flyanto
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mercoledì 26 agosto 2015
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uno strano caso di omicidi che si riflette sul pri
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Il titolo "Fuochi d' Artificio in Pieno Giorno" tradotto in italiano in pratica si riferisce alla scena finale del film dove una pioggia di fuochi artificiali si sprigiona in pieno giorno dall'alto di un palazzo, lanciati da non si sa chi esattamente, ma il titolo originale, "Black Coal, Thin Ice", forse, risulta più adatto alla vicenda di questa pellicola che ruota tutta intorno a dei carichi di carbone contenenti resti umani in una città del Nord della Cina tutta coperta dalla neve e dal ghiaccio.
Un ispettore della Polizia cinese deve indagare su di uno strano serial killer che ripone i resti, tagliati e ben divisi, nei carichi di carbone diretti presso delle cave.
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Il titolo "Fuochi d' Artificio in Pieno Giorno" tradotto in italiano in pratica si riferisce alla scena finale del film dove una pioggia di fuochi artificiali si sprigiona in pieno giorno dall'alto di un palazzo, lanciati da non si sa chi esattamente, ma il titolo originale, "Black Coal, Thin Ice", forse, risulta più adatto alla vicenda di questa pellicola che ruota tutta intorno a dei carichi di carbone contenenti resti umani in una città del Nord della Cina tutta coperta dalla neve e dal ghiaccio.
Un ispettore della Polizia cinese deve indagare su di uno strano serial killer che ripone i resti, tagliati e ben divisi, nei carichi di carbone diretti presso delle cave. Non venendone subito a capo e dopo anche una serie di vicende personali alquanto fallimentari egli si abbandona fortemente al vizio del bere e dunque viene sospeso dal proprio incarico finchè, anni dopo, in seguito anche alla morte di un collega, peraltro a capo dell'indagine sempre del caso suddetto, lo induce a riprendere seriamente le investigazioni che lo coinvolgeranno anche da un punto di vista strettamente personale e sentimentale, arrivandone finalmente alla sconvolgente risoluzione.
Premiata al Festival del Cinema di Berlino nel 2014 con l'Orso d'Oro come miglior film e con l'Orso d'Argento per il miglior attore maschile, questa pellicola risulta giustamente insignita dei suddetti riconoscimenti in quanto, al di là della trama thriller che si accomuna a molte altre del genere, sono l'atmosfera e l'ambientazione che vengono ritratte a renderla particolare e ad un livello superiore alla norma. Il regista Yinan Diao riesce a presentare in maniera alquanto efficace il provincialismo e la povertà da cui ne conseguono azioni per lo più dettate dalla violenza e da sentimenti di sopraffazione, nonchè di gretto egoismo, d aparte dei vari esseri umani che si incontrano nel corso della storia, insomma un' ostilità generale che non si evince solo dal clima gelido proprio delle regioni del Nord della Cina ma soprattutto all' interno di una umanità che ormai non può più essere chiamata tale. E Yinan Diao, così, consegna allo spettatore un documento molto interessante e toccante, ma soprattutto inusuale e dunque meno conosciuto, della realtà della Cina che, invece, comunemente gli viene presentata all'interno dei films che vengono solitamente e maggiormente distribuiti negli svariati circuiti dei cinema italiani.
Ottima, inoltre, la scelta di tutti gli attori, ovviamente a noi poco noti o del tutto sconosciuti ma quanto mai confacenti ai propri ruoli. Estremamente interessante.
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aristoteles
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lunedì 7 settembre 2015
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freddo e glaciale
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Mi aspettavo molto di più,viste le tante recensioni positive.
Non che il thriller non sia intrigante,ma soffre in lentezza e molte interpretazioni,secondo me, lasciano a desiderare.
E' vero che gli orientali di solito non gesticolano molto e diificilmente si lasciano andare,tuttavia la protagonista principale mi è sembrata abbastanza mummificata.
Non solo lei,anche i poliziotti e il protagonista maschile infatti sembrano privi d'anima tranne quando ubriachi o sconvolti.
Nel finale c'è un poco più di brio,volti e anime cominciano a sbrinarsi,con troppo ritardo secondo me,addirittura c'è "una botta di vita"comprensiva di balletto liberatorio e colpi pirotecnici,
Troppo glaciale per i miei gusti ma tutto sommato ben architettato.
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Mi aspettavo molto di più,viste le tante recensioni positive.
Non che il thriller non sia intrigante,ma soffre in lentezza e molte interpretazioni,secondo me, lasciano a desiderare.
E' vero che gli orientali di solito non gesticolano molto e diificilmente si lasciano andare,tuttavia la protagonista principale mi è sembrata abbastanza mummificata.
Non solo lei,anche i poliziotti e il protagonista maschile infatti sembrano privi d'anima tranne quando ubriachi o sconvolti.
Nel finale c'è un poco più di brio,volti e anime cominciano a sbrinarsi,con troppo ritardo secondo me,addirittura c'è "una botta di vita"comprensiva di balletto liberatorio e colpi pirotecnici,
Troppo glaciale per i miei gusti ma tutto sommato ben architettato.
Ottima la fotografia.
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vanessa zarastro
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martedì 25 agosto 2015
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i non-luoghi
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Un bellissimo film sui “non luoghi” retrodatato di una decina di anni. I veri protagonisti del film “Bai Ri Yan Huo” sono i quartieri/città nati attorno alle miniere di carbone probabilmente a nord della China. Tali ambienti urbani comunicano squallore e depressione, e sono fissati in quadri come solo Edward Hopper sa fare. Di questo pittore è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Spesso i soggetti dei suoi quadri sono proprio i luoghi urbani desolati o lo sfondo cittadino o gli interni con intonaci scrostati. Molti sono gli artisti che si sono ispirati a lui, anche il regista Wim Wenders nelle inquadrature del film Don’t come knowking nel senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento - come afferma lui stesso in alcune interviste - ha un esplicito nesso con i suoi quadri.
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Un bellissimo film sui “non luoghi” retrodatato di una decina di anni. I veri protagonisti del film “Bai Ri Yan Huo” sono i quartieri/città nati attorno alle miniere di carbone probabilmente a nord della China. Tali ambienti urbani comunicano squallore e depressione, e sono fissati in quadri come solo Edward Hopper sa fare. Di questo pittore è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Spesso i soggetti dei suoi quadri sono proprio i luoghi urbani desolati o lo sfondo cittadino o gli interni con intonaci scrostati. Molti sono gli artisti che si sono ispirati a lui, anche il regista Wim Wenders nelle inquadrature del film Don’t come knowking nel senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento - come afferma lui stesso in alcune interviste - ha un esplicito nesso con i suoi quadri.
Il regista Yinan Diao pone le sue figure in spazi vuoti illuminati da una luce cruda per accrescere l'angoscioso senso di solitudine e d'isolamento che pervade alcuni locali anonimi. Talvolta sono i luoghi collettivi di svago come la pista del ballo, il luna park con la sua ruota o la pista di pattinaggio, tutti siti semideserti e spesso innevati.
La durezza della vita in questa periferia operaia si amplifica con la violenza delle storie di omicidi, di uomini fatti a brandelli e i cui pezzi vengono sparsi e ritrovati in varie parti del territorio e il protagonista detective ex poliziotto, che indaga con i colleghi poliziotti tra negozi di tintoria e locali equivoci come proprio “Fuochi di artificio in pieno giorno”. Un noir classico dove nasce una strana storia di amore e di violenza intrecciate, di sospetto e attrazione.
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maumauroma
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sabato 1 agosto 2015
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poliziesco made in china
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Bel poliziesco cinese,ruvido e spigoloso.Una storia di efferati delitti consumati in due epoche (1999 e 2004),tra lo sporco delle miniere di carbone e l'odore di sapone di una lavanderia,tra passioni e cinismo. L'atmosfera ricorda i noir anni 30 e 40 di Welles e Houston o dei gialli mitteleuropei dello stesso periodo.L'ambientazione e' in una sperduta citta' della provincia,buia e inquinata e soprattutto fredda..Il ghiaccio e' sulle strade,nell'aria,negli animi dei protagonisti,anche se le passioni,pur represse,ogni tanto affiorano coagulandosi in atti di violenza e di ribellione alla " normalizzazione" della societa' cinese. Meritato orso d'oro al festival di Berlino
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rossijavserdze
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martedì 1 settembre 2015
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un'esilarante commedia, peccato fosse un thriller.
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Una parodia del thriller di encomiabile serietà ed effiacia: non ho smesso di ridere dalla prima all'ultima scena. Di più, certe inquadrature bastavano da sole a mandare in frantumi l'appena riacquisita compostezza, facendo deflagrare una potente risata - complici, invero, anche l'imperturbabilità dei volti degli attori, quasi fossero preda di un'atarassia da pratica zen ininterrotta, una regia alla ricerca di se stessa e dimentica della cinepresa, un montatore forse vittima di parentesi narcolettiche o di black-out cognitivi o affetto da parkinson. Memorabili: la compresenza di terreno ghiacciato e abbuffata di cocomero; la lunga pattinata verso il nulla su ghiaccio del medesimo terreno; la totale perfuntorietà della protagonista, accompagnata da paresi facciale (riesce a piangere senza muovere un muscolo e a farsi stuprare senza sbattere neanche per un secondo le palpebre); la smaccata non verisimiglianza dei pezzi di cadavere nei ritrovamenti a inizio film (hanno fatto a pezzi un manichino a dimensioni non umane, colorandolo di rosso sangue nei debiti punti; apprezziamo, però, l'onestà del regista che ha istruito gli attori a maneggiare i suddetti pezzi proprio come fossero di plastica, recitando la parte di addetti al magazzino del museo delle cere).
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Una parodia del thriller di encomiabile serietà ed effiacia: non ho smesso di ridere dalla prima all'ultima scena. Di più, certe inquadrature bastavano da sole a mandare in frantumi l'appena riacquisita compostezza, facendo deflagrare una potente risata - complici, invero, anche l'imperturbabilità dei volti degli attori, quasi fossero preda di un'atarassia da pratica zen ininterrotta, una regia alla ricerca di se stessa e dimentica della cinepresa, un montatore forse vittima di parentesi narcolettiche o di black-out cognitivi o affetto da parkinson. Memorabili: la compresenza di terreno ghiacciato e abbuffata di cocomero; la lunga pattinata verso il nulla su ghiaccio del medesimo terreno; la totale perfuntorietà della protagonista, accompagnata da paresi facciale (riesce a piangere senza muovere un muscolo e a farsi stuprare senza sbattere neanche per un secondo le palpebre); la smaccata non verisimiglianza dei pezzi di cadavere nei ritrovamenti a inizio film (hanno fatto a pezzi un manichino a dimensioni non umane, colorandolo di rosso sangue nei debiti punti; apprezziamo, però, l'onestà del regista che ha istruito gli attori a maneggiare i suddetti pezzi proprio come fossero di plastica, recitando la parte di addetti al magazzino del museo delle cere). La scena finale, devo ammettere, tradisce la linearità del film: il ballo solitario dell'(ex?)ispettore di polizia, compresa la musica, potrebbe meritare il posto in un film serio.
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