maramaldo
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mercoledì 14 settembre 2016
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colombia, terra di uomini che parlano con dio
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I malviventi devoti non sono rari neanche da noi. Secondo me, dipende da una dimesttichezza con la morte degli altri che , però, non allontana l'idea dall'ineluttabilità della propria: solo questione di tempo, tanto vale tenersi buono il Cielo. Il fenomeno è più frequente, diciamo, al sud di un qualche nord. A sud del Rio Grande (piaccia o no, una certa Colombia comincia da lì) è intravisto da parte di una mentalità che definiremmo WASP come uno degli aspetti di una religiosità da sottosviluppo culturale, intrisa di superstizioine e con pratiche di culto idolatriche. Tuttavia non si poteva tralasciare questo spunto di folklore nel tratteggiare una figura emblematica di certa umanità dei nostri giorni, Pablo Escobar.
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I malviventi devoti non sono rari neanche da noi. Secondo me, dipende da una dimesttichezza con la morte degli altri che , però, non allontana l'idea dall'ineluttabilità della propria: solo questione di tempo, tanto vale tenersi buono il Cielo. Il fenomeno è più frequente, diciamo, al sud di un qualche nord. A sud del Rio Grande (piaccia o no, una certa Colombia comincia da lì) è intravisto da parte di una mentalità che definiremmo WASP come uno degli aspetti di una religiosità da sottosviluppo culturale, intrisa di superstizioine e con pratiche di culto idolatriche. Tuttavia non si poteva tralasciare questo spunto di folklore nel tratteggiare una figura emblematica di certa umanità dei nostri giorni, Pablo Escobar. Prudenza però occorre nell'avventurarsi su questo terreno e così i gringos invasori, quegli improbabili bagnini su quel tratto di costa desertol, sono diventati canadesi. I fatti si svolgono davvero in un paradiso, in una terra generosa e bella dove, per una magia di apporti genetici, s'incontrano le donne più avvenenti d'America. E' Maria, la Colombia. Ce ne s'innamora all'istante e perdutamente ossia senza tener in conto le controindicazioni dettate dal senso morale e dal buon senso.
Ora, riflettete: budget notevole, Benicio Del Toro protagonista, un problema come il narcotraffico, il tutto per l'esordio in regiadi un giovane che avrà pur mangiato pane e cinema fin da ragazzo ma davanti la cinepresa non dietro. Chissà perchè. Comunqua, è stato scoperto un talento di prim'ordine con in più una caratteristica che ne ha valorizzato l'opera: Andrea Di Stefano è nato a Roma, più latino di così. E non nasconde le radici. Fa eseguire un successo di Gigliola Cinquetti che un appasionato Pablito canta a su querida esposa. E com'è naturale tra le tenerezze della famiglia: giocherellone, affettuoso, indulgente, quest'Escobar è made in Italy. Ma Di Stefano non dimentica gli altri impegni: mostrare l'autentico volto del boss nel suo brodo di coltura. Impietose e puntuali le notazioni.
Sferzante quella in cui basta la telefonata di un tirapiedi assassino per far arrivare nel villaggio un plotone di policia inj assetto di guerra per scovare e far fuori il malcapitato Nick.Straziante la storia di Martin, incosciente e spavaldo non tanto perchè vuole correre o maneggia disinvolto dinamite ma perchè è padre di famiglia alle soglie della pubertà. E' il personaggio che attira simpatia e ci coinvolge emotivamente. Eppure è un simbolo: con meno ingenuità e più fortuna non sarebbe divenuto un.... Escobar?
A Pablo (o a Benicio?) l'autore non concede il finale eroico , quell'apoteosi di piombo che non si nega al bandito famoso o al rivoltoso del mito. Leggenda vuole che Escobar dopo una fuga sui tetti di Medellìn fosse ucciso in un conflitto a fuoco. Qui, invece, chiude consegnandosi tranquillamente.Prima ha un colloquio con qualcuno del quale si scorge il luccichio di una crocetta sul bavero: un prete. Dopo chiacchiere strampalate e un rituale di benedizione gli consegna una borsa.
Intanto, il povero Nick sta morendo dissanguato sulla panca di una chiesa. Qui lo raggiunge disperata Maria sotto un diluvio, segno di pianto e di collera divina. Prima di spirare Nick sarà stato confortato dagli sguardi dolenti e benigni dei Santi che ha intorno? Avrà sperato che perso un paradiso quaggiù se ne può trovare uno migliore lassù? Così sia.
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lunedì 12 settembre 2016
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pablo escobar: geniale di stefano!
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Il Film "Escobar" (2014), diretto e sceneggiato da Andrea Di Stefano, è uscito nelle Sale Cinematografiche Italiane a due anni di distanza dalla sua produzione, ossia il 25 agosto 2016!
Il Film ha qualcosa di geniale, e a seguire scriverò perché!
Il Cast di attori è straordinario e bravissimo: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet, Claudia Trisac, Carlos Bardem, Ana Girandot.
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Il Film "Escobar" (2014), diretto e sceneggiato da Andrea Di Stefano, è uscito nelle Sale Cinematografiche Italiane a due anni di distanza dalla sua produzione, ossia il 25 agosto 2016!
Il Film ha qualcosa di geniale, e a seguire scriverò perché!
Il Cast di attori è straordinario e bravissimo: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet, Claudia Trisac, Carlos Bardem, Ana Girandot. La punta di diamante è certamente Benicio Del Toro, Big Star Hollywoodiana di una bravura che oramai non trova più aggettivi per definirla: è nato per fare l'Attore di livello planetario! Null'altro da dire!
Gli altri attori del cast, giovani e giovanissimi, sono tutti bravissimi e nel rappresentare il loro difficile ruolo non hanno mai avuto alcuna incertezza recitativa o interpretativa!
La regia del romano Andrea Di Stefano, trasferitosi a New York dopo la maturità scientifica acquisita a Roma, è eccellente! Di Stefano oramai si può considerare un cittadino italo-newyorkese ben integrato nel mondo del Teatro e del Cinema hollywoodiano e statunitense, dove ha studiato recitazione e regia!
La fotografia di Luis David Sansans è molto buona, ma non straordinaria: d'altra parte non doveva creare effetti scenici particolari! Il Film è prodotto dalla “Chapter 2” e distribuito dalla “Good Films”.
“Escobar” narra la storia di Nick, il protagonista vero del Film, rappresentato dal bravissimo Josh Hutcherson (notissimo per la serie Cinematografica del Grande Schermo di grandissimo successo planetario “Hunger Games”), che con il fratello Brady Corbet si trasferiscono in Colombia dove pensano di aver trovato una dimensione paradisiaca per vivere in mezzo alla boscaglia in prossimità di una delle più belle spiagge colombiane e praticare la loro grande passione: il surf!
Nel paesino a pochissimi chilometri della spiaggia, Nick conosce Maria, bellissima ragazza colombiana, nipote prediletta e amatissima di Pablo Escobar. I due si innamorano perdutamente e sono disposti a tutto pur di rimanere indissolubilmente uniti per tutta la vita.
Il Film, malgrado questa premessa, non racconta una storia d'amore, o meglio, non è la bella storia d'amore tra Maria e Nick il vero fulcro della narrazione cinematografica di Di Stefano. Ne è solo la cornice che a poco a poco per lo spettatore assume una veste empatica drammatica e terrificante al contempo.
Quello che invece con genialità e innovatività costruisce Di Stefano col suo Film, è descrivere magistralmente la personalità psicotico-delirante e nevrotico-ossessiva di Pablo Escobar: il Film è da consigliare agli studenti di Psicologia, di Psicoterapia e di Psichiatria.
Certo, Di Stefano ha scelto un attore fuori-classe per realizzare questo progetto cinematografico ambizioso, innovativo, e molto ma molto interessante: La narrazione scenica trasmettere allo spettatore, attraverso immagini, scene, episodi, sguardi, frasi, agiti di complicità e di apparente-affetto, posture del corpo, movimenti, frasi rassicuranti e adulatorie, tutto quello che si nasconde dietro la personalità psico-patica-delirante di un soggetto “Despota” quale è Pablo Escobar, nato per fare il “Tiranno” e privo del minimo scrupolo umano per alcunché; e privo di alcuna pietās umana!
La descrizione di Di Stefano è geniale e brillante insieme perché riesce a dirigere Benicio Del Tore per far venir fuori quelle componenti che tutti riconosciamo ma non comprendiamo quali componenti tipiche di un “Dittatore”, di un “Tiranno”, di un “Despota”, di un “Autocrate”, di un “Folle-Psicotico-Delirante-Convinto-che-tutto-può”. Convinto, nella sua sincera intimità, di avere ricevuto un mandato divino dall'alto, una Mission da assolvere ad ogni costo. Una Mission, come Escobar nel Film, affidatagli direttamente da Dio!
Ed è per questo stesso motivo che tutto quello che “decidono”: la vita o la morte di una persona, di un loro complice, di un loro “soldato”, di un loro familiare, di un loro figlio, di un nemico, è qualcosa che viene suggerito delirantemente e psicopatologicamente da Dio!
Del Toro riesce magistralmente ad esprimere questo cariotipo di personalità: abile, persuasivo, carismatico, intelligente, spregiudicato, egocentrico, narcisista, egoista, affettuoso, amorevole, che coltiva ossessivamente il culto della sua personalità, che distribuisce il benessere, i beni di prima necessità e la vita a chi lui decide sia giusto, apparentemente molto interessato alla vita e al benessere delle persone che lo circondano e lo amano; nessuno di chi gli sta accanto ed attorno lo teme: lo amano incondizionatamente. E' questo l'aspetto più inquietante che questi soggetti riescono ad innescare nei loro uomini fidati e nei loro familiari! Amare qualcuno vuol dire abbassare la guardia, spogliarsi di tutte le difese, di qualunque genere di protezione; è questo il motivo per il quale tutte le persone che stanno accanto a questi “Tiranni” sono vulnerabili come dei neonati in fasce appena nati che possono essere uccisi da questi démoni, senza alcuna esitazione, senza alcuna pietà, senza alcuna difficoltà, in qualsiasi momento!
Di Stefano mostra anche le debolezze e le fragilità di Escobar: in alcuni contesti sono soggetti (démoni) insicuri, e questa insicurezza li porta ad essere estremamente paranoici, a stare lontano da rapporti intimi e confidenziali con chiunque, anche con i propri familiari! Vivono nella solitudine psichica più devastante e dolorosa! E allora spesso parlano direttamente con Dio: Di Stefano è bravissimo in questo, e le scene che lo spettatore vedrà, anche se magistralmente e volutamente brevi, sono un brillante esempio di come la loro solitudine viene colmata dall'intimità che credono di avere in esclusiva con Dio; il loro unico interlocutore, perché è Dio che li ha mandati a compiere la loro importante Mission! Salvo se ad u n certo punto sentono di essere stati traditi e abbandonati dal loro stesso Di. E' allora, nel loro delirio, che minacciano con cattiveria e cinismo di vendicarsi brutalmente anche con chi poco prima era stato il loro Unico Dio!
Ecco, è questo che vedrete nel Film "Escobar" se avrete occhi per vedere questa dimensione narrativa!
Altrimenti, se lo spettatore non ha la perspicacia cinematografica necessaria per cogliere questi elementi strutturali di una personalità tirannica così come descritta con perizia ed intelligenza da Di Stefano, il Film rimarrà comunque un eccellente Opera d'Arte, anche se ingiustamente scorticata dell'elemento più brillante e geniale che Di Stefano costruisce con grande maestria cinematografica!
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eugenio
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lunedì 5 settembre 2016
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riuscito affresco di un boss del narcotraffico
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Potente e visionario che strizza l’occhio a molti film americani, l’opera prima di Andrea di Stefano, giunge in Italia dopo un paio d’anni di vagabondaggio oltralpe.
Escobarcon l’ìmportante sottotitolo “Paradiso perduto” è insieme resurrezione e rinascita di un personaggio, Pablo Escobar, che ha saputo negli anni ottanta creare intorno a sè un impero, il Cartello di Medellin, basato sul narcotraffico, una fitta rete corruttiva e violenta.
In questa spira incappa, casualmente, il giovane protagonista, un ingenuo surfista canadese, Nick, (interpretato da un bravo Josh Hutcherson) animato dal desiderio di trasferirsi in Colombia per le “bianche spiagge” insieme al fratello e che si innamora, suo malgrado della nipote di Escobar, Maria, (Claudia Trasaic), finendo avviluppato, un pò per amore, un pò per ingenuità nei traffici dello zio.
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Potente e visionario che strizza l’occhio a molti film americani, l’opera prima di Andrea di Stefano, giunge in Italia dopo un paio d’anni di vagabondaggio oltralpe.
Escobarcon l’ìmportante sottotitolo “Paradiso perduto” è insieme resurrezione e rinascita di un personaggio, Pablo Escobar, che ha saputo negli anni ottanta creare intorno a sè un impero, il Cartello di Medellin, basato sul narcotraffico, una fitta rete corruttiva e violenta.
In questa spira incappa, casualmente, il giovane protagonista, un ingenuo surfista canadese, Nick, (interpretato da un bravo Josh Hutcherson) animato dal desiderio di trasferirsi in Colombia per le “bianche spiagge” insieme al fratello e che si innamora, suo malgrado della nipote di Escobar, Maria, (Claudia Trasaic), finendo avviluppato, un pò per amore, un pò per ingenuità nei traffici dello zio.
Un padre velenoso come un serpente a sonagli che non nasconde l’amore per il genero e che successivamente lo avvinghia a sè paralizzandolo con le sue azioni delittuose di cui volente o nolente l’ingenuo ragazzo dovrà farne parte.
Un progetto ambizioso quello di De Stefano, volto, basandosi su una storia vera, a tracciare la minaccia e la potenza di un corpo flaccido e ingombrante del boss del narcotraffico che sotto la facciata di benefattore, rappresentò uno dei feroci mandanti di stragi e assassini a danno di coloro che si opponevano a ogni suo ordine. Escobar, col volto perfettamente riuscito di Benicio del Toro, ha le movenze del grande dittatore che sfrutta uomini come pedine, con una fitta rete di rapporti che pilotano le stesse forze pubbliche e private.
Nel film di De Stefano, di difficile categorizzazione in quanto fonde più generi, il criminale è mostrato negli ultimi anni della sua pericola attività nel 1992 quando, per sfuggire all'estradizione negli Usa, decise di costituirsi non prima di aver chiamato al suo desco i fedeli per mettere in salvo il tesoro.
La caccia sarà l’espediente per un bagno di sangue e l’eliminazione di ogni possibile ostacolo, volto alla mera affermazione di un criminale traditore e nero come l’oscurità spietato anche verso la sua stessa famiglia.
Escobarindaga nelle nefandezze di un potente boss del narcotraffico ma rispetto a molti film di genere tipicamente hollywoodiani, non ha la pretesa di stupire e mostrare le gesta antieroiche del paladino del crimine amato dalla folla, quanto di analizzarne il punto di vista attraverso lo sguardo inedito dell’ingenuo surfista che credendosi in un paradiso perduto, l’azzecato sottotitolo del film, scoprirà suo malgrado di aver abboccato a un’esca avvelenata.
Originale il rimando all’innocenza perduta del “Libro della giungla” in una delle celebri scene del film nel quale Nick, solo tra animali e braccato da belve, si confida al suo carnefice che gli rivela come al termine della favola di Kipling, Mowgli avesse deciso di abbandonate i vecchi amici per la civiltà.
Una civiltà che qui ha il volto perduto dei due amanti, soli contro tutti, contro un sistema basato su tradimento, contro il male incacrenitosi nella sua forma pià estrema, contro la pia illusione di una salvezza eterna.
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forsedomani
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domenica 4 settembre 2016
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strepitoso e originale
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Difficile andare a vedere un film su Escobar. Due serie di Netflix digerite puntata dopo puntata rendono arduo dire qualcosa di nuovo.
e invece di Stefano ci riesce, entrando dentro l'anima di Escobar, della sua famiglia, usando lo sguardo di un canadese capitato per caso in Colombia.
Del Toro straordinario (da Oscar), si scava in profondità e si capisce molto della popolarità di Escobar. La violenza è solo eco, ma si capisce che prima o poi dovrà scatenarsi. E quando lo fa, sorprende e lascia incollati allo schermo. Bellissimo
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filippo catani
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domenica 4 settembre 2016
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inconsistente
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Un giovane surfista canadese si innamora della nipote del pericolossissimo narcotrafficante Escobar. Il giovane verrà quindi reclutato per una missione che lo sconvolgerà mettendone a repentaglio la vita.
Un film inconsistente che paga dazio ad una sceneggiatura che si scioglie come neve al sole man mano che ci avviciniamo alla fine. E dire che volendo ci sarebbero state tante cose da raccontare sul personaggio di Escobar. Quì invece, al netto di un Del Toro che ce la mette proprio tutta, si imbastisce una sorta di telenovela sudamericana con una spruzzata di action americano. Ecco allora che il povero e sprovveduto surfista canadese si trova a fronteggiare l'intera accolita di Escobar con due pistole alla mano mentre il leader si avvia verso l'arresto.
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Un giovane surfista canadese si innamora della nipote del pericolossissimo narcotrafficante Escobar. Il giovane verrà quindi reclutato per una missione che lo sconvolgerà mettendone a repentaglio la vita.
Un film inconsistente che paga dazio ad una sceneggiatura che si scioglie come neve al sole man mano che ci avviciniamo alla fine. E dire che volendo ci sarebbero state tante cose da raccontare sul personaggio di Escobar. Quì invece, al netto di un Del Toro che ce la mette proprio tutta, si imbastisce una sorta di telenovela sudamericana con una spruzzata di action americano. Ecco allora che il povero e sprovveduto surfista canadese si trova a fronteggiare l'intera accolita di Escobar con due pistole alla mano mentre il leader si avvia verso l'arresto. Forse l'intento di Di Stefano era quello di fare qualcosa di diverso dai film e dalle numerose serie sul narcotraffico che stanno spopolando ultimamente. Peccato perchè il tentativo fallisce miseramente e a metà film si sente l'inesorabile bisogno di uscire a prendere una boccata d'aria. Hutcherson bocciato.
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tommaso
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sabato 3 settembre 2016
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luci e ombre per un film ben ideato
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Pablo Escobar è sicuramente un personaggio fortemente contraddittorio: narcotrafficante e filantropo (anche se sui generis), spietato capo e parente affettuoso. Di Stefano cerca di districare questa personalità così enigmatica attraverso gli occhi di uno straniero. L’idea è ottima, soprattutto perché sarebbe stato riduttivo rappresentare Escobar solamente in un’ottica di cieca e spietata violenza. Il climax creato da di Stefano è decisamente ben pensato: presentazione della Colombia, divisa tra bellezza naturale e crimine; conoscenza di Escobar: capofamiglia, politico e boss; escalation di violenza che rivela la natura spietata del patròn. Tuttavia, il film inizialmente fatica a procedere, bloccato in una stasi dalla quale esce solo con la conoscenza dell’Escobar più spietato.
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Pablo Escobar è sicuramente un personaggio fortemente contraddittorio: narcotrafficante e filantropo (anche se sui generis), spietato capo e parente affettuoso. Di Stefano cerca di districare questa personalità così enigmatica attraverso gli occhi di uno straniero. L’idea è ottima, soprattutto perché sarebbe stato riduttivo rappresentare Escobar solamente in un’ottica di cieca e spietata violenza. Il climax creato da di Stefano è decisamente ben pensato: presentazione della Colombia, divisa tra bellezza naturale e crimine; conoscenza di Escobar: capofamiglia, politico e boss; escalation di violenza che rivela la natura spietata del patròn. Tuttavia, il film inizialmente fatica a procedere, bloccato in una stasi dalla quale esce solo con la conoscenza dell’Escobar più spietato. Inizialmente si cerca di non sacrificare i particolari per creare un quadro d’insieme quanto più accurato possibile, rallentando, però, eccessivamente il film. Complice di questo anche l’incolore interpretazione di Josh Hutcherson, e il personaggio stereotipato ma ben interpretato da Claudia Traisac. Al contrario, Benicio del Toro conferma ancora una volta la sua grandezza. Le diverse sfumature di Pablo Escobar emergono in momenti diversi, ma confluiscono in una persona sempre apparentemente pacata e al vertice sia in famiglia sia nel cartello. La seconda parte del film sale decisamente di tono, più veloce, intensa e crea sequenze di tensione ed azione. Né esaltazione né condanna, ma rappresentazione di ciò che è stato e sarebbe potuto essere Pablo Escobar.
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sabato 3 settembre 2016
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sul filo della tensione con "el patron" benicio
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di Buio in sala
Salire sul filo della tensione è di norma un esercizio semplice, basta raccontare un paio di situazioni verosimili. Il difficile è tenerla per due ore quella tensione, arrotolarci attorno una trama senza mai lasciarla cadere, condirla con interpretazioni e dialoghi che da verosimili diventano credibili, fino a prendere per mano lo spettatore e condurlo, dall’inizio alla fine, su un’emozionante nota di suspance. Il difficile è tenerla senza eccedere. Escobar è un film che funziona: una corda tesa allo spasimo sulla quale gli attori quasi danzano nei loro ruoli, con uno strepitoso, indispensabile Benicio Del Toro nei panni del narcotrafficante Pablo Escobar.
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di Buio in sala
Salire sul filo della tensione è di norma un esercizio semplice, basta raccontare un paio di situazioni verosimili. Il difficile è tenerla per due ore quella tensione, arrotolarci attorno una trama senza mai lasciarla cadere, condirla con interpretazioni e dialoghi che da verosimili diventano credibili, fino a prendere per mano lo spettatore e condurlo, dall’inizio alla fine, su un’emozionante nota di suspance. Il difficile è tenerla senza eccedere. Escobar è un film che funziona: una corda tesa allo spasimo sulla quale gli attori quasi danzano nei loro ruoli, con uno strepitoso, indispensabile Benicio Del Toro nei panni del narcotrafficante Pablo Escobar. La trama narra di Nick, giovane canadese in vacanza col fratello in Colombia, che s’innamora perdutamente di Maria, nipote del boss colombiano. La “famiglia” lo accoglie, ma il ragazzo pian piano capisce che l’altruismo esibito dal padrino colombiano (chiamato infatti El Patron) nasconde in realtà le trame di un sanguinario criminale. E la storiella d'amore si trasforma in un incubo ossessivo e claustrofobico.
Interessante e solida la regia dell’esordiente Andrea Di Stefano (dopo trascorsi da attore): efficace l’uso di flashback per raccontare la prima parte, mentre nella seconda si assiste a una narrazione più tradizionale, sincopata nel crescere della tensione, ma mai noiosa, mai banale, sempre alla ricerca del dettaglio, della raffinatezza (come quel raggio di luce sull’occhio di Nick nella lunga sequenza della caccia all’uomo). Uniche pecche: la recitazione di Josh Hutcherson, troppo limitato come gamma espressiva (soprattutto nella prima parte) per reggere il ruolo da protagonista. E qualche passaggio narrativo poco chiaro sulle scelte del “Re della coca”, ben narrato nella sua parte più amabile e meno in quella spietata. Col segno più la regia, la fotografia e le interpretazioni di tutti i comprimari. E cinque stelle alla recitazione di Benicio Del Toro, che non delude mai.
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monitore film
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giovedì 1 settembre 2016
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opera prima davvero straordinaria
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Non è facile fare film, ma fare un film del genere come opera prima è davvero straordinario: qui c'è il talento di un regista che riesce sempre a tenere lo spettatore in tensione, incollato allo schermo con un linguaggio spettacolare ma mai banale, anche grazie ad una storia scritta molto bene e concepita nel più classico meccanismo di suspence usato ad hollywood. Il budget è 3 milioni e mezzo e non 25. Complimenti.
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mikirino
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mercoledì 31 agosto 2016
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assolutamente deludente!
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L'unico elemento positivo del film è l'interessante interpretazione di Benicio Del Toro, per il resto il film si riduce ad alcune descrizioni d'ambiente, lunghe e noiose, alternate a scene d'azione prive di originalità. Non c'è la storia di Escobar. Non c'è la storia dei personaggi collaterali, di cui non ci viene raccontato nulla. L'evoluzione dei personaggi non esiste, il film va a salti ingiustificati.
Rispariate soldi e tempo.
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