samanta
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lunedì 11 gennaio 2021
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si può perdonare il proprio carnefice?
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Il soggetto è ricavato dall'autobiografia di Eric Lomax ex ufficiale inflese in cui racconta la sua prigionia in un campo di concentramento giapponese dopo la caduta di Singapore, e il lungo periodo del dopoguerra nel quale visse tormentato dai ricordi. E' opportuno riflettere che i fatti sono veri e che riguardano i crimini commessi dai gipponesi durante la II guerra mondiale che furono notevoli specie nei confronti dei prigionieri e della popolazione civile.
Il film del 2013, inizia in Scozia nel 1980 nel circolo dei veterani di guerra in una cittadina dove si riuniscono gli ex combattenti della II guerra mondiale, tra di essi in disparte c'é Eric Lomax (Colin Firth) appassionato di ferrovie di cui sa tutto compresI gli orari e le coincidenze (in originale il film ha il titolo: The Railway man), tutti sono reduci dalla caduta di Singapore e prigionieri dei giapponesi dal 1942 al 1945, durante i 3 anni di prigionia costretti con un trattamento feroce a costruire la ferrovia (quella de Il ponte sul fiume Kwai) per unire la Thailandia alla Birmania occupate dal Giappone.
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Il soggetto è ricavato dall'autobiografia di Eric Lomax ex ufficiale inflese in cui racconta la sua prigionia in un campo di concentramento giapponese dopo la caduta di Singapore, e il lungo periodo del dopoguerra nel quale visse tormentato dai ricordi. E' opportuno riflettere che i fatti sono veri e che riguardano i crimini commessi dai gipponesi durante la II guerra mondiale che furono notevoli specie nei confronti dei prigionieri e della popolazione civile.
Il film del 2013, inizia in Scozia nel 1980 nel circolo dei veterani di guerra in una cittadina dove si riuniscono gli ex combattenti della II guerra mondiale, tra di essi in disparte c'é Eric Lomax (Colin Firth) appassionato di ferrovie di cui sa tutto compresI gli orari e le coincidenze (in originale il film ha il titolo: The Railway man), tutti sono reduci dalla caduta di Singapore e prigionieri dei giapponesi dal 1942 al 1945, durante i 3 anni di prigionia costretti con un trattamento feroce a costruire la ferrovia (quella de Il ponte sul fiume Kwai) per unire la Thailandia alla Birmania occupate dal Giappone. Lomax è diventato nevrotico, i ricordi sono doloranti ciccatrici, ha visioni dell'ufficiale che lo torturava, durante uno dei suoi viaggi in treno in cerca di oggetti delle ferrovie, incontra un'affascinante insegnante Patti (Nicole Kidman), dopo sorrisi e imbarazzanti dialoghi lui le fa la corte, si innamora ricambiato e si sposano presenti al matrimonio i suoi commilitasti. Tra questi c'é Finlay il loro capo (Stellan Skarsgard noto attore svedese: I Pirati dei Caraibi, vari film di Lars von Trier,Mamma mia) ma il matrimonio è solo un lampo di felicità, perché Lomax ripiomba ancora di più nei suoi incubi e visioni sempre più forti, diventando violento. Patti scopre la verità da Finlay: Lomax era stato torturato ferocemente da un ufficiale giapponese, quell'ufficiale si scopre che è ancora vivo , Finlay propone Lomax di andare a trovarlo in Birmania proprio dove fa il custode del Museo della Ferrovia vicino al ponte sul fiume Kwai e ucciderlo. Lomax rifiuta, ma dopo il suicidio di un commilitone per il suo rifiuto, va in Asia, ritrova l'ex ufficiale, ma l'incontro sarà catartico, di fronte alla piena e sofferta confessione dell'uomo e alla richiesta di perdono Lomax lo concede, gli incubi spariscono e ritorna in quel luogo con la moglie ormai rasserenato e felice.
La storia, cooispondente alla realtà dei fatti è commovente, a mio avviso il nucleo centrale del film non è l'orrore della guerra in cui i giapponesi si comportarono bestialmente non solo con i giapponesi che consideravano disonorati perché si erano arresi, ma anche verso i civili specie in Cina e in Corea le stragi di massa a Nanchino, le migliaia di donne stuprate e uccise o inviate nei bordelli per soldati, specie le torture erano dirette dalla Kembetai (la Ghepeu o la Gestapo del Giappone) a cui apparteneva l'ufficiale torturatore di Lomax, pochi giapponesi furono condannati per questi crimini anche perché gli USA aveva bisogno del Giappone come alleato. Il motivo centrale del film risiede nel perdono, non quello fasullo del criminale che cerca di alleviare la pena, ma quello che si raggiunge dopo un lungo percorso umano e psicologico da entrambe le parti, Lomax ha di fronte un uomo che in questi lunghi anni ha guardato dentro se stesso, sa che la morte sarebbe una giusta pena, la richiesta di essere perdonato nasce dal profondo del cuore ed incontra il sentimento di un uomo che si vuole sgravare dai ricordi. In questa vicenda Lomax ha la meglio: finalmente ritorna libero.
Il regista Jonathan Tepliztzsky (australiano ha diretto il recente Churchill) ha saputo toccare le corde giuste dei sentimenti, il film in alcuni punti è lento e manca di nerbo, anche se certi immagini della costruzione della ferrovia sono estremamente coinvolgenti. Molto buona l'interpretazione di Colin Firth bravo interprete del traditore ne La Talpa e di Giorgio VI ne Il discorso del Re con cui ricevette l'Oscar, ma qui si supera interpretando un personale complesso, infin dei conti mite e gentile, ma caratteriale sconvolto da terribili ricordi, efficace l'interpretazione di Nicole Kidman nella parte di un insegnante metodica e formalista che ha scoperto tardi l'amore, bravi i comprimari specie l'interprete di Finlay.
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jolly23
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martedì 16 settembre 2014
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psicologia di guerra
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3 stelle per questo film che lascia molto pensare, cosa diventa l'uomo durante la guerra ?! A cosa può arrivare l'uomo se spinto da un ideale più o meno giusto?! Eric loomax è un appassionato di treni , che incontra patti una donna bellissima che gli fa scoprire un minimo di serenità tra i tanti incubi che lo perseguitano! La mente è distrutta, ha visto cose e provato quel dolore inimmaginabile, la prigionia di guerra lo ha segnato. Ma Patti scava nella storia traendo informazioni dal migliore amico di loomax, anch'esso ex prigioniero di guerra che arriva al suicidio. Il finale è forse leggermente scontato, ma essendo tratto da una storia vera ed avendo i soggetti avuto realemente questo comportamento è più che giustificato è il senso della giustizia lascia riflettere per qualche instante, a mio avviso quello che dovrebbe essere l'elemento essenziale di ogni film.
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3 stelle per questo film che lascia molto pensare, cosa diventa l'uomo durante la guerra ?! A cosa può arrivare l'uomo se spinto da un ideale più o meno giusto?! Eric loomax è un appassionato di treni , che incontra patti una donna bellissima che gli fa scoprire un minimo di serenità tra i tanti incubi che lo perseguitano! La mente è distrutta, ha visto cose e provato quel dolore inimmaginabile, la prigionia di guerra lo ha segnato. Ma Patti scava nella storia traendo informazioni dal migliore amico di loomax, anch'esso ex prigioniero di guerra che arriva al suicidio. Il finale è forse leggermente scontato, ma essendo tratto da una storia vera ed avendo i soggetti avuto realemente questo comportamento è più che giustificato è il senso della giustizia lascia riflettere per qualche instante, a mio avviso quello che dovrebbe essere l'elemento essenziale di ogni film.
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flyanto
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venerdì 26 settembre 2014
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solo il perdono e l'amore riescono a superare tutt
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Film in cui si narra di un uomo fortemente tormentato da un passato misterioso che gli impedisce di vivere serenamente la presente quotidianità, anche in compagnia della propria comprensiva ed innamorata moglie. Sarà proprio quest'ultima ad indagare sul misterioso passato del consorte venendo così a scoprire tutte le torture e le violenze che questi dovette subire quando era prigioniero di un contingente giapponese stanziato in Thailandia a dirigere i lavori della costruzione di una ferrovia. Il protagonista riuscirà finalmente alla fine a superare il grosso trauma ma non senza poca sofferenza.
Questa pellicola, che pare racconti un fatto realmente accaduto e che poi il reale protagonista ha riportato in un libreo divenuto un best seller, sebbene nella parte iniziale si presenti come una film banalmente all'insegna del romanticismo, e per giunta anche eccessivo, nel corso della sua proiezione racconta una vicenda di guerra assai interessante che carpisce in crescendo l'interesse dello spettatore che diventa infatti sempre più curioso di sapere come in realtà si sono svolti i fatti accaduti.
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Film in cui si narra di un uomo fortemente tormentato da un passato misterioso che gli impedisce di vivere serenamente la presente quotidianità, anche in compagnia della propria comprensiva ed innamorata moglie. Sarà proprio quest'ultima ad indagare sul misterioso passato del consorte venendo così a scoprire tutte le torture e le violenze che questi dovette subire quando era prigioniero di un contingente giapponese stanziato in Thailandia a dirigere i lavori della costruzione di una ferrovia. Il protagonista riuscirà finalmente alla fine a superare il grosso trauma ma non senza poca sofferenza.
Questa pellicola, che pare racconti un fatto realmente accaduto e che poi il reale protagonista ha riportato in un libreo divenuto un best seller, sebbene nella parte iniziale si presenti come una film banalmente all'insegna del romanticismo, e per giunta anche eccessivo, nel corso della sua proiezione racconta una vicenda di guerra assai interessante che carpisce in crescendo l'interesse dello spettatore che diventa infatti sempre più curioso di sapere come in realtà si sono svolti i fatti accaduti. Ovviamente la trama risulta un pretesto al fine di affrontare tre tematiche fondamentali: e cioè, quella degli orrori della guerra con tutta la violenza e l'odio eccessivi che essa sempre comporta, quella dell'onore e cioè di preservare sempre anche nei momenti più difficili la propria dignità ed infine quella del perdono e dell'amore che sono l'unica arma per poter abbattere i vecchi rancori e riuscire a vivere serenamente la propria esistenza.
In generale il film è ben girato e risulta anche equilibrato, sebbene esplicito, per ciò che riguarda le scene concernenti le terribili torture inflitte al protagonista.
Colin Firth si dimostra ancora una volta essere un attore fuoriclasse interpretando perfettamente la parte dell'uomo disagiato e sofferente psicologicamente. Anche Stellan Skarsgard, sebbene in una parte minore, risulta molto valido. Quanto a Nicole Kidman, purtroppo, non si può dire altrettanto dal momento che qui, al contrario che in molti suoi ruoli precedenti, risulta alquanto banale e poco incisiva (sebbene la sua parte sia secondaria rispetto a quella di Firth) dimostrando addirittura di essere sprecata dal momento che il suo personaggio poteva benissimo venire ricoperto da un'altra attrice meno famosa. Peccato!
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alexander 1986
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mercoledì 18 febbraio 2015
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film edificante su dolore e perdono
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Storia vera di Eric Lomax (Colin Firth), reduce dalla seconda guerra mondiale ossessionato dal trauma di un'esperienza di prigionia sotto i giapponesi a Singapore. Grazie all'amore della moglie Patti (Nicole Kidman) e ad alcune circostanze fortunate, troverà la forza di affrontare i suoi fantasmi e di ricominciare a vivere.
Tratto dall'autobiografia dello stesso Lomax, pubblicata nel 1995. Avendo già letto questa, constato la superiorità della trasposizione filmica. L'opera del regista australiano Teplitzsky dà infatti quella visione d'insieme sulla storia che non è possibile avere dal resoconto diretto di Lomax. Ciò succede perché nel racconto originale l'autore ha preferito tacere su molti dettagli per una dichiarata (e ingiustificata) questione di pudore personale.
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Storia vera di Eric Lomax (Colin Firth), reduce dalla seconda guerra mondiale ossessionato dal trauma di un'esperienza di prigionia sotto i giapponesi a Singapore. Grazie all'amore della moglie Patti (Nicole Kidman) e ad alcune circostanze fortunate, troverà la forza di affrontare i suoi fantasmi e di ricominciare a vivere.
Tratto dall'autobiografia dello stesso Lomax, pubblicata nel 1995. Avendo già letto questa, constato la superiorità della trasposizione filmica. L'opera del regista australiano Teplitzsky dà infatti quella visione d'insieme sulla storia che non è possibile avere dal resoconto diretto di Lomax. Ciò succede perché nel racconto originale l'autore ha preferito tacere su molti dettagli per una dichiarata (e ingiustificata) questione di pudore personale. Storia edificante e a tratti commovente. Chiari gli omaggi, nelle scelte espositive, ai grandi classici del genere. Soprattutto ai film di David Lean. Anche se siamo su dimensioni del tutto diverse.. Assurdamente bravo Colin Firth, forse persino meglio che ne 'Il discorso del re' (2010).
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renatoc.
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mercoledì 26 aprile 2017
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un eccezionale insegnamento morale!
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Raramente la cinematografia anglo/americana fa vedere le brutalità commesse dai Giapponesi durante l'ultima guerra! In genere fanno vedere quelle dei nazisti! Però in questo film viene fatto vedere che i Giapponesi non sterminavano popoli per odio razziale, ma quanto a brutalità nelle torture......Dio ce ne scampi! Ciò che rende importante questo film è che si tratta di fatti realmente accaduti ed il soggetto è preso dall'autobiografia del protagonista! Si vede quale orribile effetto psicologico gli è rimasto anche dopo finita la guerra, ed il conseguente odio verso il torturatore; e quando dai giornali scopre che è vivo, parte immediatamente per il Giappone con l'intento di ucciderlo! Tuttavia quando si trova di fronte a
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Raramente la cinematografia anglo/americana fa vedere le brutalità commesse dai Giapponesi durante l'ultima guerra! In genere fanno vedere quelle dei nazisti! Però in questo film viene fatto vedere che i Giapponesi non sterminavano popoli per odio razziale, ma quanto a brutalità nelle torture......Dio ce ne scampi! Ciò che rende importante questo film è che si tratta di fatti realmente accaduti ed il soggetto è preso dall'autobiografia del protagonista! Si vede quale orribile effetto psicologico gli è rimasto anche dopo finita la guerra, ed il conseguente odio verso il torturatore; e quando dai giornali scopre che è vivo, parte immediatamente per il Giappone con l'intento di ucciderlo! Tuttavia quando si trova di fronte a lui tentenna un po' forse perchè gli manca il coraggio, o forse perchè comincia a provarne pietà, quindi lo lascia in vita e torna a casa dalla bella moglie Nicole Kidman! (Bella, anche se la preferisco bionda e meno smagrita che in questo film!) Comunque i dialoghi che il protagonista ha intrattenuto col suo torturatore mentre prendeva tempo prima di ucciderlo, cominciano a fargli capire che il giapponese si stava ravvedendo e stava nascendo in lui una certa stima per la sua ex-vittima! Un giorno riceve da lui una lettera e parte con la moglie per il Giappone per andarlo ad incontrare e dirgli che lo aveva perdonato! Il film termina con un abbraccio tra loro due! Le note finali, comunque, commentano che sono poi diventati amici e si sono frequentati fino alla tarda età! L'insegnamento morale di questo film è bellissimo! Quando ci rende conto di aver sbagliato, ci si pente e ci si ravvede l'odio si trasforma in amicizia e questo fa ulteriormente vedere quanto è grande insegnamento di Gesù! Ha portato subito in Paradiso il buon ladrone, la Maddalena da prostituta è diventata santa, San Paolo da persecutore dei Cristiani a grande Apostolo!
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antoniopagano
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giovedì 8 febbraio 2018
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una tragedia che opprime il cuore, una storia che
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Eric Lomax (Colin Firth) è un appassionato di ferrovie che gira la Gran Bretagna in lungo e in largo, naturalmente in treno, alla ricerca di cimeli ferroviari. In treno incontra Patti (Nicole Kidman) e la precoce scintilla che scoppia tra i due mette momentaneamente fuori strada lo spettatore: Eric continua a vivere da decenni l’incubo del campo di prigionia giapponese di Kanchanaburi in Thailandia dove, insieme a decine di migliaia di militari inglesi, è stato internato dopo la caduta di Singapore nel 1942.
I Giapponesi stavano costruendo una linea ferroviaria tra Thailandia e Birmania (415 km) che avrebbe completato il collegamento tra India e Cina.
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Eric Lomax (Colin Firth) è un appassionato di ferrovie che gira la Gran Bretagna in lungo e in largo, naturalmente in treno, alla ricerca di cimeli ferroviari. In treno incontra Patti (Nicole Kidman) e la precoce scintilla che scoppia tra i due mette momentaneamente fuori strada lo spettatore: Eric continua a vivere da decenni l’incubo del campo di prigionia giapponese di Kanchanaburi in Thailandia dove, insieme a decine di migliaia di militari inglesi, è stato internato dopo la caduta di Singapore nel 1942.
I Giapponesi stavano costruendo una linea ferroviaria tra Thailandia e Birmania (415 km) che avrebbe completato il collegamento tra India e Cina. Non era sufficiente, per tale impresa, disporre di manodopera in larga quantità e a basso costo: le difficoltà di tracciato, le proibitive condizioni ambientali e il ritmo dei lavori richiedevano un esercito di schiavi, prigionieri militari e civili brutalmente asserviti, e renderanno famosa quell’opera come “la ferrovia della morte” dato l’altissimo numero di vittime tra i lavoranti (lavorarono 260.000 prigionieri e ne perirono 116.000 di stenti, malattie e vessazioni).
L’incubo ricorrente di Eric sottopone a stress l’unione con Patti che deve fare i conti con un disturbo mentale di cui non conosce l’origine. Patti contatta Finlay (Stellan Skarsgard), un altro sopravvissuto al campo di lavoro che condivide con Eric quel «codice del silenzio che sembra affidarsi al tempo per curare le piaghe dell’anima». Patti ricuce, attraverso Finlay, gli avvenimenti passati e risale alla dimensione eroica del giovane Eric (Jeremy Irvine), alle vessazioni subite, alle torture, alle selvagge bastonature, estenuanti anche per gli stessi Giapponesi che le infliggevano. In particolare, emerge la figura di Takashi Nagase (Tanroh Ishida), altrettanto giovane ufficiale interprete della Kempeitai, la Gestapo giapponese. La tragedia ha una madre, la guerra, un padre, il disprezzo dei Giapponesi nei confronti dei nemici vinti, e un attore protagonista, Nagase, un uomo istruito, un aguzzino senza attenuanti perché i condizionamenti culturali del militarismo nipponico e la forza delle circostanze nulla potrebbero se il libero arbitrio chiudesse il rubinetto allo sgorgare del male. Le torture inflitte da Nagase a Lomax erano del tutto gratuite, oltre che dolorose e umilianti: Eric seppellisce nel silenzio quei ricordi, soprattutto con la persona che ama, perché le ingiustizie subite si vivono con il pudore nascosto della vergogna. Sarà grazie all’amicizia estrema di Finlay e all’amore illuminante di Patti che Eric riuscirà a chiudere i conti con il passato attraverso l’incontro con un maturo Nagase (Hiroyuki Sanada), anch’egli sopravvissuto, alla ricerca di una nemesi.
Stabilire la verità: questa è la prima ansia di Eric, iniziando dal lessico con cui i due antagonisti parlano di quel passato (“sono morti? No, sono stati ammazzati”). Questa storia è qualcosa di diverso e di meglio della precedente filmografia di genere (Il ponte sul fiume Kway 1957, Furyo 1983, Fight for Freedom 2001, Unbroken 2014): se vogliamo cercare analogie calzanti dobbiamo citare Primo Levi che, qualche anno dopo il ritorno dal lager, in modo del tutto fortuito ebbe una relazione epistolare con “Doktor Muller”, uno dei tanti che non furono aguzzini ma assistettero immobili allo scempio umano nei campi. Accadeva quel che accadeva perché doveva accadere. Levi avrebbe voluto incontrarlo: «L’incontro che io aspettavo … era un incontro con uno di quelli di laggiù, che avevano disposto di noi, che non ci avevano guardati negli occhi, come se noi non avessimo avuto occhi. Non per fare vendetta … Solo per ristabilire le misure, e per dire “dunque?”». Nell’espressione finale di Eric («Viene il momento in cui l’odio deve finire») non c’è il tema del perdono o della pietà per il Nagase contrito ma il monito ad avere rispetto per sé stessi, a costruire consapevolezza sulle macerie lasciate dalla tragedia. Stabilire le misure, sempre, e non dimenticare, ma non odiare nessuno, mai, neanche per “fare vendetta”.
L’emergente regista australiano Jonathan Teplitzky indaga nell’intimo e lo fa con una fotografia che è un album completo di effetti: i mille luccichii del cantiere ferroviario che appaiono come una favola ma poi svelano la bruttura dei lavori forzati, il gracchiare della radio clandestina al lume di una lampada, le stanze in bianco e nero del Kempitai, il chiarore della spiaggia con le case basse allineate sullo sfondo e quell’unica figura umana, i primi piani di Nicole Kidman.
Il film è tratto dall’omonimo libro autobiografico The Railway Man che Eric Lomax ha pubblicato nel 1994 conservando i nomi dei protagonisti oltre all’autenticità delle vicende. Nell’edizione italiana, sia del libro che del film, è diventato “Le due vie del destino”: quali sono le “due” vie del titolo italiano? Quelle di Lomax e di Nagase? O quelle di Lomax e di Finlay? Forse il miglior riferimento è proprio il secondo: Lomax e Finlay sono rimasti entrambi scossi da quella esperienza e vorrebbero entrambi dimenticare senza cedere all’oblio. I loro destini si divideranno e, in qualche modo, l’uno consentirà all’altro di recuperare il tempo perduto.
Il monito ricorrente di Lomax (“non contare, non sprecare gli anni con l’orologio”) è meno sibillino di quanto possa sembrare, se è vero che non sempre “affidarsi al tempo per curare le piaghe dell’anima” è la scelta migliore.
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gattoquatto
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sabato 16 ottobre 2021
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mal riuscito
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The Railway Man è un film che non mi è piaciuto.
La trama sarebbe interessante e ricca di spunti (una vicenda storica di intensa umanità) e nel cast figurano attori importanti.
Ne deriva però un film convenzionale e superficiale, privo di mordente. Le immagini restano sempre concilianti, con una fotografia accademica e inquadrature leziose, come l'apparizione onirica del militare nella radura, di fronte al treno che riporta il protagonista nei luoghi di prigionia.
I personaggi sono ritratti in modo grossolano, senza un vero approfondimento psicologico. Se i modi garbati dell'attore protagonista, Colin Firth, in qualche modo si adattano al suo personaggio, la recitazione di Nicole Kidman è rigida e inespressiva.
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The Railway Man è un film che non mi è piaciuto.
La trama sarebbe interessante e ricca di spunti (una vicenda storica di intensa umanità) e nel cast figurano attori importanti.
Ne deriva però un film convenzionale e superficiale, privo di mordente. Le immagini restano sempre concilianti, con una fotografia accademica e inquadrature leziose, come l'apparizione onirica del militare nella radura, di fronte al treno che riporta il protagonista nei luoghi di prigionia.
I personaggi sono ritratti in modo grossolano, senza un vero approfondimento psicologico. Se i modi garbati dell'attore protagonista, Colin Firth, in qualche modo si adattano al suo personaggio, la recitazione di Nicole Kidman è rigida e inespressiva. Spicca l'intensità del caratterista Stellan Skargard.
La trama stessa si sviluppa per sommi capi e ne soffre sia la ricostruzione storica (l'atteggiamento dei militari giapponesi è quasi caricaturale) che la dimensione più intima dei protagonisti.
Un film indeciso.
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carloalberto
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lunedì 31 gennaio 2022
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retorico, sentimentale e fazioso
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Un mattone di quasi due ore di Teplitzki. Oltre alla bella fotografia di Garry Phillips e all’interesse che potrebbe suscitare un biopic che traspone cinematograficamente il libro di memorie di un reduce dei campi di prigionia nipponici, Eric Lomax, c’è soltanto la noia, per la lunghezza spasmodica dei tempi in cui si svolge l’azione e l’insofferenza per la solita banale retorica dei buoni sentimenti di cui è intrisa ogni scena.
Il finale, anche se non si fosse letta l’autobiografia di Lomax, è ampiamente prevedibile fin dall’inizio, si legge chiaramente nell’espressione di Colin Firth, che già di per sé ha l’aria del bravo ragazzo e per di più è truccato da timido gentiluomo appassionato di treni e ferrovie, con baffetti e grossi occhiali da intellettuale anni ‘70, un personaggio, insomma, che non farebbe del male nemmeno a una mosca.
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Un mattone di quasi due ore di Teplitzki. Oltre alla bella fotografia di Garry Phillips e all’interesse che potrebbe suscitare un biopic che traspone cinematograficamente il libro di memorie di un reduce dei campi di prigionia nipponici, Eric Lomax, c’è soltanto la noia, per la lunghezza spasmodica dei tempi in cui si svolge l’azione e l’insofferenza per la solita banale retorica dei buoni sentimenti di cui è intrisa ogni scena.
Il finale, anche se non si fosse letta l’autobiografia di Lomax, è ampiamente prevedibile fin dall’inizio, si legge chiaramente nell’espressione di Colin Firth, che già di per sé ha l’aria del bravo ragazzo e per di più è truccato da timido gentiluomo appassionato di treni e ferrovie, con baffetti e grossi occhiali da intellettuale anni ‘70, un personaggio, insomma, che non farebbe del male nemmeno a una mosca.
Nicole Kidman,imbalsamata in un perenne sorrisetto, ora ironico, ora pietoso, fa la bella statuina, la mogliettina apprensiva e preoccupata per le crisi nervose del marito traumatizzato dalle atrocità sofferte durante la prigionia.
Se è comprensibile che Lomax riduca esclusivamente alla sua vicenda personale gli orrori della guerra e del resto di cosa avrebbe dovuto parlare nella sua biografia se non di ciò che ha visto e di quello che ha dovuto subire, non è invece giustificabile Teplitzky. Se si incentra un film sulle crudeltà dell’esercito imperiale giapponese e non si fa il minimo cenno a Hiroshima e Nagasaki ciò denota quanto meno, eufemisticamente, un atteggiamento mentale viziato da partigianeria, che conduce ad una selezione colpevolmente omissiva ed incompleta, per non dire irrealistica, di quanto accaduto nel secondo conflitto mondiale.
L’antefatto sentimentale, quasi da romanzetto rosa, che descrive la nascita della storia d’amore tra Firth e la Kidman è troppo lungo e da introduzione al tema principale finisce per essere un film a sé stante, con un proprio plot ed un suo cast, in cui figura Stellan Skarsgård. Questa prolissità del prologo va a discapito della parte centrale del film, in cui si mostra il lavoro forzato, per costruire la famigerata Ferrovia della morte tra la Thailandia e la Birmania, cui furono sottoposti non soltanto i prigionieri di guerra ma soprattutto gli incolpevoli civili tratti in schiavitù da ogni parte dell’Asia e la povera gente del posto.
L’impresa titanica durata quattro anni e le condizioni estreme di vita dei lavoratori che realizzarono l’opera avrebbero meritato il tono tragico dell’epopea corale e non un film romantico che sfiora il dramma di migliaia di uomini lasciandolo sullo sfondo e trattando, peraltro in modo aneddotico, l’esperienza soggettiva di un solo individuo.
L’epilogo, infine, risulta eccessivamente patetico ed artificiosa ed insistita appare l’esaltazione della magnanimità dello scozzese, cui fa da contrappunto la lacrimevole richiesta di perdono dell’ufficiale giapponese, pentitosi del male fatto e delle torture inflitte alle sue vittime, che si inchina e quasi si genuflette davanti al rappresentante di una coalizione di paesi che a tutt’oggi, americani in testa, ancora devono chiedere scusa per l’orrenda efferata strage di innocenti compiuta Hiroshima.
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eugen
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lunedì 15 maggio 2023
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opera decisaamente notevole
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"The Railway Man"(JOnathan Teplitzkiy, dal romanzo autobiografico di Eric Lomax, sceneggiatura di Frank Cotrell Boyce e Andy Paterson, 2013)mostra come un ex-ufficiale inglese, a suo tempo preso prigioniero dai"Japs", dai militari nippnisi, a suo tempo maltratto, obbligato a cistruire la"Ferrovia della morte", nonostante un matriononio che si prospetta felice, abbia sempre terribili incubi relativi alla sua prigionia e soffra di conseguenti alluicnazioni. Alla fine, anche dopo la morte di un su commilitone, suicida, che ha passato le stesse sofferenze, decide di tornare in THailandia, dove finisce per incotrare e sfidare il suo torturatore, risparmiandolo, dopo un duello invero singolare; torneta' poi da "vincitore riconciliato"sul"luodo dle dleitto"con la moglie, riconciliandosi con il suoNemico "di un tempo, Grande film, quesot" The Railway Man", che si basa su una storia vera, sceneggiata in modo intelligente, senza tradire lo sprito dell'opera da cui e'tratto, anzi rispettandolo pienamente, dove la "dialettica drammaturgica"e'sostenuta da due grandi "antagonisti"(Colin Firth e Hiroyki Samada,), ma anche dall'aituante femminile-.
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"The Railway Man"(JOnathan Teplitzkiy, dal romanzo autobiografico di Eric Lomax, sceneggiatura di Frank Cotrell Boyce e Andy Paterson, 2013)mostra come un ex-ufficiale inglese, a suo tempo preso prigioniero dai"Japs", dai militari nippnisi, a suo tempo maltratto, obbligato a cistruire la"Ferrovia della morte", nonostante un matriononio che si prospetta felice, abbia sempre terribili incubi relativi alla sua prigionia e soffra di conseguenti alluicnazioni. Alla fine, anche dopo la morte di un su commilitone, suicida, che ha passato le stesse sofferenze, decide di tornare in THailandia, dove finisce per incotrare e sfidare il suo torturatore, risparmiandolo, dopo un duello invero singolare; torneta' poi da "vincitore riconciliato"sul"luodo dle dleitto"con la moglie, riconciliandosi con il suoNemico "di un tempo, Grande film, quesot" The Railway Man", che si basa su una storia vera, sceneggiata in modo intelligente, senza tradire lo sprito dell'opera da cui e'tratto, anzi rispettandolo pienamente, dove la "dialettica drammaturgica"e'sostenuta da due grandi "antagonisti"(Colin Firth e Hiroyki Samada,), ma anche dall'aituante femminile-.moglie di Firt, Nicole Kidman, da Stefan Skarsgard come "terzo"(rende il pesoanggio dell'altro britannico vitttima a suo tempo del "furore giallo", dell'imperialismo nippponico, non a caso "degno" alleato di nazismo e fascismo), ma anche anche Jeremy Irvine nella parte di Lomax gioane ufficiale prigioniero dei"Japs"e'decisamente convincente. Un film da vedere, che certo non ha le astuzie che puo'avere un "thriller"ma lasicia il sengo bne piu'di questo genere fil film. Scneografia, musiche etc.sono oltremodo curati, per un film che si segnala quale opera particoalmente significativa Eugen
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veritasxxx
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venerdì 3 ottobre 2014
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colin firth e la bambola robot
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Dal titolo mi aspettavo tutt'altro genere di film, qualcosa del tipo "pensionato che viaggia senza meta sulla rete ferroviaria inglese seguendo uno schema geometrico trovato in una mappa disegnata dal padre di cui aveva perso le tracce da bambino che lo porta a fare scoperte inaspettate su di se, sul mondo e sullo stato dell'igiene delle toilettes nei carrozze dei treni". E invece no, c'è Colin Firth che da un po' di tempo a questa parte si è specializzato in ruoli drammatici e tormentati (A single man, Il discorso del re, Devil's knot) e in questa pellicola non fa nulla per uscire da quello stereotipo, c'è Stellan Skarsgård che ultimamente è presente in un film su tre prodotto in Europa (quasi quanto Morgan Freeman nei film americani), e c'è Nicole Kidman, su cui gradirei fare un discorso a parte.
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Dal titolo mi aspettavo tutt'altro genere di film, qualcosa del tipo "pensionato che viaggia senza meta sulla rete ferroviaria inglese seguendo uno schema geometrico trovato in una mappa disegnata dal padre di cui aveva perso le tracce da bambino che lo porta a fare scoperte inaspettate su di se, sul mondo e sullo stato dell'igiene delle toilettes nei carrozze dei treni". E invece no, c'è Colin Firth che da un po' di tempo a questa parte si è specializzato in ruoli drammatici e tormentati (A single man, Il discorso del re, Devil's knot) e in questa pellicola non fa nulla per uscire da quello stereotipo, c'è Stellan Skarsgård che ultimamente è presente in un film su tre prodotto in Europa (quasi quanto Morgan Freeman nei film americani), e c'è Nicole Kidman, su cui gradirei fare un discorso a parte.
Il problema delle attrici considerate belle è che a volte invecchiano male e Nicole, da buona australiana lentigginosa e con la carnagione chiara, è ovviamente una di loro: le rughe si notano molto di più rispetto a una collega latina come la Bellucci (attrice, vabbè), che a 50 anni ancora risulta essere una delle donne più sexy del mondo. Ma Nicole, a differenza di Monica, sa recitare; quindi qualche ruga in più magari non gli avrebbe più permesso di fare la parte della bella trentenne candida e sorridente, ma almeno si sarebbero aperte le porte per un intero campionario di ruoli più maturi su cui molte interpreti hanno fatto la loro fortuna (basti pensare a Meryl Streep). E invece no: Nicole, grazie a vari interventi di piallatura e lucidatura facciale, sembra avere sempre trent'anni . O meglio, non si sa che età abbia, perchè una ragazzina non lo è di sicuro, ma non ha più espressioni e quindi di anni potrebbe averne 20 o 70 o essere un robot costruito da qualche scienziato pazzo che da bambino collezionava bambole con la faccia della Kidman e ora ne vuole una che parli e reciti (ma non più di tanto, sennò salta il lifting e poi sono altri 6 mesi di convalescenza).
Chiusa la piccola parentesi, il film parte da un presupposto sbagliato: Colin Firth, che dovrebbe fare la parte dell'uomo sofferente e traumatizzato dalla guerra, che improvvisamente incontra la Kidman e trova in lei uno scopo per continuare a vivere sembra quasi una persona normale, a parte qualche piccolo attacco di ansia che a tutti capita dopo i 50 quando ci rendiamo conto quanto manca alla pensione, mentre Nicole, che dovrebbe essere l'angelo caduto dal paradiso che illumina le giornate del povero Colin, sembra una caricatura di qualche suora in incognito incapace di provare alcun sentimento o di esprimere frasi di senso compiuto tranne "o poverino", "chissà quanto deve aver sofferto" e "mannaggia la peppa e ora chi mi accompagna dal chirurgo plastico".
Il secondo appunto che ho da fare è sul ricordo delle violenze subite dal povero Firth durante la prigionia a Singapore: lo prendono a bastonate, lo costringono a inghiottire acqua fino a scoppiare, lo tengono in gabbia e gli dicono che non vale niente e che è ignobile rimanere in vita quando si ha perso l'onore. Bene, conosco coppie che nei loro giochi erotici fanno cose ben più estreme e degradanti nel privato delle loro camere da letto, godono come pazzi e sono felici da anni, e guai se non ci scappa una bastonata prima di Marzullo o non riescono a prendere sonno. Quindi alla fine, quando i due amici-nemici si riappacificano, io mi sarei aspettato più un bel bacetto tra i due maturi compagni di merende e un calcio in culo alla Kidman giù per la scarpata al posto dello scontato finale lacrimoso.
La guerra è finita, andate in pace. Che noia che barba che noia...
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(di steoneo)
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