda del letto a castello, che si guardano prima di dormire. A qualcuno nessuno scrive mai. I parenti non sanno scrivere oppure il soldato non ha più nessuno a casa: non ha foto appese e guarda i mattoni del basso soffitto. Qualcuno non resiste alla nostalgia della lontananza e all’angoscia di quella attesa senza senso, di quella vita-non vita: si suicida davanti al capitano. Stavolta la canzone napoletana, dolente, è “Fenesta ca luciva”. Il tempo che passa elimina le differenze fisiche dei soldati: con barbe lunghe e volti affilati, giovani e meno giovani sembrano uguali, la stessa persona con gradi diversi sul cappotto militare. Il grado più alto è quello di capitano, perché maggiori, colonnelli e generali stanno altrove, nei “letti di lana” come dice la canzone “Gorizia”. Arriva infine il diluvio di fuoco dall’alto, con fiammate distruttrici. Sparisce la neve e scorrono immagini di repertorio di un popolo festante. La guerra è finita. I soldati della trincea sono sopravvissuti? No. Nonostante sangue, sudore e lacrime versate gli italiani fanno festa, come nelle belle pagine di Terra Matta di Rabito, sgrammaticate e coinvolgenti …
Olmi sceglie un registro sommesso per un film contro la guerra, perché nella guerra perdono sempre gli stessi, anche se vincono. La fotografia di Fabio Olmi è impareggiabile: quasi un bianco e nero con tracce di verde e di ocra; e poi le improvvise fiammate gialle delle esplosioni. Il montaggio lento comunica l’angoscia dell’attesa. Gli attori sono misurati. Il regista ultraottantenne è un nonno che ci racconta la Grande Guerra; ascoltiamolo come lui ascoltò da bambino i racconti del padre sul 1915-18. Da non dimenticare e da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabiofeli »
[ - ] lascia un commento a fabiofeli »
|
|
d'accordo? |
|
cavedano
|
lunedì 3 agosto 2015
|
deluso
|
|
|
|
Il mio è stettamente un giudizio personale opinabile.Sono un appassionato di film di guerra e soprattutto quelli riferiti alla I e II guerra mondiale.
Il FIlm di Olmi mi ha personalmente profondamente deluso, trama e dialoghi molto lenti, ambientazione ristretta , singoli episodi visti e rivisti il tutto in un'ora e un quarto di film.
Non mi ha lasciato personalmente nulla e non ho provato alcuna emozione.
Uomuni contro di F. Rosi in confronto è un capolavoro.
Mi sorge un dubbio, ma se il film non fosse stato fatto dal maestro Olmi, le ottime recensioni sarebbero le stesse?
|
|
[+] lascia un commento a cavedano »
[ - ] lascia un commento a cavedano »
|
|
d'accordo? |
|
enigmista12
|
venerdì 28 agosto 2015
|
noioso
|
|
|
|
Ho un vero rispetto per la Prima Guerra Mondiale, per tutti coloro che si sono battuti e morti per noi al fronte, ma sono rimasta veramente annoiata. E' stata mia madre a volere vedere questo film, e io ho pensato di guardarlo anch'io, tanto per fare. Ma dopo neanche cinque minuti me ne sono pentito: per quanto mi sforzassi di concentrarmi sulle parole dette dai personaggi, la mente mi si annebbiava continuamente, e mi veniva da pensare ad altro. I motivi sono tanti: di sottofondo c'è un silenzio di tomba, che mi dava un senso di oppressione. I personaggi non hanno nomi, e quindi non mi sembrava potessero avere personalità; poi, visto che il film è in bianco, nero e grigio, continuavo a confondermi e mi parevano tutti uguali.
[+]
Ho un vero rispetto per la Prima Guerra Mondiale, per tutti coloro che si sono battuti e morti per noi al fronte, ma sono rimasta veramente annoiata. E' stata mia madre a volere vedere questo film, e io ho pensato di guardarlo anch'io, tanto per fare. Ma dopo neanche cinque minuti me ne sono pentito: per quanto mi sforzassi di concentrarmi sulle parole dette dai personaggi, la mente mi si annebbiava continuamente, e mi veniva da pensare ad altro. I motivi sono tanti: di sottofondo c'è un silenzio di tomba, che mi dava un senso di oppressione. I personaggi non hanno nomi, e quindi non mi sembrava potessero avere personalità; poi, visto che il film è in bianco, nero e grigio, continuavo a confondermi e mi parevano tutti uguali. Il ritmo è assolutamente lento, anche l'attacco delle bombe da parte degli austriaci non mi ha smosso più di tanto. Meno male che è durato solo un'ora e venti, perchè anche solo altri dieci minuti in più, e me ne sarei andato. E' quasi meglio cercare sui libri o nei musei informazioni sulla Prima Guerra Mondiale che guardare questo film; l'unica cosa da cui ho ricavato vedendolo è che mi sono fatta un'idea su come vivevano i soldati italiani al fronte. Quindi un lato "positivo" c'è.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enigmista12 »
[ - ] lascia un commento a enigmista12 »
|
|
d'accordo? |
|
|