figliounico
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sabato 17 febbraio 2024
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la sofferenza al cubo
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Straordinario documentario sul lavoro di un fotografo documentarista che ha per oggetto l’intera umanità, nel suo aspetto dolente, il sale della terra, a prescindere dalle latitudini. Le immagini amplificano il tema moltiplicandolo in modo esponenziale. Le voci, in questo caso gli sguardi degli autori, Wenders e Salgado, sul mondo, si sovrappongono, come un gessetto nero che passa a ricalco sulla linea già tracciata da un altro forma un nero più scuro, così come nel gioco delle ombre tra Wenders e Ozu in Perfect days il messaggio raddoppia di intensità. Il grido muto di dolore che emanano i volti degli ultimi della terra trapassa lo schermo, la loro sofferenza colta dall’obiettivo del fotografo è una sofferenza al cubo se la stessa foto che la immortala diventa fotogramma del racconto filmico di Wenders e ci raggiunge inermi.
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lucaguar
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venerdì 18 novembre 2022
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"documentare" l''umano
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Su "Il sale della terra" si potrebbe dire una quantità innumerevole di cose, e già questo è di per sè un pregio per un'opera filmica. Questo film-documentario è un grande viaggio nel profondo della miseria umana sulla Terra, è un filo teso tra la storia e la natura.
Attraverso gli incessanti ed avventurosi viaggi del grandissimo fotografo Sebastiao Salgado, si viene trasportati pian piano, tramite lo sguardo particolare di un uomo, all'interno di un immaginario cerchio che si allarga e che conduce ad una profonda riflessione di carattere universale, dove arriviamo a scontrarci con le più inquietanti e angoscianti domande che da sempre e forse per sempre l'uomo avrà di fronte al proprio sguardo: perchè il male, la sofferenza, l'odio e la violenza? Ho detto "di fronte al proprio sguardo" e non "di fronte alla propria ragione" poichè "Il sale della terra" è una mirabile riflessione per immagini, di una spietata brutalità ma che non scade mai nell' inopportuno, che documenta proprio il sofferente cammino dell'essere umano e la sua insensata volontà di potenza, che crea mostruosità delle quali sembra costantemente perdere memoria, e ripetere.
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Su "Il sale della terra" si potrebbe dire una quantità innumerevole di cose, e già questo è di per sè un pregio per un'opera filmica. Questo film-documentario è un grande viaggio nel profondo della miseria umana sulla Terra, è un filo teso tra la storia e la natura.
Attraverso gli incessanti ed avventurosi viaggi del grandissimo fotografo Sebastiao Salgado, si viene trasportati pian piano, tramite lo sguardo particolare di un uomo, all'interno di un immaginario cerchio che si allarga e che conduce ad una profonda riflessione di carattere universale, dove arriviamo a scontrarci con le più inquietanti e angoscianti domande che da sempre e forse per sempre l'uomo avrà di fronte al proprio sguardo: perchè il male, la sofferenza, l'odio e la violenza? Ho detto "di fronte al proprio sguardo" e non "di fronte alla propria ragione" poichè "Il sale della terra" è una mirabile riflessione per immagini, di una spietata brutalità ma che non scade mai nell' inopportuno, che documenta proprio il sofferente cammino dell'essere umano e la sua insensata volontà di potenza, che crea mostruosità delle quali sembra costantemente perdere memoria, e ripetere.
La maestria di Wenders e Salgado è quella di mostrare non un documentario iper-realistico, e alla fine ingenuo, che nella sua pretesa "oggettività" non restituisce la cifra del vissuto di ciò che si vuole ritrarre (difetto della maggior parte dei documentari su temi così colossali) ma, attraverso lo sguardo di un uomo, mediato dalla sua macchina fotografica, ci rende manifesto ciò che emerge nella sottile relazione tra lo sguardo del fotografo, che si sostanzia anche nelle sue sofferenze e nella sua commozione, e ciò che si mostra nella sua crudezza, l'"oggetto" sul quale si vuol testimoniare, che è essenzialmente l'umano.
Alla fine, dopo aver girato il mondo, Salgado è talmente provato dagli orrori che ha fissato nella luce attraverso la fotografia, dalla sconcertante perdita di dignità che milioni di uomini e donne hanno subìto di fronte ai suoi occhi, che decide di darsi alla natura, in un intermezzo di ristoro e insieme di redenzione, testimoniando, sempre per immagini, che la meraviglia della natura, amata come madre nostra, ed un nuovo rapporto con essa da parte di noi esseri umani, è il punto sul quale imperniare la speranza di salvezza, affinché il circolo travolgente di violenza che si spande a macchia d'olio nel corso della storia si trasformi in un espandersi di Amore che parte dalla natura (di cui mai, dimenticarlo facciamo parte anche noi) per arrivare al rapporto caritatevole e agapico tra uomo e uomo.
Wenders si rivela ancora una volta come uno dei più abili e sottili cineasti del nostro tempo, e in special modo uno dei più grandi documentaristi della storia del cinema: qui il suo merito più grande è quello di donare vita e dinamicità alle immagini e di restituirci non tanto il loro "significato" quanto il senso di esse come allegorie, e di colpire lo spettatore quasi provocando un angoscioso ma alla fine inevitabile interrogarsi sul senso dell'esserci umano sulla Terra. Opera che sarà ricordata.
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fabio
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lunedì 13 agosto 2018
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da vedere. la potenza della fotografia
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Grazie a Wenders per questo documentario su Salgado. C'è tantissimo da scoprire: uomini e luoghi ai confini del mondo e della storia. Ma anche la fatica di un artista che cerca l'ispirazione. Wenders riesce a raccontare l'uomo e il suo lavoro in modo esemplare.
Consigliato a tutti quelli che nutrono un sincero interesse per l'essere umano.
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mauro
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giovedì 20 ottobre 2016
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la morte in confezione regalo
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Non esprimo un voto, non ha senso votare questo film perché inevitabilmente si finirebbe per votare Salgado come fotografo. Io sono un fotografo ed in quanto tale posso dire che tecnicamente Salgado sia ineccepibile, il bianconero è frutto di tantissimo studio, competenza, passione, ma se ci pensate un attimo ci offre in confezione regalo extra lusso tutta la disperazione del genere umano, questo non mi convince molto, per scattare certe sue foto e poi stamparle in quel modo ci vuole una buona dose d'insensibilità altrimenti non ce la fai è un dato di fatto. Per il resto trovo che sia un film per addetti ai lavori e quindi fotografi, le persone non competenti faranno molta fatica a capirlo e a cogliere gli aspetti logici del suo lavoro.
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flyanto
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venerdì 11 marzo 2016
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l'uomo e la terra ritratti da salgado
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"Il Sale della Terra", ovvero gli uomini, è la frase con cui inizia e con cui si spiega il film-documentario del grande fotografo brasiliano Sebastiao Salgado che, appunto, magnificamente e molto suggestivamente ritrae l'essere umano nelle sue opere. In questo film egli si racconta ed è a sua volta raccontato da altri due personaggi, il proprio figlio Juliano ed il regista Wim Wenders con cui ha collaborato per la realizzazione di quest'opera. Attraverso le parole, ma soprattutto attraverso le immagini fotografiche, Salgado presenta il nostro continente notevolmente rovinato e depauperato dalle irrazionali azioni degli uomini e l'uomo stesso dei cinque continenti della Terra.
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"Il Sale della Terra", ovvero gli uomini, è la frase con cui inizia e con cui si spiega il film-documentario del grande fotografo brasiliano Sebastiao Salgado che, appunto, magnificamente e molto suggestivamente ritrae l'essere umano nelle sue opere. In questo film egli si racconta ed è a sua volta raccontato da altri due personaggi, il proprio figlio Juliano ed il regista Wim Wenders con cui ha collaborato per la realizzazione di quest'opera. Attraverso le parole, ma soprattutto attraverso le immagini fotografiche, Salgado presenta il nostro continente notevolmente rovinato e depauperato dalle irrazionali azioni degli uomini e l'uomo stesso dei cinque continenti della Terra. Incessante viaggiatore, l'autore ha girato nel corso dei decenni della sua esistenza tutte le terre del nostro continente venendo così in diretto contatto con le realtà terribili, violente, inammissibili e quanto mai deprecabili che lo segnano e dove l'uomo soffre e vive in condizioni disumane immaginabili. Grazie alla sua opera fotografica Salgado riesce a dare l'idea e la rappresentazione, denunciandole, di queste orrende realtà, ritraendole però anche in una forma armonica e poetica altamente artistica. Immagini suggestive che non possono che non indurre il lettore a riflettere sia sulla misera condizione umana che su quella della natura in sè, stupenda ed affascinante, sebbene assai deturpata dall'uomo stesso. Ed in aggiunta a tutto ciò, Salgado riesce anche a consegnare allo spettatore dei favolosi ritratti del regno animale preso proprio nel loro habitat naturale, cogliendo ogni specie nelle sue espressioni più pure e più vere, e tali da renderle quasi umane.
Insomma, l'opera fotografica di Salgado esprime poesia in tutti le sue manifestazioni, eccellenti per ciò che concerne l' alta perfezione artistica ma con quel qualcosa in più che ben le contraddistingue dall'essere dei lavori meramente freddi, sprigionandone la vera essenza e la poesia intrinseca.
Semplicemente un capolavoro e giustamente pluripremiato nel corso dei vari festivals cinematografici, il film è eccellente ed altamente consigliabile sia come documento artistico che soprattutto umano.
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bomber89
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venerdì 16 ottobre 2015
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un viaggio senza precedenti
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Il viaggio che si intraprende vedendo questa pellicola è uno di quei viaggi senza preavviso. Quello che traspare da questa lunga rassegna di foto che scorrono, con la voce del suo fotografo a raccontarle, a descriverle e spiegare ogni particolare, è una civiltà umana vista da un'angolazione diversa; l'obiettivo di Sebastiao va quasi a scavare dentro i meandri più nascosti dell'uomo, della drammaticità della sua vita. L'excursus fotografico di Salgado ci mette di fronte alla civiltà umana e al pianeta terra visto in singoli scatti che insieme formano delle storie, lunghe ed emozionanti storie, che insieme sono un "viaggio", quasi inaspettato!
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catcarlo
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mercoledì 30 settembre 2015
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il sale della terra
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L’inaridimento della vena narrativa pare ormai irreversibile –anche se nessuno più di me sarebbe lieto di essere smentito – ma la nuova vita di Wim Wenders come documentarista regala un gioiello dopo l’altro in film in cui il regista tedesco appare impegnato a portare sullo schermo le altre arti sapendone restituire ogni emozione. Dopo la musica di ‘Buena vista social club’ e la danza dell’indimenticabile ‘Pina’, questa volta la scelta cade sulla fotografia per una sfida forse ancora più complessa delle precedenti: costruire un film – immagine in movimento – utilizzando le fotografie, che, cogliendo l’attimo, sono quanto di più statico si possa immaginare.
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L’inaridimento della vena narrativa pare ormai irreversibile –anche se nessuno più di me sarebbe lieto di essere smentito – ma la nuova vita di Wim Wenders come documentarista regala un gioiello dopo l’altro in film in cui il regista tedesco appare impegnato a portare sullo schermo le altre arti sapendone restituire ogni emozione. Dopo la musica di ‘Buena vista social club’ e la danza dell’indimenticabile ‘Pina’, questa volta la scelta cade sulla fotografia per una sfida forse ancora più complessa delle precedenti: costruire un film – immagine in movimento – utilizzando le fotografie, che, cogliendo l’attimo, sono quanto di più statico si possa immaginare. L’opera di Sebastião Salgado entra nella vita di Wenders attraverso la visione di un ciclo di scatti dedicati alle miniere d’oro in Brasile: la potenza del suo bianco e nero restituisce appieno l’umanità dei soggetti immortalati cogliendone – come nei ritratti dei grandi pittori – l’essenza e la singolarità. E’ lo stesso bianco e nero che caratterizza il primo piano fisso di Salgado mentre racconta la propria esistenza: la sua testa completamente glabra spicca contro lo sfondo scuro mentre si snoda il ricordo del girovagare di un giovane e barbuto se stesso dopo l’incontro casuale con una macchina fotografica. In una serie di progetti studiati con cura assieme alla moglie Lélia, Salgado si dedica a illustrare i luoghi e, soprattutto, le persone dimenticate dal mondo, prendendo le mosse da un’America Latina sconosciuta a chiunque per giungere a una passione per l’Africa che cresce negli anni assieme alle tragedie che si presentano davanti all’obbiettivo. Anni importanti, ma psicologicamente faticosi che si interrompono quando i ripetuti genocidi in Ruanda colmano la misura: Salgado si volge così alla natura solo per scoprire che il destino del pianeta è legato in modo indissolubile a quello di chi lo abita. Un interesse, quello per le zone più remote del globo, che va di pari passo con la rinascita della vegetazione nella fazenda di famiglia, un’idea all’apparenza irrealizzabile eppure vincente alla quale sono dedicate le uniche immagini a colori, con il fotografo che conduce Wenders sui sentieri della sua proprietà come un’esploratore in una terra sconosciuta perché la giungla è ritornata: si tratta di una sorta di cornice che circonda la preziosa collezione di fotografie, introdotte dal breve racconto dell’età giovanile (gli studi, l’incontro con la moglie, la fuga dalla dittatura, l’esilio a Parigi) e inframmezzate dalle immagini familiari, incluso il delicato intermezzo dedicato al filgio down. Le foto di Salgado sono bellissime, ma sovente terrbili perché sanno raccontare la disperazione, la violenza, la crudeltà (durissimo è il giudizio sulla razza umana che l’artista deriva dalle sue esperienze) con una precisione e una limpidezza mirabili amplificate dal grande schermo: a volte colpiscono anche sotto la cintura, ma costringono lo spettatore a guardare un faccia la realtà. La bravura di Wenders e del suo co-regista Juliano Ribeiro Salgado, che è il figlio del fotografo, è di farle scorrere assemblandole al meglio con gli elementi di contorno e con la voce del loro autore in modo da evitare il rischio di fare solo la proiezione di una serie di pur affascinanti diapositive e realizzare invece, a partire dalle stesse, due ore di ottimo cinema.
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howlingfantod
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domenica 19 luglio 2015
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wooowwww!!!
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Un film ( o documentario o chiamiamolo come vogliamo) per fotogrammi, come un ritorno alle origini del cinema e della vita forse: imponente, terrificante, sublime!!!
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robert eroica
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domenica 12 luglio 2015
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i’m a camera
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C’è una sequenza rivelatrice ne “Il sale della Terra”, il cine-album che Wim Wenders ha dedicato ad un noto fotografo brasiliano. Ed è quella in cui Salgado, spalleggiato dal figlio, cerca di immortalare l’immagine di un gruppo di leoni marini messi in fuga da un enorme orso bianco. “Non posso scattare da questa postazione – esclama Salgado – non c’è azione qui, quello che ne risulterebbe sarebbero solo riproduzioni di leoni marini, non fotografie”. Lo spettacolo naturale, la flora e la fauna più affascinante del pianeta costituiscono l’ultima fatica di Salgado, che abbandona le fatiche degli uomini (“il vero sale della terra” confida) i loro patimenti e le loro miserie. Prima c’erano stati il Brasile del Nord, l’Ecuador, il Messico, la Bolivia e poi ancora Sarajevo, il Ruanda, la Nigeria, nel corso di una attività ormai quarantennale.
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C’è una sequenza rivelatrice ne “Il sale della Terra”, il cine-album che Wim Wenders ha dedicato ad un noto fotografo brasiliano. Ed è quella in cui Salgado, spalleggiato dal figlio, cerca di immortalare l’immagine di un gruppo di leoni marini messi in fuga da un enorme orso bianco. “Non posso scattare da questa postazione – esclama Salgado – non c’è azione qui, quello che ne risulterebbe sarebbero solo riproduzioni di leoni marini, non fotografie”. Lo spettacolo naturale, la flora e la fauna più affascinante del pianeta costituiscono l’ultima fatica di Salgado, che abbandona le fatiche degli uomini (“il vero sale della terra” confida) i loro patimenti e le loro miserie. Prima c’erano stati il Brasile del Nord, l’Ecuador, il Messico, la Bolivia e poi ancora Sarajevo, il Ruanda, la Nigeria, nel corso di una attività ormai quarantennale. Sullo schermo scorrono le fotografie di corpi deperiti, patiti dalla fame e dall’indigenza, gli ultimi tra gli ultimi, ripresi tra un monito cristiano e una imprecazione. E poi c’è la morte, che sale gelida e metallica dal bianco e nero di immagini eclatanti, una morte però non riprodotta, catturata alla vita nel suo spegnersi, ma una morte “fotografata”, quasi attesa, messa in scena di uno spettacolo. Il morboso è appena dietro l’angolo. Non per niente Salgado è diventato un mito per un regista che del compiacimento visivo ha fatto negli ultimi anni una specie di vessillo autodistruttivo per la sua credibilità di autore, costruita mirabilmente nei suoi splendidi anni 70 in cui rifletteva sulla colonizzazione dello sguardo del cinema americano nei confronti di quello europeo. Il risultato dell’operazione “Il sale della terra” non si sottrae ad un innegabile presa per lo spettatore, ma forse, anzi sicuramente, Robert Capa resta un’altra cosa.
Robert Eroica
VALORE: $$
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alexander 1986
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sabato 11 aprile 2015
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l'uomo, sale nel mene e nel male
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Il sale con la sua doppia valenza, negativa (inaridisce la terra) e positiva (insaporisce i frutti della stessa terra), è l'umanità ritratta dal grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado le cui opere, montate l'una con l'altra dalla mano di Wim Wenders, raccontano sia una vita straordinaria sia una fetta importante della nostra storia.
Dalle lande desolate dell'Antartide a quelle dell'Africa, dalle foreste dell'Indonesia a quelle di casa sua (a Minas Gerais), l'obiettivo di Salgado si rende infatti testimone di tutto l'orrore e tutta la bellezza che l'esperienza individuale non permette di comprendere. La sensibilità dell'artista ci permette di navigare per circa 100 minuti in una landa del nostro spirito in cui non esistono speranza né disperazione, ma solo il desiderio di imparare a vedere con quegli occhi che non abbiamo.
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Il sale con la sua doppia valenza, negativa (inaridisce la terra) e positiva (insaporisce i frutti della stessa terra), è l'umanità ritratta dal grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado le cui opere, montate l'una con l'altra dalla mano di Wim Wenders, raccontano sia una vita straordinaria sia una fetta importante della nostra storia.
Dalle lande desolate dell'Antartide a quelle dell'Africa, dalle foreste dell'Indonesia a quelle di casa sua (a Minas Gerais), l'obiettivo di Salgado si rende infatti testimone di tutto l'orrore e tutta la bellezza che l'esperienza individuale non permette di comprendere. La sensibilità dell'artista ci permette di navigare per circa 100 minuti in una landa del nostro spirito in cui non esistono speranza né disperazione, ma solo il desiderio di imparare a vedere con quegli occhi che non abbiamo. Wenders ci regala un documentario di straordinario valore per chi lo sa apprezzare, a prescindere dall'aria di terzomondismo che qui e lì si respira. Incredibile che non abbia vinto la statuetta di categoria agli Oscar 2015.
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