liuk!
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giovedì 30 luglio 2015
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erba anche fuori dal set
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Idea interessante quella di ambientare un giallo negli anni 70 tra gli hippie. Sebbene il rock&roll sia poco presente, sicuramente droga e sesso non mancano, purtroppo devono averne abusato anche gli adetti ai lavori in quanto il lavoro complessivo e contorto, eccessivo e spesso noioso.
La trama é infinitamente intricata, ogni dieci minuti spunta un personaggio nuovo e ed il giallo si complica, non lasciando ragionare lo spettatore che, alla lunga, perde il filo.
Avrei puntato maggiormente sul lato comico, tralasciando inutili scene grottesche, e sul lato sonoro.
Un vero peccato non poterlo consigliare.
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ginger crouton
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domenica 22 marzo 2015
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vizio di pta: breve spunto di pensiero.
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Vizio di forma (Inherent vice) è l'ultima fatica dell'immenso Paul Thomas Anderson, regista osannato dai cinefili ma, purtroppo, sottovalutato dalla massa. La trama è semplice: Larry "Doc" Sportello (Joaquin Phoenix) è un detective fattone/hippie che vive la sua vita con nonchalance [+]
Vizio di forma (Inherent vice) è l'ultima fatica dell'immenso Paul Thomas Anderson, regista osannato dai cinefili ma, purtroppo, sottovalutato dalla massa. La trama è semplice: Larry "Doc" Sportello (Joaquin Phoenix) è un detective fattone/hippie che vive la sua vita con nonchalance tra una birra e uno spinello; questo fin quando la sua EX, Shasta, (Katherine Waterston) non irrompe in casa sua in cerca di un aiuto per risolvere la situazione venutasi a creare con il nuovo partner Mickey Wolfmann (Eric Roberts). Sportello accetta, grazie sopratutto alla sua infatuazione amorosa per Shasta, intraprendendo un viaggio che lo porterà alla scoperta di situazioni sempre più losche e di personaggi che, spesso, non saranno ciò che sembrano. PTA svolge, come di consueto, un perfetto lavoro di regia che passa, però, in secondo piano se paragonato alla sceneggiatura che, secondo me, è il punto forte del film: i dialoghi si fondono perfettamente con lo stato mentale, anche influenzato dalle droghe, del protagonista, creando una sorta di empatia tra quest'ultimo e lo spettatore. Tra tutti i personaggi, caratterizzati benissimo, oltre a "Doc" (ovviamente) spicca "Bigfoot" (Josh Brolin), una sorta di poliziotto fascistoide che sembra avere come unico scopo esistenziale, quello di mettere il bastone tra le ruote al povero Larry (anche se questo non corrisponde alla realtà): da menzionare la scena, secondo me "clou", in cui quest'ultimo irrompe in casa di Sportello, preso a fumare spinelli, e si strafoga letteralmente con tutta la marijuana scoppiando in lacrime e distruggendo completamente l'equilibrio del suo personaggio, distaccandolo da un mondo che l'opprime e non gli appartiene, con un po' di invidia per chi, nel suo piccolo, è riuscito ad evadere e a godersi la sua libertà: Larry, che a sua volta è imprigionato e fortemente infatuato dal suo amore per Shasta e che non gode del senso di libertà che rivendica Bigfoot. La droga quindi, è solo il mezzo con il quale ci si può consolare, con il quale si riesce a dimenticare, ma è inerme difronte all'ingiustizia della vita. Per farla breve: Vizio di forma non è solo un film, è un'odissea fatta di vizi e di fattanza dove, attraverso l'entità di un detective hippie, esploreremo e conosceremo i meandri più oscuri dell'uomo e dei personaggi che ci vengono proposti, scoprendo che il senso di libertà, è un sentimento che non dovrebbe esserci privato.
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kondor17
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venerdì 28 agosto 2015
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intricato ma divertente
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Thriller psichedelico magistralmente interpretato sia da Phoenix che dal grande Josh Brolin. Uno sballato investigatore privato, Doc, si trova alle prese con un intricato caso di sparizione dell'amante della ex. Tra bordelli cinesi, navi fantasma e informatori scomparsi, il film si sviluppa in un turbinio di colori e in una serie di scatole cinesi di cui si perde il conto, mitigato dal fumo ristoratore dell'erba che aleggia dalla prima all'ultima scena. Strampalato quanto il grande lebowski, il ritmo incalzante dei dialoghi e dei personaggi, che via via escono dal cilindro, non lascia tregua e ti trovi tuo malgrado coinvolto e divertito, magari con la promessa di rivederlo un'altra volta con calma.
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Thriller psichedelico magistralmente interpretato sia da Phoenix che dal grande Josh Brolin. Uno sballato investigatore privato, Doc, si trova alle prese con un intricato caso di sparizione dell'amante della ex. Tra bordelli cinesi, navi fantasma e informatori scomparsi, il film si sviluppa in un turbinio di colori e in una serie di scatole cinesi di cui si perde il conto, mitigato dal fumo ristoratore dell'erba che aleggia dalla prima all'ultima scena. Strampalato quanto il grande lebowski, il ritmo incalzante dei dialoghi e dei personaggi, che via via escono dal cilindro, non lascia tregua e ti trovi tuo malgrado coinvolto e divertito, magari con la promessa di rivederlo un'altra volta con calma. Non così bello come Las Vegas di Gilliam, la sensazione alla fine è però la stessa. Strambo e sballato, ma comunque riuscito. Se Anderson riuscisse a comprimere i tempi, e anche qui poteva farlo, non sarebbe male. Bellissimo il trucco, le acconciature e azzeccate le musiche. Cast d'eccezione e ottime performances. Voto 7
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francesco2
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mercoledì 11 novembre 2015
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quei film da seguire, ed inseguire
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Anche se con ritardo, desidero esprimere su "MyMovies" l'interesse che ha suscitato in me questo film, apparentemente minore, di Paul Thomas Anderson.
Bisogna seguirlo ed inseguirlo, "Vizio di forma" , anziché considerarlo la stessa pausa "di lusso" che, per il regista succitato, ha rappresentato "Ubriaco d'amore". Come il protagonista (in)segue invano la giovane che compare e ricompare nel film, ed al contempo una verità che, quasi sicuramente, gli e ci sfuggirà per sempre. Mentre si sviluppa l'intreccio non bisogna perdere l'occhio tutte le deviazioni della trama, probabilmente una metafora -più complessa di quanto non appaia- del decennio anni '70; chi scrive non ha potuto viverlo, essendo nato al suo inizio, ma l'atmosfera appare la stessa de "I tre giorni del Condor" e "Tutti gli uomini del presidente", a metà tra la contestazione del decennio predente ed il reaganismo di quello successivo.
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Anche se con ritardo, desidero esprimere su "MyMovies" l'interesse che ha suscitato in me questo film, apparentemente minore, di Paul Thomas Anderson.
Bisogna seguirlo ed inseguirlo, "Vizio di forma" , anziché considerarlo la stessa pausa "di lusso" che, per il regista succitato, ha rappresentato "Ubriaco d'amore". Come il protagonista (in)segue invano la giovane che compare e ricompare nel film, ed al contempo una verità che, quasi sicuramente, gli e ci sfuggirà per sempre. Mentre si sviluppa l'intreccio non bisogna perdere l'occhio tutte le deviazioni della trama, probabilmente una metafora -più complessa di quanto non appaia- del decennio anni '70; chi scrive non ha potuto viverlo, essendo nato al suo inizio, ma l'atmosfera appare la stessa de "I tre giorni del Condor" e "Tutti gli uomini del presidente", a metà tra la contestazione del decennio predente ed il reaganismo di quello successivo. Dietro l'apparente ripetitività, Anderson è molto bravo a giocare con le acrobazie temporiali ed esistenziali del protagonista ( Altro che i nostri "Sacro GRA" e "Giri di luna".........). Quel passato non è mai andato via ( guai ad aggiungere altro, per chi non abbia visto il film), ma in più è talmente parte di lui che diventa una chiave di lettura per il mondo; di lettura, ma mai di comprensione, perché come già detto l'intreccio è troppo complesso e stratificato, al punto che qualcuno potrebbe appellarsi -se non lo fa-al vizio che dà il titolo al film stesso, per impedire al personaggio di giungere alle conclusioni appropriate.
A conferma che si tratta un film importante, anche se una spanna sotto altre opere di questo artista, resta il finale apparentemente "lieto", e forse in parte "realmente", che tuttavia conferma irrimediabilmente il fallimento del protagonista, come anche -o probabilmente soprattutto- quello della società che lo circonda(va?).
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sia21
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mercoledì 4 aprile 2018
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anderson alle prese con il noir
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'Vizio di forma' rappresenta un unicum nella carriera di Paul Thomas Anderson, si tratta infatti del suo film più strampalato e allucinato. Protagonista della vicenda è 'Doc' Sportello, un detective hippie con una grande passione per le droghe, che si viene a trovare nel bel mezzo di un caso particolarmente intrigato, in cui poteri forti e suoi affetti personali risultano coinvolti in una fitta rete di rapporti non sempre ben definiti. Seguire lo svolgimento della vicenda di questo film non è assolutamente facile: dialoghi serrati, buchi temporali, personaggi che non si capisce se realmente esistenti o frutto di qualche allucinazione del protagonista rendono la comprensione della trama un compito a tratti impossibile.
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'Vizio di forma' rappresenta un unicum nella carriera di Paul Thomas Anderson, si tratta infatti del suo film più strampalato e allucinato. Protagonista della vicenda è 'Doc' Sportello, un detective hippie con una grande passione per le droghe, che si viene a trovare nel bel mezzo di un caso particolarmente intrigato, in cui poteri forti e suoi affetti personali risultano coinvolti in una fitta rete di rapporti non sempre ben definiti. Seguire lo svolgimento della vicenda di questo film non è assolutamente facile: dialoghi serrati, buchi temporali, personaggi che non si capisce se realmente esistenti o frutto di qualche allucinazione del protagonista rendono la comprensione della trama un compito a tratti impossibile. Ma questo non è un limite della pellicola, bensì un pregio, un intento volontariamente perseguito dal regista, che così vuole rendere lo spettatore stesso coinvolto in un tunnel, o meglio in un trip, da cui non si capisce mai come se ne verrà fuori (forse nemmeno alla fine). È innegabile che questa tecnica narrativa voglia anche essere un omaggio sui generis al grande cinema noir, in particolare a pellicole come 'The big sleep' o 'Chinatown' (solo per citare due capisaldi del genere), e che Doc Sportello non sia altro che un novello Bogart, assolutamente sui generis anch'egli, invischiato in un caso praticamente irrisolvibile in cui le donne, ed il loro pericoloso fascino, giocano un ruolo centrale. Film difficilmente comprensibile, ma, proprio per questo, riuscito.
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vincenzo ambriola
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lunedì 2 marzo 2015
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la trama che non c'è
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Doc Sportello è un investigatore privato. Lo vediamo all'azione dopo che la sua ex fidanzata lo contatta per chiedergli di indagare su un importante uomo d'affari, da poche ore sparito e probabilmente nei guai. Sembra il classico inizio di un film giallo in cui si vedranno i soliti cattivi e i soliti buoni darsela di santa ragione per vincere la partita. Ci aspettiamo grandi intuizioni da parte dell'investigatore, qualche poliziotto corrotto, qualcuno buono e così via. Invece ci troviamo all'interno di una macchina del tempo che ci riporta negli anni 60, in un'inesistente località a sud di Los Angeles, dove la droga leggera è usata a fiumi e quella pesante sta per arrivare. Il giallo si stempera nei colori delle magliette, delle gonne, nei fiori e nei capelli lunghi di una generazione nuova, che vince una battaglia contro il conformismo imperante ma perde la guerra e cede il passo ad altri valori, altri miti.
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Doc Sportello è un investigatore privato. Lo vediamo all'azione dopo che la sua ex fidanzata lo contatta per chiedergli di indagare su un importante uomo d'affari, da poche ore sparito e probabilmente nei guai. Sembra il classico inizio di un film giallo in cui si vedranno i soliti cattivi e i soliti buoni darsela di santa ragione per vincere la partita. Ci aspettiamo grandi intuizioni da parte dell'investigatore, qualche poliziotto corrotto, qualcuno buono e così via. Invece ci troviamo all'interno di una macchina del tempo che ci riporta negli anni 60, in un'inesistente località a sud di Los Angeles, dove la droga leggera è usata a fiumi e quella pesante sta per arrivare. Il giallo si stempera nei colori delle magliette, delle gonne, nei fiori e nei capelli lunghi di una generazione nuova, che vince una battaglia contro il conformismo imperante ma perde la guerra e cede il passo ad altri valori, altri miti. Seguire la trama diventa un esercizio inutile, meglio lasciarsi trasportare nelle visioni oniriche di Doc Sportello, incontrare i suoi improbabili amici e nemici, ascoltare la musica di Neil Young e lasciarsi cullare dalla fotografia, splendida, e dal ritmo lento e indolente, a volte appisolandosi e risvegliandosi sicuri di non avere perso la battuta essenziale, quella che ci avrebbe fatto capire la storia, la trama che non c'è. Il cinema è anche questo e, spesso, ce ne dimentichiamo avvelenati da serie tv ossessivamente mentali, elaborate, contorte.
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howlingfantod
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domenica 29 marzo 2015
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graffiante....o subdolo spot?
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Se non lo sai che il film è tratto da un romanzo di Pynchon non realizzi quanto sia in ordine con lo spiazzante, il grottesco e trovi la sua logica in un barocco, eccessivo mostrarci la società americana di 45 anni fa allora come oggi in disfacimento con le sue paranoie le sue vecchie sempiterne guerre, la sua sana pianta malata, le sue ossessioni e i suoi ”vizi di forma”. Se lo sai, allora seguirai il labirintico svolgersi del plot lasciandoti quasi semplicemente trascinare e anche divertire dai suoi grandi interpereti che strizzano l’occhio a più generi , senza cercare un climax retorico che è sempre e solo apparente come in tutti i film di P.T. Anderson, se ancora pensi che non sia solo una digressione non autorizzata domandati se l’iconoclasta regista della West coast che mette alla berlina la società alla deriva nella quale vive o della quale si sente in obbligo di rivolgersi contro, non debba interrogarsi se non ci potessimo essere accorti che tutti quegli spinelli che volano di mano in mano da Doc Sportello, l’eroe buono proppiano della fiaba e con la faccia da Gesù Cristo (ottimo Joaquin Phoenix), ai suoi comprimari nel film, non sia un inno alla legalizzazione delle droghe leggere che sta correndo in America e a quale scopo, forse di qualche multinazionale dell’erba che fa lobby anche tramite il cinema alternativo?.
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Se non lo sai che il film è tratto da un romanzo di Pynchon non realizzi quanto sia in ordine con lo spiazzante, il grottesco e trovi la sua logica in un barocco, eccessivo mostrarci la società americana di 45 anni fa allora come oggi in disfacimento con le sue paranoie le sue vecchie sempiterne guerre, la sua sana pianta malata, le sue ossessioni e i suoi ”vizi di forma”. Se lo sai, allora seguirai il labirintico svolgersi del plot lasciandoti quasi semplicemente trascinare e anche divertire dai suoi grandi interpereti che strizzano l’occhio a più generi , senza cercare un climax retorico che è sempre e solo apparente come in tutti i film di P.T. Anderson, se ancora pensi che non sia solo una digressione non autorizzata domandati se l’iconoclasta regista della West coast che mette alla berlina la società alla deriva nella quale vive o della quale si sente in obbligo di rivolgersi contro, non debba interrogarsi se non ci potessimo essere accorti che tutti quegli spinelli che volano di mano in mano da Doc Sportello, l’eroe buono proppiano della fiaba e con la faccia da Gesù Cristo (ottimo Joaquin Phoenix), ai suoi comprimari nel film, non sia un inno alla legalizzazione delle droghe leggere che sta correndo in America e a quale scopo, forse di qualche multinazionale dell’erba che fa lobby anche tramite il cinema alternativo?.....alla faccia della denuncia del sistema tramite lo squinternato- Matrix detective Sportello (nome comunque indimenticabile). Per questo sospendo il giudizio.
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gumbus
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lunedì 6 aprile 2015
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grosso telefilm....
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Il film è fondato sul piatto, schiacciato, depresso personaggio di doc Sportello ed è uniformato al suo eroe. PTA stavolta esplora il genere del telefilm poliziesco (i pantaloni di Benicio del Toro ricordano Colombo) e riempie quel plot all'inverosimile di tutti i contenuti e i riferimenti del tempo. (In effetti quel prodotto spiccava sempre per smalto brillantezza soluzione). Ma la rilettura e il completamento di PTA appunto lo appiattisce, creando dei microrilievi incredibili. Il risultato di una operazione complicatissima è perciò riuscito. C'è una saturazione che non stanca veramente e una leggerezza possente, anni 70. Come negli altri film di PTA il dialogo spazio-tempo è faticoso per lo spettatore, è la sua cifra, ma come negli altri c'è una umanità ricordata e più che mai una bellezza che stupisce.
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Il film è fondato sul piatto, schiacciato, depresso personaggio di doc Sportello ed è uniformato al suo eroe. PTA stavolta esplora il genere del telefilm poliziesco (i pantaloni di Benicio del Toro ricordano Colombo) e riempie quel plot all'inverosimile di tutti i contenuti e i riferimenti del tempo. (In effetti quel prodotto spiccava sempre per smalto brillantezza soluzione). Ma la rilettura e il completamento di PTA appunto lo appiattisce, creando dei microrilievi incredibili. Il risultato di una operazione complicatissima è perciò riuscito. C'è una saturazione che non stanca veramente e una leggerezza possente, anni 70. Come negli altri film di PTA il dialogo spazio-tempo è faticoso per lo spettatore, è la sua cifra, ma come negli altri c'è una umanità ricordata e più che mai una bellezza che stupisce.
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